Enrico VIII – Atto V

(“Henry VIII” – 1612 – 1613)

Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V

Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali

Enrico VIII - Atto V

ATTO QUINTO – SCENA PRIMA

Entra Gardiner, Vescovo di Winchester, preceduto da un Paggio con una torcia: gli si fa incontro Thomas Lovell

GARDINER

È già suonata l’una: vero, ragazzo?

PAGGIO

Appena adesso.

GARDINER

Queste ore dovremmo dedicarle al necessario,

non al superfluo: il tempo per dar ristoro al corpo

con il conforto del riposo. Non dovremmo proprio

sciupare queste ore. Ben trovato, Sir Thomas!

Dove andate a quest’ora di notte?

LOVELL

Siete stato dal Re, monsignore?

GARDINER

Sì, Sir Thomas, e l’ho lasciato che giocava a primiera

con il Duca di Suffolk.

LOVELL

Anch’io devo andare da lui,

prima che vada a letto. Col vostro permesso.

GARDINER

Un momento, Sir Thomas Lovell. Cosa c’è che non va?

Mi avete l’aria di andar di fretta: se non vi pare

troppo indiscreto da parte mia, date all’amico vostro

almeno un sentore di questa missione notturna. Gli affari che vanno in giro

a mezzanotte, come si dice facciano i fantasmi,

son di natura ben più inquietante degli affari

che si sbrigan di giorno.

LOVELL

Monsignore, mi siete caro,

e oso affidare alle vostre orecchie un segreto

assai più grave di questa incombenza. La Regina ha le doglie.

Dicono che sia ridotta a malpartito, e si teme

possa morire nel parto.

GARDINER

Il frutto che reca in grembo

prego con tutto il cuore che possa trovar la fortuna

di sopravvivere; ma il fusto, Sir Thomas,

vorrei vederlo sin d’ora sradicato.

LOVELL

Potrei quasi anch’io

recitare un “Amen”, eppure la mia coscienza mi dice

ch’ella è una buona creatura e che, dolce regina,

merita auguri migliori da parte nostra.

GARDINER

Ma signore, signore,

ascoltatemi, Sir Thomas: voi siete un gentiluomo

della mia identica fede. So che siete saggio e devoto e,

lasciatemi dire, le cose non andranno mai bene –

mai, Sir Thomas Lovell, ve l’assicuro io –

sino a che Cranmer, Cromwell – i suoi due strumenti – e lei stessa

non dormiranno nella tomba.

LOVELL

Signore, voi mi parlate

dei due personaggi più in vista del reame. Cromwell,

oltre che dei gioielli della Corona, è stato fatto Conservatore

dell’Archivio di Stato, e segretario del Re; e per di più, signore,

ha già la strada aperta per altre promozioni

di cui col tempo dovrà farsi carico. L’Arcivescovo

è il braccio destro e il portavoce del Re, e chi osa fiatare

una sola sillaba contro di lui?

GARDINER

Sì, ce ne sono, Sir Thomas,

di quelli che osano, e io per primo mi sono azzardato

a dire quel che penso di lui; e in verità proprio oggi,

signore, se posso dirvelo, penso di avere

messo in subbuglio i Pari del Consiglio, dicendo che lui –

come io so bene, e come sanno anche loro –

è un arci-eretico di tre cotte, una pestilenza

che sta impestando il paese; al che essi, allarmati,

si son confidati col Re, il quale ha preso tanto sul serio

le nostre rimostranze che, con sua somma grazia

e regale sollecitudine, prevedendo le crudeli calamità

che i nostri argomenti gli han prospettato, ha dato ordine

che domattina sia convocato alla presenza del Consiglio.

Quello è un’erbaccia velenosa, Sir Thomas,

e dobbiamo estirparla. Dalle vostre incombenze

vi ho troppo a lungo trattenuto. Buonanotte, Sir Thomas.

LOVELL

Molte notti serene, monsignore. Sempre al vostro servizio.

Escono Gardiner e il Paggio

Entrano il Re e Suffolk

RE

Charles, basta giocare, stanotte.

La testa ce l’ho altrove: siete un osso troppo duro.

SUFFOLK

Sire, non v’avevo mai battuto prima d’ora.

RE

Ben di rado, Charles;

ma non ce la spunterete mai, se mi concentro nel gioco.

Allora, Lovell, che notizie dalla Regina?

LOVELL

Non ho potuto comunicarle di persona

ciò che mi avete ordinato, ma tramite la sua ancella

le ho inviato il messaggio; ella vi trasmette i suoi ringraziamenti

con la più grande umiltà, e implora l’Altezza Vostra

di pregare ardentemente per lei.

RE

Cosa mi dici, ohibò?

Di pregare per lei? Come, siamo già alle doglie?

LOVELL

Così dice l’ancella, e tale è la sofferenza

che ogni spasimo è quasi una morte.

RE

Ahimè, la mia buona Regina!

SUFFOLK

Dio la sollevi incolume dal suo fardello,

e le sia dolce il travaglio, perch’ella allieti

Vostra Altezza con un erede.

RE

È mezzanotte, Charles:

ti prego, a letto, e nelle tue preghiere ricorda

lo stato della mia povera Regina. Lasciami solo,

che devo riflettere a cose per cui la compagnia

sarebbe di scarso aiuto.

SUFFOLK

Auguro a Vostra Altezza

una notte tranquilla, e nelle mie orazioni

ricorderò la mia buona Regina.

RE

Buona notte, Charles.

Esce Suffolk

Entra Sir Anthony Denny

Ebbene, signore, che accade?

DENNY

Sire, vi ho portato Sua Eminenza l’Arcivescovo,

come m’avete comandato.

RE

Ohibò! Canterbury?

DENNY

Sì, mio buon Sire.

RE

Avete ragione. Dov’è, Denny?

DENNY

È a disposizione di Vostra Altezza.

RE

Portatelo al nostro cospetto.

[Esce Denny]

LOVELL [a parte]

Dev’essere la faccenda di cui ha parlato il Vescovo.

Arrivo al momento giusto.

Entrano Cranmer e Denny

RE

Sgombrate la galleria! Lovell ha l’aria d’indugiare

Ohibò! Andate, vi dico!

Allora? Escono Lovell e Denny

CRANMER [a parte]

Mi sento in ansia: perché un tale cipiglio?

Ha l’aria di quando incute terrore. Qualcosa non va.

RE

Ebbene, monsignore? Vi garberà di sapere

perché vi ho fatto chiamare.

CRANMER [inginocchiandosi]

È mio dovere

tenermi a disposizione di Vostra Altezza.

RE

Vi prego, alzatevi,

mio buon e grazioso Arcivescovo di Canterbury.

Venite, io e voi faremo un giretto assieme:

ho novità da raccontarvi. Suvvia, venite, datemi la mano.

Ah, mio bravo monsignore, mi piange il cuore a quel che sto per dirvi,

e assai mi duole riferirvi quanto segue.

Ho ultimamente, e con sommo rammarico,

udito molte incresciose – ripeto, monsignore,

incresciose – lagnanze su di voi. Considerate le quali

abbiamo deciso, noi e il nostro Consiglio, che voi dobbiate,

questa mattina, presentarvi al nostro cospetto, ed io so

che non potrete scagionarvi con troppa facilità.

Per cui sinché non si terrà un regolare processo per le accuse

di cui dovrete rispondere, farete bene ad armarvi

di santa pazienza, e rassegnarvi

a traslocare nella nostra Torre. Siete un nostro Pari,

e non possiamo che fare così: altrimenti nessun testimone

oserebbe parlare contro di voi.

CRANMER [inginocchiandosi]

Ringrazio umilmente Vostra Altezza

e son ben lieto di cogliere questa buona occasione

di farmi passare al vaglio in tutto e per tutto, così che il grano

e il loglio sian belli e separati: poiché so

che nessuno è soggetto a dicerie tanto calunniose

quanto me, pover’uomo.

RE

Alzati, buon Canterbury:

la tua fedeltà e integrità son ben radicate

in noi, che ti siamo amici. Dammi la mano, alzati:

ti prego, facciamo due passi. Ora, su quel che c’è di più sacro,

che razza d’uomo siete? Monsignore, io m’aspettavo

che mi avreste fatto formale richiesta

a che io m’adoprassi a mettervi a confronto

coi vostri accusatori, e a farvi dire la vostra

senz’altre restrizioni.

CRANMER

Temutissimo Sire,

le virtù su cui mi reggo sono veracità e onestà.

Se mi verranno meno, io stesso, coi miei nemici,

trionferò sulla mia persona, che per me non ha peso

senza quelle virtù. Non temo nulla

che possa esser detto ai miei danni.

RE

Ma non sapete

in che posizione vi trovate al cospetto del mondo, del mondo intero?

I vostri nemici sono molti, e non dappoco. Le loro trame

son fitte in proporzione, e non sempre

la giustizia e la verità di una causa comportano

il verdetto che sarebbe lecito aspettarsi. Con quale facilità

anime corrotte non possono procurarsi furfanti altrettanto corrotti

per spergiurarvi contro? Tali cose sono avvenute in passato.

Avete potenti avversari, armati d’una perfidia

non meno potente. V’illudete di trovare migliore fortuna –

intendo, in fatto di testimoni spergiuri – del vostro Maestro,

Colui di cui siete ministro, quando ancora viveva

su questa terra malvagia? Via, andiamo:

voi mi scambiate un precipizio per un’innocua scarpata,

e corteggiate la vostra rovina.

CRANMER

Dio e Vostra Maestà

proteggano la mia innocenza, o finirò per cadere

nella trappola che mi stan preparando.

RE

Fatevi coraggio!

Essi non l’avranno vinta se non gliela daremo vinta.

Rasserenatevi, e stamattina vedete di presentarvi

davanti a loro. Se la spunteranno

e, incriminandovi con accuse formali, vi faranno arrestare,

non tralasciate d’usare

le più cogenti confutazioni, con tutta la veemenza

che l’occasione saprà ispirarvi. Se le vostre istanze

non sortiranno effetto, mostrate loro

questo mio anello, ed appellatevi a noi

di fronte a tutti. Ma guarda, il galantuomo piange!

È onesto, sul mio onore. Per la beata madre di Dio,

giuro che il suo cuore è sincero, e che in tutto il mio regno

non c’è anima migliore. E ora andate,

e fate come vi dico. Esce Cranmer

Le sue lacrime

gli han soffocato la parola in gola.

Entra la Dama attempata

GENTILUOMO [da dentro]

Indietro! Che cosa volete?

[Entra Lovell, correndole appresso]

DAMA

Indietro non torno. La notizia che porto

fa del mio ardire un gesto di cortesia. Che angeli benigni

volino ora sul tuo capo regale, e proteggano la tua persona

con le loro ali benedette.

RE

Ora dal tuo aspetto

indovino il messaggio. La Regina ha partorito?

Rispondi: “Sì, ed è un maschio”.

DAMA

Sì, sì, mio Sire,

è un bel maschietto. Il Dio del cielo

la benedica, ora come in futuro! È una femmina,

il che promette maschi in avvenire. Sire, la vostra Regina

desidera una visita, e vorrebbe che voi

faceste conoscenza colla nuova venuta. Vi somiglia

come ciliegia a ciliegia.

RE

Lovell!

LOVELL

Sire?

RE

Datele cento marchi. Vado dalla Regina. Esce

DAMA

Cento marchi? Sulle mie pupille, ne pretendo di più.

Questa è la mercede d’un qualsiasi staffiere.

Ne avrò di più, e glieli caverò fuori a forza di rimbrotti.

È per questo che ho detto che la bimba gli somiglia?

O avrò di più, o dirò che non è vero. Ora, finché è caldo,

devo battere il ferro. Escono

ATTO QUINTO – SCENA SECONDA

Entra Cranmer, Arcivescovo di Canterbury [in attesa di fronte alla camera del Consiglio]

CRANMER

Spero di non essere troppo in ritardo. Eppure il gentiluomo

inviatomi dal Consiglio mi ha pregato

di venire in gran fretta. Porte sbarrate? Che significa? Ehi!

Chi è di servizio? Dovete pur riconoscermi!

Entra un Usciere

USCIERE

Certo, monsignore;

ma anche così non posso servirvi.

CRANMER

E perché?

USCIERE

Vostra Grazia

dovrà aspettare d’essere chiamato.

Entra il Dottor Butts

CRANMER

Ah, è così?

BUTTS [a parte]

Questa è proprio una carognata! Sono contento

d’esser passato di qui al momento giusto. Il Re

ne sarà subito informato. Esce

CRANMER [a parte]

È Butts,

il medico del Re. Mentre passava,

con quanto allarme ha posato gli occhi su di me!

Dio non voglia ch’egli sia nunzio della mia rovina, che certo

questa è una trappola innescata da qualcuno che mi vuol male –

per umiliare la mia dignità – li ravveda il Signore,

mai ho provocato il loro rancore – altrimenti avrebbero vergogna

a farmi fare anticamera, io, come loro membro del Consiglio,

tra paggi, staffieri e lacchè. Ma è d’uopo piegarsi

al loro volere, e attenderò con pazienza.

Entrano il Re e Butts, affacciati a una finestra

BUTTS

Vorrei mostrare a Vostra Grazia il più assurdo spettacolo…

RE

Di che si tratta, Butts?

BUTTS

… che Vostra Altezza, credo, abbia visto da un pezzo.

RE

Dove, corpo di Bacco?

BUTTS

Laggiù, mio Sire:

ben alta promozione, per l’Arcivescovo di Canterbury,

fare anticamera in pompa magna, tra attendenti,

paggi e lacchè.

RE

Ohibò! È proprio lui.

È così che si scambiano onori reciproci?

Meno male che c’è ancora qualcuno sopra di loro! M’ero illuso

che fra tutti avessero raggranellato onestà a sufficienza –

o quanto meno, buona creanza – da non tollerare

che un uomo della sua posizione, e così vicino al nostro cuore,

fosse lasciato ad attendere i comodi delle Lor Signorie,

e addirittura alla porta, come un corriere della posta.

Per Maria vergine, Butts, che mascalzonata!

Lasciamoli fare, e accostiamo la tenda:

tra poco ne sentiremo di altre.

[Osservano da dietro la tenda]

Viene introdotto il tavolo delle udienze, con sedie e sgabelli, e posto sotto un baldacchino. Entra il Lord Cancelliere e si dispone all’estremità superiore del tavolo, sulla sinistra, lasciando uno scranno vuoto sopra di lui, quello riservato all’Arcivescovo di Canterbury. Il Duca di Suffolk, il Duca di Norfolk, Surrey, il Lord Ciambellano e Gardiner si siedono, nell’ordine, ai due lati, e Cromwell all’estremità inferiore, in qualità di Segretario

CANCELLIERE

Diteci l’ordine del giorno, signor segretario.

Perché si riunisce il Consiglio?

CROMWELL

Se così piace alle Vostre Eccellenze,

la voce principale riguarda Sua Grazia di Canterbury.

GARDINER

Gli è stato notificato?

CROMWELL

Certo.

NORFOLK

Chi c’è fuori ad aspettare?

USCIERE

Fuori, mie nobili Eccellenze?

GARDINER

Sì.

USCIERE

Sua Grazia l’Arcivescovo

è da mezz’ora che attende il piacer vostro.

CANCELLIERE

Fatelo entrare.

USCIERE

Ora Vostra Grazia può entrare.

Cranmer s’accosta al tavolo del Consiglio

CANCELLIERE

Mio buon Lord Arcivescovo, assai mi duole

di prender parte a questa udienza, e vedere

vuoto quel seggio; ma siam tutti uomini

fragili per natura, e proni alle debolezze

della carne. Di angeli ce ne sono pochi; e per cotesta fragilità

e mancanza di senno, voi che per primo dovreste dare l’esempio

vi siete comportato male, e non poco,

innanzitutto verso il Re, poi verso le sue leggi, disseminando

per tutto il regno, col vostro magistero e i vostri cappellani

– così c’informano – opinioni nuove,

pericolose e aberranti, che sono ereticali

e che, non contestate, possono dimostrarsi perniciose.

GARDINER

E la contestazione dovrà anche essere immediata,

miei nobili signori: chi doma i cavalli selvaggi

non li mette al passo, guidandoli a mano per renderli mansueti,

ma tappa loro la bocca con duri morsi, e li frusta

fino a ridurli all’obbedienza. Se noi tolleriamo –

per quieto vivere e per un ingenuo riguardo

verso la dignità d’un solo uomo – questa malattia contagiosa,

addio a ogni medicina! Che ne consegue allora?

Sommovimenti e tumulti, con un generale degrado

dell’intero stato, come in tempi recenti possono attestare,

a caro prezzo, i nostri vicini del nord della Germania,

tuttora oggetto di commozione nel nostro ricordo.

CRANMER

Miei buoni signori, sinora, in tutto il corso

della mia vita e del mio ufficio, mi son sempre affannato,

e con non poca dedizione, a indirizzare il mio magistero

e il vigoroso esercizio della mia autorità

verso un unico fine, e senza tentennamenti. E il fine

fu sempre quello del bene operare. Non esiste al mondo –

lo dico con purezza di cuore, signori miei –

uomo che più di me detesti, e più si adopri a combattere,

nell’intimo della coscienza e nell’adempimento delle sue funzioni,

i violatori della pace sociale.

Voglia il cielo che il Re non trovi mai un cuore

più indisciplinato del mio. Soltanto chi trova nutrimento

nel livore e nella tortuosa malignità

osa azzannare i migliori. Io supplico le Vostre Eccellenze

di far sì che in questo caso di giustizia, i miei accusatori,

chiunque essi siano, mi confrontino viso a viso

e apertamente mi rinfaccino le loro accuse.

SUFFOLK

No, monsignore,

non è possibile: siete membro del Consiglio,

e in quanto tale nessuno oserà accusarvi.

GARDINER

Monsignore, visto che abbiamo da sbrigare affari più urgenti,

con voi taglieremo corto. È desiderio di Sua Altezza

che, per un processo più equo, e col nostro assenso,

siate da qui trasferito alla Torre;

dove, una volta tornato un suddito come gli altri,

vi accorgerete che sono in molti ad accusarvi a viso aperto:

più, temo, di quanti abbiate messi nel conto.

CRANMER

Ah, mio buon Vescovo di Winchester, vi ringrazio.

Siete sempre stato un buon amico. Se l’avrete vinta,

troverò in Vostra Grazia un giudice e un giurato:

siete così pietoso! Vedo a cosa mirate:

alla mia distruzione. L’amore e la mansuetudine, Eminenza,

ben più dell’ambizione si addicono a un uomo di chiesa.

Le anime smarrite van riportate all’ovile con discrezione,

senza respingerne alcuna. Che io sappia discolparmi,

per quanto mettiate a dura prova la mia pazienza,

non ci son dubbi, come non ci sono sulla scarsa coscienza

con cui commettete dei torti giornalmente. Potrei dire dell’altro,

ma il rispetto pel vostro ufficio m’induce a discrezione.

GARDINER

Monsignore, monsignore, siete un settario:

questa è la pura verità. La vernice di cui vi fate bello rivela,

a chi ben vi conosce, il senso e la debolezza dei vostri argomenti.

CROMWELL

Mio Vescovo di Winchester, con vostra cortese licenza,

siete un po’ troppo severo. Uomini di tale nobiltà,

per quanto fallibili, dovrebbero trovare rispetto

per ciò che sono stati. È crudeltà

calcare la mano su di un uomo caduto.

GARDINER

Signor segretario,

chiedo scusa a Vostro Onore, ma siete l’ultimo,

in tutto questo consesso, a poter dire così.

CROMWELL

Perché mai, monsignore?

GARDINER

Non vi conosco per un fiancheggiatore

di questa nuova setta? Voi non siete affidabile.

CROMWELL

Non affidabile?

GARDINER

Non affidabile, ripeto.

CROMWELL

Magari lo foste, anche a metà:

v’inseguirebbero le preghiere, non le paure degli uomini.

GARDINER

Mi ricorderò di questo spudorato linguaggio.

CROMWELL

Fatelo.

E ricordatevi anche della vostra vita spudorata.

CANCELLIERE

Questo è troppo!

Basta, signori, un po’ di ritegno!

GARDINER

Ho finito.

CROMWELL

Anch’io.

CANCELLIERE

Dunque, quanto a voi, monsignore, è stabilito –

con l’assenso di tutti, mi pare – che senza indugio

siate condotto alla Torre in stato d’arresto,

per rimanervi fin quando il Re non ci avrà comunicato

le sue ulteriori decisioni. Siete tutti d’accordo, signori?

TUTTI

Sì.

CRANMER

Non c’è un’alternativa più clemente,

signori miei? Devo proprio andarci, alla Torre?

GARDINER

Che altro

vi aspettavate? Siete straordinariamente cocciuto.

Sia pronto lì qualcuno della guardia.

Entrano le Guardie

CRANMER

Per me?

Mi tocca andarci come un traditore?

GARDINER

Prendetelo in consegna,

e scortatelo come si deve alla Torre.

CRANMER

Al tempo, miei nobili amici:

ho ancora qualcosa da dire. Guardate, signori:

in virtù di quest’anello io sottraggo la mia causa

alle grinfie di uomini crudeli, per affidarla

al più alto e nobile dei giudici, il Re mio sovrano.

CIAMBELLANO

Questo è l’anello del Re.

SURREY

Non è un’imitazione.

SUFFOLK

Santo cielo, è l’anello autentico! Ve l’avevo detto,

quando prendemmo a far rotolare questo sasso insidioso,

che ci sarebbe rovinato addosso.

NORFOLK

Credete, signori miei,

che il Re consentirà che si torca a quest’uomo

anche un sol mignolo?

CIAMBELLANO

È ormai fin troppo chiaro

quanto mai gli stia a cuore la sorte di costui.

Se almeno potessi salvare la faccia!

CROMWELL

Il cuore me lo diceva

che andando a caccia di dicerie e calunnie

contro quest’uomo, della cui onestà soltanto il diavolo

e i suoi seguaci potrebbero risentirsi,

voi soffiavate su un fuoco che vi avrebbe bruciati. E ora a voi!

Entra il Re, con un minaccioso cipiglio, e siede sul suo scranno

GARDINER

Temuto sovrano, quanto ci sentiamo obbligati al cielo,

in quotidiano rendimento di grazie, per averci dato un tal principe!

Non solo buono e saggio, ma quanto mai religioso:

uno che in tutta obbedienza fa della Chiesa

il supremo traguardo del proprio onore e, per corroborare

tale sacro dovere, con profondo rispetto,

qui si presenta in veste di Re a giudicare

la causa fra essa Chiesa e questo gran peccatore.

RE

Siete sempre stato bravo nei panegirici estemporanei,

Vescovo di Winchester. Ma sappiate che non sono venuto

per dare ascolto a tali lusinghe, che al mio cospetto

mostran troppo la corda per camuffare le colpe.

Con me non attacca. Voi mi fate il leccapiedi,

e a forza di leccate credete di tenermi buono:

non so per chi mi prendi, ma son più che sicuro

che hai un’indole crudele e sanguinaria. –

[A Cranmer] Sedete, onest’uomo. Ora vediamo se il più suberbo,

il più temerario fra voi, osa tanto da minacciarti con un dito.

Su quanto c’è di più sacro, farebbe meglio a crepare

che a pensare anche un solo istante che un tal consesso non fa per te.

SURREY

Se così piace a Vostra Grazia…

RE

No, signore, non mi piace affatto.

Credevo di avere uomini passabilmente intelligenti

e assennati nel mio Consiglio, ma non ce n’è uno.

Vi par riguardoso, signori, lasciar che quest’uomo,

questo galantuomo – e pochi fra voi meritano un tale titolo –

quest’onest’uomo, faccia anticamera come un lacchè pidocchioso,

fuori della porta? Un uomo eminente quanto voi?

Andiamo, che vergogna è mai questa? Forse che il mio mandato

v’imponeva di dimenticare chi siete? Io vi detti

la facoltà d’interrogarlo da membro del Consiglio,

non già da attendente. Vedo che fra voi c’è qualcuno

il quale, più per rancore che per rigore morale,

lo porterebbe al Giudizio finale, se ne avesse la facoltà:

ma non l’avrà mai, finché avrò vita.

CIAMBELLANO

Almeno in parte,

o temutissimo sovrano, piaccia a Vostra Grazia

accettar le mie scuse a nome di tutti. Ci eravamo proposti,

nel metterlo agli arresti, di garantirgli –

se esiste al mondo la buona fede – un processo

e una discolpa equi agli occhi del mondo, non un atto ostile.

Ne sono certo, per quanto mi riguarda.

RE

Bene, bene, signori, trattatelo con rispetto,

e accoglietelo con ogni riguardo: ne è più che degno.

Vi dico solo questo a sua lode: se un principe

può mai essere debitore di un suddito,

io lo sono di lui, per la sua devozione ed i servizi resi.

Finiamola di fare storie! Abbracciatelo tutti.

Fate la pace, che diavolo, signori miei! Monsignore di Canterbury,

ho un’incombenza per voi a cui non potete sottrarvi:

c’è una leggiadra bimbetta che ancora non è battezzata:

Dovrete farle da padrino, e risponder per lei.

CRANMER

Il più grande monarca di questo mondo potrebbe gloriarsi

di tale onore. Come ho fatto a meritarlo,

io che son solo un povero, umile suddito di Vostra Maestà?

RE

Via, via, monsignore, lo dite per risparmiarvi i cucchiai d’argento. Avrete con voi due nobili compagne, l’anziana Duchessa di Norfolk e la signora Marchesa di Dorset. Non vi pare che basti?

Ancora una volta, mio Vescovo di Winchester, v’ingiungo

di abbracciare quest’uomo e volergli bene.

GARDINER

Con cuore sincero

e amor fraterno: ecco fatto.

CRANMER

E il cielo sia testimone

di quanto io tenga a questa dichiarazione.

RE

Uomo buono, queste lacrime di gioia mostrano quanto è schietto il tuo cuore.

E vedo qui confermata la voce comune

che di te dice: “Provate a far lo sgambetto all’Arcivescovo

di Canterbury, e ve lo fate amico per sempre”.

Suvvia, signori, non stiamo a gingillarci: non vedo l’ora

che questa mia piccina mi diventi cristiana.

Ho fatto di voi una cosa sola. Restate uniti, signori:

io ne avrò forza crescente, voi sempre nuovi onori. Escono

ATTO QUINTO – SCENA TERZA

Trambusto e clamori dall’esterno. Entrano il Guardaportone e il suo Aiutante

GUARDAPORTONE

La smetterete presto con questa cagnara, farabutti. Avete preso la corte per il Paris Garden? Finitela di sbraitare, villanzoni!

[VOCE] DALL’INTERNO

Buon maestro guardaportone, io lavoro alla mensa.

GUARDAPORTONE

Lavori alla forca, e va’ a farti impiccare, gaglioffo! È questo il posto per fare baccano? Portatemi una dozzina di randelli di melo, e belli robusti: altro che questi fuscelli! Vi scorticherò la cotenna. Volete assistere al battesimo, volete? Avete voglia di birra e focacce, eh, tangheri che siete?

AIUTANTE

Vi prego, signore, un po’ di pazienza. È impossibile –

a meno di spazzarli via dal portone a cannonate –

disperdere costoro: come tenerli a letto

all’alba del Calendimaggio – il che non sia mai detto.

È più facile spostare la cattedrale di San Paolo che questi qui.

GUARDAPORTONE

Ma come sono entrati, che vadano a impiccarsi?

AIUTANTE

Ahimè, vai a saperlo! Come entra la marea?

Per quante legnate possa distribuire un robusto randello

da quattro piedi – vedete voi, signore, quel che ne resta –

non mi son risparmiato.

GUARDAPORTONE

Risparmiato un bel niente, messere!

AIUTANTE

Non sono mica un Sansone, o un Ser Guy, o un Colbrando,

da falciarmeli sotto; ma se ho risparmiato qualcuno

con una testa da colpire, fosse giovane o vecchio,

femmina o maschio, cornuto o cornificatore,

che non possa sperare di rivedere mai più un quarto di bue,

a costo di rinunciare a una vacca intera, e Dio salvi la vacca.

[VOCE] DALL’INTERNO

Mi senti, mastro guardaportone?

GUARDAPORTONE

Un attimo e vengo a prenderti, cucciolone che sei. Tieni la porta chiusa, mariolo!

AIUTANTE

Ma che volete che faccia?

GUARDAPORTONE

Che altro vuoi fare, se non pestonarli a dozzine? Ma dove siamo, alle gare di Moorfields? O forse che qui a corte è sbarcato uno di questi buffi Indiani con un arnese grosso così, che le donne ci stringono d’assedio? Dio mi perdoni, che brulicame di fornicatori a ‘sta porta! Sulla mia coscienza di cristiano, questo battesimo, da solo, ne farà saltar fuori altri mille: padri, padrini e compagnia bella, son tutti qui.

AIUTANTE

I cucchiai d’argento si allungheranno, signore. C’è un tizio proprio a due passi dal portone, che dovrebbe essere un braciere con la faccia che si ritrova, perché, in coscienza, gli ardono nel naso venti giorni di canicola: tutti quelli che gli stanno attorno son come all’equatore, e come penitenza gli basta e avanza. Quella meteora fiammeggiante l’ho colpita tre volte sulla testa, e lui tre volte m’ha starnutito in faccia: quel suo naso l’è come un mortaio, puntato lì, pronto a spararci addosso. Accanto a lui c’era la moglie di un merciaio, un cervello di gallina che m’ha inveito contro, fin quando quel suo cappelluccio a colabrodo non l’è caduto di testa: perché aveva dato esca a una tale conflagrazione sociale. Una volta l’ho mancata, la meteora, e ho colpito la donna, che ha gridato “Aiuto! “, e allora ho visto accorrere da lontano una quarantina di manganellatori volati a soccorrerla: il fior fiore dello Strand, dove lei è di casa. Quelli mi sono saltati addosso. Io ho tenuto duro, ma alla fine mi han messo con le spalle al muro. Io ho continuato a tenergli testa, quando d’un tratto una serqua di ragazzotti alle loro spalle, le truppe irregolari, mi han scaricato addosso una tale gragnuola di sassi che ho pensato bene di lasciar perder l’onore e dargli partita vinta. Il diavolo era tra loro, credo: ci giurerei.

GUARDAPORTONE

Sono questi i giovinastri che fan baccano a teatro, e si accapigliano per qualche mela morsicata, che non c’è pubblico che li sopporti se non gli attaccabrighe di Tower Hill o i loro cari confratelli, la teppa di Limehouse. Alcuni li ho sbattuti al Limbo Patrum, dove li faranno ballare, per questi tre giorni; senza contare il ricevimento a suon di frusta che gli riservano i due sbirri.

Entra il Lord Ciambellano

CIAMBELLANO

Misericordia divina, che moltitudine!

E continuano a venire, vengono da ogni parte,

come se qui tenessimo una fiera; ma dove sono i guardaportoni,

questi sfaticati furfanti? Bella figura avete fatto, messeri!

Un’assai scelta marmaglia avete lasciato entrare: son questi qui

i vostri fedeli amici delle borgate? Troveremo

una gran quantità di spazio, senza dubbio, da riservare alle dame,

quando ripasseranno da qui dopo il battesimo.

GUARDAPORTONE

Con licenza di Vostro Onore,

non siamo superuomini, e quel che potevamo fare in due

senza esser fatti a pezzi, l’abbiamo fatto.

Non basterebbe un esercito a tenerli a bada.

CIAMBELLANO

Com’è vero che son vivo,

se il Re se la prende con me, vi farò mettere tutti

ai ferri, seduta stante; e sulle vostre teste fioccheranno

salatissime multe, per la vostra negligenza. Siete dei lavativi,

e state qui a scolarvi dei bei fiaschi, invece

di fare il vostro dovere. – Udite! Suonan le trombe.

Stanno già ritornando dal battesimo.

Apritevi un varco nella calca, e tenetelo aperto

per far passare il corteo come si conviene, o vi troverò io una cella

a Marshalsea, dove vi farete buona compagnia per un paio di mesi.

GUARDAPORTONE

Fate largo laggiù, per la Principessina!

AIUTANTE

Tu, omaccione,

fatti da parte o ti rintrono la zucca!

GUARDAPORTONE

Tu, vestito di cammellotto, levati dalla ringhiera

o ti scaravento dabbasso! Escono

ATTO QUINTO – SCENA QUARTA

Entrano i Trombettieri, suonando; poi due Assessori, il Lord Sindaco di Londra, l’Araldo della Giarrettiera, Cranmer, il Duca di Norfolk col suo bastone di Maresciallo, il Duca di Suffolk, due Nobili che portano grandi conche con i doni di battesimo; indi quattro Nobili che reggono un baldacchino sotto il quale c’è la Duchessa di Norfolk, la madrina, che porta la bambina avvolta in un prezioso costume, ecc. , lo strascico retto da una Dama; poi segue la Marchesa di Dorset, l’altra madrina, con altre Dame. Il corteo fa il giro del palcoscenico, e l’Araldo della Giarrettiera prende la parola

ARALDO

Iddio, nella tua infinita bontà, manda vita prospera, lunga e sempre felice alla nobilissima e possente Elisabetta, Principessa d’Inghilterra.

Fanfara. Entrano il Re e le Guardie

CRANMER

E sulla Vostra Altezza reale e sulla buona Regina

le mie nobili madrine ed io stesso invochiamo,

per questa graziosissima infante, ogni gioia e consolazione

che mai il cielo riservi alla felicità dei genitori:

che, a ogni ora che passa, esse cadano su di voi.

RE

Grazie, buon Lord Arcivescovo.

Come l’avete chiamata?

CRANMER

Elisabetta.

RE

Alzatevi, monsignore.

[All’infante] Con questo bacio abbiti la mia benedizione: ti protegga Iddio,

alle Cui mani rimetto la tua vita.

CRANMER

Amen.

RE

Mie nobili madrine, siete state troppo generose:

vi ringrazio di cuore, e così farà questa damina,

appena saprà esprimersi in inglese.

CRANMER

Sire, lasciatemi parlare,

Il cielo ora m’ispira, e le parole che sto per pronunciare

nessuno le creda adulatorie, giacché si dimostreranno veraci.

Questa infante reale – Dio sempre l’accompagni –

seppure nella culla, sin da ora promette

a questo paese mille e mille benedizioni,

che il tempo porterà a maturazione. Ella sarà –

ma pochi fra i vivi di oggi faranno in tempo a vedere tanta bontà –

un modello per tutti i prìncipi viventi nell’età sua,

e per tutti quelli delle età a venire. La Regina di Saba non fu mai

più assetata di saggezza e di luminosa virtù

di quest’anima pura. Tutte le grazie principesche

che plasmano un sovrano possente come quello che abbiamo,

con tutte le virtù che adornano i buoni,

saranno in lei raddoppiate. La Verità sarà sua nutrice,

pensieri santi e devoti la consiglieran sempre,

ed ella sarà amata e temuta. La sua gente la benedirà,

i suoi nemici tremeranno come un campo di grano battuto dai venti

e abbasseranno la testa nel dolore. Il bene crescerà con lei;

sotto di lei ognuno mangerà in pace

all’ombra della sua vigna i frutti del suo lavoro, e canterà

gli allegri canti del tempo di pace con tutti suoi vicini.

Ella farà conoscere il vero Dio, e chi le starà intorno

apprenderà da lei le più perfette vie dell’onore,

e ad esse, non già a legami di sangue, dovrà la sua grandezza.

Né questa pace si spegnerà con lei, ma come quando,

morto l’uccello favoloso, la vergine Fenice,

dalle sue ceneri rinasce un novello erede,

di lei non meno prodigioso,

così ella lascerà le sue beate virtù a qualcuno –

quando il cielo la chiamerà a sé da questa nube di tenebra –

che dalle sacre ceneri del suo onore

s’innalzerà come una stella, non meno grande per fama:

un’altra stella fissa. Pace, prosperità, amore, verità, terrore,

che furono al servizio di questa eletta infante,

diventeranno suoi, e come una vigna gli cresceranno attorno.

Ovunque risplenderà il fulgido sole del cielo,

là saranno il suo onore e la gloria del suo nome,

e daran vita a nuove nazioni. Egli verrà a fioritura

e come un cedro allungherà i suoi rami

su tutte le pianure circostanti: i figli dei nostri figli

vedranno ciò, e benediranno il cielo.

RE

Tu annunci dei prodigi.

CRANMER

Ella vivrà, per la felicità dell’Inghilterra,

sino ad età avanzata; molti giorni la vedranno sul trono,

e non uno di essi trascorrerà senza il coronamento d’una nobile azione.

Come vorrei non saperne di più! Purtroppo ella dovrà morire,

dovrà, ché i santi la vorranno fra loro; e vergine ancora,

il più immacolato dei gigli, ella ritornerà alla terra,

e il mondo intero prenderà il lutto per lei.

RE

Oh, Lord Arcivescovo,

ora mi hai reso finalmente uomo! mai prima

di questa felice creatura io avevo creato qualcosa.

La gioia di quest’oracolo mi gratifica tanto

che quando sarò in cielo mi pungerà il desiderio

di vedere cosa fa questa bimba, e loderò il mio Creatore.

Grazie a voi tutti. A voi, mio buon Lord Sindaco,

e a voi, bravi confratelli, resto molto obbligato:

la vostra presenza mi ha altamente onorato,

e avrete prova della mia gratitudine. Signori, aprite il corteo:

dovete tutti visitar la Regina, e lei vi vuol ringraziare,

altrimenti rimarrebbe male. Quest’oggi, che nessuno pensi

di avere qualcosa da sbrigare a casa. Resteran tutti qui:

per questa piccina faremo festa per tutto il dì. Escono

EPILOGO

Il nostro dramma – scommetto dieci a uno –

non può piacere a tutti. Se per svagarsi un po’ venne qualcuno,

e sonnecchiare un atto o due, ne esce ora frastornato:

troppi squilli di tromba! E lui dirà – lo diamo per scontato –

che non val nulla. Chi venne per gridare: “Buona questa! ”

a invettive rivolte a tutto e a tutti, ora protesta

di sentirsi deluso. Eppure, una speranza ci sostiene:

che tutto quel che sarà detto in bene

di questo dramma, si affida unicamente

allo spirito aperto e intelligente

delle signore (ne avete viste in scena). Se sorrideranno

dicendo “Niente male! “, il loro esempio presto seguiranno

i loro baldi cavalieri: ché mai sentimmo dire

che restan sole, le dame, ad applaudire.

Enrico VIII
(“Henry VIII” – 1612 – 1613)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V

Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali

PirandelloWeb