(“Much Ado About Nothing” 1598 – 1599)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
ATTO TERZO – SCENA PRIMA
Entrano Ero e due damigelle (Margherita e Orsola).
ERO
Ti prego, Margherita, corri in salotto e lì
ci trovi mia cugina che sta parlando
col Principe e Claudio. Dille in un orecchio
che io e Orsola siamo a passeggiare
nel giardino e tutte le nostre chiacchiere
sono su lei. Dille che ci hai sentite
per caso, e dille che corra presto, scivoli
nel pergolato dove i caprifogli
che il sole ha maturato gli impediscono
ora d’entrarci, come favoriti
che fattisi superbi sollevano le teste
contro chi li crebbe. Lì deve nascondersi
a udire ciò che diciamo. È questo
che devi fare, e fallo bene. Vai.
MARGHERITA
La faccio venir subito, è sicuro. Esce.
ERO
Orsola, quando arriva, mentre che passeggiamo
su e giù pel viale, noi dobbiamo parlare
soltanto di Benedetto. E quando io
l’avrò mentovato, tu – la tua parte è questa –
incomincia a parlarne bene, bene
più di quanto nessun cristiano mai
ha meritato. La mia parte è dirti
quanto soffre il meschino a causa sua.
La freccia maliziosa del bambino
Cupido è fatta di questo, di parole
e ferisce soltanto a sentir dire.
Attacca, dai!
Beatrice entra furtiva e s’infila nel pergolato.
Ché guarda lì Beatrice
come corre, come una pavoncella
la pancia a terra, per poter sentire
cosa diciamo.
ORSOLA (a Ero)
La pesca migliore
è quando vedi il pesce tagliar l’acqua d’argento
con i suoi remi d’oro per inghiottire
avidamente l’esca traditora.
Così adeschiamo lei, che in questo istante
sta lì accucciata sotto i caprifogli.
La mia parte la so, niente paura.
ERO (a Orsola)
Allora su, andiamole vicine,
che il suo orecchio non perda proprio nulla
dell’esca dolce-falsa che le gettiamo.
Si avvicinano al pergolato.
No, veramente, Orsola, lei è troppo smorfiosa,
io la conosco bene, i suoi spiriti
sono selvaggi e fuggitivi come
falchetti montagnoli.
ORSOLA
Ma siete sicura
che Benedetto le vuol tanto bene?
ERO
Così dicono il Principe e il mio sposo.
ORSOLA
E v’han detto di dirglielo, signora?
ERO
M’hanno pregato, sì, di dirlo a lei,
ma li ho persuasi, se gli voglion bene,
di lasciarlo combattere contro la sua passione,
ma a Beatrice non dirlo.
ORSOLA
E perché, via!
Forse che sto bravuomo non si merita
un letto grande altrettanto felice
di quel che prima o poi ospiterà Beatrice?
ERO
O dio d’amore! Lo so che si merita
tutto quello che un uomo può mai avere.
Ma la Natura mai fece un cuore di femmina
più superbioso del cuore di lei.
Nei suoi occhi disprezzo e baronia
son cavalli da corsa che mandano faville,
e tutto ciò che vedono disprezzano.
Il cervello che ha si crede superiore
tanto che tutto il resto le par cacca.
Non sa cos’è l’amore né sa avere
concetto o forma d’affetto tanto è
innamorata solo di se stessa.
ORSOLA
È vero, è vero. E allora, certamente
che sappia che lui l’ama, non pare conveniente,
sennò comincia a sfotterlo.
ERO
Certo, è proprio così.
Io non ho visto mai uomo al mondo,
per quanto intelligente, nobile, giovanotto,
pieno d’ogni bellezza, che lei non te lo legga
a contropelo. Se è bello, giura
che le potrebbe fare da sorella.
Se è scuro di pelle, bah, allora la Natura
nel fare qualche maschera s’è lasciata scappare
una macchia assai brutta. Se è alto, una lancia
spuntata. Basso? Un cammeo mal fatto.
Se è loquace, ma guarda, pare una bandueruola
che gira a ogni vento. Se è taciturno, un masso
che nessun vento smuove. Ogni cristiano
lo rivolta a rovescio in questo modo
e mai concede a verità e virtù
ciò che s’acquista con sincerità
e con merito.
ORSOLA
È vero, una linguaccia
così non è possibile lodarla.
ERO
Eh no! Ste stravaganze, questo andare
contro l’usanza sempre, non si possono
certo accettare. Ma chi l’ha il coraggio
di dirlo a lei? Se io le parlo, quella
mi polverizza con le beffe, mi
stravolge a furia di risate, e schiaccia
a morte con l’arguzia! Allora è meglio
che Benedetto si consumi, come
un fuoco soffocato dalla cenere,
e si corroda dentro a furia di sospiri.
Meglio morire così che morire
sfottuto, il che è come morire di solletico.
ORSOLA
Però potete dirglielo, e vedere che dice.
ERO
No. Io piuttosto vado da Benedetto
e gli consiglio di tenere testa
a questa sua passione. Anzi, davvero,
escogito una qualche onesta maldicenza
con cui macchiare un poco mia cugina.
Nemmeno se l’immagina, una, fino a che punto
una brutta parola t’avvelena
tutta una simpatia.
ORSOLA
Oh, non faccia quel torto a sua cugina!
Non può essere tanto sfornita di buonsenso –
visto che tutti dicon meraviglie
del suo spirito sveglio ed eccellente –
da rifiutare un gentiluomo raro
come il signor Benedetto.
ERO
Il quale
è in tutta Italia il solo uomo vero,
dopo il mio caro Claudio si capisce.
ORSOLA
Signora, non s’arrabbi con me, prego,
se dico pane pane che il signor Benedetto,
per bellezza, maniera, chiacchiera e valore,
passa per voce unanime come il primo di tutti.
ERO
Certo ha una rinomanza eccellentissima.
ORSOLA
Ed è la sua virtù che gliel’ha guadagnata.
Ma voi, signora mia, quando avrete marito?
ERO
Beh, da domani, tutti i santi giorni.
Ora torniamo in casa. Che ti voglio mostrare
certi vestiti, e domandarti quale
secondo te è meglio per domani.
ORSOLA (a Ero)
È impaniata, sicuro. Cara signora, è presa.
ERO (a Orsola)
Se è così, davvero l’Amore è un pazzerello;
uno cade per freccia, e un altro per tranello.
Escono Ero e Orsola.
BEATRICE (viene avanti)
Perché mi bruciano gli orecchi? Sarà vero?
Merito tante accuse per orgoglio e disprezzo?
Addio arroganza! Addio, verginità selvaggia!
Non c’è riputazione al vostro seguito.
E tu continua pure, Benedetto, ad amarmi,
che io te ne saprò ricompensare:
ammansirò il mio cuore aspro per le tue mani.
La mia dolcezza, se anche tu mi ami,
saprà spingerti a unire i nostri affetti
in un santo legame. Tutti dicono
che tu hai meriti grandi, e io li credo
più grandi assai che tutti non li credano. Esce.
ATTO TERZO – SCENA SECONDA
Entrano Don Pedro, Claudio, Benedetto e Leonato.
DON PEDRO
Resto qui solo fino al tuo matrimonio, e poi mi metto in viaggio per l’Aragona.
CLAUDIO
Io vi scorto costà, signor mio, col consenso vostro.
DON PEDRO
No, sarebbe macchiare il lustro delle tue nozze, come mostrare a un bambino il suo vestito nuovo e poi proibirgli di metterlo. Oserò solo pregare Benedetto di farmi compagnia: perché lui è tutta allegrezza, dalla cima della zucca alla punta dei piedi. Ha spezzato già due o tre volte la corda all’arco di Cupido, e ora quel birichino non osa più tirargli. Ha un cuore sano come una campana e la lingua è il battaglio: ciò che il cuore pensa la lingua dice.
BENEDETTO
Signori miei, io non son più quel di una volta.
LEONATO
Anch’io lo dico; mi pare più ammosciato.
CLAUDIO
Sarà cotto e lo spero.
DON PEDRO
Ma chi, questo forcaiolo? Non c’è goccia di sangue in lui che possa toccarla Amore. Se è triste è a corto di denaro.
BENEDETTO
Ho male a un dente.
DON PEDRO
Càvalo.
BENEDETTO
Sì, impiccalo!
CLAUDIO
Prima devi impiccarlo, e poi cavarlo.
DON PEDRO
Ma come, sospirare per un mal di denti!
LEONATO
È solo un cattivo umore, oppure un verme.
BENEDETTO
Ma guarda, son tutti eroi quando son gli altri a soffrire!
CLAUDIO
Io vi dico ch’egli è cotto.
DON PEDRO
Però non mostra segni di sbandata, lui sbanda solo nel mettersi addosso roba stravagante: oggi ti fa l’olandese, domani il francese, oppure si mette indosso due paesi in una volta, ed è tedesco dalla cintola in giù, tutto bragasse al vento, e spagnolo al nord dei fianchi, senza ombra di giacchetta. E se non va pazzo per queste pazzie come fa ora, non è di certo il tipo da impazzire per amore come voi credete di vedere che sia.
CLAUDIO
Se non ha preso una cotta per qualche donna, non è più il caso di credere ai sintomi antichi. Oh va, si spazzola il tocco ogni mattina: e cosa mostrerebbe questo?
DON PEDRO
Qualcuno l’ha visto dal barbiere?
CLAUDIO
No, ma il garzon del barbiere è stato visto in camera sua, e ora il consueto ornamento della guancia l’è andato a imbottire balle da tennis.
LEONATO
Difatti pare più ragazzo, così senza barba.
DON PEDRO
E inoltre si sfrega pure con lo zibetto: non subodorate qualcosa?
CLAUDIO
Ma questo l’è come dire che il nostro giovine è cotto.
DON PEDRO
Il sintomo più eloquente è comunque la malinconia.
CLAUDIO
E quando mai soleva lavarsi il muso?
DON PEDRO
Giusto, o usar cosmetici? Lo so, lo si dice in giro.
CLAUDIO
E che mi dite voi del suo bello spirito, che ora s’è infilato in una corda di liuto e l’è governato dai tasti?
DON PEDRO
Questo di sicuro è un pessimo indizio: ergo, si può concludere che questo giovane è cotto.
CLAUDIO
E io per giunta lo so chi è l’amorosa.
DON PEDRO
Vorrei saperlo anch’io: una che non lo conosce, scommetto.
CLAUDIO
Sbagliate, conosce lui e i suoi difetti: e ciononostante lei lo ama che muore.
DON PEDRO
Allora la seppelliamo – a pancia in su.
BENEDETTO
Ciarlate, ma serve poco contro il mal di denti. Signor Leonato, vi prego, fate due passi con me. Ho preparate tre o quattro cose sennate da dirvi, cose da non far sentire a questi pappagalli.
Escono Benedetto e Leonato.
DON PEDRO
Sull’anima mia, va a parlargli di Beatrice.
CLAUDIO
Senza dubbio. E a quest’ora Ero e Margherita avranno fatto la loro parte con lei, e d’orinnanzi i due orsi non si azzanneranno più se s’incontrano.
Entra Don Juan.
DON JUAN
Salute, fratello e signore!
DON PEDRO
Fratello Juan, buona sera.
DON JUAN
Se avete il tempo, vorrei parlare con voi.
DON PEDRO
Da soli?
DON JUAN
Se non vi spiace; ma il Conte Claudio può sentire, che ciò che vorrei dirvi lo riguarda.
DON PEDRO
Di che si tratta?
DON JUAN (a Claudio)
Vossignoria intende sposarsi domani?
DON PEDRO
Ma sì, lo sapete bene.
DON JUAN
Non lo so se lui sa ciò che so io.
CLAUDIO
Se vi è impedimento vi prego svelarlo.
DON JUAN
Vossignoria penserà che non m’è simpatico. Questo si chiarirà poi, e la vostra mira va corretta da quanto ora faccio chiaro. In quanto a mio fratello io credo che vi ami molto, ed è per affetto sincero che ha dato una mano a effettuare queste prossime nozze: corteggiamento mal mirato, fatica male impiegata.
DON PEDRO
Ma perché, si può sapere?
DON JUAN
Son qui per dirvelo. E per farla breve, perché di lei s’è parlato fin troppo: la ragazza v’inganna.
CLAUDIO
Chi, Ero?
DON JUAN
Sì, lei – Ero di Leonato, Ero vostra e di tutti.
CLAUDIO
Mi inganna?
DON JUAN
Dire così è troppo poco per dire la sua malizia. Potrei dire di peggio. Trovate voi un insulto peggiore e io lo farò calzare. Non vi stupite prima di averne la prova. Venite stanotte con me e vedrete scalare il suo balcone proprio alla vigilia delle nozze. Se dopo continuerete ad amarla, sposatela pure domani. Ma al vostro onore converrebbe cambiare idea.
CLAUDIO
Ma questo può essere?
DON PEDRO
No, non lo voglio credere.
DON JUAN
Se non osate credere a quel che vedete, non dichiarate di sapere. Se venite con me vi mostrerò quanto basta. E quando avrete visto e sentito di più, potete agire di conseguenza.
CLAUDIO
Se stanotte vedessi cosa per cui non possa sposarla domani, la voglio svergognare davanti a tutti, in chiesa.
DON PEDRO
E io che l’ho corteggiata per te, con te mi unirò per infamarla.
DON JUAN
Io non dirò altro contro di lei finché voi stessi mi sarete testimoni. Tenetevi calmi sino a mezzanotte, e poi la parola ai fatti.
DON JUAN
Oh, il giorno è finito male!
CLAUDIO
Oh, questo malanno incredibile storce tutto!
DON JUAN
Oh questo guaio però è felicemente sventato!
Così direte quando avrete visto il resto. Escono.
ATTO TERZO – SCENA TERZA
Entrano Sanguinello e il suo collega Crescione con la ronda di notte.
SANGUINELLO
Giovanotti, siete gente affidabile?ù
CRESCIONE
E già! O nel caso contrario sarebbe un vero peccato non condannarli a salvezza, corpo e anima.
SANGUINELLO
E poco sarebbe, dico io, se fossero gente incorrotta, dato che sono scelti a fare la ronda del Principe.
CRESCIONE
Avanti, dategli le consegne, compare Sanguinello.
SANGUINELLO
Primo, sentiamo chi è il più disadatto per fare il caposquadra.
PRIMA GUARDIA
Ugo Focaccia, commissario, oppure Giorgio Carbone, che sanno leggere e scrivere.
SANGUINELLO
Venite qua, compare Carbone. Ringraziate Iddio per il buon nome che avete. Essere un pezzo d’uomo è dono di fortuna, ma leggere e scrivere è dono di natura.
SECONDA GUARDIA
E tutt’e due, signor brigadiere…
SANGUINELLO
Li avete voi! Sapevo che rispondevate così. Dunque, per la faccia vostra, compare, ringraziate Iddio e non ve ne vantate. E quanto a leggere e scrivere ne parliamo poi, in un momento inadatto a queste vanità. Qua dicono che siete l’uomo più insensato e adatto a fare il caposquadra della ronda: perciò portate voi la lanterna. Le consegne sono: comprendere tutti i vagabondi. Dovete dare l’altolà a tutti nel nome del Principe.
SECONDA GUARDIA
E se qualcuno non si ferma?
SANGUINELLO
Beh, allora, non fateci caso: lasciatelo andare, e immantinente chiamate a raccolta il resto della ronda e ringraziate Iddio che v’ha sbarazzati da un mascalzone.
CRESCIONE
Chi all’altolà non si ferma non è suddito di Sua Eccellenza.
SANGUINELLO
Bravo, e loro solo dei sudditi si devono impicciare. Inoltre, non fate rumore per strada, perché una ronda che ciancia e parla è assolutamente tollerabile e non va sopportata.
PRIMA GUARDIA
Meglio ronfare che ciarlare; lo conosciamo il nostro dovere.
SANGUINELLO
Ehi, questo parla come un uomo di pace e un vero deretano, perché non vedo come ronfare può essere reato. Attenti però a non farvi fottere le alabarde. Dunque, dovete portarvi in tutte le taverne, e se ci sono ubriachi ordinategli di andare a letto.
SECONDA GUARDIA
E se quelli non ci vogliono andare?
SANGUINELLO
Beh, in quel caso lasciateli in pace finché non gli passa la sbornia. E se a sbornia passata non rispondono meglio, potete dire che avete fatto uno sbaglio di persona.
SECONDA GUARDIA
Va bene, capo.
SANGUINELLO
Ah, se incontrate un ladro, per diritto d’ufficio lo potete sospettare di non essere una persona per bene. E con gente di quella razza meno ci avete a che fare, e meglio è per la vostra onestà.
SECONDA GUARDIA
Ma sapendo che è un ladro non dobbiamo acchiapparlo?
SANGUINELLO
Lo potete fare, per diritto d’ufficio lo potete fare, ma per me chi tocca merda si smerda. La cosa più pacifica per voi, se beccate un ladro, è di lasciarlo libero di mostrarsi com’è, e dunque di involarsi dalla presenza vostra.
CRESCIONE
Compare, lo dicono tutti che siete un uomo di cuore.
SANGUINELLO
Io? Bbi! Per me non impiccherei un cane, figuratevi un cristiano che forse gli resta un po’ d’onestà.
CRESCIONE
Se di notte sentite piangere qualche bambino, dovete chiamare la balia e ordinarle di farlo zittire.
SECONDA GUARDIA
E se la balia dorme e non ci sente?
SANGUINELLO
Beh, allora partite in pace, che ci pensa il bambino a svegliarla con gli strilli. Perché la pecora che non sente belare l’agnello non risponde mai e poi mai al muggito del vitello.
CRESCIONE
Vero e più che vero.
SANGUINELLO
E qua finiscono le consegne. Tu, caposquadra, stai a rappresentare il Principe in persona. Se di notte incontri il Principe, lo puoi fermare.
CRESCIONE
Madonna! No, questo, non credo che lo può fare.
SANGUINELLO
Scommetto cinque danari contro uno, con un qualunque cristiano che conosca la statuaria: lo può fermare. O domine, certo solo se lui si vuol fare fermare; perché la ronda di notte non deve offendere nessuno, ed è offesa fermare un uomo contro la sua volontà.
CRESCIONE
Per la Madosca, credo sia proprio così.
SANGUINELLO
Ah, ah, ah! Baciamo le mani! E se succede qualcosa d’importantissimo, svegliatemi. Non rivelate i segreti dei colleghi e incominciate dal vostro, e buona notte. Andiamo, compare.
PRIMA GUARDIA
Padroni miei, li avete sentiti gli ordini. Qua, andiamo a sederci sulla panchina della chiesa fino alle due, e poi tutti a letto.
SANGUINELLO
Un’ultima parola, compaesani. Mi raccomando, sorvegliate il portone del barone Leonato, che domani lo sposalizio lì sarà, e stanotte ci sarà un putiferio. Adiòs! Occhi aperti, mi raccomando.
Escono Sanguinello e Crescione.
Entrano Borraccia e Corrado.
BORRACCIA
Ehi Corrado!
SECONDA GUARDIA (a parte)
Zitti! Non vi muovete.
BORRACCIA
Dico a te, Corrado!
CORRADO
Ma se son qui, al tuo gomito.
BORRACCIA
Mannaggia, per questo mi prudeva il braccio; credevo fosse la rogna.
CORRADO
A questo ti rispondo appresso. E ora avanti con la tua storia.
BORRACCIA
Vieni qua allora sotto la tettoia, che qui pioviggina, e io come un vero ubriacone ti racconto tutto.
SECONDA GUARDIA (a parte)
Tradimento, compari. State nascosti.
BORRACCIA
Dunque devi sapere che mi son guadagnato mille ducati da Don Giovanni.
CORRADO
Possibile che una mascalzonata sia così cara?
BORRACCIA
M’avresti a domandare piuttosto come mai una mascalzonata sia così ricca. Mo’ te lo spiego: quando i furfanti ricchi tengono bisogno dei mascalzoni pezzenti, i morti di fame possono fare il prezzo che gli pare.
CORRADO
Beh, la cosa mi sorprende.
BORRACCIA
Si vede che non hai esperienza. Tu sai che la moda d’una giacchetta, d’un cappello o d’un mantello non son nulla rispetto all’uomo.
CORRADO
Ma sì, sono i suoi addobbi.
BORRACCIA
Io voglio dire, la moda.
CORRADO
Beh, la moda è la moda.
BORRACCIA
Allora è come dire che un fesso è fesso. Ma non ti sei capacitato che questa moda è un ladro fetente?
PRIMA GUARDIA (a parte)
Fetente? Questo nome lo conosco. È uno che ha fatto il ladro sett’anni e ora se la spasseggia come un signorino. Lo ricordo bene il suo soprannome.
BORRACCIA
Hai sentito qualcuno?
CORRADO
Ma va, è stata la bandueruola sulla casa.
BORRACCIA
Ti stavo dicendo, non ti capaciti che la moda è un ladro fetente, che fa girare la capoccia a tutte le teste calde tra i quattordici e i trentacinque? Che a volta li camuffa come i soldati del faraone nelle pitture affumicate, e un’altra volta come i preti di Bal dentro la vetrata della chiesa vecchia, e una terza come lo sbarbato Ercole negli arazzi zozzi e mangiati dai vermi, che tiene una braghetta massiccia come il suo bastone?
CORRADO
Tutto questo lo capisco, e so che la moda la consuma più roba che l’uomo. Ma tu stesso non sei mica imbriacato di moda, che mi cambi discorso dalla tua storia a queste storie di moda?
BORRACCIA
Ma quando mai, quale cambiare! Devi sapere che stanotte mi sono filata la Margherita, la cameriera di Ero, e chiamandola Ero. Lei mi sporgeva le zinne dal balcone della sua padrona, mi dava mille volte la buonanotte – ma ora racconto proprio da fare schifo – che anzitutto ti dovrei dire come il Principe, Claudio e il padrone se ne stavano lì piantati, piazzati e indiavolati dal padrone mio Don Giovanni, e da lontano nel giardino vedevano questo amabile scambio.
CORRADO
Non credettero mica che la ragazza fosse la Ero?
BORRACCIA
Due di loro sì, il Principe e Claudio, perché quel diavolo del mio padrone sapeva che era Margherita. Insomma un po’ per i suoi spergiuri che li avevano già assatanati, un po’ grazie alla notte scura che li faceva fessi, ma soprattutto per la mia furfanteria, che confermava tutte le calunnie di Don Gianni, il Conte Claudio se ne andò inferocito giurando che l’indomani mattina l’avrebbe incontrata in chiesa com’era stabilito, indove in mezzo a tutti la voleva svergognare dicendo quello che aveva visto di notte, e dopo la rimandava a casa sua senza marito.
PRIMA GUARDIA
Fermi tutti in nome del Principe!
SECONDA GUARDIA
Presto, andate a svegliare il commissario. Abbiamo recuperato il più rischioso fatto di fottisterio in tutta la monarchia.
PRIMA GUARDIA
E uno di essi è un certo Fetente; io lo conosco, porta il ciuffetto.
CORRADO
Ma signori miei, signori miei…
SECONDA GUARDIA
Zitto, che prima il Fetente ci devi portare.
CORRADO
Ma via, signori…
PRIMA GUARDIA
Statti zitto, è un comando! Ai tuoi ordini e marcia!
BORRACCIA
Bel colpo han fatto, lo vedranno poi, a beccarci coi loro spiedoni.
CORRADO
Un colpo dubbio, puoi contarci. Andiamo, ai vostri ordini. Escono.
ATTO TERZO – SCENA QUARTA
Entrano Ero, Margherita e Orsola.
ERO
Orsola bella, va a svegliare mia cugina, dille che si deve alzare.
ORSOLA
Subito, signora.
ERO
E dille che venga qui.
ORSOLA
Bene. Esce.
MARGHERITA
Davvero, l’altro colletto vi stava meglio.
ERO
No, Rita, ti prego, questo qui mi metto.
MARGHERITA
Giuro che non vi sta molto bene, e vedrete, vostra cugina mi darà ragione.
ERO
Mia cugina non capisce niente e tu neanche. Mi metto questo e basta.
MARGHERITA
L’acconciatura che è di là mi piace assai, se i capelli fossero un tantino più scuri, e il vestito è davvero bellissimo. Ho visto quello della duchessa di Milano, che ne dicono meraviglie.
ERO
Quello è uno schianto, dicono.
MARGHERITA
Ma quale, rispetto al vostro, una camicia da notte è! Broccato d’oro traforato a ricami d’argento, perle cucite, maniche e contromaniche, e le sottane col bordo listato di lamè celestino. Però per grazia e moda eccellente, fresca e fina, il vostro dieci ne vale.
ERO
Dio me ne dia gioia a portarlo, che ho il cuore pesante assai.
MARGHERITA
E tra non molto sarà più pesante, del peso d’un uomo.
ERO
Oh che sfacciata! Non ti vergogni?
MARGHERITA
E di che, signora? Di parlare pulito? Il matrimonio non è forse pulito, anche tra morti di fame? E il vostro sposo non è pulito, matrimonio a parte? Forse volevate che dicessi, “salvognuno, il peso di vostro marito”; ma se chi pensa male non storce le parole oneste, io non offendo nessuno. Che male c’è nel dire”il peso di vostro marito”? Nessuno, penso, trattandosi del marito legittimo e della moglie legittima: sennò sarebbe leggero e non pesante. Domandatelo alla signorina Beatrice, eccola lì.
Entra Beatrice.
ERO
Buondì, cugina.
BEATRICE
Buon giorno, dolce Ero.
ERO
Oh senti! Cos’è questo tono lagnoso?
BEATRICE
Altri non he ho, sono stonata credo.
MARGHERITA
Attacchiamo la canzone “Amor mi fa leggera” che non ha bisogno di bordone. Voi cantate e io ballo.
BEATRICE
Leggera coi piedi all’aria? Allora, se tuo marito ha le stalle, tu non gli farai mancare i vitelli.
MARGHERITA
Oh che cavillo! Sotto i piedi me lo metto.
BEATRICE
Cugina, sono quasi le cinque, dovresti essere pronta. Per l’anima mia sto proprio male, ohé!
MARGHERITA
Cosa volete, un falco, un cavallo o un marito?
BEATRICE
Voglio un richiamo per tutti e tre.
MARGHERITA
Mamma mia, non vi riconosco più, il mondo è davvero sottosopra.
BEATRICE
Che vuol dire questa scema, non la capisco.
MARGHERITA
Niente, che Dio esaudisca i desideri di ognuno.
ERO
Questi guanti me li manda il Conte; senti che buon profumo.
BEATRICE
Sono tappata, cugina, non sento niente.
MARGHERITA
Come, come, vergine e tappata? Questo sì è un raffreddore!
BEATRICE
O Dio m’aiuti! Dio m’aiuti! Da quando sei diventata spiritosa?
MARGHERITA
Da quando voi avete smesso. Perché, non mi sta bene il mio spirito?
BEATRICE
Non si nota abbastanza, dovresti portarlo sul cappellino. Mi sento male, davvero.
MARGHERITA
Prendetevi un poco di questo Cardo Benedetto e fatevene un impiastro sul cuore: nulla di meglio per le palpitazioni.
ERO
Rita, così la pungi, col tuo cardo.
BEATRICE
Benedetto! Perché benedetto? Che vuoi insinuare con questo benedetto?
MARGHERITA
Io insinuare? No, sul mio onore, non voglio insinuare niente, voglio dire cardo benedetto e basta. Forse pensate che io pensi che voi vi siete innamorata. No, per la Nostra Signora, non sono così sciocca da pensare ciò che mi piace, ma non mi piace non pensare ciò che posso, né davvero posso non pensare, anche se potessi convincere a non pensare il mio cuore, che vi siete innamorata o sarete innamorata o potete essere innamorata. Eppure Benedetto era anche lui così e ora è diventato un uomo; giurava di non sposarsi mai e ora malgrado il cuore si mangia la sua polpetta senza fare smorfie. Come voi potreste cambiare non lo so, ma so che gli occhi per vedere ce l’avete come le altre donne.
BEATRICE
Madre mia come galoppa la tua lingua!
MARGHERITA
Sì, galoppa e non intoppa.
Entra Orsola.
ORSOLA
Signora ritiratevi! Il Principe, il Conte, il signor Benedetto, Don Giovanni e tutti i giovanotti di Messina vengono per portarvi in chiesa.
ERO
Aiutatemi a vestirmi cugina cara, cara Rita, cara Orsola.
Escono.
ATTO TERZO – SCENA QUINTA
Entrano Leonato col commissario Sanguinello e il capozona Crescione.
LEONATO
Che posso fare per voi, cari compaesani?
SANGUINELLO
O Madonna, Eccellenza, solo un minuto di confidenza per cosa che la discerne da vicino.
LEONATO
Di prescia per favore, lo vedete che ho cento cose da fare.
SANGUINELLO
Vedo, vedo, la Madosca!
CRESCIONE
Vediamo, vediamo, eccellenza!
LEONATO
Allora amici miei di che si tratta?
SANGUINELLO
Eccellenza, il compare Crescione oramai va uscendo un poco dal seminato. Vecchiarello è, eccellenza, e oramai il suo cervello non è più deficiente come io lo vorrei con l’aiuto di Domineddio. Ma sul mio onore uomo pulito è, come la pelle in tra gli occhi.
CRESCIONE
Sì graziaddio, pulito come ognuno pulito a questo mondo, dico ogni vecchiarello che più puliti di me non ce n’è.
SANGUINELLO
I paragoni odorosi sono: palabras, compare Crescione.
LEONATO
Compari, siete proprio tediosi.
SANGUINELLO
Bontà vostra, eccellenza, ma noi poveri sbirri del Duca siamo. Ma io ci dico per parte mia che pure se fossi tedioso come un re, tutto il mio è sempre a disposizione di voscenza, con tutto il cuore.
LEONATO
Tutto il tedio tuo mi daresti, ah?
SANGUINELLO
Ci può contare, anche se era mille volte quello che è, perché di voscenza in questa città sento sparlare più di ogni altra persona, e io un povero cristo sono, ma a sentire sparlare di voscenza sono contento assai.
CRESCIONE
E io pure.
LEONATO
Ma allora si può sapere ciò che avete a dirmi?
CRESCIONE
Madonna mia, eminenza, stanotte la ronda di notte pigliò, con rispetto parlando, una coppia di malacarne che più malacarne a Messina non c’è.
SANGUINELLO
Vecchio pulito è, eccellenza! Gli piace parlare. Come dice il proverbio: “Vecchiarello vecchiarello scimunì nel suo cervello.” Bella Madonna, che mi tocca vedere! Compare Crescione, bene parlàstivo. Il Padreterno un buon uomo è. E se due vanno sul somaro, uno dei due ha da stare di dietro. Un uomo pulito davvero, barone, sull’onore mio, ché uno più pulito non spezzò mai pane. Ma Dio va ringraziato: non siamo tutti uguali. Purtroppo, compare mio!
LEONATO
Certo che non è, compare, alla vostra altezza.
SANGUINELLO
Grazia di Dio è, baronello.
LEONATO
Amici, vi debbo lasciare.
SANGUINELLO
Una parola, eccellenza! Ieri notte, proprio così, la ronda di notte arrostì due cristiani sospettosi assai, e stamattina li vogliamo dirupare davanti a vostra eminenza.
LEONATO
No, interrogateli voi e poi mi fate sapere. Ora vado proprio di fretta lo vedere bene.
SANGUINELLO
Questo basta e avanza.
LEONATO
Bevete un bicchiere di vino prima di andare. Beneditevi!
Entra un messo.
MESSO
Monsignore, vi aspettano tutti per dar via la sposa allo sposo.
LEONATO
Ci vado subito, eccomi.
Escono Leonato e il messo.
SANGUINELLO
Sveglia, compare, sveglia, va subito a cercare Ciccio Carbone, digli che pigli penna e calamaio e portalo in galera. Dobbiamo subito emanare questi carcerati.
CRESCIONE
E questo va fatto con ingegno.
SANGUINELLO
L’ingegno c’è ci puoi contare. C’è abbastanza qua dentro da mettere qualcuno col culo al muro. Tu pensa solo a far venire il nostro eccellente cancelliere per scancellare la nostra scomunicazione. Ci vediamo tutti in galera.
Escono.
Molto rumore per nulla
(“Much Ado About Nothing” 1598 – 1599)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V