Sonetto 148

Shakespeare. Sonetto 9

«Ahimè, quali occhi mi ha messo in fronte Amore
che non son consoni alla vera vista». 

Nel Sonetto 148, compagno del sonetto precedente, il poeta ammette che quando si tratta di amore il suo giudizio è cieco. Ancora una volta i suoi occhi sono falsi e mal percepiscono la realtà, e la ragione gli è sfuggita: “Ahimè, quali occhi mi ha messo in fronte Amore / che non son consoni alla vera vista”.

Sonetto 148
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Ahimè, quali occhi mi ha messo in fronte Amore
che non son consoni alla vera vista
o se lo sono, dov’è svanita la mia mente
che giudica con errore quanto essi vedon giusto?
Se è bello ciò che affascina il mio distorto sguardo
che intende dire il mondo nel dire che non è vero?
Se non è così, allora Amor denota chiaramente
che il suo occhio non è sincero come gli altri: no,
come potrebbe? Come può l’occhio d’amor esser sincero
se tanto è annebbiato dalle veglie e dalle lacrime?
Nessun stupore quindi se la mia vista sbaglia;
neppur il sole vede se il cielo non è chiaro.
O astuto Amore, tu mi acciechi con le lacrime
per tema che i miei occhi scoprano il tuo inganno.

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Riconoscendo la possibilità che l’amore accechi metaforicamente il suo giudizio, cerca quindi di razionalizzare la sua situazione. Come fa il mondo a sapere che ciò che vede è falso e che ciò che il mondo considera falso non è realmente vero? Sebbene il poeta ammetta i suoi errori, tuttavia non può superare la sua malsana dipendenza dalla donna e la sua passione trainante per riaccendere la loro relazione sessuale.

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Traduzione in Italiano di Maria Antonietta Marelli (I Sonetti – Garzanti editore)

Audio in Italiano – Lettura di Valter Zanardi dal canale YouTube VALTER ZANARDI letture

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