(“Antony and Cleopatra” – 1607)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
ATTO QUINTO – SCENA PRIMA
(Alessandria. Campo di Cesare.)
Entrano CESARE, AGRIPPA, DOLABELLA, MECENATE, PROCULEIO e altri, suo consiglio di guerra.
CESARE
Va’ da lui, Dolabella, intimagli la resa.
Data la sconfitta subita, digli
che rende ridicoli i suoi indugi.
DOLABELLA
Cesare, eseguirò. (Esce.)
Entra DECRETA, con la spada di ANTONIO.
CESARE
Cos’è mai questo? E tu chi sei,
che osi comparirci dinanzi a questo modo?
DECRETA
Mi chiamo Decreta, servivo Antonio,
quanto mai degno del miglior servizio.
Finché fu in piedi e poté parlare
era il mio padrone, ed io ero pronto
a usare la mia vita contro i suoi nemici.
Se vorrete prendermi al vostro servizio,
sarò per Cesare quel che ero per lui;
altrimenti, la mia vita è nelle vostre mani.
CESARE
Cosa dici?
DECRETA
Dico che Antonio è morto, Cesare.
CESARE
Il crollo d’un essere così grande
dovrebbe fare uno schianto maggiore.
Il mondo stesso avrebbe dovuto
spingere leoni nelle strade cittadine,
e i cittadini nelle tane dei leoni.
La morte di Antonio non è semplice perdita,
nel suo cuore s’iscriveva una metà del mondo.
DECRETA
È morto, Cesare. Non per mano
d’un pubblico ministro di giustizia,
né colpito da un pugnale prezzolato:
quella stessa mano che scriveva
la sua gloria negli atti che eseguiva
con il coraggio che il cuore le forniva
ha spaccato il suo cuore. Ecco qui
la sua spada, l’ho strappata alla ferita;
è macchiata d’un sangue nobilissimo.
CESARE
Così tristi, amici? Mi sconfessino gli dei,
ma è notizia da far lacrimare occhi di re.
AGRIPPA
Ed è strano che la natura ci spinga
a rimpiangere le azioni in cui
più ci siamo accaniti.
MECENATE
Difetti e glorie
si bilanciavano in lui.
AGRIPPA
Spirito più raro
non guidò mai l’umanità. Ah, dei,
per renderci uomini ci date dei difetti.
Cesare è commosso.
MECENATE
Quando un tale specchio
gli è messo davanti, deve per forza
vederci riflesso se stesso.
CESARE
O Antonio,
io ti ho incalzato fin qui, ma
è col bisturi che occorre curare
il male che abbiamo nel nostro corpo.
Dovevo per forza farti contemplare
il mio giorno al tramonto, o contemplare
il tuo: assieme non potevamo stare,
nel grande mondo. Eppure io piango
con lacrime sovrane quanto il sangue
dei cuori, che tu, mio fratello, mio socio
nell’alto di ogni impresa; mio pari
nell’impero, amico e compagno
sul fronte di guerra, braccio del mio corpo,
cuore dove il mio accendeva i suoi pensieri…
che le nostre stelle, inconciliabili,
dovessero così scindere la nostra parità.
Ascoltate, buoni amici… ma ve lo dirò
in un momento più appropriato,
l’urgenza di quest’uomo gli si legge
in faccia. Sentiamo cos’ha da dire. (Entra un egiziano.)
Da dove vieni?
EGIZIANO
Da una povera egiziana.
La regina, mia padrona, rinchiusasi
in ciò che le resta, il suo mausoleo,
desidera sapere dei tuoi intenti,
per predisporsi a quanto verrà imposto.
CESARE
Dille di stare di buon animo.
Saprà presto, da qualcuno dei nostri,
con che onore e bontà decideremo
di lei. Cesare non può vivere
senz’essere clemente.
EGIZIANO
Gli dei ti proteggano! (Esce.)
CESARE
Vieni qui, Proculeio. Va’ a dirle
che non le riserviamo alcuna vergogna;
confortala come richieda il suo stato d’animo,
affinché con un gesto disperato,
conforme alla sua grandezza, non ci eluda.
La sua presenza in carne e ossa a Roma
renderebbe immortale il mio trionfo:
va’, e con la massima rapidità
riferisci che dice, e come la trovi.
PROCULEIO
Cesare, eseguirò. (Esce.)
CESARE
Gallo, va’ anche tu. (Esce Gallo.)
Dov’è Dolabella, per accompagnare Proculeio?
TUTTI
Dolabella!
CESARE
Lasciatelo stare. Ora ricordo
com’è impegnato. Sarà pronto a suo tempo.
Venite con me nella mia tenda,
dove constaterete con che riluttanza
sia stato trascinato in queste guerre,
con che calma e misura mi sia sempre
espresso nei miei scritti. Venite,
e vedrete quel che ho da mostrare. (Escono.)
ATTO QUINTO – SCENA SECONDA
(Alessandria. Una stanza del mausoleo.)
Entrano CLEOPATRA, CARMIANA e IRAS.
CLEOPATRA
La desolazione ora comincia
a rendere migliore la mia vita.
È misera cosa, essere Cesare:
non essendo la Fortuna, egli è
solo un servitore della Fortuna,
mero ministro della sua volontà.
Ed è grande compiere quell’atto
che pone termine a tutti gli altri atti,
che mette in ceppi le evenienze
e sbarra la porta ai cambiamenti;
che fa dormire, e non fa più assaggiare
il letame che nutre il pitocco come Cesare.
Entra PROCULEIO.
PROCULEIO
Cesare saluta la Regina d’Egitto,
e vi prega di ponderare quali
giuste richieste farvi accordare.
CLEOPATRA
Come vi chiamate?
PROCULEIO
Proculeio.
CLEOPATRA
Antonio mi ha parlato di voi,
mi ha detto di fidarmi, ma ora
non mi curo molto di essere ingannata,
non sapendo più che farmi della fedeltà.
Se il vostro padrone vuole che una regina
mèndichi favori, dovete dirgli
che la maestà, per mantenere il suo decoro,
non può mendicare meno d’un regno:
se egli si compiace di concedermi
l’Egitto conquistato per mio figlio,
mi concede tanto del mio, da farmi
inginocchiare grata ai suoi piedi.
PROCULEIO
State di buon animo, siete caduta
in mani principesche, non temete
alcunché, rimettetevi pienamente
al mio signore, così colmo di grazia,
che essa trabocca su chi ne ha bisogno.
Datemi licenza di riferirgli
che vi sottomettete di buon grado,
e troverete in lui un conquistatore
desideroso d’aiuto per mostrarsi generoso
quando in ginocchio gli si chiede grazia.
CLEOPATRA
Vi prego, ditegli che sono vassalla
della sua fortuna e che gli riconosco
la grandezza che si è conquistata.
Di ora in ora apprendo la lezione
dell’obbedienza, e vorrei di buon grado
vederlo faccia a faccia.
PROCULEIO
Lo riferirò,
gentile signora. Confortatevi,
perché io so che la vostra condizione
è commiserata da chi ne è la causa.
(Entrano GALLO e soldati alle spalle.)
GALLO
Vedete come è facile sorprenderla.
(A Proculeio e alle guardie.)
State di guardia finché arriva Cesare. (Esce.)
IRAS
Oh, maestà!
CARMIANA
Cleopatra, mia regina, sei presa!
CLEOPATRA
Svelte, svelte, mie buone mani.
(Estrae un pugnale.)
PROCULEIO
Ferma, degna signora, ferma:
(L’afferra e la disarma.)
non fatevi un tale torto: questo
è un modo per salvarvi, non per tradirvi.
CLEOPATRA
Come, privata anche della morte,
che libera delle sofferenze persino i cani?
PROCULEIO
Cleopatra, non insultate la generosità
del mio padrone, distruggendo voi stessa:
che il mondo veda la nobiltà
delle sue azioni, che la vostra morte
non permetterebbe di esibire.
CLEOPATRA
Dove sei, morte? Vieni, vieni qui:
vieni, vieni a prendere una regina
che vale molti bambini e mendicanti!
PROCULEIO
Calmatevi, signora!
CLEOPATRA
Signore,
non prenderò né cibo né bevanda
(se per una volta occorre fare
discorsi oziosi) e neppure dormirò.
Rovinerò questa casa mortale,
qualsiasi cosa possa fare Cesare.
Sappiate, signore, che non comparirò
con le ali tarpate alla corte
del vostro padrone, né mi farò castigare
dall’occhio sobrio della spenta Ottavia.
Dovranno issarmi in alto e mostrarmi
alla plebaglia urlante di Roma austera?
Meglio mi sia tomba pietosa un fosso
in Egitto, meglio giacermi nuda
nella melma del Nilo, enfiarmi pei morsi
delle zanzare fino a sfigurarmi: meglio
fare dell’alte piramidi del mio paese
una forca e impiccarmi in catene.
PROCULEIO
Spingete questi orridi pensieri più oltre
di quanto non vi darà motivo Cesare.
Entra DOLABELLA.
DOLABELLA
Proculeio, il tuo padrone Cesare
sa quel che hai fatto, e ti richiama:
la regina resta sotto la mia guardia.
PROCULEIO
Per me va bene, Dolabella: sii gentile con lei.
(A Cleopatra.) Riferirò a Cesare i vostri desideri,
se vorrete impiegarmi a questo scopo.
CLEOPATRA
Ditegli che voglio morire. (Esce Proculeio.)
DOLABELLA
Nobile
imperatrice, vi hanno parlato di me?
CLEOPATRA
Non posso dirlo.
DOLABELLA
Mi conoscete di certo.
CLEOPATRA
Non importa, signore, quel che io ho
sentito o conosciuto. Voi ridete
quando le donne ed i ragazzini
raccontano i loro sogni. Non fate così?
DOLABELLA
Non capisco, signora.
CLEOPATRA
Io ho sognato
che c’era un Imperatore di nome Antonio.
Oh, fare un altro sogno come quello
solo per rivedere uno come lui!
DOLABELLA
Se volete compiacervi…
CLEOPATRA
Il suo volto
era come il cielo, e vi splendevano
un sole ed una luna che nel loro corso
illuminavano questa piccola O, la terra.
DOLABELLA
Sovrana creatura…
CLEOPATRA
Le sue gambe
stavano a cavalcioni dell’oceano,
il suo braccio alzato era il cimiero del mondo;
la sua voce, se parlava agli amici
era melodiosa come le sfere intonate:
ma se voleva atterrire e scuotere l’orbe,
era come il fragore del tuono.
La sua generosità non conosceva inverno:
era un autunno che s’accresceva
mietendone il raccolto; i suoi piaceri
eran come delfini, mostravano la schiena
al di sopra dell’elemento in cui movevano;
della sua livrea andavano vestite
teste coronate, isole e reami
erano come monete che gli cadevano di tasca.
DOLABELLA
Cleopatra!
CLEOPATRA
Pensate che ci sia stato o possa esistere
un uomo come questo che ho sognato?
DOLABELLA
No, gentile signora.
CLEOPATRA
Mentite al cospetto stesso degli dei.
Ma se c’è, o mai ci fu uno simile,
supera la dimensione del sogno:
alla natura manca il materiale
per competere con la fantasia
nella creazione di forme prodigiose,
eppure immaginare un Antonio
sarebbe un capolavoro della natura,
contro la fantasia, di cui scredita le ombre.
DOLABELLA
Ascoltatemi, mia buona signora:
la vostra perdita è grande, come voi;
voi ne sopportate degnamente il peso.
Che mai mi arrida il successo agognato
se per riflesso del vostro non provo
un dolore che morde il cuore alla radice.
CLEOPATRA
Vi ringrazio, signore: forse sapete
che cosa Cesare intende fare di me?
DOLABELLA
Mi ripugna riferirlo. Vorrei
che lo sapeste già.
CLEOPATRA
Suvvia, vi prego…
DOLABELLA
Nonostante la sua nobiltà d’animo…
CLEOPATRA
Egli mi trascinerà nel suo trionfo.
DOLABELLA
Sì, signora, lo so.
(Squilli di tromba e grida da dentro, “Fate largo a Cesare!”.)
Entrano PROCULEIO, CESARE, GALLO, MECENATE, e altri del seguito.
CESARE
Qual è la regina d’Egitto?
DOLABELLA
È l’imperatore, signora. (Cleopatra s’inginocchia.)
CESARE
Alzati, non devi inginocchiarti:
ti prego, alzati, alzati, Egitto.
CLEOPATRA
Signore, così vogliono gli dei:
debbo obbedire al mio padrone e signore.
CESARE
Non abbandonarti a tristi pensieri;
la nota delle ferite che ci hai cagionato,
benché scritta sulla nostra carne viva,
la considereremo frutto di cause
accidentali.
CLEOPATRA
Unico signore del mondo,
io non so prospettare la mia causa
sì da farla apparire incensurabile,
ma confesso d’essermi caricata
di quelle debolezze che in passato
hanno spesso svergognato il nostro sesso.
CESARE
Sappi, Cleopatra, che noi attenueremo,
piuttosto che far pesare le mancanze:
se asseconderai i nostri disegni
che verso di te sono molto miti,
avrai da guadagnar dal cambiamento;
ma se seguendo l’esempio di Antonio
cerchi di addossare a me una colpa,
eluderai da sola i miei buoni intenti,
esponendo i tuoi figli a quella distruzione
da cui li guarderò se fidi in me.
Ora prendo congedo.
CLEOPATRA
E puoi farlo
per tutto quanto il mondo: è tuo,
e noi, trofei e insegne della tua vittoria,
staremo appesi là dove ti piaccia.
Ecco, mio buon signore.
CESARE
Accetterò
il tuo consiglio in tutto, per Cleopatra.
CLEOPATRA (Porgendo un foglio.)
Ecco la nota dell’argenteria,
del denaro e dei gioielli che possiedo,
un elenco completo, tranne qualche inezia.
Dov’è Seleuco?
(Entra SELEUCO.)
SELEUCO
Eccomi, signora.
CLEOPATRA
Costui è il mio tesoriere; dica lui,
a suo rischio, mio signore, che per me
non ho serbato nulla. Di’ la verità, Seleuco.
SELEUCO
Signora, preferirei cucirmi le labbra
che, a mio rischio, dichiarare il falso.
CLEOPATRA
Che cosa avrei trattenuto per me?
SELEUCO
Abbastanza da comprarci tutto quello
che avete elencato nella nota.
CESARE
No, non arrossire, Cleopatra;
io approvo la saggezza del tuo atto.
CLEOPATRA
Vedi, Cesare! Ecco come gli uomini
seguon la fortuna! I miei seguaci
ora saranno tuoi, e se per caso
cambiassimo le nostre condizioni,
i tuoi sarebbero miei. L’ingratitudine
di questo Seleuco mi rende furiosa.
Ah, schiavo, non più degno di fede
dell’amore prezzolato? Come, ti ritrai?
Sì, ti assicuro, ti ritrarrai: gli occhi
ti caverò, anche se avessero le ali.
Schiavo, scellerato senz’anima, cane!
Prodigio di bassezza!
CESARE
Buona regina, vi prego…
CLEOPATRA
Oh, Cesare,
che dolorosa vergogna è mai questa,
che mentre tu ti degni di farmi visita,
e di onorare con la tua sovranità
una così sottomessa, che il mio stesso servo
accresca la somma delle mie sventure
con l’aggiunta della sua perfidia!
Diciamo, buon Cesare, che abbia serbato
qualche gingillo da donna, ninnoli
di nessun conto, cose di tal valore
che si regalano ad amici ordinari,
e diciamo pure che abbia tenuto da parte
doni più nobili per Livia e Ottavia,
per indurle a far da mediatrici…
e ora debbo venir smascherata da uno
che ho nutrito io stessa? Gran dei!
Ciò mi butta più giù di dove son caduta.
(A Seleuco.) Vattene, ti prego, o ti farò vedere
i tizzoni ardenti della mia collera
sotto le ceneri della mia sfortuna.
Se tu fossi un vero uomo, mi avresti
compatito!
CESARE
Ritirati, Seleuco. (Esce Seleuco.)
CLEOPATRA
Si sappia che noi grandi fra i grandi
siamo giudicati male per cose
compiute da altri, e quando cadiamo
per colpe altrui, paghiamo di persona;
perciò siamo da commiserare.
CESARE
Cleopatra,
né quel che hai tenuto, né il resto
che hai dichiarato lo considereremo
bottino di guerra: sia sempre tuo,
disponine a tuo piacere e, credi,
Cesare non è un mercante che con te
contratti cose vendute dai mercanti.
Sta’ perciò di buon animo, non fare
dei tuoi pensieri la tua prigione. No,
cara regina, noi ci proponiamo
di disporre di te secondo il tuo consiglio.
Nutriti, e dormi: per te abbiamo
tanta premura e tanta compassione,
che restiamo tuoi amici, e così addio.
CLEOPATRA
Mio signore e padrone!
CESARE
No, non così: addio.
(Squilli di tromba. Esce Cesare col suo seguito.)
CLEOPATRA
Mi riempie di chiacchiere, ragazze,
di chiacchiere, perch’io non sia nobile
verso me stessa. Ma ascolta, Carmiana. (Sussurra.)
IRAS
Chiudi, buona signora;
il giorno luminoso è finito,
e ci avviamo alla tenebra.
CLEOPATRA
Affrettati, tu,
ho già parlato e tutto è predisposto:
va’ a vedere che si faccia in fretta.
CARMIANA
Subito, signora.
(Ri-)entra DOLABELLA.
DOLABELLA
Dov’è la regina?
CARMIANA
Eccola, signore. (Esce Carmiana.)
CLEOPATRA
Dolabella!
DOLABELLA
Signora, fedele al mio giuramento,
su vostro comando (a cui il mio amore
rende sacro dovere obbedire)
così vi informo: Cesare intende
passare per la Siria, e entro tre giorni
vi manderà avanti con i figli.
Fate il miglior uso di questa informazione.
Ho esaudito il vostro desiderio e la mia promessa.
CLEOPATRA
Vi resto debitrice, Dolabella.
DOLABELLA
Ed io, vostro servo. Addio, buona regina,
debbo ritornare da Cesare.
CLEOPATRA
Addio, (Esce Dolabella.)
e grazie. Che cosa ne pensi, Iras?
Tu, come me, sarai mostrata a Roma
come una marionetta egiziana:
schiavi e artigiani, con bisunti
grembiuli, règoli e martelli,
ci alzeranno alla vista di tutti.
Saremo avvolte dal loro alito pesante,
rancido di cibi plebei, e costrette
a inalare il loro tanfo.
IRAS
Dio ne guardi!
CLEOPATRA
Ma, sì, è più che sicuro, Iras:
sguaiati littori ci abbrancheranno
come zòccole, e rozzi rimatori
ci porranno in ballate stonate.
Subito, improvvisando, i commedianti
ci metteranno in scena presentando
i nostri conviti ad Alessandria.
Antonio verrà portato ubriaco
alla ribalta, ed io dovrò vedere
un ragazzo squittente nei panni di Cleopatra
svilire la mia grandezza in pose da puttana.
IRAS
Oh, bontà degli dei!
CLEOPATRA
Sì, sì, è sicuro.
IRAS
Io non lo vedrò mai. Sono sicura
di avere unghie più forti degli occhi.
CLEOPATRA
Ebbene, questo è il modo di eludere
i loro preparativi e sconfiggere
i loro assurdi propositi.
(Ri-)entra CARMIANA.
Orsù, Carmiana!
Mostratemi come una regina, mie donne,
prendete le mie vesti più sontuose.
Ritorno sul Cidno ad incontrare Antonio.
Va’, cara Iras (generosa Carmiana,
ora proprio la faremo finita)
e quando avrai eseguito questo compito
ti darò il permesso di giocare
fino al giorno del giudizio: portami
la corona e tutto il resto.
(Escono Carmiana e Iras. Rumore da dentro.)
Cos’è
questo rumore?
Entra una guardia.
GUARDIA
C’è un contadino
che insiste per vedere vostra altezza:
vi porta dei fichi.
CLEOPATRA
Fatelo entrare. (Esce la guardia.)
Che povero istrumento può compiere
un atto così nobile! Mi porta la libertà.
La mia decisione è presa, e di femmineo
non ho più nulla in me: da capo a piedi
sono salda come il marmo: la luna mutevole
ora non è più il mio pianeta.
Rientra la guardia con lo zotico che porta un cesto.
GUARDIA
Ecco l’uomo.
CLEOPATRA
Esci e lasciami con lui. (Esce la guardia.)
Hai con te il serpentello del Nilo
che uccide senza far soffrire?
ZOTICO
Sì, ce l’ho: ma io non sarei quello che desidera che lo toccate, perché il suo morso è immortale; chi ne muore di rado o quasi mai guarisce.
CLEOPATRA
Ricordi qualcuno che ne sia morto?
ZOTICO
Moltissimi, uomini e donne. Ho sentito di una non più tardi di ieri, una donna onestissima (anche se un poco portata a andar giù di bugie, come una donna non dovrebbe fare, se non per onestà), che è morta per il morso del serpente, e che dolore provò: davvero, dice molto bene del serpente; ma chi crede a tutto quel che dicono, non si salverà neanche dalla metà di quel che combinano. Ma questa è cosa molto fallibile, il serpente è uno strano serpente.
CLEOPATRA
Vattene, addio.
ZOTICO
Vi auguro ogni felicità col serpente.
(Deponendo il cesto.)
CLEOPATRA
Addio.
ZOTICO
Dovete pensare, state attenta, che il serpente segue il suo istinto.
CLEOPATRA
Sì, sì, addio.
ZOTICO
State attenta, non bisogna affidare il serpente altro che a gente di sesto, perché davvero non c’è mica bontà nel serpente.
CLEOPATRA
Non preoccuparti, se ne avrà cura.
ZOTICO
Benone. Non dategli niente, vi prego, perché non val pena dargli da mangiare.
CLEOPATRA
E mangerà me?
ZOTICO
Non dovete mica credere che sia così semplice da non sapere che neanche il diavolo mangerebbe una donna: lo so che la donna è un piatto per gli dei, se il diavolo non ci mette lo zampino. Ma davvero, questi stessi figli di troia di diavoli quante non ne combinano agli dei con le donne; su dieci che ne fanno, i diavoli gliene rovinano cinque.
CLEOPATRA
Va bene, ma ora vattene, addio.
ZOTICO
Sì, bene: vi auguro di godere del serpente. (Esce.)
(Rientrano CARMIANA e IRAS col manto, la corona e altri gioielli.)
CLEOPATRA
Datemi il manto, mettetemi la corona,
ho in me aneliti di immortalità.
Ora non più mi bagnerà il labbro
il succo dell’uva d’Egitto. Svelta,
svelta, Iras mia buona; fa’ presto:
mi pare di udire Antonio che chiama.
Lo vedo alzarsi per elogiare
il mio nobile gesto. Lo sento deridere
la fortuna di Cesare, che gli dei
danno ai mortali per giustificare
la loro collera futura. Marito, vengo:
che il mio coraggio mi dia titolo a quel nome!
Sono fuoco e aria: gli altri elementi
li lascio a una vita inferiore. Allora,
avete finito? Venite dunque a cogliere
l’ultimo calore dalle mie labbra.
Addio, buona Carmiana, un lungo addio, Iras.
(Le bacia. Iras cade e muore.)
Ho l’aspide sulle labbra? Tu cadi?
Se con tanta dolcezza puoi separarti
dalla tua vita, il tocco della morte
è come il pizzicotto d’un amante,
che fa male, eppur lo si desidera.
Giaci immobile? Se te ne vai così,
dici al mondo che non merita un addio.
CARMIANA
Sciogliti in pioggia, densa nube,
ch’io possa dire che piangono gli stessi dei!
CLEOPATRA
Questa morte mi dimostra vile: se lei
incontra per prima il riccioluto Antonio,
lui si rivolgerà a lei, spendendo
quel bacio che per me è come il paradiso.
Vieni, creatura letale, coi tuoi dentini aguzzi
(A un aspide, che si applica al seno.)
sciogli di colpo il nodo aggrovigliato
di questa vita: povero sciocco velenoso,
accanisciti, sbrigati a spacciarmi.
Oh, se tu potessi parlare, sentirti
chiamare asino il grande Cesare,
frustrato nei suoi piani!
CARMIANA
O stella d’oriente!
CLEOPATRA
Zitta! Non vedi che ho il bimbo al seno
che succhiando fa addormentare la nutrice?
CARMIANA
O basta, basta!
CLEOPATRA
Dolce come un balsamo,
lieve e delicato come l’aria. Oh,
Antonio! Ma sì, prenderò anche te.
(Applicando un altro aspide al seno.)
Perché dovrei restare… (Muore.)
CARMIANA
In questo basso mondo? E così, addio.
Adesso, morte, puoi ben vantarti,
hai in tuo possesso una ragazza
senza eguali. Finestre vellutate,
chiudetevi, e occhi così regali
non ti guardino più, Febo dorato!
La corona è storta; la raddrizzerò,
e poi potrò giocare.
Entra la guardia di corsa.
I GUARDIA
Dov’è la regina?
CARMIANA
Parlate piano, non svegliatela.
I GUARDIA
Cesare ha mandato…
CARMIANA
Un messo troppo lento.
(Si applica un aspide.)
Oh, vieni presto, sbrigati; ti sento appena.
I GUARDIA
Ehi, avvicinatevi: qualcosa non va.
Cesare è stato giocato.
II GUARDIA
Ecco là
Dolabella, mandato da Cesare: chiamatelo.
I GUARDIA
Che succede qui, Carmiana? Ti sembra
cosa ben fatta?
CARMIANA
Molto ben fatta, e degna
di una principessa che appartiene
ad una grande dinastia di re.
Ah, soldato! (Muore.)
(Ri-)entra DOLABELLA.
DOLABELLA
Cos’è successo qui?
II GUARDIA
Tutte morte.
DOLABELLA
Quel che pensavi, Cesare,
s’avvera: stai venendo di persona
a veder realizzato l’atto temuto
che avrei tanto cercato d’impedire.
(Da dentro “Fate largo, fate largo a Cesare!”.)
Entra CESARE col seguito, in marcia.
DOLABELLA
Oh, signore, siete stato buon àugure:
quel che voi temevate è avvenuto.
CESARE
Coraggiosa fino alla fine, ha colto
le nostre intenzioni, e da regina
ha scelto la sua strada. Come son morte?
Non vedo traccia di sangue.
DOLABELLA
Chi è stato da ultimo con loro?
I GUARDIA
Un povero contadino, che le portò
dei fichi: ecco il suo cesto.
CESARE
Avvelenate, allora.
I GUARDIA
Oh, Cesare,
questa Carmiana un attimo fa
era viva; stava in piedi e parlava:
l’ho trovata che sistemava la corona
alla padrona morta: tremava,
e di colpo cadde a terra.
CESARE
Nobile mancamento!
Se avessero ingoiato del veleno
si vedrebbe dal gonfiore del corpo:
sembra invece che dorma, come se
volesse prendere un altro Antonio
al laccio robusto dei suoi vezzi.
DOLABELLA
Qui sul suo petto c’è un puntolino
di sangue e un leggero gonfiore;
lo stesso sul braccio.
I GUARDIA
È la traccia d’un aspide,
e sulle foglie dei fichi c’è una bava
come quella che gli aspidi lasciano
nelle caverne del Nilo.
CESARE
È molto probabile
che sia morta così. Dice il suo medico
che aveva fatto infiniti esperimenti
sui modi più spediti di morire.
Sollevate il suo letto, e portate
le sue donne fuor del mausoleo:
sarà sepolta accanto al suo Antonio.
Nessuna tomba sulla terra terrà avvinta
coppia così famosa: accadimenti come questi
affliggono coloro che li provocano,
e la loro storia è tanto miseranda
quant’è grande la gloria di colui
che li ha portati ad essere compianti.
Il nostro esercito in solenne parata
farà ala a questo funerale, e poi
a Roma! Vieni, Dolabella, assicura
il massimo ordine in questa cerimonia. (Escono.)
Antonio e Cleopatra
(“Antony and Cleopatra” – 1607)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V