(“Henry IV, part 2” – 1598)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
ATTO QUARTO – SCENA PRIMA
Entrano l’Arcivescovo [di York], Mowbray, Hastings [e altri], nella Foresta di Gaultree.
ARCIVESCOVO
Qual è il nome di questa foresta?
HASTINGS
La foresta di Gaultree, se piace a vostra grazia.
ARCIVESCOVO
Fate sosta qui, signori miei, e mandate esploratori
per scoprire il numero dei nostri nemici.
HASTINGS
Li abbiamo già inviati.
ARCIVESCOVO
Avete fatto bene.
Amici miei, fratelli in questa grande impresa,
devo informarvi che ho ricevuto
da Northumberland una lettera di data recente,
fredda per intento, tenore e sostanza;
qui egli vorrebbe essere, con forze
che si addicano al suo rango,
le quali non ha potuto arruolare. Perciò
si è ritirato in Scozia, a maturare
le sue fortune, e conclude con voti cordiali
che i vostri sforzi sopravvivano al rischio
e allo scontro temibile col nemico.
MOWBRAY
Così le speranze che riponevamo in lui crollano
e vanno in pezzi.
Entra un messaggero.
HASTINGS
Dunque, che notizie?
MESSAGGERO
A occidente di questa foresta, meno di un miglio da qui,
in buon ordine avanzano i nemici,
e, dal terreno che coprono, valuto il loro numero
a trentamila uomini o poco meno.
MOWBRAY
Giusto il numero che avevamo calcolato.
Muoviamo innanzi e affrontiamoli sul campo.
ARCIVESCOVO
Quale capo, armato di tutto punto, viene avanti?
Entra Westmoreland.
MOWBRAY
Credo sia il signore di Westmoreland.
WESTMORELAND
Salute e sinceri omaggi dal nostro generale,
il principe Lord John, Duca di Lancaster.
ARCIVESCOVO
Parlate tranquillamente, monsignore di Westmoreland.
A cosa dobbiamo la vostra visita?
WESTMORELAND
Allora, signore,
a vostra grazia rivolgo principalmente
la sostanza del mio discorso. Se la ribellione
venisse nel suo vero aspetto, con turbe abbiette e vili,
condotta da giovani sanguinari, difesa con rabbia,
e fomentata da monelli e mendicanti,
dico, se la rivolta dannata così apparisse,
nella sua forma vera, più propria e originale,
voi, reverendo padre, e questi nobili signori,
non sareste qui, a ornare la forma laida
dell’insurrezione vile e sanguinaria
con i vostri onori intatti. Voi, Lord Arcivescovo,
il cui seggio posa sulla pace civile,
la cui barba è inargentata dalla mano della pace,
la cui dottrina e belle lettere ha educato la pace,
i cui bianchi paramenti rappresentano l’innocenza,
la colomba e lo stesso spirito benedetto della pace,
perché traducete voi stesso così malamente
dalla loquela tanto armoniosa della pace
nell’idioma stonato e violento della guerra,
mutando i vostri libri in tombe, l’inchiostro in sangue,
le penne in lance e la vostra divina lingua
in una tromba rumorosa e in un segnale di guerra?
ARCIVESCOVO
Perché faccio così? Questa la vostra domanda.
La ragione in breve; siamo tutti malati,
[e con le ore spese nell’ingordigia e nei piaceri
ci siamo procurati una febbre bruciante,
per cui dobbiamo cavarci sangue. Di questo male
il nostro defunto re Riccardo, contagiato, morì.
Ma, nobilissimo Lord di Westmoreland,
io non mi assumo qui ruolo di medico
e nemmeno quale nemico della pace
marcio nelle schiere degli uomini d’armi,
ma indosso brevemente l’aspetto pauroso della guerra,
per imporre una dieta alle menti gonfie e sazie d’agio
e rimuovere gli ostacoli che cominciano a bloccare
le vene stesse della nostra vita. Parlerò più chiaro.
Ho pesato attentamente con una giusta bilancia
i torti che le nostre armi possono fare e i torti che subiamo,
e trovo che i nostri mali pesano più delle nostre offese.
Vediamo in che senso corre il flusso del tempo,
e siamo strappati dal luogo quieto che in esso abbiamo
dal torrente impetuoso dell’occasione,
e abbiamo l’elenco di tutte le nostre lagnanze
da mostrare, a tempo opportuno, in una serie di articoli;
elenco che già da gran tempo offrimmo al Re,
ma non potemmo con nessuna istanza ottenere udienza.
Quando subiamo torti e vogliamo esporre lamentele,
ci è negato accesso alla sua persona,
proprio da coloro che più ci hanno fatto torto.]
I pericoli dei giorni or ora trascorsi,
la cui memoria è scritta sulla terra
con sangue ancora visibile, e gli esempi
che occorrono ogni minuto, anche adesso,
ci hanno fatto indossare queste armi disdicevoli,
non per rompere la pace o un qualsiasi suo ramo,
ma per stabilire qui una pace vera,
in cui al nome corrisponda il fatto.
WESTMORELAND
Quando mai il vostro appello fu respinto?
In che modo siete stato offeso dal Re?
Quale nobile è stato subornato per angariarvi,
sicché ora sigillate il libro fuorilegge e sanguinario
della ribellione menzognera con un sigillo divino
e consacrate la lama amara della sommossa?
ARCIVESCOVO
Il mio fratello generale, il popolo,
la crudeltà privata al mio fratello carnale,
sono queste, specialmente, le mie vertenze.
WESTMORELAND
Non vi è necessità di queste riparazioni,
e se vi fosse, non toccherebbero a voi.
MOWBRAY
Perché non a lui in parte, e a noi tutti,
che sentiamo le ferite dei giorni passati,
e sopportiamo che la situazione presente
gravi con mano pesante e ingiusta
sul nostro onore?
WESTMORELAND
[Mio buon Lord Mowbray,
interpretate i tempi secondo le loro necessità,
e direte invero che sono i tempi,
non già il Re, a recarvi offesa.
Eppure quanto a voi, non mi sembra
sia nei confronti del Re che del presente tempo
che abbiate anche un solo pollice di terreno
su cui basare le vostre lagnanze. Non foste reintegrato
in tutte le signorie del Duca di Norfolk,
il vostro nobile padre di ottima memoria?
MOWBRAY
Cosa aveva perduto mio padre nell’onore,
che dovesse essere risuscitato e rianimato in me?
Il Re che lo amava, come stavano le cose,
fu per forza costretto a bandirlo.
E allorché lui e Henry Bolingbroke,
entrambi montati e ardenti in sella
dei corsieri che nitrivano sfidando lo sprone,
le lance in resta, le visiere calate,
gli occhi di fuoco scintillanti dall’acciaio,
mentre la tromba sonora li spingeva allo scontro,
allora, allora, quando nulla avrebbe potuto trattenere
mio padre dal petto di Bolingbroke,
oh, quando il Re gettò a terra la mazza,
la sua vita stessa dipendeva dallo scettro che gettò.
Allora abbatté se stesso e la vita di tutti quelli
che per vie legali e forza di spada
sono poi periti sotto Bolingbroke.
WESTMORELAND
Lord Mowbray, ora parlate senza sapere cosa dite.
A quel tempo il Conte di Hereford era stimato
in Inghilterra il gentiluomo più valoroso.
Chi sa a chi allora avrebbe arriso la fortuna?
Ma se là vostro padre fosse stato vincitore,
non sarebbe mai uscito vivo da Coventry.
Poiché tutta la nazione con una sola voce
gli gridava odio, e tutti i voti e affetti
erano posti su Hereford, che essi amavano invero
e benedivano e riverivano, più del Re.]
Ma tutto ciò è solo una digressione dal mio compito.
Qui vengo per incarico del Principe nostro generale
per conoscere le vostre lagnanze, per dirvi da parte sua
che vi darà udienza e che là dove
appariranno giuste le vostre richieste,
avrete soddisfazione e tutto sarà ovviato
che possa anche soltanto farvi pensare nemici.
MOWBRAY
Ma egli ci ha costretti a forzarlo a questa offerta,
ed essa proviene da calcolo, non amore.
WESTMORELAND
Mowbray, siete arrogante a interpretarla così.
L’offerta viene da clemenza, non da paura.
Poiché, guardate, il nostro esercito ci è sotto gli occhi,
e sul mio onore, è troppo sicuro di sé
per ammettere alcun pensiero di paura.
Le nostre schiere hanno nomi maggiori delle vostre,
i nostri uomini sono più provetti nell’uso delle armi,
le nostre armi altrettanto efficaci, la nostra causa migliore.
Dunque ragione vuole che i nostri cuori siano tranquilli.
Non dite perciò che la nostra offerta è forzata.
MOWBRAY
Per me non dovremmo ammettere nessun negoziato.
WESTMORELAND
Questo dimostra solo la vergogna del vostro delitto.
Causa debole non ama discussioni.
HASTINGS
Il principe John ha piena commissione,
per ampi poteri conferitigli da suo padre,
di sentire e decidere definitivamente
sulle condizioni che proporremo?
WESTMORELAND
Ciò è implicito nel titolo di generale.
Mi sorprende che poniate una domanda così ovvia.
ARCIVESCOVO
Prendete dunque, Lord Westmoreland, questo documento,
poiché esso contiene le nostre lagnanze generali.
Soddisfatta che sia ogni singola richiesta qua dentro,
e quando tutti gli aderenti alla nostra causa, qui e altrove,
che si sono congiunti a questa impresa
siano stati assolti con formali accordi
e pronta esecuzione del nostro volere,
allora limitandoci a noi e ai nostri scopi
rientreremo entro l’alveo dell’obbedienza
e legheremo le nostre forze al braccio della pace.
WESTMORELAND
Lo mostrerò al generale. Signori, piaccia a voi
che ci incontriamo davanti a entrambi i nostri eserciti,
e concludiamo la pace – Dio lo voglia! –
oppure chiamiamo al campo di battaglia le spade
che dovranno decidere.
ARCIVESCOVO
Signore, così faremo.
Esce Westmoreland.
MOWBRAY
Qualcosa nell’animo mi dice che nessuna
delle nostre condizioni di pace reggerà.
HASTINGS
Non temete. Se possiamo fare la pace
con clausole così ampie e ferme
come quelle su cui si fonda la nostra proposta
la nostra pace starà salda come un monte roccioso.
MOWBRAY
Sì, ma la loro opinione di noi sarà tale
che ogni occasione lieve e pretestuosa,
sì, ogni motivo futile, frivolo e balzano
per il Re avrà il sapore di questa rivolta,
sicché, fossimo pure martiri per fedeltà al Re,
saremo vagliati da un vento così violento
che persino il nostro grano parrà leggero come pula
e il bene non verrà distinto dal male.
ARCIVESCOVO
No, no, mio signore. Considerate. Il Re è stanco
di sospetti tanto sottili e capziosi.
Poiché ha scoperto che risolvere un dubbio con la morte
ne suscita due maggiori in chi sopravvive,
e pertanto cancellerà dai suoi libri i vecchi conti
e non conserverà testimonianza nella mente
che possa ripetere e raccontare le sue perdite
a nuova memoria. Infatti sa benissimo
che non può liberare dalle erbacce la sua terra
con l’ampiezza che i suoi sospetti suggerirebbero.
I nemici sono così radicati fra gli amici
che, strappando per estirpare un nemico,
svelle egualmente e scuote un amico.
Così che questa terra, come una moglie ingiuriosa
che l’ha fatto adirare fino a spingerlo alle percosse,
mentre egli vuol batterla tiene alto il figlioletto
e sospende la punizione incombente
nel braccio levato per somministrarla.
HASTINGS
Inoltre il Re ha spezzato tutte le sue verghe
sui ribelli recenti, e ora gli manca
lo strumento stesso per punire.
Così la sua forza, come un leone sdentato,
può minacciare ma non mantenere.
ARCIVESCOVO
Verissimo.
E pertanto siate certo, mio buon Lord Cerimoniere,
che se ora concludiamo la nostra riconciliazione,
questa pace, come un arto spezzato e ricongiunto,
sarà più forte per essere stata rotta.
MOWBRAY
Così sia.
Ecco che torna il mio Lord di Westmoreland.
Entra Westmoreland.
WESTMORELAND
Il Principe è qui vicino. Piaccia alle vostre signorie
incontrare sua grazia a distanza eguale fra i nostri eserciti.
MOWBRAY
Vostra grazia di York, il nome di Dio, fatevi avanti.
ARCIVESCOVO
Precedetemi e salutate sua grazia. Mio Lord, veniamo.
ATTO QUARTO – SCENA SECONDA
Entra il principe John [di Lancaster] e il suo esercito.
LANCASTER
Ben lieto di incontrarvi, cugino Mowbray.
Buon giorno a voi, gentile Lord Arcivescovo.
Egualmente a voi, Lord Hastings, e a tutti.
Mio Lord di York, stavate meglio
quando il vostro gregge, radunato dalla campana,
vi circondava per udire con reverenza
la vostra esposizione del testo sacro,
di ora che vi vediamo fatto uomo di ferro,
incitare una turba di ribelli col vostro tamburo,
volgendo il verbo in spada, la vita in morte.
L’uomo che siede nel cuore di un monarca
e matura al sole del suo favore,
se abusa della protezione di quel re,
ahimè, quali malanni può suscitare
all’ombra di tanta grandezza. Per voi, Lord Vescovo,
è lo stesso. Chi non ha sentito dire
quanto eravate addentro ai libri di Dio?
Per noi eravate l’oratore nel suo parlamento,
per noi la voce immaginata di Dio stesso,
l’interprete medesimo e il messaggero
fra la grazia, la santità del Cielo
e le nostre povere menti. Oh! chi potrà credere
che voi abusate della reverenza del vostro stato,
e coinvolgete l’ausilio e la grazia del Cielo,
come un favorito falso usa il nome del principe,
in opere disonorevoli? Avete arruolato
sotto pretesto di zelo per Iddio
i sudditi del Suo vicario, di mio padre,
e insieme contro la pace del Cielo e di lui
li avete qui fatti sollevare.
ARCIVESCOVO
Caro Lord di Lancaster
non sono qui contro la pace di vostro padre,
ma, come già dissi al Lord di Westmoreland,
i tempi disordinati, lo vedono tutti,
ci premono e costringono a un abito innaturale,
in difesa della nostra sicurezza. Inviai a vostra grazia
i dettagli e i particolari delle nostre lagnanze,
le quali la corte ha respinto con disprezzo:
da ciò è nata questa guerra, figlia dalle teste d’Idra,
i cui occhi tremendi possono facilmente indursi al sonno
concedendo le nostre richieste sacrosante,
e la fedele obbedienza, guarita da questa follia,
si piegherà sottomessa ai piedi della maestà.
MOWBRAY
Se no, siamo pronti a tentare la fortuna
fino all’ultimo uomo.
HASTINGS
E anche se qui cadiamo,
abbiamo rinforzi per rinnovare il nostro tentativo.
Se anche questi falliscono, subentreranno i loro amici,
e così nascerà una successione di malanni,
e l’erede continuerà la contesa dell’altro erede
finché l’Inghilterra genererà figli.
LANCASTER
Siete troppo superficiale, Hastings, troppo superficiale,
per sondare a fondo i tempi futuri.
WESTMORELAND
Piaccia a vostra grazia dir loro apertamente
fino a che punto vi aggradano le loro richieste.
LANCASTER
Tutte mi aggradano, e le concedo volentieri,
e giuro, sull’onore del mio sangue,
le intenzioni di mio padre sono state fraintese
e alcuni della sua corte hanno troppo liberamente
abusato dei suoi propositi e della sua autorità.
Monsignore, questi torti saranno prontamente riparati,
per l’anima mia, lo saranno. Se vi aggrada,
rinviate le vostre forze alle loro diverse contee,
come noi le nostre. E qui in mezzo ai due eserciti
beviamo insieme da amici e abbracciamoci,
che tutti i loro occhi possano portare a casa i segni
del nostro amore e amicizia ricomposti.
ARCIVESCOVO
Accetto la vostra parola principesca che riparerete i torti.
[LANCASTER]
Io ve la do, e manterrò la parola:
su questo bevo alla grazia vostra.
[HASTINGS]
Andate, capitano, e comunicate all’esercito
queste notizie di pace. Che abbiano la paga, e partano.
So che ne avranno piacere. Presto, capitano.
Esce [capitano].
ARCIVESCOVO
A voi, mio nobile Lord di Westmoreland.
WESTMORELAND
Brindo a vostra grazia e, se conosceste le fatiche
che ho posto nel generare la pace presente
berreste liberamente. Ma l’amore che vi porto
si mostrerà più apertamente in seguito.
ARCIVESCOVO
Non dubito di voi.
WESTMORELAND
Ciò mi rallegra.
Salute al mio Lord e gentile cugino, Mowbray.
MOWBRAY
Mi augurate salute in un momento assai opportuno,
poiché d’improvviso mi sento male.
ARCIVESCOVO
Alla vigilia dei malanni gli uomini son sempre allegri,
ma il malessere precorre i buoni eventi.
WESTMORELAND
Perciò state allegro, cugino, ché l’improvviso affanno
serve a dire: “Cosa buona vien domani”.
ARCIVESCOVO
Credetemi, sono molto allegro di spirito.
MOWBRAY
Tanto peggio, se la vostra regola è vera.
Grida [fuori scena].
LANCASTER
La notizia della pace è data. Sentite che grida!
MOWBRAY
Sarebbero state grida di gioia dopo la vittoria.
ARCIVESCOVO
Una pace ha la natura di una conquista,
poiché allora entrambe le parti sono nobilmente sottomesse,
e nessuna delle due è sconfitta.
LANCASTER
Andate, signore,
e fate congedare anche il nostro esercito.
[Esce Westmoreland.]
E, mio buon signore, se non vi dispiace, le nostre truppe
sfilino dinanzi a noi, affinché possiamo osservare
gli uomini che avremmo dovuto combattere.
ARCIVESCOVO
Andate, buon Lord Hastings,
e prima di essere congedati sfilino qui davanti.
[Esce Hastings.]
LANCASTER
Confido, signori, che stanotte dormiremo insieme.
Entra Westmoreland.
Orbene, cugino, perché il nostro esercito è fermo?
WESTMORELAND
I capi, avendo da voi l’ordine di attendere,
non partiranno prima di avervi udito parlare.
LANCASTER
Conoscono il loro dovere.
Entra Hastings.
HASTINGS
Signore, il nostro esercito è già disciolto.
Come vitelli liberati dal giogo, si incamminano
a est, nord, sud, e, come una scolaresca congedata,
ognuno corre verso la casa e i giochi.
WESTMORELAND
Buone notizie, mio Lord Hastings, per le quali
io ti arresto, traditore, per alto tradimento.
E voi, Lord Arcivescovo, e voi, Lord Mowbray,
vi accuso entrambi di tradimento capitale.
MOWBRAY
È giusto e onorevole questo modo di agire?
WESTMORELAND
Lo è forse la vostra assemblea?
ARCIVESCOVO
Mancherete alla parola?
LANCASTER
Non te ne ho data alcuna.
Vi ho promesso riparazione di quelle lagnanze
che lamentavate, il che, sul mio onore,
attuerò con cura cristianissima.
Ma quanto a voi, ribelli, preparatevi
ad assaggiare quel che spetta alla ribellione.
Stoltissimamente avete arruolato queste forze,
scioccamente qui condotte, stupidamente congedate.
Rullino i nostri tamburi, inseguite i dispersi.
Dio, non noi, ha oggi combattuto sicuramente.
Si portino questi traditori al ceppo della morte,
vero letto del tradimento, dove esso rende l’anima.
[Escono.]
ATTO QUARTO – SCENA TERZA
Squilli di trombe, Scorrerie. Entra Falstaff [e Coleville, uno incontro all’altro].
FALSTAFF
Quale è il vostro nome, signore? Di quale grado siete, e di quale luogo?
COLEVILLE
Sono un cavaliere, signore, il mio nome è Coleville della Valle.
FALSTAFF
Bene, dunque Coleville è il vostro nome, cavaliere è il vostro grado, e il vostro luogo una valle. Coleville resterà il vostro nome, traditore il vostro grado, e la galera il vostro luogo, un luogo abbastanza profondo. Così sarete sempre Coleville della Valle.
COLEVILLE
Non siete voi Sir John Falstaff?
FALSTAFF
Uomo buono quanto lui, signore, chiunque io sia. Vi arrendete, signore, o devo sudare per voi? Se sudo, sono le lacrime di chi ti vuol bene, e piangono la tua morte. Pertanto fatti venire un terrore e tremore, e implora la mia misericordia.
COLEVILLE
Penso che siate Sir John Falstaff, e così pensando mi arrendo.
FALSTAFF
Ho tutta una folla di lingue in questa mia pancia, e non ce n’è una che non pronunci il mio nome. Se avessi appena una pancia qualsiasi, sarei l’uomo più valoroso d’Europa e basta. La mia rovina è il ventre, il ventre, il ventre. Ecco venire il nostro generale.
Entra [il principe] John [di Lancaster], Westmoreland [, Blunt] e gli altri. Suona la ritirata.
LANCASTER
La furia è passata, non inseguite più.
Richiamate le truppe, caro cugino Westmoreland.
[Esce Westmoreland.]
Dunque, Falstaff, dove eravate tutto questo tempo?
Quando tutto è finito, allora venite.
Questi vostri trucchi e indugi, per la mia vita,
un giorno o l’altro spezzeranno la schiena a una forca.
FALSTAFF
Mi dispiacerebbe, signore, se non fosse così. Finora non ho mai visto che rimproveri e critiche ricompensare il valore. Pensate che io sia una rondine, una freccia, una pallottola? Ho forse, coi miei movimenti vecchi e miserevoli, la velocità del pensiero? Sono arrivato qui di corsa, al limite estremo delle possibilità. Cavalli da posta ne ho azzoppato nove ventine e rotti, e qui, impolverato dal viaggio come sono, ma immacolato e puro nel mio onore, ho fatto prigioniero Sir John Coleville della Valle, cavaliere furiosissimo e nemico valoroso. Ma a che sorprendersi? Mi ha visto e si è arreso, così che posso dire a ragione, come quel romano col naso a uncino: “Venni, vidi e vinsi”.
LANCASTER
È stato più per cortesia sua che per merito vostro.
FALSTAFF
Non so. Eccolo qui, qui ve lo consegno. E prego vostra grazia che la cosa venga registrata fra le altre imprese della giornata, altrimenti perdio la farò mettere in una ballata apposta, con sopra il mio ritratto e Coleville che mi bacia i piedi. Qualora mi costringerete a tale passo, se non sembrerete tutti a mio confronto dei soldini dorati, e se nel cielo chiaro della fama non vi supererò in luminosità quanto la luna supera le ceneri dell’elemento, che a suo confronto paiono capocchie di spillo, non credete più alla parola di un gentiluomo. Perciò fate che io abbia giustizia, e che il merito s’innalzi.
LANCASTER
Il tuo è troppo pesante per alzarsi.
FALSTAFF
Che brilli allora.
LANCASTER
Il tuo è troppo opaco per brillare.
FALSTAFF
Faccia allora qualcosa che mi porti bene, caro signor mio, e chiamatelo come volete.
LANCASTER
Il tuo nome è Coleville?
COLEVILLE
Lo è, mio signore.
LANCASTER
Tu sei un famoso ribelle, Coleville.
FALSTAFF
E un suddito famoso e fedele lo ha catturato.
COLEVILLE
Lo sono, signore, solo quanto i miei superiori
che qui mi condussero. Fossi stato io a comandarli
voi li avreste vinti a ben più caro prezzo.
FALSTAFF
Non so a che prezzo si sono venduti. Ma tu, da persona gentile, ti sei dato via gratis, e te ne ringrazio.
Entra Westmoreland.
LANCASTER
Avete cessato l’inseguimento?
WESTMORELAND
È stata ordinata la ritirata, la carneficina è sospesa.
LANCASTER
Mandate Coleville e i suoi complici
a York per essere subito giustiziati.
Blunt, portatelo via e custoditelo bene.
[Escono Blunt e altri con Coleville.]
E ora affrettiamoci a corte, signori.
Sento che il Re mio padre è gravemente ammalato.
Le nostre notizie ci precederanno da sua maestà:
voi, cugino, le porterete per confortarlo.
E noi con misurata premura vi seguiremo.
FALSTAFF
Monsignore, vi chiedo l’autorizzazione di passare
per il Gloucestershire. E quando arrivate a corte
favoritemi, vi prego, con le vostre buone parole.
LANCASTER
State bene, Falstaff. Per quel che mi compete
parlerò di voi meglio di quanto meritate.
[Escono tutti tranne Falstaff.]
FALSTAFF
Vorrei solo che aveste abbastanza spirito. Sarebbe meglio del vostro titolo di duca. In fede, questo ragazzetto sanguefreddo non mi vuol bene, e non c’è chi riesca a farlo ridere. Ma non è meraviglia, non beve vino. Non ce n’è mai uno di questi tipetti riservati che dimostri di valere qualcosa, perché l’acqua fresca gli raffredda tanto il sangue, e anche il mangiar sempre pesce, che gli prende una sorta di maschile anemia delle donne e poi, quando si sposano, fanno figlie femmine. Generalmente sono sciocchi e vigliacchi, come sarebbe anche qualcuno di noi se non fosse per le bevute che lo infiammano. Un buono sherry ha in sé un duplice effetto. Ti sale su nel cervello, ti ci prosciuga tutti i vapori sciocchi e smorti e raggrumati che lo circondano, te lo rende perspicace, pronto, fantasioso, pieno di forme agili, ardenti e dilettevoli, le quali trasmesse alla voce e alla lingua che le fa nascere si mutano in spirito eccellente. La seconda proprietà dell’ottimo sherry è che riscalda il sangue, che prima, freddo e fermo, lasciava il fegato bianco e pallido, che è l’insegna della pusillanimità e della vigliaccheria. Ma lo sherry lo riscalda e lo fa correre dalle interiora alle parti estreme. Esso illumina la faccia, che come un faro dà avviso a tutto il resto di quella piccola nazione che è l’uomo, di armarsi, e allora il popolo degli umori vitali e gli spiritelli dell’interno passano tutti in parata davanti al loro capitano, il cuore, che, grande e gonfio per tale seguito, compie qualsiasi prodezza, e questo valore viene dallo sherry. Sicché l’abilità nelle armi non è niente senza il vino, che è ciò che la mette in opera, e il sapere non è che un cumulo d’oro custodito da un diavolo, finché il vino non vi dà la stura e lo pone in movimento e funzione. Da ciò deriva che il principe Harry è gagliardo, perché il sangue freddo che ereditò naturalmente dal padre, come una terra magra, sterile e nuda, egli lo ha zappato, sarchiato e coltivato con l’eccellente pratica del bere bene e abbondantemente dello sherry fertilizzante, e così si è fatto valente e focoso. Se io avessi mille figli, il primo principio di umanità che gli insegnerei sarebbe di ripudiare le bevande leggere e attaccarsi al vino.
Entra Bardolph.
Che c’è Bardolph?
BARDOLPH
L’esercito è stato sciolto e tutti sono partiti.
FALSTAFF
Che vadano. Io passerò per il Gloucestershire, e lì visiterò messer Robert Shallow, scudiere. Me lo sto già lavorando fra il pollice e l’indice, come cera, e in breve ci metterò il sigillo. Vieni via.
[Escono.]
ATTO QUARTO – SCENA QUARTA
Entrano il Re, Warwick, Thomas Duca di Clarence, Humphrey [Duca] di Gloucester [e altri].
RE
Ora, signori, se Dio concede un esito felice
al dissidio che sanguina alle nostre porte
condurremo la nostra gioventù a campi più nobili
e impugneremo solo spade santificate.
La nostra flotta è pronta, le truppe raccolte,
coloro che ci sostituiranno nell’assenza nominati,
e tutto si accorda ai nostri desideri.
Solo ci manca un poco di forza personale,
e sostiamo finché i ribelli adesso in armi
siano ridotti sotto il giogo del governo.
WARWICK
Due cose di cui non dubitiamo vostra maestà
presto godrà.
RE
Humphrey, figlio mio Gloucester,
Dov’è il Principe tuo fratello?
GLOUCESTER
Credo, signore, sia andato a caccia a Windsor.
RE
E per compagni?
GLOUCESTER
Non so, signore.
RE
Non è con lui suo fratello, Thomas di Clarence?
GLOUCESTER
No, caro signore, egli è qui presente.
CLARENCE
Cosa desidera il signore mio padre?
RE
Null’altro che il tuo bene, Thomas di Clarence.
Com’è che non sei col Principe tuo fratello?
Egli ti ama, e tu lo trascuri, Thomas;
hai un luogo migliore nel suo affetto
di tutti i tuoi fratelli. Conservalo, figlio mio,
e potrai compiere nobili uffici
di mediazione, quando io sarò morto,
fra la grandezza di lui e gli altri tuoi fratelli.
Perciò non trascurarlo, non ottundere il suo affetto,
e non perdere i vantaggi del suo favore
sembrando freddo e incurante dei suoi desideri.
Infatti, se rispettato, è generoso,
ha lacrime di pietà e una mano
aperta come il giorno alla carità.
Però, se provocato, diventa duro come la pietra,
capriccioso come l’inverno e violento
come nevischio gelato al sorgere del giorno.
Il suo umore, pertanto, va osservato con cura.
Rimproveragli le colpe, ma con rispetto,
quando il suo sangue ti appare incline all’allegria;
ma quando è ombroso, dagli tempo e spazio,
finché le sue passioni, come una balena arenata,
si consumino dal dibattersi. Impara questo, Thomas,
e ti dimostrerai un riparo per i tuoi amici,
un cerchio d’oro per legare i tuoi fratelli
affinché la coppa unica del loro sangue,
anche se mescolato col veleno delle calunnie
che inevitabilmente i tempi vi verseranno,
mai s’incrinerà, per quanto esso operi con la forza
dell’aconito o della polvere da sparo.
CLARENCE
Lo rispetterò con ogni cura e affetto.
RE
Perché, Thomas, non sei con lui a Windsor?
CLARENCE
Non è là oggi; pranza a Londra.
RE
E con chi? [Puoi dirmelo?]
CLARENCE
Con Poins e altri suoi compagni perpetui.
RE
Il terreno più fertile è più soggetto alle erbacce,
e lui, nobile immagine della mia giovinezza,
ne è tutto invaso. Perciò il mio dolore
si estende oltre l’ora della morte.
Il mio cuore piange sangue quando mi figuro
nella fantasia i giorni sregolati
e i tempi marci che voi dovrete vedere
quando dormirò accanto ai miei antenati.
Ché quando la sua ostinata sregolatezza non avrà freno,
quando furia e sangue caldo saranno suoi consiglieri,
quando ricchezza e sperpero si incontreranno,
ahimé con che ali i suoi desideri voleranno
verso il pericolo che lo minaccia e la rovina che lo attende!
WARWICK
Mio buon signore, voi lo fraintendete.
Il Principe studia solo i suoi compagni
come una lingua straniera in cui, per impararla,
è necessario che la parola più scabrosa
sia cercata e appresa; la quale posseduta,
come sa vostra signoria, non viene poi usata
che per conoscerla e odiarla. Così, come parole grossolane,
il Principe nella maturità dei tempi
scaccerà i suoi seguaci, e la memoria di loro
vivrà come un esempio e una misura,
con cui la sua grazia valuterà la vita d’altri,
volgendo il male passato a suo vantaggio.
RE
Di rado l’ape abbandona l’alveare
nella carogna.
Entra Westmoreland.
Chi arriva? Westmoreland?
WESTMORELAND
Salute al mio sovrano, e nuova felicità
si aggiunga a quella che devo comunicargli.
Il principe John vostro figlio vi bacia la mano.
Mowbray, il vescovo Scroop, Hastings e tutti
sono stati assoggettati al rigore della vostra legge.
Non vi è più una spada di ribelle sguainata,
ma la pace fa fiorire l’ulivo dappertutto.
Il modo in cui questa impresa è stata condotta
qui vostra altezza può leggerlo con comodo,
con ogni evento nei suoi particolari.
RE
O Westmoreland, sei come un uccello d’estate,
che sempre sul finire dell’inverno canta
il sorgere del giorno.
Entra Harcourt.
Ecco altre notizie.
HARCOURT
Il cielo protegga vostra maestà dai nemici
e quando essi si sollevano, possano cadere
come quelli di cui vengo a dirvi!
Il conte di Northumberland e Lord Bardolph,
con un grande esercito di inglesi e di scozzesi,
sono stati sconfitti dallo sceriffo dello Yorkshire.
I momenti e le fasi esatte della battaglia
questo plico, se vi piace, li contiene per esteso.
RE
Perché queste buone notizie mi fan star male?
La Fortuna non viene mai con due mani piene,
ma scrive belle parole con brutte lettere?
Essa dà stomaco capace e niente cibo,
come ai poveri sani, oppure un festino
e toglie lo stomaco, come ai ricchi
che hanno abbondanza e non la godono.
Ora dovrei gioire di queste felici nuove,
e ora mi manca la vista, la mia mente vacilla.
Ahimè! Venitemi accanto. Sto assai male.
GLOUCESTER
Coraggio, maestà!
CLARENCE
O mio regale padre!
WESTMORELAND
Mio signore sovrano, fatevi animo, alzate gli occhi.
WARWICK
Pazienza, principi. Sapete che questi attacchi
sono per sua altezza assai comuni.
Lasciatelo, dategli aria, starà subito meglio.
CLARENCE
No, non può resistere a lungo a queste fitte.
La cura e la fatica incessante della mente
ha reso il muro che dovrebbe contenerla
tanto sottile che la vita ne traspare.
GLOUCESTER
Il popolo m’impaurisce, poiché esso nota
nascite senza paternità e aborti di natura.
Le stagioni mutano le loro maniere, come se l’anno,
trovando alcuni mesi assopiti, li avesse saltati.
CLARENCE
Il fiume ha avuto tre piene senza bassa marea,
come i vecchi, che sono gli annali senili dei tempi,
dicono che abbia fatto qualche tempo prima
che nostro bisnonno Edward si ammalò e morì.
WARWICK
Parlate piano, principi, poiché il Re si riprende.
GLOUCESTER
Questa apoplessia sarà certo la sua fine.
RE
Vi prego, prendetemi e portatemi da qui
in qualche altra camera. [Piano, per piacere.]
[Lo portano in un’altra parte del palcoscenico.]
ATTO QUARTO – SCENA QUINTA
RE
Non fate nessun rumore, amici miei gentili,
a meno che una mano lenta e propizia
non sussurri musica al mio animo stanco.
WARWICK
Che facciano musica nell’altra stanza.
RE
Mettete la corona qui, sul cuscino.
CLARENCE
Ha l’occhio spento, e impallidisce molto.
WARWICK
Meno rumore, meno rumore!
Entra [il principe] Henry.
PRINCIPE
Chi ha visto il Duca di Clarence?
CLARENCE
Son qui, fratello, pieno di tristezza.
PRINCIPE
Ma come! Piove in casa, e fuori no!
Come sta il Re?
GLOUCESTER
Molto male.
PRINCIPE
Ha già udito le buone nuove?
Ditegliele.
GLOUCESTER
Si è alterato molto sentendole.
PRINCIPE
Se sta male per la gioia, guarirà senza medicine.
WARWICK
Meno rumore, signori. Dolce Principe, parlate piano.
Il Re vostro padre desidera dormire.
CLARENCE
Ritiriamoci nell’altra stanza.
WARWICK
Se piace a vostra grazia, venite con noi.
PRINCIPE
No, siederò qui a vegliare accanto al Re.
[Escono tutti eccetto il Principe.]
Perché è posata lì sul suo guanciale la corona,
compagna di letto così inquietante?
O turbamento fulgido! Ansia dorata!
Che tieni le porte del sonno spalancate
a molte notti di veglia! Le dorme accanto, adesso!
Ma non così sodo o con metà la profonda dolcezza
di chi con la testa avvolta da una comune berretta
russa tutta la notte. O regalità!
Quando tormenti chi ti porta, stringi
come una ricca corazza indossata nella calura,
che protegge ma brucia. Accanto alle sue labbra
è posata una piuma che non si muove.
Se respirasse, quella lieve piuma senza peso
si dovrebbe agitare. Mio grazioso signore! Padre mio!
Questo è un sonno davvero profondo. È il sonno
che da questo cerchio d’oro ha separato
tanti re d’Inghilterra. A te io devo
lacrime e greve tristezza del sangue,
che affetto, amore e tenerezza filiale
ti tributeranno, caro padre, in abbondanza.
A me tu devi questa corona imperiale
che, in quanto più prossimo al tuo sangue e stato,
a me è trasmessa. [Si mette in testa la corona.] Ecco che siede
dove Dio la custodirà. Entrasse pure tutta la forza del mondo
in un braccio gigante, esso non mi strapperà
questo onore ereditario. Questo che ebbi da te
io lascerò ai miei, come esso è lasciato a me. [Esce.]
RE
Warwick! Gloucester! Clarence!
Entrano Warwick, Gloucester, Clarence.
CLARENCE
Il Re ci chiama?
WARWICK
Cosa desidera sua maestà? [Come sta vostra grazia?]
RE
Perché, signori, mi avete lasciato qui solo?
CLARENCE
Maestà, abbiamo lasciato qui il Principe mio fratello,
che si era impegnato a restare a vegliarvi.
RE
Il Principe di Galles! Dov’è? Voglio vederlo.
Egli non è qui.
WARWICK
La porta è aperta: di qua è passato.
GLOUCESTER
Non ha attraversato la camera in cui eravamo.
RE
Dov’è la corona? Chi l’ha presa dal mio cuscino?
WARWICK
Quando ci ritirammo, maestà, la lasciammo qui.
RE
Il Principe l’ha portata via. Andate, cercatelo.
Ha tanta fretta che pensa che il mio sonno
sia la mia morte? Trovatelo,
mio Lord di Warwick, rimproveratelo perché venga.
[Esce Warwick.]
Questa sua condotta si congiunge alla mia malattia
e aiuta a finirmi. Vedete, figli, cosa siete!
Come rapidamente la natura si rivolta
quando l’oro diviene il suo scopo!
Per questo i padri, sciocchi e troppo solleciti,
si rovinano il sonno coi pensieri, la mente
con l’ansia, le ossa col lavoro.
Per questo essi hanno accumulato mucchi
malsani di oro ottenuto per vie traverse;
per questo si sono dati pena di insegnare
ai figli le arti e gli esercizi militari;
quando, raccogliendo come le api da ogni fiore
[la sua dolcezza e virtù], le zampe
cariche di cera, le bocche di miele,
le portiamo all’alveare, come le api siamo
uccisi per la nostra fatica. Questo sapore amaro
le ricchezze accumulate lasciano al padre morente.
Entra Warwick.
Dunque, dov’è colui che non attende nemmeno
che la malattia, sua alleata, mi conduca alla fine?
WARWICK
Maestà, ho trovato il Principe nella stanza accanto,
che bagnava di lacrime filiali le guance gentili
con un atteggiamento così intenso di dolore
che anche la tirannia, avvezza solo a bere sangue,
vedendolo avrebbe lavato il suo coltello
con dolce pianto. Sta venendo qui.
RE
Ma perché ha portato via la corona?
Entra [il principe] Henry
Ecco che viene. Harry, vieni da me.
Uscite dalla stanza, lasciateci soli.
Escono [Warwick e gli altri].
PRINCIPE
Mai avrei pensato di udirvi parlare ancora.
RE
Il tuo desiderio, Harry, ha generato quel pensiero.
Ti sto accanto troppo a lungo, ti annoio.
Hai tanta fame del mio trono vuoto
che devi investirti dei miei onori
prima che il tempo maturi? Sciocco giovane!
Cerchi la grandezza che ti schiaccerà.
Attendi appena un poco, la nuvola della mia regalità
è trattenuta da un vento tanto debole
che presto cadrà. Il mio giorno è fioco.
Hai rubato quello che dopo poche ore
sarebbe stato tuo senza offesa, e alla mia morte
hai confermato tutte le mie paure.
La tua vita rivelava che non mi amavi,
e tu vuoi che io muoia divenutone certo.
Nascondi mille pugnali nei pensieri,
affilati sulla pietra del tuo cuore,
per ferirmi mezz’ora prima della morte.
Come! Non puoi concedermi mezz’ora?
Allora vattene, scava tu stesso la mia tomba
e ordina alle campane allegre di cantarti all’orecchio
la tua incoronazione, non la mia morte.
Che tutte le lacrime che dovrebbero bagnare la mia bara
siano gocce di unguento per consacrare la tua testa.
Mescolami solo con la polvere dimenticata;
da’ ai vermi chi ti diede la vita.
Scaccia i miei funzionari, infrangi i miei decreti,
è venuto il tempo di schernire ogni cerimonia.
Harry quinto è incoronato. Viva la vanità!
Abbasso la dignità regale! Saggi consiglieri, fuori!
E nella corte inglese si radunino ora
da ogni regione scimmie scioperate!
Nazioni vicine, purgatevi della feccia.
C’è da voi un mascalzone che beva, balli, bestemmi,
gozzovigli la notte, rubi, uccida e commetta
i peccati più vecchi nei modi più nuovi?
Rallegratevi, non vi darà più fastidio.
L’Inghilterra indorerà due volte la sua triplice colpa,
l’Inghilterra gli darà incarichi, onori, potestà,
poiché il quinto Harry alla licenza sottomessa
strappa la museruola, e il cane rabbioso
pianterà i denti nella carne degli innocenti.
O mio povero regno, malato di ferite intestine!
Se il mio stesso governo non ha curato i tuoi disordini,
che farai quando il disordine ti governerà?
Ahimè, sarai di nuovo una terra selvaggia,
popolata di lupi, i tuoi antichi abitatori.
PRINCIPE
Perdonatemi, maestà! Non fosse stato per le mie lacrime,
umidi impedimenti alle mie parole, avrei
prevenuto questo rimprovero accorato e giusto
prima che voi con pena aveste detto e io ascoltato
tanta parte di esso. Ecco la vostra corona,
e Colui che porta la corona immortale
ve la custodisca a lungo. Se io la desidero più
del vostro onore e della vostra grandezza,
che non mi alzi mai da questo inchino che vi faccio,
che il mio spirito più intimo e più devoto
mi insegna, da questa umile ed esterna genuflessione.
Dio mi sia testimone, quando io qui sono entrato
e non ho trovato più alcun respiro nella maestà vostra,
quale freddo mi ha preso il cuore. Se dico il falso
che io muoia nella mia presente sregolatezza
e non viva per mostrare al mondo incredulo
il nobile mutamento che mi sono proposto.236
Venendo a visitarvi, pensandovi morto,
io stesso quasi morto, maestà, a tale pensiero,
ho parlato a questa corona come se mi potesse intendere,
e così l’ho rimproverata: “Le ansie a te congiunte
si sono nutrite del corpo di mio padre.
Pertanto tu, oro dei migliori, sei il peggiore degli ori.
Altri ori, meno fini per carati, sono più preziosi,
perché come farmaci potabili preservano la vita,
ma tu, il più fine, il più onorato e noto,
hai consumato chi ti portava”. Così, regia maestà,
accusandola, me la sono posta in testa,
per mettere alla prova con essa, come con un nemico
che avesse sotto i miei occhi ucciso mio padre,
la causa di un legittimo erede.
Ma se essa m’infettò di gioia il sangue,
o mi gonfiò i pensieri di sentimenti di orgoglio,
se un qualche mio spirito ribelle e vanitoso
con la minima inclinazione a un benvenuto
diede accoglienza all’idea del potere che è in essa,
che Dio per sempre la tenga lontana dalla mia testa
e faccia di me il più misero vassallo
che con timore e terrore a lei si inchina.
RE
[O figlio mio,]
Dio ti mise in mente di portarla via,
affinché tu potessi vincere meglio l’affetto di tuo padre,
parlando con tanta saggezza per scusarti!
Vieni qui, Harry, siediti accanto al mio letto,
e ascolta il consiglio estremo, credo,
che mai pronuncerò. Dio sa, mio figlio,
per quali vie traverse e storte deviazioni
ottenni questa corona, e io stesso conosco
con quanta angoscia ha pesato sul mio capo.
A te discenderà con migliore tranquillità,
miglior giudizio, migliore sicurezza,
poiché tutte le macchie dell’ottenerla scendono
sottoterra con me. In me sembrava
solo un titolo afferrato con mano ardita,
e c’erano molti in vita per rimproverarmi
di averla ottenuta con il loro aiuto,
cosa che spesso portò a contese e sangue,
ferendo la pace attesa. Queste gravi calamità
sai con che pericoli le ho affrontate,
poiché tutto il mio regno non è stato che una scena
in cui si recitava questo soggetto. Ora la mia morte
cambia il tono, poiché quello che io presi
a te viene in maniera più legittima,
in quanto porti la corona per diritto ereditario.
Eppure, anche se la tua posizione è più sicura della mia,
non sei abbastanza solido, i dolori essendo recenti.
E tutti i miei amici, che tu devi farti amici,
hanno avuto strappati da poco i pungiglioni e i denti,
la cui durezza mi aveva all’inizio elevato,
e dalla cui forza potevo ben temere
di essere di nuovo cacciato. Per evitare questo
li ho allontanati, e ora avevo intenzione
di condurne molti in Terrasanta, per scongiurare
che il riposo e la quiete li porti a considerare
troppo dappresso il mio stato. Pertanto, Harry,
segui questa via e occupa gli animi incostanti
con guerre straniere, perché le spedizioni lontane
cancellino la memoria dei giorni trascorsi.
Direi di più, ma ho il respiro tanto breve
che la forza di parlare mi è affatto negata.
Come ottenni la corona, Dio lo voglia perdonare,
e che tu in vera pace la possa conservare!
PRINCIPE
[Mia graziosa maestà,] voi l’avete
vinta, portata, tenuta, a me data.
Perciò chiaro e giusto dev’essere il mio possesso,
che io con assoluta dedizione
contro il mondo intero giustamente difenderò.
Entra [il principe John di] Lancaster [e Warwick].
RE
Vedi, vedi, viene il mio John di Lancaster.
LANCASTER
Salute, pace e felicità al mio regale padre!
RE
Tu mi porti felicità e pace, figlio John,
ma la salute, ahimè, con ali giovanili è volata via
da questo tronco nudo e rinsecchito. Alla tua vista
le mie occupazioni terrene mettono un punto fermo.
Dov’è il mio Lord di Warwick?
PRINCIPE
Mio Lord di Warwick!
RE
Vi è un nome particolare che appartiene
alla camera dove ebbi il primo svenimento?
WARWICK
Si chiama Gerusalemme, nobile mio signore.
RE
Sia lode a Dio! Proprio lì la mia vita deve finire.
Mi è stato profetato da molti anni
che non sarei morto che in Gerusalemme,
e io erroneamente pensavo fosse la Terrasanta.
Ma conducetemi in quella camera: là riposerò.
In quella Gerusalemme Harry morirà. [Escono.]
Enrico IV – Parte II
(“Henry IV, part 2” – 1598)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V