(“Troilus and Cressida” – 1601)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
ATTO QUINTO – SCENA PRIMA
Entrano Achille e Patroclo.
ACHILLE
Stasera gli scaldo il sangue col vino greco
e domani glielo rinfresco con la mia scimitarra.
Facciamogli una festa in grande, Patroclo.
PATROCLO
Ecco Tersite.
Entra Tersite.
ACHILLE
Allora, concentrato d’invidia!
Che mi dici, crosta d’un tumore di natura?
TERSITE
Salve, ritratto della tua sembianza, e idolo di chi adora l’idiozia: ho una lettera per te.
ACHILLE
Da dove viene, rottame?
TERSITE
Beh, da Troia, tu piatto pieno del pazzo che sei.
Achille si apparta per leggere la lettera.
PATROCLO
Chi sta nelle tende ora?
TERSITE
La scatola del chirurgo o la ferita del paziente.
PATROCLO
Ben detto, cosa perversa! Ma a cosa mirano questi tuoi trucchi?
TERSITE
Zitto, bamboccio, il tuo parlare non serve a niente. Si dice che sei lo schiavetto di Achille.
PATROCLO
Schiavetto, mascalzone! Che vuol dire?
TERSITE
Beh, la sua puttana maschio. Ora i marci malanni del meridione, i torcibudella, le ernie, i catarri, le renelle che appesantiscono la schiena, le apoplessie, le paralisi fred-de, gli occhi pieni di pus, il fegato melmoso, le asme, le vesciche cistose, le sciatiche, le palme eczematose, la spinite incurabile, e l’impetigine grinzosa cronica colpiscano cento volte questi vostri rapporti innaturali.
PATROCLO
Ehi tu, pattumiera d’invidia, che vogliono dire queste maledizioni?
TERSITE
Ma perché? Ti sto maledicendo?
PATROCLO
No di certo, barile sfondato, tu, cane deforme e figlio di puttana, no.
TERSITE
No? E allora perché t’infurii, tu, gomitolo imbrogliato di lanetta inconsistente, tu benda sbrendolata per un occhio infiammato, tu nappetta della borsa di un prodigo, eh? Ah, com’è inquinato questo povero mondo, da questi moscerini, sgorbietti di natura!
PATROCLO
Fuori, pustola!
TERSITE
Uovo di fringuello!
ACHILLE
Caro Patroclo, va tutto storto
al mio grande piano della battaglia di domani.
Ho qui una lettera della regina Ecuba
e un pegno d’amore di sua figlia, la mia amata,
e ambedue mi esortano e mi legano
a mantenere la promessa fatta. Non la romperò.
All’inferno i Greci, in malora la fama,
vada come vada per il mio onore,
questo è il mio giuramento più forte, e sarò fedele.
Vieni, vieni Tersite, aiuta a riordinare
la mia tenda. Stanotte la passeremo a banchettare.
Andiamo, Patroclo. Escono Achille e Patroclo.
TERSITE
Con troppo sangue, e troppo poco cervello, questi due impazziranno; ma io mi farò medico dei matti se mai questi due impazziscono a causa di troppo cervello e di troppo poco sangue! Prendiamo Agamennone: un buonuomo in fondo, e poi ama le quaglie; ma, quanto a cervello, ce n’ha meno di cerume alle orecchie; e il fratello? quello è un’incarnazione di Giove, proprio, quando si trasformò in toro; che monumento originario di tutti i becchi, che obliquo sacrario dei cornuti, un degno corno da scarpa a buon mercato legato con una catenina alla gamba del fratello! Che altra forma se non la sua potrebbe assumere la furbizia imbottita di malignità e la malignità infarcita di furbizia? La forma di un asino sarebbe niente: ha già insieme dell’asino e del bue; un bue, lo stesso niente, dato che è già bue e asino. Essere un cane, un mulo, un gatto, una puzzola, un rospo, una lucertola, un gufo, un nibbio, o un’aringa senza uova, non me ne fregherebbe niente; ma essere Menelao, proprio no! Me la prenderei col destino. Non chiedetemi cosa vorrei essere se non fossi Tersite; ma meglio un pidocchio addosso a un lebbroso che Menelao. Ehilà, s’alzano i fuochi fatui!
Entrano Ettore, Troilo, Aiace, Agamennone, Ulisse, Nestore, Menelao e Diomede, con torce.
AGAMENNONE
Sbagliamo strada, sbagliamo strada.
AIACE
No, è laggiù, là dove si vedono le luci.
ETTORE
Vi do disturbo.
AIACE
No, no, affatto.
Entra Achille.
ULISSE
Eccolo in persona a farvi strada.
ACHILLE
Benvenuto, valoroso Ettore, benvenuti, principi.
AGAMENNONE
E ora, bel principe di Troia, vi auguro la buona notte.
Aiace comanderà la vostra scorta.
ETTORE
Grazie e buona notte al comandante dei Greci.
MENELAO
Buona notte, mio signore.
ETTORE
Buona notte, caro signor Menelao.
TERSITE
Caro cesso! “Caro”, dice lui! Cara latrina, cara fogna!
ACHILLE
Una buona notte e un benvenuto in uno,
a chi va e a chi resta.
AGAMENNONE
Buona notte.
Escono Agamennone e Menelao.
ACHILLE
Il vecchio Nestore si trattiene, e voi pure, Diomede;
state con Ettore per un paio d’ore.
DIOMEDE
Non posso, signore – ho un impegno importante,
e il momento stabilito è ora. Buona notte, grande Ettore.
ETTORE
Qua la mano.
ULISSE (da parte a Troilo)
Seguite la sua torcia,
va alla tenda di Calcante. Vi farò compagnia.
TROILO (da parte a Ulisse)
È un onore, signore.
ETTORE
Allora, buona notte.
Esce Diomede, e dietro Ulisse e Troilo.
ACHILLE
Prego, avanti, entrate nella mia tenda.
Escono Achille, Ettore, Aiace e Nestore.
TERSITE
Quel Diomede è un farabutto falso, un gran manigoldo ingiusto; non mi fiderei di lui quando fa le moine come non mi fido di un serpe che fischia. È il tipo che promette mari e monti, abbaia per niente: e quando mantiene? ci vogliono gli astronomi per predirlo: prodigi, sconvolgimenti cosmici. Il sole va a chieder luce alla luna, quando Diomede rispetta la parola data! Preferisco perdermi lo spettacolo di Ettore piuttosto che non stargli alle calcagna. Dicono che ha una mantenuta troiana al riparo della tenda di quel traditore di Calcante. Gli vado dietro. Lussuria e nient’altro! Tutti zimbelli della copula! Esce.
ATTO QUINTO – SCENA SECONDA
Entra Diomede.
DIOMEDE
Ehi, siamo ancora in piedi, qui? Parlate.
CALCANTE (da dentro)
Chi è?
DIOMEDE
Diomede. Siete Calcante, no? Dov’è vostra figlia?
CALCANTE (da dentro)
Ora viene.
Entrano Troilo e Ulisse a distanza, e Tersite che li segue.
ULISSE
Fermati dove la torcia non può scoprirci
Entra Cressida.
TROILO
Cressida gli va incontro.
DIOMEDE
Come va, pupilla?
CRESSIDA
Salute, mio dolce custode! Senti, ho da dirti una cosa.
Gli bisbiglia qualcosa.
TROILO
Già così in confidenza!
ULISSE
Ognuno che incontra, lei se lo canta a prima vista.
TERSITE
E ognuno può cantare lei, se sa trovarle la chiave: lei è tutta notata.
DIOMEDE
Te ne ricordi?
CRESSIDA
Ricordarmi? Sì.
DIOMEDE
Allora mettilo in atto,
e fa’ corrispondere decisione e parole.
TROILO
Di che dovrebbe ricordarsi?
ULISSE
Zitto!
CRESSIDA
Bel Greco, dolce Greco, non tentarmi più a una pazzia.
TERSITE
Mascalzonate!
DIOMEDE
No? Allora…
CRESSIDA
Ora ti spiego…
DIOMEDE
Via, via, andiamo, raccontalo a un altro. Sei una bugiarda.
CRESSIDA
Lo giuro, non posso. Cosa vorresti farmi fare?
TERSITE
Un giochetto di prestigio: farsi aprire senza accorgersene.
DIOMEDE
Cosa hai giurato di concedermi?
CRESSIDA
Ti prego, non inchiodarmi al mio giuramento:
dimmi di fare qualsiasi cosa tranne quello, dolce Greco.
DIOMEDE
Buona notte.
TROILO
Resisti, mia pazienza!
ULISSE
Non fare così, Troiano.
CRESSIDA
Diomede…
DIOMEDE
No, no, buona notte. Non sarò più il tuo zimbello.
TROILO
Uno migliore di te lo dev’essere.
CRESSIDA
Senti, una parola all’orecchio.
TROILO
Peste e pazzia!
ULISSE
Siete stravolto, principe. Vi prego, andiamo
prima che il vostro dolore cresca
e diventi furia. Il posto è rischioso,
l’ora, di morte; vi prego, andiamo.
TROILO
Ma guardate, vi prego!
ULISSE
No, mio buon signore, venite via,
vi lasciate trasportare dalla furia. Venite,
monsignore.
TROILO
Ti prego, restiamo.
ULISSE
Non siete paziente; andiamo.
TROILO
Aspettate, vi prego. Per l’inferno e tutte le sue torture,
non dirò una parola.
DIOMEDE
Allora, buona notte.
CRESSIDA
Ma te ne vai arrabbiato.
TROILO
E questo ti addolora?
O fedeltà appassita!
ULISSE
Ma dunque, via, signore!
TROILO
Per Giove,
sarò paziente.
CRESSIDA
Custode mio! Ehi, Greco!
DIOMEDE
Via, via, addio, tu giochi sulle parole.
CRESSIDA
No, davvero, lo giuro. Vieni qui di nuovo.
ULISSE
Ma voi tremate, principe. Volete venir via?
Non saprete trattenervi.
TROILO
Gli accarezza la guancia!
ULISSE
Andiamo, andiamo.
TROILO
No, fermo. Giuro su Giove, non dirò una parola.
Tra la mia volontà e ogni offesa
sta a guardia la pazienza; restiamo ancora un poco.
TERSITE
Il demone lussuria, col suo grasso di dietro e il dito di patata, li solletica l’uno e l’altra! Friggi libidine, friggi!
DIOMEDE
Allora lo farai?
CRESSIDA
Sulla mia fede, ecco! O non mi credere più.
DIOMEDE
Dammi un pegno, per essere sicuro.
CRESSIDA
Lo vado a prendere. Esce.
ULISSE
Pazienza! L’avete giurato.
TROILO
Non abbiate paura, mio signore:
non sarò me stesso, non avrò sentore
di quel che provo: sono tutto pazienza.
Entra Cressida.
TERSITE
E ora il pegno: ora, ora, ora!
CRESSIDA
Ecco, Diomede, prendi questo bracciale.
Gli dà il bracciale.
TROILO
O bellezza, dov’è la tua fede?
ULISSE
Signore…
TROILO
Sarò paziente; lo sarò esternamente.
CRESSIDA
Stai guardando il bracciale? Guardalo bene.
Lui mi amava. O donna falsa! Ridammelo!
Afferra il bracciale.
DIOMEDE
Di chi era?
CRESSIDA
Non importa. Adesso è mio di nuovo.
Non verrò con te domani sera.
Ti prego, Diomede, non venire più a trovarmi.
TERSITE
Adesso gli affila il taglio; ben detto, arrotina!
DIOMEDE
Io lo voglio.
CRESSIDA
Che cosa, questo?
DIOMEDE
Sì, quello.
CRESSIDA
O dèi voi tutti! O pegno, pegno grazioso!
Il tuo padrone ora è steso nel letto e pensa
a te e a me, e sospira, e tocca il mio guanto
e gli dà baci memori e delicati
come io bacio te… Diomede le sottrae il bracciale.
No, non prendermelo;
chi se lo prende prende con lui il mio cuore.
DIOMEDE
Ho avuto già il tuo cuore; e questo lo segue.
TROILO
Ho giurato di aver pazienza.
CRESSIDA
Non l’avrai, Diomede, giuro, non l’avrai;
ti darò qualcos’altro.
DIOMEDE
Io voglio questo: di chi era?
CRESSIDA
Non ha importanza.
DIOMEDE
Avanti, dimmi di chi era.
CRESSIDA
Era di uno che mi amava più di quanto mi amerai tu.
Ma ora ce l’hai, tienilo.
DIOMEDE
Di chi era?
CRESSIDA
Per tutte le ancelle di Diana lassù
e per lei stessa, non ti dirò di chi era.
DIOMEDE
Domani lo porterò sull’elmo;
e torturerò l’animo di chi non osa reclamarlo.
TROILO
Se tu fossi il diavolo e lo portassi sulle corna
sarà rivendicato.
CRESSIDA
Bene, bene, è fatto, è finito. Eppure no,
non manterrò la mia parola.
DIOMEDE
E allora, addio.
Non tornerai a schernire Diomede.
CRESSIDA
Non andartene. Non si può dire parola
che subito ti arrabbi.
DIOMEDE
Questi scherzi non mi piacciono.
TROILO
Neanche a me, per Plutone! ma ciò che a te non va
a me piace di più.
DIOMEDE
Allora, dovrò venire? A che ora?
CRESSIDA
Sì, vieni. O Giove! Vieni: sarò punita per questo.
DIOMEDE
Ad allora, dunque.
CRESSIDA
Buona notte. Vieni, ti prego.
Esce Diomede.
Troilo, addio! Un occhio ancora ti guarda
ma l’altro occhio vede col mio cuore.
Ah, povero nostro sesso! In noi trovo questo difetto,
l’errore dei nostri occhi guida l’animo nostro,
e ciò che l’errore guida deve errare. E allora concludi
che le anime guidate dagli occhi sono piene di turpitudini.
Esce.
TERSITE
Prova più forte di quel che dice non la potrebbe trovare,
a meno che non dicesse: “La mia anima si è fatta puttana”.
ULISSE
È tutto finito, signore.
TROILO
Sì.
ULISSE
Allora perché restiamo?
TROILO
Per incidermi nell’anima
ogni sillaba pronunciata qui.
Ma se racconto la scena congiunta di quei due
non mentirò dicendo la verità?
Perché nel mio cuore c’è ancora una fede,
una speranza così dura a morire
che rovescia la prova di occhi e orecchi,
come fossero organi dalla funzione ingannevole,
creati soltanto per calunniare.
C’era Cressida qui?
ULISSE
Non so evocare fantasmi, Troiano.
TROILO
Non era lei, di certo.
ULISSE
Certissimamente era lei.
TROILO
Ma la mia negazione non sa di pazzia.
ULISSE
Neanche la mia affermazione, signore.
Cressida era qui un momento fa.
TROILO
Che nessuno ci creda per il bene delle donne!
Pensate che abbiamo avuto delle madri; non date occasione
ai critici induriti, capaci, senza motivo,
solo per calunnia, di misurare tutto il sesso
col metro di Cressida; meglio pensare
che quella non era Cressida.
ULISSE
Che ha fatto, principe, che possa insozzare le nostre madri?
TROILO
Niente assolutamente, a meno che quella non fosse lei.
TERSITE
A furia di spacconate vuol contraddire i suoi stessi occhi?
TROILO
È lei quella? No, è la Cressida di Diomede.
Se la bellezza ha un’anima, non è lei;
se le anime guidano i giuramenti, se sacri
sono i giuramenti, se ciò che è sacro
piace agli dèi, se c’è una regola
nella stessa unità, quella non è lei.
Oh follia del raziocinio, che discetta
pro e contro se stesso! Prova a doppia faccia,
dove la ragione può ribellarsi senza
perdersi, e l’insania può ergersi
a ragione senza rinnegarsi.
Cressida è questa e non lo è!
Nell’anima mia si svolge una guerra innaturale
che divide una cosa inscindibile
e ne fa due, lontane più che il cielo dalla terra;
però nel vasto spazio di questa divisione
non c’è luogo per un orifizio che permetta
il passaggio a una cosa così sottile
come il filo rotto di Aracne.
Evidenza, oh evidenza, forte come le porte di Plutone:
Cressida è mia, nel vincolo dei cieli.
Evidenza, oh evidenza, forte come il cielo stesso:
i vincoli dei cieli sono slegati, disciolti, allentati,
e con un altro nodo, stretto dalle cinque dita della lussuria,
i frantumi della sua fede, gli avanzi del suo amore,
i frammenti, i trucioli, le briciole, i resti bisunti
della sua fede già masticata sono dati a Diomede.
ULISSE
Un uomo degno come Troilo può, sia pure per metà,
diventare preda di ciò che qui dice la sua passione?
TROILO
Sì, Greco, e lo faremo sapere a tutti
in caratteri rossi come il cuore di Marte
infiammato per Venere. Mai giovane
amò con animo eterno e fermo come il mio.
Senti, Greco: quanto io amo Cressida,
altrettanto io odio quel suo Diomede.
È il mio bracciale che porterà sull’elmo,
e fosse questo un casco forgiato dalla perizia di Vulcano,
la mia spada lo morderà; neppure l’orrendo vortice
che i marinai chiamano uragano,
compresso in una massa dal sole onnipotente,
rintronerà, scendendo, l’orecchio di Nettuno
con più rumore della mia avida spada
che scenderà su Diomede.
TERSITE
Gli farà il solletico, per eccitargli la foia!
TROILO
O Cressida! o falsa Cressida, falsa, falsa, falsa!
Qualunque infedeltà da oggi sembri virtù fulgente
vicino al tuo nome insozzato.
ULISSE
Via, controllatevi:
il vostro sfogo ha richiamato degli orecchi.
Entra Enea.
ENEA
È un’ora che ti cerco, mio signore.
Ettore, a quest’ora, è a Troia e si sta armando:
Aiace, vostra scorta, aspetta per portarvi a casa.
TROILO
Eccomi, principe. Arrivederci, cortese signore.
Addio bella infedele! Tu, Diomede,
sta’ in guardia, e sulla testa mettiti una fortezza!
ULISSE
Ti accompagnerò fino alle porte.
TROILO
Accetta il grazie di un’anima sconvolta.
Escono Troilo, Enea e Ulisse.
TERSITE
Potessi incontrare quel malnato di Diomede! Mi metterei a gracchiare come un corvo per portargli scalogna, e che scalogna! Patroclo pagherebbe un occhio per avere informazioni su questa troietta: si scalda meno un pappagallo per le noccioline che lui per una puttanella compiacente. Lussuria, lussuria! Sempre guerre e lussuria! Non c’è altro che sia tanto di moda. Il diavolo li arrostisca! Esce.
ATTO QUINTO – SCENA TERZA
Entrano Ettore e Andromaca.
ANDROMACA
Da quando il mio signore è divenuto così scortese
e fa orecchi da mercante ai buoni consigli?
Togliti le armi, toglile, non combattere oggi.
ETTORE
Mi costringi a offenderti, Andromaca: a casa.
Per gli dèi immortali, io vado!
ANDROMACA
Certo i miei sogni sono di cattivo auspicio
per questa giornata.
ETTORE
Ho detto basta.
Entra Cassandra.
CASSANDRA
Dov’è mio fratello Ettore?
ANDROMACA
Qui, cognata, armato e intenzionato a combattere.
Aiutami a supplicarlo con forza e affetto;
invochiamolo in ginocchio; perché io ho sognato
un turbinio di sangue, e tutta la notte
non ho visto altro che scene e figure di strage.
CASSANDRA
Oh, è vero.
ETTORE
Ehi! Che suoni il mio trombettiere!
CASSANDRA
Non segnali di sortita, in nome del cielo,
fratello caro.
ETTORE
Andate via. Gli dèi mi hanno sentito giurare.
CASSANDRA
Gli dèi son sordi ai voti impulsivi e irosi.
Sono offerte impure, più aborrite
dei fegati macchiati nel sacrificio.
ANDROMACA
Oh, lasciati persuadere! Non credere sia cosa pia
far male per una causa giusta. Sennò sarebbe
legittimo, per essere più generosi, rapinare
con violenza e rubare in nome della carità.
CASSANDRA
È il proposito che rende forte il voto;
ma i voti non valgono per ogni proposito.
Posa le armi, caro Ettore.
ETTORE
State zitte, vi dico.
Per me l’onore viene prima del destino.
La vita è cara a tutti, ma all’uomo degno
l’onore è assai più caro e prezioso della vita.
Entra Troilo.
Allora, giovanotto! oggi intendi combattere?
ANDROMACA
Cassandra, chiama nostro padre, che lo persuada.
Esce Cassandra.
ETTORE
No, Troilo, ragazzo mio: togliti l’armatura.
Oggi sono io in vena di cavalleria.
Tu fatti ancora i muscoli, che siano più nodosi,
e non tentare ancora gli scontri della guerra.
Va’ a posare l’armatura; e non dubitare, ragazzo,
oggi io combatto per te, per me e per Troia.
TROILO
Fratello, tu hai il vizio della pietà,
che si addice più a un leone che a un uomo.
ETTORE
Lo chiami un vizio? Allora, caro Troilo, rimbrottami.
TROILO
Ogni volta che i Greci s’arrendono, caduti
soltanto per il vento della tua bella spada,
tu gli dici di rialzarsi, e vivere.
ETTORE
Oh, è lealtà nel gioco.
TROILO
Gioco da folli, Ettore, per dio!
ETTORE
Ma senti! Senti!
TROILO
Per l’amor di tutti gli dèi,
lasciamola a nostra madre questa pietà da eremiti,
e quando abbiamo affibbiate le nostre armature,
vendetta velenosa cavalchi le nostre spade,
le sproni a un lavoro spietato, le trattenga dalla pietà!
ETTORE
Vergogna, selvaggio, vergogna!
TROILO
La guerra è guerra, Ettore.
ETTORE
Oggi non voglio che tu vada in campo, Troilo.
TROILO
E chi me lo impedisce?
Non il destino, né l’obbedienza, né Marte,
se col suo scettro di fuoco mi ordinasse di non uscire;
non Priamo ed Ecuba in ginocchio
con occhi consunti da fiumi di lacrime;
né tu, fratello, con la tua spada sguainata
potresti sbarrarmi la strada
se non uccidendomi.
Entrano Priamo e Cassandra.
CASSANDRA
Aggrappati a lui, Priamo, tienilo forte;
è il tuo bastone: se perdi il tuo sostegno,
tu, che a lui t’appoggi, e Troia, che si appoggia a te,
cadrete assieme.
PRIAMO
Vieni, Ettore, torna qui.
Tua moglie ha fatto un sogno, tua madre ha avuto visioni;
Cassandra legge nel futuro; ed io stesso
inebriato di colpo come un profeta
ti dico che questo giorno per te è funesto.
Dunque torna indietro.
ETTORE
Enea è già in campo;
io ho dato la parola a molti Greci,
in nome del mio onore, di presentarmi
a loro stamattina.
PRIAMO
Sì, ma non devi andarci.
ETTORE
Non posso rompere la promessa.
Ma sai che ti ubbidisco; e dunque, caro padre,
non spingermi a mancarti di rispetto,
ma consentimi con la tua viva voce
di seguire la via che ora tu, re Priamo,
mi vuoi proibire.
CASSANDRA
Non gli cedere, Priamo!
ANDROMACA
No, padre caro.
ETTORE
Andromaca, sono arrabbiato con te;
se davvero mi ami, torna dentro.
Esce Andromaca.
TROILO
Questa ragazza stupida, coi suoi sogni, e le sue
superstizioni,
fa tutti questi presagi.
CASSANDRA
Addio, Ettore caro!
Guarda, tu muori! L’occhio ti si sbianca,
guarda, il sangue che sgorga dalle ferite!
Senti, Troia ruggisce, Ecuba grida!
E la povera Andromaca ulula nel suo dolore!
Guarda, l’angoscia, la frenesia, il terrore
si scontrano come tre giullari pazzi,
e tutti gridano: “Ettore! Ettore
è morto! O Ettore!”.
TROILO
Via, Via!
CASSANDRA
Addio! Ancora un attimo! Ettore, vado:
tu inganni te stesso e tutti noi di Troia. Esce.
ETTORE
Signore mio, tu sei turbato dalle sue grida.
Va’ a rincuorare la città. Noi andiamo al campo,
combattiamo, ci facciamo onore, e stasera
e lo racconteremo.
PRIAMO
Addio! Gli dèi ti stiano accanto e ti proteggano.
Escono Priamo e Ettore da parti diverse. Allarme.
TROILO
Senti, si battono! Credimi, arrogante Diomede,
vengo a perdere il braccio o riavere il mio bracciale.
Entra Pandaro.
PANDARO
Ascoltate, monsignore, ascoltate!
TROILO
Che c’è?
PANDARO
Una lettera di quella povera ragazza là.
TROILO
Fammi vedere.
PANDARO
Questa puttana di tosse, questa tosse fottuta e figlia di puttana non mi dà pace; e poi il destino pazzesco di quella povera ragazza; tra una cosa e l’altra, finisce che uno di questi giorni io vi saluto per sempre. Ed ho pure il catarro agli occhi, e un tal dolore alle ossa, che, se non è una maledizione, non so davvero che pensare. Che cosa dice?
TROILO
Parole, parole, solo parole, niente dal cuore.
Invece di commuovermi, hanno l’effetto contrario.
Straccia la lettera.
Vento al vento! Svolazzate come vi aggrada.
Nutre ancora il mio amore con parole e bugie,
ma poi coi fatti ne sollazza un altro. Escono.
ATTO QUINTO – SCENA QUARTA
Allarme; incursioni. Entra Tersite.
TERSITE
Adesso si stanno massacrando l’un l’altro; non me la voglio perdere. Quell’abominevole faccia di bronzo, quel lacchè di Diomede si è addobbato l’elmo col bracciale di quell’altro schifoso, infatuato, pazzo farabuttello di Troia. Quanto darei per vederli battersi: oh se quell’asinello d’un Troiano, che è cotto di quella puttana là, rispedisse quel mascalzone d’un puttaniere greco col suo bracciale dalla sua sgualdrina falsa e smaniosa, e senza bracciale. Sull’altro fronte, la strategia di quei bricconi rimangia-parola, quella vecchia crosta di formaggio stantio mangiata dai topi, Nestore, e quel gran volpone di Ulisse, ha dato prova di non valere un fico. Coi loro trucchetti han messo su quel cagnaccio da pollaio, Aiace, contro quell’altro bastardo del suo stesso pelo, Achille; e ora il canringhioso Aiace fa più bava del canringhioso Achille e oggi non ha intenzione di armarsi: al che i Greci incominciano ad esaltare la barbarie, e l’arte politica è tenuta per cacca.
Entrano Diomede e Troilo.
Zitti! Ecco il sor bracciale e l’altro.
TROILO
Non scappare, anche se ti butti nel fiume Stige
io ti nuoto appresso.
DIOMEDE
Ti sbagli, io mi sto ritirando.
Non scappo mica io, l’ho fatto apposta
a ritrarmi dai rischi della ressa.
Beccati questo!
TERSITE
Forza, Greco, per la tua baldracca! E tu per la tua, Troiano! Ora il bracciale! Il bracciale!
Troilo e Diomede escono combattendo.
Entra Ettore.
ETTORE
Chi sei, Greco? Sei degno di Ettore?
Sei nobile e tieni all’onore?
TERSITE
No, no, sono un furfante, un farabutto insolente, una canaglia schifosa.
ETTORE
Ti credo. Vivi. Esce.
TERSITE
Grazie a Dio mi hai creduto, ma ti pigli un canchero per avermi messa paura! Ma dove sono finiti quei due puttanieri? Forse si sono ingoiati a vicenda. Sai che miracolo, da crepar di risate. Però è vero, eh, che la lussuria finisce per mangiar se stessa. Andiamo un po’ a cercarli. Esce.
ATTO QUINTO – SCENA QUINTA
Entra Diomede con un servo.
DIOMEDE
Va’, va’, servo, prendi con te il cavallo di Troilo;
e porta in dono il bel destriero alla mia signora Cressida.
Offri i miei servigi alla sua beltà, amico;
dille che ho castigato l’amoroso Troiano
e ho dato prova d’essere il suo cavaliere.
SERVO
Vado, signore.
Esce.
Entra Agamennone.
AGAMENNONE
All’assalto, all’assalto! Il fiero Polidamante
ha abbattuto il nostro Menone; il bastardo
Margarellone ha fatto prigioniero Doreo,
e sta come un colosso agitando la lancia
sui cadaveri straziati dei re Epistrofo
e Cedio; Polisseno è ucciso, Anfimaco e Toante
feriti a morte; Patroclo preso o ucciso;
Palamede gravemente ferito e malridotto;
il pauroso Sagittario fa tremare i nostri;
presto, Diomede, a rinforzo o siamo tutti spacciati.
Entra Nestore con dei soldati.
NESTORE
Portate il cadavere di Patroclo da Achille.
Svergognate Aiace tartaruga, che si armi!
Ettore è in campo e si divide in mille:
ora è lì, sul suo cavallo Galate, e ora là
che cerca altro lavoro; adesso smonta là, e lì
si fugge o muore, fila dopo fila come pesci
di fronte alla balena che rutta. È laggiù ora,
e i Greci, paglia pronta per la sua falce,
gli cascano davanti come messe a chi miete.
Qua, là e ovunque piglia o lascia vite;
l’abilità obbedisce tanto alla sua bramosia
che quel che vuole fa, e tanto fa
che l’evidenza sembra impossibile a credersi.
Entra Ulisse.
ULISSE
Coraggio, principi, coraggio! Il grande Achille
si sta armando, e piange, bestemmia, giura vendetta:
le ferite di Patroclo gli risvegliano il sangue
insieme alla vista dei suoi Mirmidoni tartassati
che tornano da lui, maledicendo Ettore,
chi senza naso, chi senza le mani,
laceri e bastonati. Aiace ha perso un amico
e ha la bava alla bocca e subito s’è armato
e via sul campo, e ruggisce cercando Troilo,
che oggi compie gesta folli e incredibili,
si getta nella mischia e ne riemerge illeso,
con tanta fluida foga e furia senza sforzo,
come se la fortuna gli comandi di vincere
tutti i nemici in barba alla prudenza.
Entra Aiace.
AIACE
Troilo! Troilo vigliacco! Esce.
DIOMEDE
Di là! di là!
NESTORE
Così, così, stringete le fila. Esce.
Entra Achille.
ACHILLE
Dov’è Ettore?
Vieni, vieni, ammazzaragazzini, fatti vedere!
Vedrai cos’è affrontare un Achille infuriato!
Ettore! Dov’è Ettore? È solo Ettore che voglio.
Escono.
ATTO QUINTO – SCENA SESTA
Entra Aiace.
AIACE
Troilo, codardo d’un Troilo, fatti vedere!
Entra Diomede.
DIOMEDE
Troilo, dico, dov’è Troilo?
AIACE
Che vuoi da lui?
DIOMEDE
Gli voglio dare una lezione.
AIACE
Fossi il capo in testa ti cederei il mio posto
ma non quella lezione. Troilo! Voglio Troilo!
Entra Troilo.
TROILO
O traditore Diomede! Gira in qua la tua falsa faccia, traditore,
e paga la vita che mi devi per il mio cavallo.
DIOMEDE
Ah, sei qua finalmente?
AIACE
Lotto con lui da solo. Fermati, Diomede!
DIOMEDE
È preda mia, e non starò a guardare.
TROILO
Venite tutti e due, millantatori greci. A voi due!
Escono combattendo.
Entra Ettore.
ETTORE
Dai, Troilo! Bene così, fratellino!
Entra Achille.
ACHILLE
Ora ti vedo, ah! In guardia, Ettore!
Combattono.
ETTORE
Riposa un po’, se vuoi.
ACHILLE
Disprezzo la tua cortesia, orgoglioso Troiano.
Sei fortunato, ho le braccia fuori esercizio.
Il mio riposo e l’ozio ti sono amici.
Però ben presto avrai notizie mie.
E nel frattempo segui la tua sorte. Esce.
ETTORE
Addio.
Anch’io avrei curato più la mia forma
se avessi saputo che c’incontravamo.
Entra Troilo.
Ehilà, fratello!
TROILO
Aiace ha preso prigioniero Enea. Si può permetterlo?
No, per la luce di questo glorioso cielo,
non l’avrà. O prenderà anche me,
o lo libererò. Destino, ascolta,
poco m’importa se oggi mi farai morire. Esce.
Entra uno in ricca armatura.
ETTORE
Fermati, fermati, Greco! Sei un bersaglio stupendo.
No? Non vuoi? La tua armatura mi piace.
La martellerò e aprirò tutti i suoi ganci,
ma dev’essere mia. Non ti arrendi, bestia?
Fuggi pure, ti caccerò per la tua pelle. Escono.
ATTO QUINTO – SCENA SETTIMA
Entra Achille con i Mirmidoni.
ACHILLE
Venite attorno a me, miei Mirmidoni;
attenti a ciò che vi dico. Seguitemi ovunque io giri.
Non date un solo colpo, ma risparmiate il fiato,
e quando avrò stanato quel sanguinario Ettore,
stringetelo da tutti i lati con le vostre armi;
dategli addosso con la massima ferocia.
Seguitemi, signori, siate pronti ai miei cenni.
È decretato: il grande Ettore deve morire. Escono.
Entrano Menelao e Paride combattendo, poi Tersite.
TERSITE
Il cornuto e il cornificatore sono alle prese. Forza, toro! Azzannalo, cane! Addosso, Paride, addosso! Forza, spartano bicorne! Dagli, Paride, dagli! Il toro ha vinto la partita: attenti alle corna, oh!
Escono Paride e Menelao.
Entra Margarellone.
MARGARELLONE
Girati, schiavo, e combatti.
TERSITE
E tu chi sei?
MARGARELLONE
Un figlio bastardo di Priamo.
TERSITE
Sono bastardo anch’io. Li amo i bastardi! Sono nato bastardo, educato bastardo, bastardo in testa, bastardo nel valore, illegittimo in tutto e per tutto. Un orso non morde un orso, perché dovrebbe farlo un bastardo? Sta’ attento, questa guerra l’han fatta contro di noi: un figlio di puttana che combatte per una baldracca cerca proprio l’ira degli dèi. Addio, bastardo. Esce.
MARGARELLONE
Va’ al diavolo, vigliacco! Esce.
ATTO QUINTO – SCENA OTTAVA
Entra Ettore portando un’armatura.
ETTORE
Nocciolo putrefatto, di fuori così bello,
la tua armatura splendida t’è costata la vita.
Per oggi ho finito. Posso riprendere fiato.
Riposa, spada! Sei sazia di sangue e di morte.
Entrano Achille e i suoi Mirmidoni.
ACHILLE
Guarda, Ettore, ora il sole comincia a tramontare,
e l’orrida notte gli ansima alle calcagna.
E proprio al tramonto, mentre il sole s’abbuia
per chiudere il giorno, si chiude la vita di Ettore.
ETTORE
Sono disarmato! Greco, non approfittarne!
ACHILLE
Colpite, uomini, colpite! È lui che cerco!
Ettore cade.
E così cadi tu, Ilio! Ora tu, Troia, sprofonda!
Qui giace il tuo cuore, il tuo nerbo, la tua spina dorsale.
Avanti, Mirmidoni, gridate tutti a gran voce:
“Achille ha ucciso il potente Ettore”.
Suona la ritirata.
Ascoltate! I Greci si ritirano.
MIRMIDONI
Anche la tromba dei Troiani suona la ritirata.
ACHILLE
L’ala di drago della notte avvolge la terra,
come un arbitro separa gli eserciti.
La mia spada ha mangiato a metà, e ancora ha fame,
ma se ne va a letto, contenta di questo ghiotto spuntino.
Forza, legate il suo corpo alla coda del mio cavallo;
trascinerò il Troiano in giro per il campo. Escono.
ATTO QUINTO – SCENA NONA
Entrano Agamennone, Aiace, Menelao, Nestore, Diomede e gli altri, in marcia coi tamburi. Grida da dentro.
AGAMENNONE
Sentite, sentite! Cos’è questo clamore?
NESTORE
Silenzio, tamburi!
SOLDATI (da dentro)
Achille! Achille! Ettore è ucciso! Achille!
DIOMEDE
Gridano che Ettore è ucciso, e per mano di Achille.
AIACE
Se è così, che passi senza vanterie.
Il grande Ettore valeva quanto lui.
AGAMENNONE
La marcia continui senza fretta. Mandiamo qualcuno
a pregare Achille che venga nella nostra tenda.
Se con la morte di Ettore ci han favorito gli dèi,
la grande Troia è nostra, e la dura guerra è finita.
Escono.
ATTO QUINTO – SCENA DECIMA
Entrano Enea, Paride, Antenore, Deifobo, e soldati coi tamburi.
ENEA
Oh fermatevi. Siamo ancora padroni del campo.
Non torneremo a casa! Qui sopportiamo il freddo della notte.
Entra Troilo.
TROILO
Ettore è stato ucciso.
TUTTI
Ettore? Gli dèi non vogliano!
TROILO
È morto, e legato alla coda del cavallo del suo assassino
è trascinato bestialmente per il campo, che se ne vergogna.
Incupitevi, cieli, mostrate presto la vostra collera.
Dèi, dai vostri troni, sorridete su Troia!
Dico, siate pietosi coi vostri rapidi flagelli
e non prolungate la nostra sicura rovina.
ENEA
Principe, così scoraggi tutto l’esercito.
TROILO
Se mi dici questo, non mi capisci.
Io non parlo di fuga, di paura, di morte,
no, io guardo in faccia quello che viene ora,
i pericoli che uomini e dèi ci preparano.
Ettore non c’è più; chi lo dice a Priamo, a Ecuba?
Chi vuol passare per gufo da qui all’eternità
vada a Troia e dica: “Ettore è morto”.
È una parola che cambierà Priamo in pietra,
in fontane e Niobi fanciulle e mogli,
in statue di gelo i giovani, e, in una parola,
farà impazzire Troia dal terrore. Ma in marcia!
Ettore è morto. E non c’è altro da dire.
Però, un momento! Vili, abominevoli tende,
superbamente piantate sui nostri piani di Frigia,
non appena che osi levarsi il Sole
io vi trafiggerò! Vi trafiggerò!
E tu, gigante di vigliaccheria,
non c’è spazio al mondo che possa tenere lontani i nostri odî.
Io sarò la tua ombra, la tua cattiva coscienza
che plasma spettri rapida come i pensieri di un pazzo.
Battano i tamburi una rapida marcia verso Troia.
Procediamo calmi: la speranza della vendetta
nasconda il dolore che ci strazia dentro.
Entra Pandaro.
PANDARO
Dite! Una parola!
TROILO
Via, ruffiano d’un parassita! Ignominia e vergogna
ti perseguitino a vita, e portino sempre il tuo nome!
Escono tutti tranne Pandaro.
PANDARO
Che medicina per le mie povere ossa piene di dolori! O mondo! mondo! mondo! Così si trattano i poveri intermediarî! O mezzani e traditori, come tutti vi cercano per mettervi al lavoro, e come ve ne ricompensano male! Ma perché i nostri servizi sono così desiderati e il prodotto tanto odiato? C’è modo di metter questo in versi? C’è qualche vecchia canzone? Vediamo:
Senza pensieri canta l’ape che ronza,
finché non perde il miele e il pungiglione;
ma una volta privata della pinza di coda,
addio suo dolce miele, addio dolce canzone.
Voi, bravi mercanti di carne viva, fatevi ricamare questi versi
sui vostri arazzi:
Se c’è qualcuno qui del mestiere di Pandaro,
che bagni gli occhi luetici sulla caduta di Pandaro;
o se non potete piangere, almeno fate lamenti,
no, non per me, per le vostre ossa dolenti.
Fratelli e sorelle addetti a far da guardia alle porte,
da qui a due mesi saprete le mie ultime voglie.
Potrei dirvele adesso, ma non voglio rischiare
che qualche oca infetta di Winchester mi si metta a fischiare.
Nel frattempo sto a sudare, e cerco medicinali,
poi, venuta quell’ora, lascio a voi tutti i miei mali. Esce.
Troilo e Cressida
(“Troilus and Cressida” – 1601)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V