(“The Merchant of Venice” 1594 – 1597)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
ATTO PRIMO – SCENA PRIMA (unica)
Entrano Lorenzo e Gessica.
LORENZO
La luna splende chiara. In una notte come questa,
quando lieve baciava gli alberi il dolce vento,
senza stormir di fronda, in una notte come questa
credo che Troilo salì sulle mura troiane
e sospirò l’anima sua verso le tende greche,
dove Cressida giaceva quella notte.
GESSICA
In una notte come questa,
timorosa, Tisbe sfiorò col piede la rugiada,
vide l’ombra del leone prima di lui,
e fuggì via atterrita.
LORENZO
In una notte come questa,
con un ramo di salice in mano stette Didone
sulla costa del mare selvaggio, facendo segnali
al suo amore di tornare a Cartagine.
GESSICA
In una notte come questa,
Medea raccolse le erbe incantate
che ringiovanirono il vecchio Esone.
LORENZO
In una notte come questa,
Gessica lasciò furtiva il ricco ebreo
e, con un amante scialacquatore, da Venezia scappò
fino a Belmonte.
GESSICA
In una notte come questa,
il giovane Lorenzo le giurò d’amarla molto,
rubandole l’anima con tante parole devote,
neppure una sincera.
LORENZO
In una notte come questa,
la graziosa Gessica, piccola bisbetica,
calunniò il suo amore, e lui la perdonò.
GESSICA
A notti, ti batterei, se non venisse nessuno;
ma piano, sento i passi di un uomo.
Entra Stefano, un messaggero.
LORENZO
Chi arriva così in fretta nel silenzio della notte?
STEFANO
Un amico.
LORENZO
Un amico? Il tuo nome, ti prego, amico.
STEFANO
Stefano è il mio nome, e porto notizia
che la mia signora, prima che spunti il giorno,
sarà qui a Belmonte. Segue, nel suo cammino,
croci sante, dove s’inginocchia a pregare
per felici ore coniugali.
LORENZO
Chi viene con lei?
STEFANO
Solo un santo eremita e la sua ancella.
Ti prego, è già tornato il mio padrone?
LORENZO
No, né abbiamo avuto sue notizie.
Ma entriamo, ti prego, Gessica,
e prepariamo un solenne benvenuto
alla padrona di questa casa.
Entra Lancillotto.
LANCILLOTTO
Op-la, op-la! ih, oh! op-la, op-la!
LORENZO
Chi chiama?
LANCILLOTTO
Op-la! avete visto padron Lorenzo? Padron Lorenzo! Op-la, op-la!
LORENZO
Smettila di gridare, uomo! È qui.
LANCILLOTTO
Op-la! Dove, dove?
LORENZO
Qui!
LANCILLOTTO
Ditegli che è arrivato un corriere di posta del mio padrone, con un corno pieno di buone notizie; il mio padrone sarà qui prima di mattina. Esce.
LORENZO
Dolce anima mia, entriamo ad aspettare il loro arrivo.
Ma non importa: perché dovremmo entrare?
Amico Stefano, ti prego, informa
quelli di casa che la padrona è in arrivo
e fa uscire i musici all’aperto.
Esce Stefano.
Come dorme dolce la luna su questo pendìo!
Ci siederemo qui e ci scorrerà nell’orecchio
il suono della musica: mite quiete e notte
s’accordano alle note della dolce armonia.
Siedi, Gessica; guarda come il fondo del cielo
è intarsiato fitto fitto di patène d’oro lucente;
non c’è astro, il più piccolo che vedi,
che non canti, nel suo moto, come un angelo,
nel coro eterno dei cherubini dal giovane sguardo:
tale armonia è nelle anime immortali,
ma fino a che questa fangosa veste che si corrompe
le rinserra rozzamente, noi non possiamo udirla.
Entrano i musici.
Venite, su! e svegliate Diana con un inno,
con le più dolci note penetrate l’orecchio
della vostra signora, e attiratela a casa con la musica.
Musica.
GESSICA
Io non sono mai allegra quando ascolto una dolce musica.
LORENZO
La ragione è che la tua mente è sempre all’erta.
Ma osserva una mandria selvaggia e sbrigliata,
o un branco di giovani indomiti puledri,
che saltano folli e mugghiano e fanno alti nitriti,
secondo la calda natura del loro sangue;
se solo sentono per caso un suono di tromba,
o gli tocca l’orecchio un qualche motivo musicale,
noterai che tutti insieme si arrestano,
e gli occhi selvaggi si placano in sguardi mansueti
per il dolce potere della musica. Perciò il poeta
si finse che Orfeo ammaliava alberi, pietre e fiumi,
poiché niente è così ottuso, duro e furente,
che la musica non ne cambi la natura con il suo tempo.
L’uomo che non ha musica in se stesso,
e non è mosso dall’armonia dei dolci suoni,
è buono per tradire, tramare e depredare;
i moti del suo animo sono cupi come la notte
e i suoi affetti neri come l’Erebo.
Un uomo così non riceva mai fiducia. Ascolta la musica.
Entrano Porzia e Nerissa.
PORZIA
La luce che vediamo arde nella mia sala:
come getta lontano i suoi raggi quella piccola candela!
Così risplende una buona azione in un mondo malvagio.
NERISSA
Quando risplendeva la luna non vedevamo la candela.
PORZIA
Così un maggior splendore offusca il minore;
un reggente splende chiaro come un re
finché un re non arriva, e allora la sua magnificenza
si svuota, come un ruscello montano
nell’oceano. Musica! Ascolta!
NERISSA
Sono i musici della vostra casa, signora.
PORZIA
Ogni cosa risulta buona solo in relazione:
mi pare che suoni molto più dolce ora che di giorno.
NERISSA
Il silenzio le conferisce tale qualità, signora.
PORZIA
Il corvo canta dolce come l’allodola
quando è solo, e credo che l’usignolo,
se cantasse di giorno, quando
ogni oca schiamazza, non sarebbe tenuto
miglior musicista dello scricciolo.
Quante cose, al loro tempo giusto, incontrano
il loro giusto elogio, e la vera perfezione!
Silenzio! Come dorme la luna con Endimione,
e non vuol essere svegliata! Cessa la musica.
LORENZO
Quella è la voce
di Porzia, se non mi inganno molto.
PORZIA
Mi riconosce come il cieco riconosce il cuculo,
dalla brutta voce.
LORENZO
Cara signora, bentornata a casa.
PORZIA
Siamo state a pregare per il bene dei nostri mariti,
che speriamo siano stati favoriti dalle nostre parole.
Sono tornati?
LORENZO
Non ancora, signora;
ma poco fa è venuto un messo
ad annunziare il loro arrivo.
PORZIA
Va’ dentro, Nerissa,
e da’ ordine ai servi di non far parola
della nostra assenza da qui,
né voi, Lorenzo, né voi, Gessica.
Squillo di trombe.
LORENZO
Vostro marito è vicino, sento la sua tromba.
Non siamo spioni, signora, non abbiate timore.
PORZIA
Questa notte mi sembra come un’alba malata,
nel suo accentuato pallore: è giorno
come è il giorno quando il sole si nasconde.
Entrano Bassanio, Antonio, Graziano, con il seguito.
BASSANIO
Se tu andassi in giro quando si assenta il sole,
avremmo giorno come agli antipodi.
PORZIA
Lasciami dar luce, ma non lasciarmi allo scoperto,
perché una moglie scoperta può coprire la testa del marito,
e ciò non capiti mai a Bassanio.
Ma Dio disponga! Bentornato a casa, mio signore.
BASSANIO
Ti ringrazio, mia signora. Saluta il mio amico.
Questo è l’uomo, questo è Antonio,
al quale io sono così infinitamente obbligato.
PORZIA
Dovresti in ogni senso essergli molto obbligato,
perché sento che egli per te si era molto obbligato.
ANTONIO
Non più di quanto ne sia stato ripagato.
PORZIA
Signore, siete il benvenuto in casa nostra,
come vi sarà mostrato, più che a parole, in altri modi:
quindi non mi dilungherò in cerimonie.
GRAZIANO (a Nerissa)
Per quella luna ti giuro che mi fai torto!
In fede, l’ho dato allo scrivano del giudice.
Vorrei che fosse castrato chi l’ha ricevuto, amore,
visto che te la prendi tanto a cuore.
PORZIA
Una lite, di già? Di che si tratta?
GRAZIANO
Di un cerchietto d’oro, di un misero anello
che lei mi diede, con un motto
tale e quale alla poesia d’un arrotino
su un coltello, “Amami e non lasciarmi mai”.
NERISSA
Perché parli del motto o del valore?
Mi giurasti, quando te lo diedi,
che l’avresti portato fino all’ora della morte,
e che sarebbe stato sepolto con te nella tomba.
Se non per me, per i tuoi ardenti giuramenti,
avresti dovuto averne riguardo e conservarlo.
Dato allo scrivano di un giudice! No, Dio m’è giudice,
non avrà mai peli in faccia lo scrivano che l’ha avuto!
GRAZIANO
Li avrà, se vive tanto da farsi uomo.
NERISSA
Già, se una donna vive tanto da farsi uomo.
GRAZIANO
Giuro su questa mano che l’ho dato a un giovane,
una specie di ragazzo, un ragazzino stentato,
non più alto di te, lo scrivano del giudice,
un blaterone che lo chiedeva per compenso;
non ho avuto il cuore di negarglielo.
PORZIA
Sei da biasimare – sarò sincera con te –
se hai dato via con tanta leggerezza il primo regalo
di tua moglie, messo al dito con giuramenti
e inchiodato per fedeltà alla tua carne.
Io diedi un anello al mio amore e gli feci giurare
di non separarsene mai; lui è qui:
oso giurare per lui che non lo cederebbe
né lo toglierebbe dal dito per tutte le ricchezze
di questo mondo. In verità, Graziano,
tu dai a tua moglie troppo crudele motivo di dolore.
Succedesse a me, ne sarei furiosa.
BASSANIO (a parte)
Ahimè, farei meglio a tagliarmi la sinistra,
e a giurare che persi l’anello per difenderlo.
GRAZIANO
Il mio signor Bassanio ha dato l’anello
al giudice che glielo chiedeva e in verità
lo meritava; e allora il ragazzo, lo scrivano,
che s’era dato tanta pena a scrivere, chiese il mio;
e né lui né il suo padrone vollero accettare
altro che i due anelli.
PORZIA
Quale anello hai dato, mio signore?
Non quello, spero, che ricevesti da me.
BASSANIO
Potessi aggiungere una menzogna ad una colpa,
lo negherei, ma come vedi il mio dito
non porta più l’anello, è andato.
PORZIA
Altrettanto spoglio di fedeltà è il tuo falso cuore.
Per il cielo, non verrò mai nel tuo letto
finché non rivedrò l’anello!
NERISSA
Né io nel tuo
finché non rivedrò il mio!
BASSANIO
Dolce Porzia,
se tu sapessi a chi ho dato l’anello,
se tu sapessi per chi ho dato l’anello,
e immaginassi per cosa ho dato l’anello
e quanto a malincuore ho ceduto l’anello
quando non veniva accettato nient’altro che l’anello,
mitigheresti la violenza della tua indignazione.
PORZIA
Se tu avessi conosciuto le virtù dell’anello,
o la metà del valore di chi ti diede l’anello,
o quanto dovessi per onore conservare l’anello,
non ti saresti separato allora dall’anello.
Esiste forse un uomo così irragionevole
che, se tu ti fossi compiaciuto di difenderlo
con un minimo di zelo, avrebbe avuto l’impudenza
di esigere un oggetto tenuto come sacro?
Nerissa m’insegna cosa credere: che io possa
morire se non hai dato ad una donna l’anello!
BASSANIO
No, sul mio onore, signora, sull’anima mia,
non una donna l’ha avuto, ma un avvocato civile,
che m’ha rifiutato tremila ducati
e ha chiesto l’anello, che io gli ho negato
lasciandolo partire tutto dispiaciuto,
lui che aveva salvato la vita stessa
del mio caro amico. Che devo dirti, dolce signora?
Fui costretto a mandarglielo,
mosso com’era da vergogna e cortesia;
il mio onore non voleva macchiarsi
di tale ingratitudine. Perdonami, buona signora,
perché, per queste candele benedette della notte,
se tu fossi stata lì, credo che tu stessa m’avresti chiesto
l’anello, per darlo a quel degno dottore.
PORZIA
Che quel dottore non s’avvicini mai alla mia casa.
Poiché egli ha il gioiello che io amavo,
quello che tu giurasti di serbare per me,
io diventerò liberale come te,
e non gli negherò nulla di quello che ho,
no, né il mio corpo, né il letto di mio marito:
un giorno lo conoscerò, ne sono sicura. Non dormire
una notte fuori casa. Sorvegliami come Argo;
se non lo farai, se sarò lasciata sola,
per il mio onore, che è ancora mio,
prenderò per compagno di letto quel dottore.
NERISSA
Ed io il suo scrivano; quindi, sta’ bene attento
se mi lasci sola a custodir me stessa.
GRAZIANO
Bene, fa’ pure; ma attenta che io non lo prenda,
se no allo scrivano gli sciupo la penna.
ANTONIO
Sono io l’infelice causa di queste liti.
PORZIA
Non v’addolorate, signore: voi siete, ciononostante, il benvenuto.
BASSANIO
Porzia, perdonami questo torto involontario,
e in presenza di tutti questi amici,
io ti giuro, per questi tuoi begli occhi,
in cui vedo me stesso…
PORZIA
Ma sentitelo!
Nei miei due occhi lui si vede doppio,
uno in ogni occhio. Giuri sulla tua doppiezza;
ecco un giuramento degno di fede!
BASSANIO
No, ascoltami.
Perdona questa mia colpa, e per l’anima mia ti giuro
che mai più romperò con te un giuramento.
ANTONIO
Una volta io impegnai il mio corpo per il suo bene,
e non fosse stato per chi ebbe l’anello di vostro marito,
esso sarebbe perduto. Oso impegnarmi di nuovo,
pena l’anima mia, che mai più il vostro signore
deliberatamente mancherà alla sua parola.
PORZIA
Allora voi sarete il suo garante. Dategli questo,
e ditegli di conservarlo meglio dell’altro.
ANTONIO
Ecco, caro Bassanio, giura di conservare quest’anello.
BASSANIO
Per il cielo, è lo stesso che ho dato al dottore!
PORZIA
L’ho avuto da lui. Perdonami, Bassanio,
se, per quest’anello, il dottore s’è giaciuto con me.
NERISSA
E tu perdonami, mio caro Graziano,
se quel ragazzo stentato, lo scrivano del dottore,
in cambio di questo, l’altra notte s’è giaciuto con me.
GRAZIANO
Ma questo è come riparar strade
l’estate quando il fondo è ancora buono. E che,
dobbiamo essere cornuti prima di essercelo meritato?
PORZIA
Non essere così volgare. Siete tutti stupefatti.
Ecco una lettera, leggetela a vostro comodo;
viene da Padova, da parte di Bellario.
In essa scoprirete che Porzia era il dottore,
Nerissa il suo scrivano. Lorenzo, qui,
testimonierà che io son partita subito dopo di voi,
e sono appena ritornata. Non sono ancora
entrata nella mia casa. Antonio, siete il benvenuto,
e ho in serbo per voi migliori notizie
di quanto vi aspettiate. Aprite subito questa lettera
e scoprirete che tre delle vostre ragusee
sono giunte in porto inaspettatamente con ricchi carichi.
Non vi dirò per quale strana circostanza
ho trovato questa lettera.
ANTONIO
Sono senza parole!
BASSANIO
Eri tu il dottore e io non ti ho riconosciuta?
GRAZIANO
Eri tu lo scrivano che doveva farmi cornuto?
NERISSA
Sì, ma uno scrivano che non lo farà mai,
a meno che un giorno non si faccia uomo.
BASSANIO
Dolce dottore, voi sarete mio compagno di letto.
Quando mi assenterò, coricatevi pure con mia moglie.
ANTONIO
Dolce signora, voi m’avete dato vita e di che vivere,
perché leggo qui la conferma che le mie navi
sono giunte salve in porto.
PORZIA
E ora a te, Lorenzo,
il mio scrivano ha buone notizie anche per te.
NERISSA
Sì, e gliele darò senza compenso.
Ecco, do a voi e a Gessica, da parte
del ricco ebreo, uno speciale atto di donazione
di ogni suo bene dopo la sua morte.
LORENZO
Gentili signore, voi fate piover manna
davanti a gente affamata.
PORZIA
È quasi mattina,
ma son sicura che non avete afferrato
questi fatti completamente. Entriamo,
e sottoponeteci pure a interrogatori,
e noi risponderemo ad ogni cosa fedelmente.
GRAZIANO
Così sia dunque. Il primo interrogatorio
cui la mia Nerissa presterà giuramento
è se le va fino a notte aspettare
o coricarsi ora che sta per albeggiare.
Ma, fosse giorno, lo vorrei senza chiarore,
per giacermi con lo scriba del dottore.
E poi, finché vivo, io di nient’altro mi curo
che di tener l’anello di Nerissa ben sicuro.
Escono.
Il mercante di Venezia
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