(“As you like it” 1599 – 1600)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
ATTO QUINTO – SCENA PRIMA
Entrano Touchstone e Audrey.
TOUCHSTONE
Troveremo il momento, Audrey. Pazienza cara Audrey.
AUDREY
Il prete andava bene, macché. Il vecchio conta balle.
touchstone Era un farabutto, Audrey, era un lurco lo Scassatesti. A proposito, Audrey, c’è un giovanotto, qui in bosco, che vanta pretese su te.
AUDREY
Come no, lo so. Su me non può pretendere un fico. È lì che arriva, il pischello che dici.
Entra William.
TOUCHSTONE
Ah per me incontrare uno zotico è come andare a nozze. Sul mio onore, noi persone di spirito abbiamo molto di cui rispondere: prendiamo sempre qualcuno per i fondelli, non possiamo resistere.
WILLIAM
Buona sera, Audrey.
AUDREY
E a te la buona serata, William.
WILLIAM
E buona sera anche a voi signore.
TOUCHSTONE
E pure a te gentile amico. Copri, copri la testa. Avanti, avanti, coprila. Quanti anni hai, amico?
WILLIAM
Venticinque signore.
TOUCHSTONE
Sei già in avanti. Ti chiami William?
WILLIAM
William, signore.
TOUCHSTONE
Bel nome. Sei nato qui in bosco?
WILLIAM
Sissignore, graziaddio.
TOUCHSTONE
“Graziaddio”? Bella risposta. Sei ricco?
WILLIAM
Beh signore, così così.
TOUCHSTONE
“Così così”! Bello, bellissimo, eccellente. Anzi no, così così. Sei saggio?
WILLIAM
Sissignore, non mi lamento.
TOUCHSTONE
Dici bene perdiana. Mi torna in mente un adagio: “Il matto si crede saggio, ma il saggio sa d’esser matto”. Il filosofo pagano, quando che aveva voglia di mangiar l’uva, apriva le labbra per metterla in bocca, con ciò significando che l’uva è fatta per mangiarsi e le labbra per aprirsi. Sei innamorato di questa ragazza?
WILLIAM
Sissignore.
TOUCHSTONE
Qua la mano. Sei colto?
WILLIAM
Nossignore.
TOUCHSTONE
Allora impara questo. Avere è avere: perché l’è una figura retorica che la bevanda, versata da tazza in bicchiere, riempie questo e vuota la prima. E tutti gli scrittori convengono che ipse è lui. Perciò attento: tu non sei ipse e lui sono io.
WILLIAM
Lui chi, signore?
TOUCHSTONE
Il signore che sposa questa femmina qua. Per cui, zotico che non sei altro, abbandona – termine volgare per “lascia” – la società – “compagnia” per il contado – di questa femmina – che nella lingua corrente è “donna”. Detto tutto insieme: lascia perdere questa femmina o tu zotico crepi, o per farti capir l’antifona”muori”, o in altri termini ti spacco, ti faccio fuori, traduco la tua vita in morte, da libero ti fò servo, mi do a trattar veleni, bastoni o stocchi. T’affronto in campo aperto o ti frego con la politica, ti elimino in centocinquanta maniere. Insomma trema e sparisci.
AUDREY
Sii buono, William: vai.
WILLIAM
Buon divertimento, signore. Esce.
Entra Corin.
CORIN
Il padrone e la padrona vi stanno cercando. Venite, venite via.
TOUCHSTONE
Trotta Audrey, trotta Audrey. Son qua, son qua!
Escono.
ATTO QUINTO – SCENA SECONDA
Entrano Orlando e Oliver.
ORLANDO
Ma è possibile che ti sia preso una scuffia così, praticamente senza conoscerla? Così, la vedi e ci caschi? Ci caschi e le fai la dichiarazione? Le fai la dichiarazione e lei l’accetta? Ma allora, la vuoi proprio portare a letto?
OLIVER
Ma sì, che cosa importa se tutto va a rotta di collo, se lei non ha quattrini e ci conosciamo appena, se le ho fatto la corte in quattro e quattr’otto e lei m’ha accettato a volo? Dici solo con me, io amo Aliena. Dici con lei che mi ama, accetta le due cose e lasciaci la gioia di metterci assieme. Ne avrai dei vantaggi anche tu perché ti passo in donazione la casa di nostro padre e tutte le rendite che furono sue: io vivo e muoio qua, facendo il pastore.
ORLANDO
Affare fatto. Sposatevi pure domani. Ci penso io a invitare il Duca e tutta l’allegra brigata. Va ad avvertire Aliena, ché guarda lì, arriva la mia Rosalinda.
Entra Rosalinda.
ROSALINDA
Salve fratello!
OLIVER
Salve a te, sorellina. (Esce.)
ROSALINDA
O caro Orlando, come mi spiace vederti portare il cuore al collo!
ORLANDO
Veramente si tratta del braccio.
ROSALINDA
Ah sì? Pensavo le sgrinfie del leone t’avessero ferito il cuore.
ORLANDO
Ferito è senz’altro, ma da occhi di donna.
ROSALINDA
Te l’ha detto tuo fratello di come ho finto di svenire alla vista del fazzoletto?
ORLANDO
Sì, e pure d’altre e maggiori meraviglie.
ROSALINDA
Ah, sicuro! È tutto vero. Non ho mai visto niente di più inopinato, a parte il cozzo di due caproni e la smargiassata di Cesare quando venne, vide e vinse. Tuo fratello e mia sorella si son conosciuti e guardati, guardati e amati, amati e sospirati. Appena messisi a sospirare se ne son chiesta la ragione, e saputa la ragione han cercato il rimedio. E così passo a passo han fatto due scale che li portano a nozze, e devon salirle incontanente sennò faranno gl’incontinenti prima del matrimonio. Son proprio in furor d’amore e han bisogno d’accoppiamento. Neanche a bastonate li puoi staccare.
ORLANDO
Si sposano domani e io invito il Duca alla cerimonia. Però com’è amaro guardare la felicità con gli occhi altrui! Domani la mia depressione sarà forte come la gioia che penso avrà mio fratello a possedere ciò che desidera.
ROSALINDA
Ma allora non posso esserti utile anche domani, fingendomi Rosalinda?
ORLANDO
Non ce la faccio più a vivere d’illusioni.
ROSALINDA
Quand’è così non ti secco più con le chiacchiere. Sappi allora – e adesso parlo sul serio – che io ti considero una persona intelligente. E non lo dico perché tu mi creda intelligente in quanto so che lo sai. E neanche sto cercando di farmi stimare di più, no, mi basta quel po’ di fiducia che hai in me, che io voglia farti del bene e non trarne vantaggio. Allora ti prego di credermi, io son capace di fare cose stranissime. Da quando avevo tre anni m’ha fatto lezioni un mago, un mago molto bravo nella sua arte ma non di quelli che van condannati. Se ami davvero Rosalinda con quella passione che il tuo comportamento fa credere; allora quando tuo fratello sposa Aliena anche tu sposerai Rosalinda. So bene che guai lei sta passando, e non m’è impossibile, sempre che tu non ci veda niente di male, fartela comparire domani davanti agli occhi, in carne e ossa, e senza nessun pericolo.
ORLANDO
Ma che dici, parli sul serio?
ROSALINDA
Sì, te lo giuro sulla mia vita a cui tengo molto, anche se ti dichiaro di essere un mago. Allora, metti il vestito più bello che hai e invita gli amici, perché se davvero ti vuoi sposare anche tu domani, puoi farlo. E con Rosalinda se proprio lo vuoi. Guarda chi spunta, una mia patita col suo patito.
Entrano Silvio e Febe.
FEBE
Giovane, siete stato assai scortese
a mostrare la lettera che vi ho scritta.
ROSALINDA
Non me n’importa niente. Faccio apposta
a mostrarmi antipatico e scortese.
Lì c’è la vostra ombra, un pastore fedele,
badate a lui, amatelo. Vi adora.
FEBE
Pastore, insegna un po’ a questo ragazzo
cosa vuol dire amare.
SILVIO
Vuole dire
esser tutti sospiri e lacrime. E così
sono io per Febe.
FEBE
E io per Ganimede.
ORLANDO
E io per Rosalinda.
ROSALINDA
E io per nessuna donna.
SILVIO
Vuol dire essere tutti fedeltà e devozione,
e son così per Febe.
FEBE
E io per Ganimede.
ORLANDO
E io per Rosalinda.
ROSALINDA
E io per nessuna.
SILVIO
Vuole dire essere tutti fantasia,
tutti passione, tutti desideri,
tutti adorazione, rispetto e obbedienza,
tutti umiltà, pazienza e impazienza,
tutti purezza e fatica e onoranza,
come io per Febe.
FEBE
E io per Ganimede.
ORLANDO
E io per Rosalinda.
ROSALINDA
E invece io per nessuna.
FEBE (a Rosalinda)
Se è così, perché farmi una colpa se ti amo?
SILVIO (a Febe)
Se è così perché disprezzarmi se t’amo?
ORLANDO
Se è così perché te la prendi se ti amo?
ROSALINDA
A chi lo dici questo: “Perché ti secchi se t’amo”?
ORLANDO
A chi non è presente e non mi sente.
ROSALINDA
Per favore smettetela, ché mi par di sentire i lupi irlandesi quando ululano alla luna. (A Silvio) Se posso ti do un aiuto. (A Febe) Ti vorrei bene se potessi. Domani venite tutti assieme da me. (A Febe) Se mai sposerò una donna sposerò te, e il bello è che domani mi sposo. (A Orlando) Te ti farò contento, se mai ho fatto contento un uomo, e domani ti sposerai. (A Silvio) Farò contento anche te, se ciò che vuoi ti contenta, e domani ti sposi anche tu. (A Orlando) Se ami Rosalinda non mancare. (A Silvio) Se ami Febe non mancare. E io che non amo nessuna v’assicuro che ci sarò. Perciò statevi bene, ché le consegne ve l’ho lasciate.
SILVIO
Se sono vivo non mancherò.
FEBE
E io nemmeno.
ORLANDO
Io pure. Escono.
ATTO QUINTO – SCENA TERZA
Entrano Touchstone e Audrey.
TOUCHSTONE
Domani è il giorno felice, Audrey. Domani saremo marito e moglie.
AUDREY
Io ne ho una voglia che muoio. E spero non è voglia disonesta, aver voglia di diventare una donna di mondo. Ecco due paggi del Duca bandito.
Entrano due paggi.
PRIMO PAGGIO
Ben trovato, onesto signore.
TOUCHSTONE
Ben trovati per l’anima mia. Avanti sedete, sedetevi, e una bella canzone.
SECONDO PAGGIO
Ai vostri comandi. Qua, mettetevi in mezzo.
PRIMO PAGGIO
Vogliamo attaccare subito, senza raschi di gola e scaracchi e senza tirare fuori la scusa della rocaggine, che sono i soliti preamboli di chi piglia stecche?
SECONDO PAGGIO
Ma sì, ma sì, e all’unisono, neh, come due zingari su un ronzino.
(Cantano)
C’era un pischello e la su’ scagnozza,
Canta ehi-oh! Ehi-noninò!
che s’infrascarono nella pannocchia,
a mezzo maggio, il solo bel tempo, l’unico giusto per dar l’anello,
ehi ding-a-ding, cantano uccelli,
ama l’amante il maggio bello.
Mezzo a la segala si son mescolati,
Canta, ehi-oh ed ehi-noninò!
questi bei zotici innamorati,
a primavera col tempo bello, l’unico adatto per l’anello,
ehi ding-a-ding se canta l’uccello,
aman gli amanti il tempo bello.
Questa carola è nata allora,
Forza! Ehi-oh ed ehi-noninò!
e canta la vita ch’è solo un fiore,
a metà maggio col tempo bello, il solo buono per dar l’anello,
ehi-ding-a-ding quando canta l’uccello,
aman gli amanti il maggio bello.
Cogli, ah cogli l’attimo lesto –
Svegli! Ehi-oh! Ehi-noninò!
perché l’amore va fatto presto
a metà maggio, il tempo più bello, il solo giusto per dare un anello,
ehi-ding-a-ding quando canta l’uccello,
aman gli amanti il maggio.
TOUCHSTONE
All’anima mia, ragazzi, la canzonetta non era granché, ma in compenso stonavate come campanacci.
PRIMO PAGGIO
Vi sbagliate signore mio. Il tempo l’abbiamo tenuto, il tempo mica l’abbiamo perso.
TOUCHSTONE
Sì invece, ve lo dico io. Non c’è dubbio ch’è tempo perso, stare a sentire una frottola così scimunita. Dio v’abbia in gloria e vi aggiusti la voce. Andiamo Audrey.
Escono.
ATTO QUINTO – SCENA QUARTA
Entrano il vecchio Duca, Amiens, Jaques, Orlando, Oliver (e) Celia.
IL VECCHIO DUCA
Ma tu ci credi, Orlando, che il ragazzo
può fare tutto quanto ha promesso?
ORLANDO
A volte credo, a volte no, come quelli
che temono sperando, e san solo che temono.
Entrano Rosalinda, Silvio e Febe.
ROSALINDA
Un altro po’ di pazienza, ribadiamo i patti.
Vossignoria conferma, che se porto
qui Rosalinda, gliela darete in moglie
al qui presente Orlando?
IL VECCHIO DUCA
Ma sicuro.
E con lei gli darei un regno, se l’avessi.
ROSALINDA
E tu la prendi, no, se te la porto?
ORLANDO
Certo, pure se fossi il re dei re.
ROSALINDA
E tu mi sposeresti, dici, se io accettassi?
FEBE
Sì, dovessi morire un’ora dopo.
ROSALINDA
Ma supponiamo che tu rifiutassi.
Allora, ti daresti al tuo pastor fedele?
FEBE
I patti sono questi.
ROSALINDA
E tu, pastore,
dici di voler Febe, se lei vuole?
SILVIO
Anche se lei e la morte fosser la stessa cosa.
ROSALINDA
Io ho promesso d’aver la soluzione
per tutti questi imbrogli. Voi, o Duca,
tenete la parola di dar via vostra figlia.
E tu la tua, Orlando, di sposarla.
E tu, Febe, la tua, di sposar me,
o, se dici di no, di sposare il pastore.
Tieni la tua parola, Silvio, che tu la sposi
se mi rifiuta. E ora mi ritiro
per appianare tutti questi “se”.
Escono Rosalinda e Celia.
IL VECCHIO DUCA
Ma guarda, in questo pastorello io credo
di rintracciare qualche tratto vivo
di mia figlia.
ORLANDO
Monsignore, io,
quando la prima volta l’ho visto, m’è sembrato
fratello alla figliola vostra. Ma,
signore, quel ragazzo è nato qui, nel bosco,
ed è stato istruito nei principi
di tutti questi studi rischiosi da un suo zio
che egli dice essere un gran mago
rimasto oscuramente chiuso in questa foresta.
JAQUES
Scommetto che siamo in vista d’un altro diluvio universale, e queste coppie son qua per infilarsi nell’arca. Ecco ad esempio un paio d’animali stranissimi che in tutte le lingue del mondo si chiamano pagliacci.
Entrano Touchstone e Audrey.
TOUCHSTONE
Saluti e auguri a tutti quanti.
JAQUES
Dategli il benvenuto, Monsignore. Costui è quel signore dal cervello pezzato che ho veduto nel bosco così spesso. Giura d’essere stato un cortigiano.
TOUCHSTONE
Se qualcuno ne dubita non ha che da sottopormi al giudizio di Dio. Ho ballato la pavana, ho adulato una gran dama, ho usato con gli amici la diplomazia, coi nemici la cortesia, ho buggerato tre sarti, ho litigato quattro volte e una volta sono stato a un passo dal duello.
JAQUES
E come l’hai rimediata?
TOUCHSTONE
Per la fede, ci siamo incontrati, e scoprimmo che la contesa riguardava la settima causa.
JAQUES
Quale settima causa? Monsignore, vi prego di apprezzare questo tipo.
IL VECCHIO DUCA
In effetti mi piace molto.
TOUCHSTONE
Dio ve ne renda merito, e altrettanto auguro a voscenza. Io mi pigio qui, eccellenza, in questa calca di copule villerecce, onde giurare e spergiurare, a seconda che imene vincoli e sangue svincoli. Una povera vergine, eccellenza, un povero essere sgraziato ma tutto mio. Una mia fantasia, eccellenza, di far mia una creatura rifiutata da tutti. Una ricca verginità dimora in una bicocca, eccellenza, come che fosse un avaro, simile ad una perla in un’ostrica puzzolente.
IL VECCHIO DUCA
In fede mia è sveltissimo ne’ lazzi e sentenzioso.
TOUCHSTONE
Come la freccia del matto eccellenza, e altri dolci vizi.
JAQUES
Torniamo alla settima causa. Come hai fatto a capire che il litigio toccava la settima causa?
TOUCHSTONE
A causa d’una smentita a sette gradini. (Sta’un po’ più composta, Audrey.) In questo modo, eminenza. Non mi garbava il taglio della barba d’un cortigiano. Costui mi manda a dire che se dicevo che il taglio era malfatto, lui invece pensava che andasse bene. Questa si chiama Ritorsione Cortese. Se io rimandavo a dire che la sua barba non andava, m’avrebbe fatto rispondere che la tagliava a piacer suo; e questo si chiama il Sarcasmo Discreto. Se di nuovo dicevo “non va”, m’invalidava il giudizio; e questa è la Risposta Maleducata. Se insistevo tuttora, “non è ben tagliata”, avrebbe risposto “non dici il vero”: e questa è la Smentita Gagliarda. Se m’intestavo a dire “non va”, avrebbe detto che mentivo; e questa è la Controbotta Provocatoria. Di questo passo s’arriva alla Smentita Indiretta e infine alla Smentita Diretta.
JAQUES
E tu quante volte gli hai detto che la barba era maltagliata?
TOUCHSTONE
Io non ebbi il coraggio di andare oltre la Smentita Indiretta, e lui non ebbe il coraggio di darmi la Smentita Diretta. Così misurammo le spade e andammo via.
JAQUES
Me li riassumi in ordine, adesso, i gradini della smentita?
TOUCHSTONE
Signore mio, noi della corte si litiga a regola d’arte, come voialtri che usate i vostri Galatei. Eccoli qua i gradini. Il primo, la Ritorsione Cortese; il secondo, il Sarcasmo Discreto; il terzo, la Risposta Maleducata; il quarto, la Smentita Gagliarda; il quinto è la Controbotta Provocatoria; il sesto la Smentita Indiretta; il settimo, quella Diretta. Ora è possibile farla franca su tutti i gradini tranne la Smentita Diretta; e pure quella si può scansare con un semplice “Se”. Una volta, ho saputo, sette giudici non riuscivano ad appianare una briga. Ma quando le parti furono faccia a faccia, a uno dei due gli viene in mente d’espettorare un semplice “Se”, come a dire “Se avete detto così, io v’ho risposto cosà”. Dopodiché si son dati la mano e giurato amore fraterno. Questo “Se” è un paciere coi fiocchi. È uno schianto quel “Se”.
JAQUES
Monsignore, non è proprio un tipo incredibile? È bravo così in tutto, eppure ti fa il buffone.
IL VECCHIO DUCA
La sua follia la usa come un cavallo da ferma. Da dietro quel simulacro spara le sue freddure.
Entrano Imene, Rosalinda e Celia. Musica di fondo.
IMENE
In cielo v’è allegria,
se la terra si quieta
e unisce in armonia.
Buon Duca, ecco tua figlia,
Imene dalle stelle la riporta
al tuo cospetto.
Ora unisci la sua mano alla mano
di chi l’ha nel suo petto.
ROSALINDA (al Duca)
A te mi do, perché son tua.
(a Orlando)
A te mi do, perché son tua.
IL VECCHIO DUCA
Se l’occhio dice il vero, sei mia figlia.
ORLANDO
Se l’occhio dice il vero, sei la mia Rosalinda.
FEBE
Se la vista e la forma sono vere,
amor mio, buona sera!
ROSALINDA
Se tu non sei mio padre, non ne ho.
Se non sei mio marito, non ne avrò.
Se mai sposerò donna, solo te sposerò.
IMENE
Silenzio, oh! Vieto la confusione.
A me por conclusione
a eventi così strani.
Voi otto, unite le mani
nel nodo d’Imene,
se il vero il vero contiene.
Tu e tu, stizza non separi.
Tu e tu siete cuore in cuore.
E tu, con lui concorda,
se non vuoi lei per signore.
Tu e tu, uniti in eterno
come maltempo e inverno.
E mentre a Imene si canta
nutritevi di domande,
e la ragione smorzi
l’incanto dei nostri incontri,
ed ogni cosa abbia fine.
Canzone.
Nozze, serto di Giunone,
desco e letto, sacra unione,
le città popola Imene!
A lui dunque molto onore,
grande onore, fama e lode!
Evviva Imene, dio delle città!
IL VECCHIO DUCA
O mia cara nipote, benvenuta!
Come fossi mia figlia, tale e quale.
FEBE (a Silvio)
Non mi rimangio la parola data.
Sei mio, la fedeltà con te mi affiata.
Entra Jaques de Boys.
JAQUES DE BOYS
Datemi ascolto, una parola o due.
Sono il figlio cadetto di Sir Rowland
e porto gran novelle a questo bel conclave.
Il Duca Frederick, udendo che ogni giorno
gente di gran valore fioccava in questo bosco,
mosse una grande forza, reclutata
e posta al suo comando, avendo l’intenzione
di sorprendere lì il fratello, e passarlo
a fil di spada. Però, arrivato ai bordi
di questa selva desolata, incontra
un vecchio eremita, e dopo qualche scambio
d’idee, si converte, sia dalla sua impresa
che dal mondo: rassegna la corona
al fratello bandito, e ridà i loro beni
a quelli che, con quello, aveva già esiliati.
Che tutto ciò sia vero, ve lo giuro
sulla mia vita.
IL VECCHIO DUCA
Benvenuto, giovane.
Porti doni magnifici alle nozze
dei tuoi fratelli: ad uno le sue terre
confiscate, e all’altro
tutta una terra, un potente ducato.
Ma, prima, concludiamo, in questo bosco,
ciò che fu concepito bene, e bene
avviato. E appresso, ciascheduno
di questa lieta accolta, che con noi
ha sofferto giornate ben dure, e notti dure,
avrà la parte sua della fortuna
che ci ritorna, ognuno secondo il rango. E intanto
dimentichiamo i titoli che cascano dai cieli
e ritorniamo ai nostri festini pastorali.
Musica, prego! E voi, spose e sposini
fate di gioia ritmi, datevi tutti ai ritmi!
JAQUES
Scusatemi, signore. Se v’ho sentito bene,
il Duca s’è mutato in asceta, e ha voltato
le spalle ad ogni sfarzo di corte?
JAQUES DE BOYS
Sì, è così.
JAQUES
Allora io lo raggiungo. Da questi convertiti
c’è molto da sentire e da imparare.
(al vecchio Duca)
Monsignore, vi lascio al vostro primo onore.
Voi, paziente e virtuoso, lo meritate bene.
(a Orlando)
Voi, all’amore degno d’uno tanto fedele.
(a Oliver)
Voi all’amore, alle terre, al gioco dei potenti.
(a Silvio)
Tu ad un letto a lungo voluto e meritato.
(a Touchstone)
Te, alle zuffe! Il tuo viaggio con la bella
ha viveri per uno-due mesi. E buon sollazzo!
Io non son per i balli, sono per far flanella.
IL VECCHIO DUCA
Jaques, resta ancora un poco.
JAQUES
Sì, ma non per vedere
i vostri spassi. Quello di cui Vossia mi degna
lo saprò nella vostra grotta oramai deserta. Esce.
IL VECCHIO DUCA
Avanti, con letizia, alle celebrazioni!
Abbiano un altrettanto lieto fine.
(Ballano, poi Rosalinda resta sola a dire l’Epilogo.)
ROSALINDA
Oggi non è di moda veder l’Epilogo in veste di donna; però, Dio mio, non è peggio d’un Prologo in giacca e pantaloni. Se è vero che a buon vino non serve frasca, è pur vero che a buona commedia non serve epilogo. Comunque, per buon vino si espone bella frasca, e così una bella commedia è più bella con un buon epilogo. E ora v’immaginate in qual grattacapo mi trovo, io che un buon epilogo non sono, né so accattivarmi la simpatia vostra per un buon lavoro? Non son mica vestito da accattone, perciò non posso accattivarmi un bel niente. Non mi resta che incantarvi, e incomincio con le dame. A me gli occhi, signore. Per il ben che volete ai maschi v’ordino di gradire, di questo lavoro, quel che più vi piace. E a voi, o maschi, per il ben che portate alle donne – dai sorrisetti mi par di capire che qui nessuno le odia – ordino che tra voi e loro lo spettacolo vi garbi. Se fossi donna darei un bacio a quei di voialtri che han barba che mi piaccia, incarnato che m’attiri, e fiato che non puzza. E son sicuro che tutte le belle barbe, le facce così così e i dolci fiati, alla mia richiesta gentile risponderanno, quando vi fò l’inchino, con un commiato cordiale.
Esce.
Come vi piace
(“As you like it” 1599 – 1600)
Introduzione – Riassunto
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