(“Othello” – 1602 – 1603)
Traduzione di Sergio Perosa
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
Introduzione
Tragedia in cinque atti in versi e in prosa, scritta intorno al 1604, e rappresentata probabilmente nello stesso anno, pubblicata in in-quarto nel 1622, nell’in-folio del 1623, e di nuovo in in-quarto nel 1630 e nel 1655; il testo del primo in-quarto presenta notevoli differenze da quello del primo in-folio, si da giustificare l’ipotesi che gli editori si siano serviti d’un manoscritto diverso: il testo è quindi stabilito tenendo conto delle due redazioni. La fonte è la settima novella della terza deca degli Ecatommiti di Giovan Battista Giraldi Cintio; ma il capitano moro e l’alfiere non hanno nome in Giraldi. Si è congetturata l’identificazione del moro col patrizio Cristoforo Moro che fu luogotenente a Cipro nel 1508 e perdette la moglie nel viaggio di ritorno a Venezia, e, da altri, con “il capitano moro” (in realtà un italiano del Mezzogiorno) Francesco da Sessa che fu mandato in catene dai Rettori di Cipro, alla fine del 1544 o al principio dell’anno seguente, a Venezia, per un delitto non specificato. Non è appurato se lo Shakespeare si servisse dell’originale italiano o della traduzione francese di Gabriel Chappuys pubblicata a Parigi nel 1584.
Il moro Otello, generale al servizio di Venezia, ha conquistato l’amore di Desdemona, figlia del senatore veneto Brabanzio (Brabantio), col racconto delle sue gesta e dei pericoli corsi; e l’ha sposata in seguito. Per questo è accusato da Brabanzio dinanzi al Doge di avergli stregato e rapito la figlia. Ma egli spiega come abbia lealmente conquistato il cuore di Desdemona, e la donna conferma il suo racconto. Intanto giunge nuova d’un imminente assalto turco a Cipro, e si richiede il braccio d’Otello per respingerlo. Brabanzio a malincuore cede la figlia al Moro che subito parte con lei per Cipro. Contro Otello nutre odio profondo l’alfiere Iago, il quale ha visto promuovere luogotenente, in sua vece, Cassio, e a cui è giunta la voce che il Moro abbia giaciuto con Emilia, sua moglie e cameriera di Desdemona. Iago dapprima riesce a screditare Cassio press Otello, facendolo ubriacare e turbare la pace pubblica, aizzato da Roderigo, amante non corrisposto di Desdemona. Cassio, privato del grado, vien indotto da Iago a pregar Desdemona d’intercedere a suo favore; al tempo stesso Iago instilla nell’animo di Otello il sospetto che la sua sposa lo tradisca con il disgraziato luogotenente. E lo zelante intervento di Desdemona a favore di Cassio sembra confermare i sospetti e fa nascere nel Moro una furiosa gelosia. Iago riesce a fare in modo che un fazzoletto, dato da Otello a Desdemona come prezioso pegno, e raccolto da Emilia quando la padrona l’aveva smarrito, sia ritrovato presso Cassio. Otello, accecato dalla gelosia, soffoca Desdemona nel letto. Poco dopo Cassio, che doveva essere ucciso da Roderigo a istigazione di Iago, è ritrovato ferito. Ma su Roderigo, trafitto da Iago per evitare che si scopra il suo piano, vengono trovate lettere che provano la colpa di Iago e l’innocenza di Cassio. Otello, fulminato dalla scoperta d’aver ucciso la sposa innocente, e ritrovata, nello stesso crollo del suo mondo, la sua lucidità di spirito, si uccide stoicamente per punirsi.
Questa tragedia che ha per motivo dominante la gelosia è così abilmente costruita, e avvince talmente l’attenzione che non si notano senza un freddo e minuto esame l’improbabilità di molti elementi, la contraddizione nella psicologia di vari personaggi, e una insanabile inconsistenza nella durata dell’azione. I critici si sono sforzati di ovviare alle varie difficoltà presentate dal dramma. La più grave è quella della durata dell’azione: dallo sbarco di Desdemona e di Otello a Cipro alla catastrofe finale corrono solo trentasei ore; ma molte circostanze richiedono invece che l’azione abbia uno svolgimento più lungo e duri qualche settimana almeno. Si è cercato di conciliare la manifesta incongruenza in vari modi, per esempio supponendo che l’accusa di Iago contro Desdemona riguardi il periodo anteriore alla venuta a Cipro, dal momento che non vi sarebbe stato tempo nel soggiorno a Cipro per il supposto amoreggiamento. Ma tale spiegazione contrasterebbe poi con quanto Iago dice di Desdemona: così nell’atto terzo (3, 230 segg.) l’infedeltà di Desdemona è ascritta a un periodo ulteriore a quello della passione di lei pel Moro, durata fino a poco fa: ché nel periodo del fidanzamento essa sarebbe rimasta interamente presa dal suo morboso appetito per un uomo di colore. Dunque, nelle parole di Iago, l’infedeltà si sarebbe verificata in un’epoca recentissima. Contraddizioni vi son poi nel carattere di Otello; d’altronde Desdemona si mostra alquanto ottusa nel non accorgersi che Otello è geloso, nel raccomandargli Cassio nel momento più inopportuno, e più tardi, quando si è accorta della gelosia del marito, nel non cercare di scoprirne il motivo e d’aver subito una spiegazione con lui. Anche gli altri personaggi possono apparire degli sciocchi gabbati da Iago.
Ma confusioni e contraddizioni nella psicologia dei personaggi, e soluzioni di continuità tra il loro carattere e il loro modo d’agire erano all’ordine del giorno nel teatro elisabettiano, che contava su effetti di prospettiva che implicavano inevitabili deformazioni non avvertibili alla recita. E, alla recita il dramma shakespeariano è forse il più lucido e classico di quest’autore, onde la sua fortuna sul Continente: Zaira di Voltaire, ove il personaggio d’Orosmane è calcato su quello d’Otello, è la prima adattazione francese di opera shakespeariana.
Tragedia meridionale per la passione che ne forma il motivo (senza, per questo, voler con lo Schlegel vedere nel dramma un tentativo di studio culturale e ambientale, per cui Otello sarebbe la tragedia del barbaro male assimilato), è quella che più ha trovato frequenti tra noi le famose interpretazioni (Tommaso Salvini, Ermete Novelli, Ermete Zacconi); mentre il soggetto è parso sempre piuttosto repellente alla mentalità inglese e puritana, onde in tempi recenti parte del pubblico seguiva con attrazione morbosa l’interpretazione del negro Paul Robson.
Tragedia in calzante e senza respiro intorno a una creatura innocente irretita e spinta a una morte atroce in una camera in fondo a una fortezza; un fatto di cronaca nera che lo Shakespeare circonfonde di tutta la ricchezza verbale e la sottigliezza concettuale d’un secentista. Fra le espressioni divenute proverbiali di questo dramma ricordiamo:
“Io porterò il cuore sulla manica” (“I will wear my heart upon my sleeve“, I, 1, 64);
“una esperienza precedente” (“a foregone conclusion“, III, 3, 428, frase di solito intesa nel senso di decisione presa prima di rendersi conto degli elementi di giudizio; pregiudizio, risultato facilmente prevedibile);
“uno che amò non saviamente, ma troppo bene” (“one that loved not wisely but too well“, V, 2, 344).
Famosa la canzone del salice che Desdemona canta nella scena 3 dell’atto quarto:
“La povera creatura sedeva sospirando accanto a un sicomoro: Cantate tutti un verde salice” (“The poor soul sat sighing by a sycamore tree, Sing all a green willow“).
Mario Praz
Hanno detto dell’opera:
Gotthold Ephraim Lessing (1729-1781), Dopo l’Edipo di Sofocle, nessun dramma può avere sulle nostre passioni una influenza maggiore di quella dell’Otello, di Re Lear e dell’Amleto.
Voltaire (1694–1778)
Shakespeare è un selvaggio con scintille di genio che brillano in una notte orribile.
Friedrich Gundolf (1880–1931)
Due azioni non solo s’accompagnano ma si generano reciprocamente in Otello: quella del vero e proprio dramma fatale e quella delta commedia d’intrigo.
François-René de Chateaubriand(1768–1848)
Non so se mai altro uomo ha gettato sguardi più profondi sulla natura umana.
Giuseppe Verdi (1813–1901)
Shakespeare, gran maestro del cuore umano.
Francesco de Sanctis (1817–1883)
Il senso della vita si comincia a rivelare in Shakespeare: il miracolo scomparisce, il Fato è l’uomo.
Thomas Stearns Eliot (1888–1965)
Otello riesce a mutarsi in personaggio patetico, adottando una attitudine estetica piuttosto che morale, drammatizzandosi di contro all’ambiente. Egli seduce lo spettatore, ma il motivo umano è primariamente di sedurre se stesso. Non credo che nessun altro scrittore abbia mai esposto questo “bovarismo” (la volontà umana di vedere le cose come in un sogno) più chiaramente di Shakespeare.
William Strachey (1572–1621)
In Shakespeare quanto più la passione fiammeggia, tanto più la parola diventa poetica e imprecisa. L’immagine sfocia nell’immagine, il pensiero nel pensiero, finché, finalmente, si rivela uno stato d’animo informe e fuso, che si fa strada nel buio di una vasta tempesta di parole.
Aldous Leonard Huxley (1894–1963)
L’uomo che ha scritto Otello era capace di esprimere con parole tutto ciò che è materialmente possibile di far esprimere alla parola.
Non è cosa facile accostarsi ad un testo quale l’Otello. Basta dare una rapida scorsa alla prolifica e discorde critica che ha suscitato, per capire che le diverse reazioni che in ogni epoca la tragedia ha saputo evocare non possono essere ascritte ad un semplice “dramma della gelosia”, quale non è anche ad una prima e superficiale lettura. Ci ritroviamo infatti subito catturati dal vortice delle emozioni, degli avvenimenti serrati, delle parole che prorompono solenni e di quelle tenute nascoste, lasciate fluire a metà, e sentiamo scorrere sottopelle quegli stessi ingorghi emotivi che causano, nel testo come in noi stessi, disorientamento, rifiuto, dolore. Molto di ciò è dovuto ai temi che l’opera tratta, e soprattutto le modalità con le quali li affronta, senza tuttavia risolverli. Le due colonne sulle quali poggia la struttura del testo sono il sesso e la razza, due argomenti variamente trattati nella storia della critica dell’opera, ma troppo poco messi in interrelazione. Tali argomenti prendono le mosse dall’ambiente in cui il testo teatrale viene pensato, redatto e rappresentato: l’Inghilterra del Seicento, una società in cui l’ideologia protoborghese si alimenta del Puritanesimo per accrescersi e giustificarsi, e dove il represso sessuale (ma non solo) premeva sulle menti e sulle coscienze degli spettatori dell’epoca. Su chi riversare, quindi, tali elementi disturbanti? Sull’Altro, lo Straniero, che proprio in quegli anni cominciava ad affluire per la prima volta in maniera davvero consistente nelle loro terre. Otello, il Moro, è stato spesso accusato dalla critica per il suo compiacimento narcisistico, per la sua spiccata tendenza ad autorappresentarsi come un eroe umanistico dallo stile alto e dai modi codificati. In realtà ciò non ha nulla a che vedere con l’autocompiacimento, ma al contrario è una forma di difesa che il barbaro generale deve necessariamente attuare per trovare il suo posto nella civile Venezia. Egli sa bene che la sua funzione in quella società è strettamente strumentale (data la sua grande abilità guerriera e di comando), e inoltre si muove a cavallo fra il magico della cultura d’origine e la tradizione epica e favolistica della cultura d’arrivo: non a caso la prima accusa che gli viene mossa è proprio quella di saper usare la magia della parola (sulla quale si basa l’intero dramma, ma non è certo lui a farne uso!), elemento tipico della cultura dell’Altro insieme alle categorie dell’avventuroso e dell’anormale. In realtà, in questa tragedia ognuno vuole essere altro da ciò che è realmente: oltre all’invidia di Iago e al disadattamento d’Otello, anche Desdemona si sente costretta nel ruolo angelico che la cultura cristiana-puritana le assegna (senza mancare di denotarla, in certi frangenti, come diavolo: questo atteggiamento schizofrenico non coglie mai la sua vera essenza, di qui il disagio) e forse vorrebbe essere lei stessa lo Straniero che adora, sfidando per questo le convenzioni sociali e culturali di Venezia. Molto più complessa risulta l’analisi delle motivazioni che nel corso dell’opera Iago adduce per la sua tragica trama: sociale e di rango all’inizio, e antropologica, legata alla propria gelosia verso la moglie e al desiderio di Desdemona per vendicarsi di Otello poi.
Ma in realtà questi sono tutti simulacri su cui Iago proietta la propria incapacità di amare: per lui l’amore non esiste se non come Natura non dominata dalla Ragione, e l’Eros viene così degradato a lussuria animalesca, ad appetito selvaggio. La donna, inoltre, viene ridotto satiricamente ad un essere ingordo di sesso, falso, suscettibile. Non bisogna credere, a questo punto, che questa sia l’unica visione puritana della vita: con Cassio osserviamo come il senso del peccato, la correlazione tra fortuna mondana e metafisica, la prospettiva cortese che tanto fa affidamento sulla civiltà e soprattutto sulla reputazione, siano tutti elementi che non necessariamente portano ad una esistenza sessualmente turbata. Per Cassio, al contrario, Otello è il legittimo fruitore dell’Eros, è un eroe apportatore di vita per l’intera comunità, e l’amore è visto come energia universale di unione e fertilità.
Il villain Iago è un diverso, invidioso ed orgoglioso della propria diversità, fine retore e narcisista, ma non nel senso machiavellico (dato che non ha un chiaro obiettivo da raggiungere), è un laico al di fuori del patto sociale che vuole forzare. Nella sua tentazione fa largo uso di litote, sospensione del senso, effetto d’eco e dello specchio, finti sillogismi, ma va tenuto presente che è aiutato in ciò dalla sotterranea consapevolezza di Otello della discrepanza (razziale, culturale, d’età) tra sé e la moglie, per cui è incredulo che il loro amore sia normale.
A questo punto è facile per l’Alfiere sostituire visivamente la realtà col sospetto, incuneandosi in questo divario, e mostrandogli i suoi pensieri come in un sottile e segreto metateatro permeato di voyeurismo: Otello vivrà come tragedia (condizione propria della coscienza dilaniata dal dubbio) proprio ciò che Iago custodiva e censurava in se stesso come fantasma di sesso e di morte. Nella lotta con l’Altro emergono le proiezioni dei suoi fantasmi interiori che poi infetteranno lo Straniero: le sue visioni erotiche sono sempre morbose e sospese prima dell’atto sessuale vero e proprio, a sottolineare un itinerario reticente in fondo al quale c’è l’impatto violento della visione sessuale. Otello, in preda quindi ad una vera e propria allucinazione, trova nel fazzoletto il simulacro, l’oggetto talismanico (proprio della sua natura barbara) della propria unione con Desdemona.
L’incontro dei due sguardi, magico e puritano, su quel feticcio provoca l’assassinio che seguirà (ma non tale viene visto da Otello, che percepisce se stesso come un “ministro sacrificante”). Il Destino vi ha quindi poca parte, se non nel senso di Caso che svia i messaggi e rende difficile la comunicazione umana, ma in definitiva la deriva tragica è il prodotto della mente di Iago pronta ad approfittarsene. Il trionfo di Iago è compiuto, ha ribaltato sull’Altro l’oscura indicibilità dell’essere che lo opprimeva, facendogli agire ciò che pensava. Otello si ritrova privato dell’onore e della reputazione, che lo inserivano nel Puritanesimo e nella civiltà europea, e infine il suo Io acculturato punisce e uccide il suo Io barbaro. Il “bacio di morte” finale non può che far coincidere le due pulsioni fondamentali, Eros e Thanatos, nella cui oscillazione si è mossa l’intera tragedia.
Il pubblico si è sempre trovato a disagio nel fare i conti con quest’opera, nella quale – volendo guardare alle categorie aristoteliche – è presente nella sua piena forma solo la metabasi, il cambiamento di situazione; l’amartìa, l’errore dell’eroe, in realtà è un malinteso (basato quindi sull’interpretazione, sull’ironia tragica della divaricazione tra referente e significato, e non sull’azione); la nemesi riguarda non il colpevole, ma chi l’ha incolpato; e soprattutto manca la catarsi, la giustificazione stessa della tragedia, e anzi c’è ancora una volta una litote, una rimozione. Con coraggio dobbiamo chiarire a noi stessi che l’intrigo di Iago, una sostituzione dei referenti reali a favore di una rete di simulacri, è in realtà una modalità storica di espressione di pulsioni individuali e collettive che la società tenta di reprimere, ma la cui rimozione (piuttosto che una serena discussione) non può tenere a freno a lungo la sua forza (a rischio di esiti ben tragici, come abbiamo visto). Senza il conforto della salvifica distanza della finzione teatrale, il pubblico ha spiato sotto il coperchio per guardare in faccia quei fantasmi d’epoca, ma in questo modo ha evocato i propri stessi fantasmi.
RIASSUNTO
ATTO PRIMO, scena I
La scena si apre nel mezzo dell’accesa discussione fra Iago e Roderigo. Attraverso le loro parole, veniamo a conoscenza del comune odio per Otello, detto il Moro: questi ha scelto Cassio come nuovo Luogotenente piuttosto che Iago, suo Alfiere (che sotto la maschera del dovere non serve altri che se stesso e la sua borsa), e ha portato via a Roderigo la ragazza che amava, la figlia di Brabanzio. È notte, e Venezia rivela poco a poco i suoi chiaroscuri alla luce delle torce. I due giungono alla casa di Brabanzio e lo svegliano a gran voce, svelandogli che la figlia, Desdemona, è fuggita di casa per congiungersi ad Otello. Iago lascia la scena e raggiunge il suo signore, mentre Brabanzio, verificata la fuga della figlia, si getta alla forsennata ricerca di Otello insieme a Roderigo ed altri uomini.
ATTO PRIMO, scena II
Iago conduce per strada Otello, avvertendolo dell’ira di Brabanzio, ma il Moro è sereno: ha sposato Desdemona, che ama sinceramente di un amore perfetto. Mentre discutono incontrano Cassio e altri soldati con l’ordine di recarsi immediatamente dal Doge: Cipro è in pericolo. Ma ecco sopraggiungere Brabanzio con i suoi, e brandendo le armi accusa Otello di aver praticato oscuri incantesimi sulla figlia per sottrarla all’affetto paterno; questi cerca di placare gli animi e accetta di sottomettersi al giudizio del Consiglio e del Doge.
ATTO PRIMO, scena III
Nel frattempo, il Doge e i Senatori sono riuniti per valutare le notizie contrastanti che arrivano da Cipro: una flotta turca viaggia verso l’isola. Brabanzio, conducendo con sé Otello, giunge al cospetto del Consiglio ed esprime la sua accusa: Desdemona è stata corrotta dalle arti magiche di Otello. Ma egli si difende portando alla luce il suo amore, scaturito dalla storia della propria vita che le raccontava e dalla pietà ricevuta in cambio. Viene chiamata Desdemona, che conferma l’obbedienza al marito. Brabanzio, col cuore a pezzi, piega il capo al matrimonio. Si procede con gli affari di Stato: i Turchi puntano su Cipro, e Otello deve partire a difendere l’isola, portando con sé la moglie. Nel finale della scena Iago incita Roderigo, con la mente ormai offuscata dall’amore, a seguirlo sotto mentite spoglie a Cipro con la borsa piena di denaro, rivelandogli di voler ordire una beffa facendo credere ad Otello che Desdemona lo tradisce con Cassio.
ATTO SECONDO, scena I
Siamo a Cipro. Montano, attuale Governatore dell’isola, aspetta con impazienza l’arrivo di Otello: il cielo dell’isola è spazzato da una bufera ed egli teme per la sua sorte. Intanto arrivano nuove e concitate notizie: Cassio è sbarcato, e la flotta turca è affondata. La guerra è già finita. Giungono anche Iago e Desdemona, la più preoccupata per la sorte del Moro, ma poco dopo si vede all’orizzonte un’altra vela amica. Mentre aspettano Otello, Iago dà sfoggio di tutto il suo cinismo e della sua misoginia. Al rivedersi, i due sposi si profondono in teneri atteggiamenti affettuosi, dopodiché tutti si dirigono al castello, meno Roderigo e Iago. Questi convince l’altro che Desdemona è innamorata di Cassio, spingendolo così a provocare il Luogotenente la notte stessa mentre questi è a capo del corpo di guardia. La beffa comincia a prendere corpo.
ATTO SECONDO, scena II
L’Araldo di Otello proclama una notte di festeggiamenti per lo scampato pericolo turco e per il matrimonio del Moro.
ATTO SECONDO, scena III
Otello lascia il comando del corpo di guardia a Cassio, e si congeda con la sposa. Subentra Iago, che offre a Cassio una notte di baldoria a base di vino, ma questi è facile ad ubriacarsi e quindi oppone una blanda resistenza; alla fine, però, si lascia convincere. Comincia così il convivio con Montano ed altri ciprioti di spirito bellicoso, e in breve il Luogotenente è già alticcio. Si allontana per il turno di guardia, ma subito Roderigo irrompe inseguito da Cassio, reso furioso dal vino e dalle ingiurie ricevute. Montano cerca di placare gli animi, ma ottiene solo uno scontro con Cassio e viene ferito a morte. Roderigo, istruito da Iago, corre per le strade mettendo in allarme la popolazione, per cui non tarda ad arrivare Otello che subito ferma la contesa e chiede spiegazioni a Iago di quanto accaduto. Dopo il resoconto, un misto di verità supposte e ambigue falsità, Otello destituisce Cassio dal suo grado, e torna a letto con Desdemona. Intanto Cassio comincia a riprendersi, ma non ricorda nulla eccetto la lite e l’onore perduto. Seguendo il filo della sua beffa, Iago gli consiglia di supplicare Desdemona affinché intervenga in suo favore.
ATTO TERZO, scena I
È la mattina successiva. Cassio cerca di recuperare il favore perduto assoldando dei musicanti che suonino per Otello. Il suo Buffone li manda via e Cassio lo prega di fargli parlare con Emilia, moglie di Iago e dama di compagnia di Desdemona. Dopo essersi intrattenuto brevemente con Iago, entra Emilia e subito lo rassicura: la sua destituzione è stata dettata dalla prudenza, ma alla prima occasione sarà riabilitato. Riesce anche a farsi promettere un incontro con Desdemona.
ATTO TERZO, scena II
Otello impartisce alcune disposizioni militari.
ATTO TERZO, scena III
Cassio incontra Desdemona, accompagnata da Emilia, che lo rasserena assicurandogli il suo intervento presso il marito. Nel frattempo sopraggiungono Iago e Otello, e alla vista di questi Cassio, sentendosi a disagio, si allontana. Tale gesto viene subito considerato equivoco da Iago, che comincia a far sibilare le sue mezze frasi enigmatiche nella testa del suo signore. Dopo il colloquio tra Otello e Desdemona, in cui quest’ultima riesce a strappargli la promessa di un incontro con Cassio, Iago continua la sua lenta opera di convincimento. Parlando per frasi fatte, con molte reticenze, mai in modo diretto ma adducendo teorie astratte (che pure hanno un loro fondamento logico), svela a poco a poco ad Otello di temere che Desdemona lo tradisca con Cassio. Il Moro, pur essendo certo dell’onestà della sua sposa, comincia a turbarsi, e un’ombra avvolge le sue parole quando sopraggiunge la sua sposa. Desdemona perde il fazzoletto, che viene ritrovato da Emilia. Entra Iago, che le aveva chiesto tante volte di rubarlo, e glielo strappa di mano: vuole fare in modo che sia Cassio a ritrovarlo, in modo da alimentare ancora di più i sospetti in Otello. Ecco che questi ritorna, consumato dai pensieri angosciosi messi in moto dall’Alfiere, e per questo gli intima di trovare al più presto delle prove o porrà fine alla sua vita. Iago riferisce di aver udito Cassio parlare nel sonno, mentre rivolgeva dolci frasi a Desdemona, segno di una già avvenuta notte di passione; ma non basta, gli fa credere di aver visto Cassio asciugarsi la barba col fazzoletto di Desdemona (che invece aveva ritrovato Emilia poco prima). Gli occhi e la mente di Otello si colmano di sangue e di foschi propositi: affida a Iago (che nomina Luogotenente) il compito di uccidere Cassio, riservando per sé l’assassinio di Desdemona.
ATTO TERZO, scena IV
Intanto, Desdemona va alla ricerca di Cassio, e affida al Buffone il compito di ritrovarlo. Contemporaneamente si accorge di aver perso il fazzoletto. Entra Otello, col cuore a pezzi, e fingendo di avere un forte raffreddore chiede alla moglie il fazzoletto regalatole tempo addietro. Ai tentennamenti di questa, prorompe in tutta la sua furia, adducendo come scusa che il fazzoletto ha virtù magiche, e qualora l’avesse perso risulterebbe odiosa ai suoi occhi. Sopraggiunge Cassio, con Iago, che insiste nelle sue preghiere verso Desdemona, ma questa gli comunica che non ha più tutta quell’autorità di cui godeva presso di lui, in quanto investita dal sospetto e dalla gelosia (benché ribadisca di non averne dato mai motivo). Dopo un po’ Cassio rimane solo e incontra Bianca, la sua amante, alla quale affida il compito di copiare il ricamo del fazzoletto (di Desdemona) che ha trovato nella sua camera (appositamente lasciato lì da Iago). Si lasciano con la promessa di rivedersi presto, forse la sera stessa.
ATTO QUARTO, scena I
Iago continua la sua opera di sobillatore, parlando continuamente ad Otello del fazzoletto, e inventando che Cassio s’è vantato d’aver giaciuto con Desdemona. A tali parole il Moro sviene, proprio nel momento in cui arriva l’accusato, subito mandato via con una scusa da Iago con la promessa di un prossimo incontro. Questi propone al suo padrone di tendere una trappola a Cassio: Otello si nasconderà lì vicino mentre Iago lo farà parlare riguardo i suoi rapporti con Desdemona. Ma, al suo arrivo, Iago comincia a parlargli di Bianca, per cui Cassio si profonde in sorrisi e atteggiamenti ironici che vengono scambiati da Otello come ostentazioni della sua tresca con Desdemona. I due vengono raggiunti proprio da Bianca, che restituisce il fazzoletto a Cassio: alla vista di ciò, Otello decide di uccidere la fedifraga, mentre Iago si fa carico dell’assassinio dell’ex Luogotenente. Lasciati Cassio e Bianca, subentrano l’accusata e il cugino Lodovico, che da Venezia reca a Otello l’ordine di richiamo a Venezia e della nomina a Governatore di Cassio. Il Moro, leggendo la lettera, va su tutte le furie, e ai rallegramenti della moglie per il passaggio di grado dell’amico la schiaffeggia pubblicamente, mandandola poi lontano dalla sua vista. Lodovico, pur preoccupato per lo sconvolgimento del Moro, accetta il suo invito a cena.
ATTO QUARTO, scena II
Otello interroga Emilia sul colloquio avvenuto poco prima tra la moglie e Cassio, e la donna non può che difendere appassionatamente l’onestà della sua signora. Mandata a chiamare la sua sposa, le scarica addosso tutta l’ira ormai accresciuta a dismisura dai ragionamenti e dalle false prove dell’Alfiere, coprendola di insulti e di disprezzo. Lasciata sola con Emilia, Desdemona la prega di prepararle il letto con le lenzuola delle nozze. Accorre anche Iago, che non riesce a darsi una spiegazione del comportamento del suo signore. Emilia intuisce che ci sia un calunniatore che ha annebbiato la mente di Otello e lo maledice, ignara di star parlando del marito. Desdemona si allontana, schiantata dal dolore e sorretta da Emilia. Ecco giungere Roderigo, ormai stufo delle tante belle parole di Iago e deciso ad avere riscontro alle tante promesse fatte e ai tanti gioielli che crede donati a Desdemona, mentre in realtà sono stati sottratti dallo stesso Iago. Per evitare la resa dei conti, e allo stesso tempo continuare nella sua tragica beffa, adatta a suo vantaggio le nuove notizie appena sopraggiunte, proponendo a Roderigo di assassinare Cassio (ancora ignaro della sua nomina) per trattenere Otello sull’isola, con la vana promessa di un sicuro incontro amoroso con Desdemona. Il delitto dovrà avvenire dopo la cena presso Bianca, alla quale parteciperà lo stesso Iago.
ATTO QUARTO, scena III
Otello e Desdemona hanno appena terminato la cena, e si accompagnano con Lodovico ed il seguito. Il Moro manda a letto la moglie, e noi la seguiamo mentre si confida con Emilia. Comincia a intonare “La canzone del salice”, ed è sconfinatamene triste, a tratti presaga, mentre rinnova la sua professione di fedeltà anche a costo del mondo intero. Emilia, su precedente ordine di Otello, lascia sola la padrona.
ATTO QUINTO, scena I
Siamo al momento dell’omicidio di Cassio. Sono attimi concitati: dopo essersi nascosto dietro un muro, Roderigo ferisce Cassio, ma questi, protetto da una spessa armatura, lo ferisce a sua volta; mentre l’assalitore agonizza, Iago pugnala Cassio ad una gamba e fugge. Otello arriva a cose già fatte: ascoltando le grida nell’oscurità crede che il cavaliere agonizzante sia Cassio, dopodiché si volge furioso al proprio talamo. Inquietati dalle grida sopraggiungono Lodovico e Graziano (fratello di Brabanzio), che però non si avventurano nelle tenebre. Sbuca fuori Iago con una torcia, che si accerta delle condizioni di Cassio e pugnala Roderigo, da questi riconosciuto come l’assalitore. I due gentiluomini si avvicinano al luogo del misfatto e si fanno riconoscere. Sul posto piomba anche Bianca, subito incriminata dall’Alfiere come complice degli aggressori, e viene riconosciuto Roderigo, ormai cadavere. Iago manda Emilia, accorsa anch’ella sul posto, a portare la notizia dell’aggressione di Cassio ad Otello, che si trova alla cittadella, nella sua stanza nuziale.
ATTO QUINTO, scena II
Ci spostiamo proprio nella camera del Moro. Sta entrando, in silenzio, con in mano una lampada che illumina appena il letto e Desdemona, assopita. Otello parla a se stesso, quasi cercando una giustificazione ad un delitto che il cuore gli impedisce di commettere. Mentre la bacia, si sveglia. Comincia il doloroso scambio di battute, e in breve le comunica la sua volontà di ucciderla; ma anche adesso l’amore gli frena il braccio. Disperata, Desdemona gli chiede spiegazioni del suo gesto, ma Otello è ottenebrato dalla gelosia, la sua furia si abbatte su di lei e inesorabilmente gli fa stringere le dita attorno al candido collo. Al di là della porta, si odono le grida di Emilia. Otello la fa entrare, dopo aver tirato le cortine del letto, e lei gli riferisce dell’assassinio di Roderigo e del ferimento di Cassio. Ma ecco giungere dall’interno delle cortine la voce di Desdemona morente, che si accusa del suo stesso omicidio per scagionare il marito, dopodiché spira. Invece Otello fieramente confessa, e adduce come prove i ragionamenti di Iago. Emilia ormai non teme più il suo signore, e smentisce sia il Moro che il marito, urlando e facendo accorrere tutti gli altri. Iago ammette di aver riferito ad Otello del tradimento di Desdemona, e alle continue rimostranze di Emilia sfodera la spada per zittirla. Ma ecco la rivelazione: Emilia racconta di aver trovato il fazzoletto perduto dalla sua signora e di averlo consegnato a Iago la sera precedente. In un attimo Otello comprende tutto e si getta sulla canaglia, ma questi ferisce a morte la moglie e fugge, subito rincorso da Montano. Graziano viene messo a guardia della porta armato della spada del Moro; Otello si munisce di un’altra spada e vorrebbe lanciarsi anch’egli all’inseguimento del farabutto, ma è impedito dall’immenso dolore che lo paralizza e dall’arrivo degli altri, con Iago fatto prigioniero. Lodovico chiama a sé i due assassini per avere spiegazioni; non appena Otello è vicino allo schiavo maledetto lo ferisce, ma non mortalmente. Il Moro confessa di aver tramato per uccidere Cassio e di aver soffocato Desdemona per amore. Vengono ritrovate sul corpo di Roderigo delle lettere che questi aveva indirizzato a Iago, che svelano tutti i piccoli nodi che hanno composto la trama da questi ordita. Lodovico priva Otello di tutti i poteri militari e civili, e dispone di farlo prigioniero in attesa del giudizio di Venezia: ma egli, prima di lasciarsi condurre via, dannandosi per essersi lasciato sfuggire il tesoro più prezioso che avesse mai conquistato, si trafigge a morte e muore accanto a Desdemona, unendosi in un ultimo bacio. Lodovico, affranto, dà le ultime disposizioni: Graziano entrerà in possesso dell’eredità del Moro, Cassio giudicherà Iago in qualità di Governatore, ed egli stesso tornerà a Venezia a riferire su questa dolorosa vicenda.
Otello
(“Othello” – 1602 – 1603)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V