(“Julius Caesar” – 1599)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
ATTO TERZO – SCENA PRIMA
Fanfara. Entrano Cesare, Bruto, Cassio, Casca, Decio, Metello Cimbro, Trebonio, Cinna, Antonio, Lepido, Popilio Lena, Publio, l’Indovino e Artemidoro.
CESARE
Le Idi di marzo sono arrivate.
INDOVINO
Sì, Cesare, ma non passate.
ARTEMIDORO
Salve, Cesare! Leggi questa carta.
DECIO
Trebonio desidera che tu legga,
appena ti è comodo, questa sua umile supplica.
ARTEMIDORO
Oh, Cesare, leggi prima la mia, perché la mia è una supplica
che tocca Cesare più da vicino. Leggila, grande Cesare.
CESARE
Quella che tocca noi stessi sarà consegnata per ultima.
ARTEMIDORO
Non tardare, Cesare. Leggila immediatamente.
CESARE
Ma è pazzo quest’uomo?
PUBLIO
Pezzente, fatti da parte.
CASSIO
Ma come, presentate le vostre petizioni per strada?
Venite in Campidoglio.
[Cesare e gli altri entrano in Senato.]
POPILIO
Vi auguro che la vostra impresa, oggi, abbia successo.
CASSIO
Quale impresa, Popilio?
POPILIO (a Cassio)
A dopo.
BRUTO
Che ha detto Popilio?
CASSIO
Ci ha augurato che la nostra impresa, oggi, abbia successo.
Temo che il nostro piano sia stato scoperto.
BRUTO
Guarda come s’avvicina a Cesare. Osservalo.
CASSIO
Casca,
sii rapido, temiamo d’essere presi d’anticipo.
Che faremo, Bruto? Se la cosa viene saputa,
o Cassio o Cesare non tornerà via di qui,
perché io mi ucciderò.
BRUTO
Cassio, sta’ saldo.
Popilio Lena non parla del nostro piano,
perché, vedi?, sorride, e Cesare non cambia faccia.
CASSIO
Trebonio rispetta i tempi; guarda, Bruto,
si porta via Marc’Antonio.
Esce Trebonio con Antonio.
DECIO
Dov’è Metello Cimbro? Fatelo andare,
che presenti subito la sua supplica a Cesare.
BRUTO
È pronto. Fate calca in avanti e assecondatelo.
CINNA
Casca, tu sarai il primo ad alzare la mano.
CESARE
Siamo pronti tutti? Quali sono oggi i torti
che Cesare e il suo Senato devono riparare?
METELLO
Altissimo, potentissimo e grandissimo Cesare,
Metello Cimbro getta davanti al tuo seggio
il suo umile cuore…
CESARE
Devo prevenirti, Cimbro.
Queste prosternazioni e questi bassi omaggi
potrebbero infiammare il cuore degli uomini comuni,
e trasformare ciò che è stato già ordinato e decretato
in capricciosa legge di bambini. Non essere così sciocco
da pensare che Cesare abbia un sangue così avventato
da sciogliersi e perdere la sua vera natura
per qualcosa che può far struggere gli stolti – intendo
parole dolci, inchini fino a terra, e sbavate da cani
struscianti. Tuo fratello è bandito per decreto.
Se ti pieghi e preghi e sbavi per lui, io ti caccio via
a calci dalla mia strada come un cane randagio.
Sappilo, Cesare non fa torti, né senza un motivo
si lascia persuadere.
METELLO
Non c’è qui una voce, più degna della mia,
che suoni più dolce all’orecchio del grande Cesare,
per far revocare il bando di mio fratello?
BRUTO
Ti bacio la mano, ma non per adularti, Cesare,
e ti chiedo che Publio Cimbro possa avere
libertà immediata, con revoca del bando.
CESARE
Cosa? Bruto!
CASSIO
Perdono, Cesare! Cesare, perdono!
Giù fino ai tuoi piedi s’inginocchia Cassio,
per implorare libertà per Publio Cimbro.
CESARE
Potrei bene essere smosso, se fossi come voi; se potessi
pregare per smuovere, le preghiere potrebbero smuovermi.
Ma io sono fermo come la stella polare,
della quale non c’è compagna nel firmamento
per qualità costantemente fissa e duratura.
I cieli sono dipinti di innumerevoli faville,
che sono tutte quante fuoco, ed ognuna risplende;
ma ce n’è soltanto una, fra tutte, che tiene il suo posto.
E così è nel mondo; è ben fornito di uomini,
e gli uomini sono carne e sangue, e dotati d’intelletto;
e tuttavia in tale numero ne conosco uno soltanto
che inattaccabile conserva la sua posizione,
non scosso da alcun movimento; e che io sia quello,
lasciatevelo mostrare anche in questo,
che fui fermo nel bandire Cimbro,
e fermo rimango nel mantenerlo al bando.
CINNA
O Cesare…
CESARE
Via di qui! Vuoi sollevare l’Olimpo?
DECIO
Grande Cesare…
CESARE
Bruto non s’inginocchia invano?
CASCA
Parlate, mani, per me!
Pugnalano Cesare.
CESARE
Et tu, Brute? Allora cadi, Cesare! Muore.
CINNA
Libertà! Libertà! La tirannia è morta!
Correte via di qui, proclamatelo, gridatelo per le strade!
CASSIO
Alcuni vadano alle tribune pubbliche e gridino
“Libertà, libertà, e affrancamento!”
BRUTO
Popolo, e voi senatori, non siate atterriti.
Non fuggite; fermatevi. L’ambizione è stata ripagata.
CASCA
Va’ alla tribuna, Bruto.
DECIO
E anche Cassio.
BRUTO
Dov’è Publio?
CINNA
Qui, tutto frastornato da questa sollevazione.
METELLO
State tutti stretti assieme, che qualche amico di Cesare
non abbia per caso a…
BRUTO
Non parlare di stare. Publio, fatti animo;
nessun male è diretto alla tua persona,
né ad alcun altro romano. Va’ a dir loro questo, Publio.
CASSIO
E lasciaci, Publio, affinché il popolo,
precipitandosi su di noi, non faccia danno alla tua età.
BRUTO
Vai; e nessun altro risponda di questo atto
se non noi che l’abbiamo compiuto.
Entra Trebonio.
CASSIO
Dov’è Antonio?
TREBONIO
Fuggito a casa sua esterrefatto.
Uomini, donne e bambini sbarrano gli occhi, gridano
e corrono, come se fosse l’apocalisse.
BRUTO
O fati, conosceremo il vostro volere.
Che dovremo morire, lo sappiamo; è solo il momento,
e il protrarsi dei giorni, che conta per gli uomini.
CASCA
Infatti, chi taglia via vent’anni di vita
taglia via altrettanti anni di paura della morte.
BRUTO
Ammettiamo questo, e allora la morte è un dono.
Così noi siamo amici di Cesare, poiché abbiamo abbreviato
il suo tempo di paura della morte. Chinatevi, romani,
chinatevi, e bagnamoci le mani nel sangue di Cesare
fino ai gomiti, e imbrattiamone le spade.
Poi, andiamo fuori, fino al Foro,
e brandendo in alto le nostre rosse armi
gridiamo “Pace, libertà, affrancamento!”.
CASSIO
Chinatevi, dunque, e lavatevi. Per quante epoche future
questa nostra scena sublime sarà recitata di nuovo,
in nazioni ancora non nate, in lingue ancora sconosciute!
BRUTO
Quante volte per finta sanguinerà Cesare,
che ora giace al piedistallo di Pompeo,
e che vale quanto la polvere!
CASSIO
E ogni volta
che ciò avverrà, noi tutti saremo chiamati
gli uomini che diedero al loro paese la libertà.
DECIO
Allora, andiamo all’aperto?
CASSIO
Sì, via tutti quanti.
Condurrà Bruto, e noi lo seguiremo rendendogli onore
insieme ai più arditi e nobili cuori di Roma.
Entra un servo di Antonio.
BRUTO
Piano, chi arriva? Un amico di Antonio.
SERVO
Così, Bruto, il mio padrone m’ha detto d’inginocchiarmi;
così Marc’Antonio mi ha detto di prostrarmi,
e, prosternato, così mi ha detto di dirvi;
“Bruto è nobile, saggio, valoroso e onesto;
Cesare era potente, coraggioso, regale e amorevole;
di’ che io amo Bruto, e lo onoro;
di’ che io temevo Cesare, lo onoravo, e lo amavo.
Se Bruto vorrà concedere che Antonio
possa andar da lui sicuro ed essere informato
del perché Cesare abbia meritato di morire,
Marc’Antonio non amerà Cesare morto
quanto Bruto vivo, ma seguirà
le fortune e i casi del nobile Bruto
in mezzo ai rischi di questa inesplorata situazione
con sincera lealtà”. Così dice il mio padrone Antonio.
BRUTO
Il tuo padrone è un romano saggio e valoroso;
mai l’ho ritenuto da meno.
Digli che, se si compiace di venire in questo luogo,
sarà soddisfatto, e, sul mio onore,
se ne andrà via incolume.
SERVO
Vado a chiamarlo immediatamente. Esce.
BRUTO
So che lo avremo amico.
CASSIO
Spero che sia così; e tuttavia il mio animo
lo teme molto, e i miei presentimenti
colgono sempre dolorosamente nel segno.
Entra Antonio.
BRUTO
Ma ecco che arriva Antonio. Benvenuto, Marc’Antonio!
ANTONIO
O potente Cesare! Giaci così in basso?
Tutte le tue conquiste, glorie, trionfi, spoglie
si sono ridotti a così piccola misura? Addio.
Io non so, signori, che cosa intendiate,
chi altri debba subire un salasso, chi altri sia rigonfio.
Se io stesso, non c’è ora così adatta
come l’ora della morte di Cesare, né c’è strumento
che sia degno la metà di quelle vostre spade,
fatte ricche dal sangue più nobile di tutto questo mondo.
Io vi prego, se mi volete del male, che ora,
ora che le vostre mani imporporate fumano di sangue,
appaghiate il vostro desiderio. Vivessi mille anni,
non potrei trovarmi così pronto a morire.
Nessun posto mi piacerà così, nessun mezzo di morte,
come qui, accanto a Cesare, e da voi falciato,
gli spiriti più scelti ed eletti di questa epoca.
BRUTO
O Antonio, non implorare da noi la tua morte.
Anche se ora ti appariamo per forza sanguinari e crudeli,
come dalle nostre mani e dal nostro atto
non puoi non vederci, tu però non vedi che le nostre mani
e questa sanguinosa impresa che hanno compiuto.
I nostri cuori non li vedi; sono pieni di pietà;
e la pietà per tutti i torti di Roma –
come il fuoco con il fuoco, così la pietà scaccia la pietà –
ha fatto questo a Cesare. Per parte tua,
contro di te le nostre spade hanno punta di piombo,
Marc’Antonio. Le nostre braccia, che hanno forza nemica,
e i nostri cuori, che hanno tempra fraterna, ti accolgono
con tutto il caro affetto, e buoni pensieri e stima.
CASSIO
La tua voce sarà forte quanto quella di chiunque altro
nella distribuzione di nuove onorificenze.
BRUTO
Abbi solo pazienza finché abbiamo calmato
la moltitudine, fuori di sé dalla paura,
e allora ti esporremo la ragione per cui io,
che amavo Cesare mentre lo colpivo,
ho agito in questo modo.
ANTONIO
Non dubito della vostra saggezza.
Che ognuno di voi mi dia la sua mano insanguinata.
Per primo, Marco Bruto, la stringerò a te;
poi, Caio Cassio, stringo la tua;
ora, Decio Bruto, la tua; ora la tua, Metello;
la tua, Cinna; e, mio valoroso Casca, la tua;
per ultimo, ma non con meno affetto, la tua, buon Trebonio.
Gentiluomini tutti – ahimè, che devo dire?
Il mio credito ora posa su un terreno così scivoloso,
che sarete costretti a giudicarmi in uno di due modi
entrambi cattivi, come un codardo o come un adulatore.
Che io ti amassi, Cesare, oh, è vero!
Se allora il tuo spirito ci guarda adesso,
non ti addolorerà più della morte
il vedere il tuo Antonio fare la pace,
stringere le dita insanguinate dei tuoi nemici,
o nobilissimo, alla presenza del tuo cadavere?
Avessi altrettanti occhi quante ferite hai tu,
e piangessero lacrime come esse riversano il tuo sangue,
sarebbe per me molto più giusto che non accordarmi
in termini d’amicizia con i tuoi nemici.
Perdonami, Giulio! Qui fosti messo alle strette,
maestoso cervo; qui cadesti; e qui stanno
i tuoi cacciatori, segnati dal tuo massacro,
rossi del sangue che ti porta al Lete.
O mondo, tu fosti foresta per questo cervo,
e questo, o mondo, era in verità il tuo cuore.
Quanto simile a un cervo, colpito da molti principi,
giaci tu qui!
CASSIO
Marc’Antonio…
ANTONIO
Perdonami, Caio Cassio.
I nemici di Cesare diranno questo;
e questo allora, in un amico, è fredda moderazione.
CASSIO
Non ti biasimo perché lodi Cesare così;
ma quale patto intendi fare con noi?
Vuoi essere iscritto nel novero dei nostri amici,
o dovremo andare avanti senza contare su di te?
ANTONIO
Per questo vi ho stretto la mano, ma ne sono stato
distratto in verità nell’abbassare lo sguardo su Cesare.
Amico io sono di voi tutti, e amo voi tutti,
nella speranza che mi spieghiate le ragioni
per cui Cesare era pericoloso, e come.
BRUTO
Altrimenti, questo sarebbe uno spettacolo selvaggio.
Le nostre ragioni hanno motivazioni tali
che se tu, Antonio, fossi il figlio di Cesare,
ne rimarresti soddisfatto.
ANTONIO
È tutto quel che voglio;
e vi chiedo inoltre di poter portare
in pubblico il suo corpo al Foro,
e parlare dal rostro, come si conviene a un amico,
nella cerimonia del suo funerale.
BRUTO
Lo farai, Marc’Antonio.
CASSIO
Bruto, una parola.
(A parte) Non sai quel che fai. Non consentire
a che Antonio parli al suo funerale.
Non sai quanto il popolo potrà essere scosso
da ciò che egli dirà?
BRUTO
Scusami:
salirò io per primo sul rostro, e mostrerò
la ragione della morte del nostro Cesare.
Quel che Antonio dirà, io proclamerò
che lo dirà col nostro consenso e permesso;
e il fatto che noi siamo pronti a far avere a Cesare
tutti i regolari riti e le legittime cerimonie
ci recherà vantaggio anziché portarci danno.
CASSIO
Non so che cosa possa succedere. Non mi piace.
BRUTO
Marc’Antonio, ecco, prendi il corpo di Cesare.
Tu non dovrai biasimarci nel tuo discorso funebre,
ma di’ di Cesare tutto il bene che potrai concepire,
e di’ che lo fai con il nostro permesso;
altrimenti non avrai parte alcuna
nel suo funerale. E parlerai
dallo stesso rostro dove io sto andando,
dopo che il mio discorso sarà finito.
ANTONIO
Che così sia.
Non desidero nient’altro.
BRUTO
Prepara il corpo, allora, e seguici.
Escono tutti tranne Antonio.
ANTONIO
Oh, perdonami, tu zolla di terra sanguinante,
se sono mite e gentile con questi macellai!
Tu sei le rovine del più nobile uomo
che abbia mai vissuto nella marea dei tempi.
Guai a te, mano che hai versato questo sangue prezioso!
Ora io profetizzo su queste tue ferite –
che come bocche mute aprono le loro labbra scarlatte
ad implorare la voce e l’espressione della mia lingua –
che una maledizione cadrà sulle membra degli uomini.
Furia intestina e feroce guerra civile
tartasseranno tutte le parti dell’Italia.
Sangue e distruzione diventeranno così consueti,
e spettacoli orrendi così familiari,
che le madri potranno solo sorridere a vedere
i loro figli squartati dalle mani della guerra,
perché ogni pietà sarà soffocata dall’abitudine
ad atti crudeli; e lo spirito di Cesare, vagante
in cerca di vendetta, con Ate al fianco appena uscita
dall’inferno, chiamerà con voce di monarca lo sterminio,
dentro questi confini, e libererà i cani della guerra,
cosicché questo atto infame puzzerà per la terra intera
di carogne umane imploranti sepoltura.
Entra un servo di Ottavio.
Sei al servizio di Cesare Ottaviano, non è così?
SERVO
Sì, Marc’Antonio.
ANTONIO
Cesare gli aveva scritto di venire a Roma.
SERVO
Ha ricevuto le sue lettere e sta arrivando,
e mi ha incaricato di dirvi a voce…
Oh, Cesare!
ANTONIO
Hai il cuore gonfio; ritirati in disparte e piangi.
La commozione, vedo, è contagiosa, perché i miei occhi,
scorgendo nei tuoi quelle gocce di dolore,
si sono bagnati. Sta arrivando il tuo padrone?
SERVO
Si trova, questa notte, a sette leghe da Roma.
ANTONIO
Torna da lui in fretta e digli ciò che è accaduto.
Qui c’è una Roma in lutto, una Roma pericolosa,
una Roma non ancora sicura per Ottaviano.
Corri subito a dirglielo. Ma aspetta un momento –
non tornerai indietro finché non avrò portato
questo corpo al Foro. Lì, nella mia orazione,
saggerò come il popolo sta prendendo
l’azione crudele di questi uomini sanguinari;
e, a seconda di come reagirà, tu parlerai
al giovane Ottaviano dell’attuale situazione.
Dammi una mano. Escono con il corpo di Cesare.
ATTO TERZO – SCENA SECONDA
Entrano Bruto e Cassio, con i plebei.
PLEBEI
Vogliamo soddisfazione! Dovete darci soddisfazione!
BRUTO
Allora seguitemi e datemi ascolto, amici.
Cassio, tu va’ nell’altra strada,
e dividi la moltitudine.
Quelli che vogliono sentir parlare me, restino qui;
quelli che vogliono seguire Cassio, vadano con lui;
e sarà data in ogni caso pubblica ragione
della morte di Cesare.
PRIMO PLEBEO
Io voglio sentir parlare Bruto.
SECONDO PLEBEO
Io ascolterò Cassio, e confronteremo le loro ragioni
quando le avremo sentite separatamente.
Esce Cassio con alcuni plebei.
TERZO PLEBEO
Il nobile Bruto è salito. Silenzio!
BRUTO
Restate pazienti fino alla fine.
Romani, concittadini, e amici, ascoltatemi per la mia causa, e fate silenzio affinché possiate ascoltarmi. Credetemi per il mio onore, e abbiate rispetto per il mio onore affinché possiate credermi. Giudicatemi con la vostra saggezza, e risvegliate il vostro senno affinché possiate meglio giudicarmi. Se c’è qualcuno in questa assemblea, un qualche caro amico di Cesare, a lui io dico che l’amore di Bruto per Cesare non era inferiore al suo. Se poi quell’amico domandasse perché Bruto si è levato contro Cesare, questa è la mia risposta; non perché amassi Cesare di meno, ma perché amavo Roma di più. Preferireste che Cesare fosse vivo, per morire voi tutti quanti schiavi, o che Cesare fosse morto, per vivere voi tutti quanti liberi? Poiché Cesare mi amava, io piango per lui; poiché gli arrise la fortuna, io ne gioisco; poiché era valoroso, io lo onoro; ma poiché era ambizioso, io l’ho ucciso. Ecco qui lacrime, per il suo amore; gioia, per la sua fortuna; onore, per il suo valore; e morte, per la sua ambizione. Chi c’è qui così vile da voler essere uno schiavo? Se c’è, parli; perché lui io ho offeso. Chi c’è qui così barbaro da non voler essere un romano? Se c’è, parli; perché lui io ho offeso. Chi c’è qui così miserabile da non amare la sua patria? Se c’è, parli; perché lui io ho offeso. Mi fermo in attesa di una risposta.
TUTTI
Nessuno, Bruto, nessuno.
BRUTO
Allora nessuno io ho offeso. Non ho fatto a Cesare niente di più di quanto voi farete a Bruto. Le ragioni della sua morte sono registrate in Campidoglio; la sua gloria non diminuita, laddove egli fu degno; né i suoi torti aumentati, per i quali ha patito la morte.
Entrano Marc’Antonio e altri, con il corpo di Cesare.
Ecco che arriva il suo corpo, pianto da Marc’Antonio, il quale, anche se non ha avuto mano nella sua morte, riceverà benefici dalla sua scomparsa, un posto nella repubblica; e chi di voi non l’avrà? Me ne vado dicendovi questo; che, come ho ucciso il mio miglior amico per il bene di Roma, così io conservo lo stesso pugnale per me stesso, quando sembrerà alla mia patria che sia necessaria la mia morte.
TUTTI
Viva Bruto! Viva! Viva!
PRIMO PLEBLEO
Portatelo in trionfo a casa sua.
QUARTO PLEBEO
Fategli una statua in mezzo ai suoi antenati.
TERZO PLEBEO
Che sia lui Cesare.
QUINTO PLEBEO
Le migliori qualità di Cesare
saranno incoronate in Bruto.
PRIMO PLEBLEO
Lo porteremo a casa sua con evviva e grida di gioia.
BRUTO
Miei concittadini…
QUARTO PLEBEO
Zitti! Silenzio! Parla Bruto!
PRIMO PLEBEO
Ehi! Silenzio!
BRUTO
Bravi concittadini, lasciatemi andare via da solo,
e, per amor mio, restate qui con Antonio.
Rendete omaggio al corpo di Cesare e ascoltate
con rispetto il discorso sulle glorie di Cesare,
che Marc’Antonio, col nostro permesso, è autorizzato
a fare. Vi prego, non un uomo si allontani,
a parte me, finché Antonio non abbia parlato. Esce.
PRIMO PLEBEO
Ehi! Fermatevi! E ascoltiamo Marc’Antonio.
TERZO PLEBEO
Che vada sul rostro pubblico.
Lo ascolteremo. Nobile Antonio, sali.
ANTONIO
Per grazia di Bruto, io vi sono obbligato.
QUINTO PLEBEO
Che cosa dice di Bruto?
TERZO PLEBEO
Dice che per grazia di Bruto
lui si trova obbligato con tutti noi.
QUINTO PLEBEO
Farebbe bene a non dire alcun male di Bruto qui.
PRIMO PLEBEO
Questo Cesare era un tiranno.
TERZO PLEBEO
Ah, questo è certo.
È una benedizione che Roma se n’è liberata.
QUARTO PLEBEO
Silenzio! Sentiamo che cosa sa dirci Antonio.
ANTONIO
Voi, nobili romani…
TUTTI
Silenzio, ehi! Ascoltiamolo.
ANTONIO
Amici, romani, concittadini, prestatemi orecchio.
Io vengo a seppellire Cesare, non a lodarlo.
Il male che gli uomini fanno sopravvive loro,
il bene è spesso sotterrato con le loro ossa.
Così sia per Cesare. Il nobile Bruto
vi ha detto che Cesare era ambizioso.
Se ciò era vero, quella fu una grave colpa,
e gravemente Cesare l’ha scontata.
Qui, con il permesso di Bruto e degli altri
(perché Bruto è uomo d’onore,
e così sono tutti, tutti uomini d’onore)
io vengo a parlare al funerale di Cesare.
Egli era mio amico, leale e giusto con me;
ma Bruto dice che era ambizioso,
e Bruto è uomo d’onore.
Egli ha portato molti prigionieri a Roma,
il cui riscatto ha riempito le casse dell’erario;
apparve questo, in Cesare, ambizioso?
Quando i poveri hanno pianto, Cesare ha pianto;
l’ambizione dovrebbe essere fatta di più dura stoffa.
Tuttavia, Bruto dice che era ambizioso,
e Bruto è uomo d’onore.
Tutti voi avete visto che alla festa dei Lupercali
io gli ho offerto tre volte una corona regale,
che lui tre volte ha rifiutato. Era ambizione, questa?
Tuttavia, Bruto dice che era ambizioso,
e certamente Bruto è uomo d’onore.
Io non parlo per smentire ciò che Bruto ha detto,
ma sono qui per dire quello che so.
Tutti voi lo amavate un tempo, non senza ragione;
quale ragione vi trattiene allora dal piangerlo?
O giudizio, ti sei rifugiato presso bestie brute,
e gli uomini hanno perso la ragione. Abbiate pazienza,
il mio cuore è nella bara, lì, con Cesare,
e devo fermarmi fino a che non ritorni a me.
PRIMO PLEBEO
Mi sembra che c’è molta ragione in quel che dice.
QUARTO PLEBEO
Se consideri la faccenda in modo giusto,
Cesare ha subìto un grande torto.
TERZO PLEBEO
È così, amici?
Ho paura che al posto suo ne verrà uno peggiore.
QUINTO PLEBEO
Avete capito le sue parole? Non voleva prendere la corona;
perciò è sicuro che lui non era ambizioso.
PRIMO PLEBEO
Se si scopre che è così, qualcuno la pagherà caramente.
QUARTO PLEBEO
Pover’anima! Ha gli occhi rossi come il fuoco per il pianto.
TERZO PLEBEO
Non c’è a Roma un uomo più nobile di Antonio.
QUINTO PLEBEO
Guarda, ora riprende a parlare.
ANTONIO
Solo ieri la parola di Cesare avrebbe potuto reggere
contro il mondo intero; ora egli giace lì,
e non c’è nessuno così misero da concedergli riverenza.
O signori, se io fossi disposto ad agitare
i vostri cuori e le vostre menti alla rivolta e al furore,
farei torto a Bruto, e torto a Cassio,
i quali, voi tutti lo sapete, sono uomini d’onore.
Non farò loro torto; preferisco fare torto
al morto, fare torto a me stesso, e a voi,
piuttosto che fare torto a siffatti uomini d’onore.
Ma ecco una pergamena col sigillo di Cesare;
l’ho trovata nel suo studio; è il suo testamento.
Se solo il popolo udisse questo testamento,
che, perdonatemi, io non intendo leggere,
tutti andrebbero a baciare le ferite di Cesare morto
e a immergere i fazzoletti nel suo sangue sacro,
sì, e a mendicare un suo capello per ricordo,
e, morendo, ne farebbero menzione nel testamento,
lasciandolo come un ricco legato
alla loro discendenza.
QUINTO PLEBEO
Vogliamo sentire il testamento. Leggilo, Marc’Antonio.
TUTTI
Il testamento! Il testamento! Vogliamo sentire il testamento di Cesare!
ANTONIO
Abbiate pazienza, gentili amici; non devo leggerlo.
Non è opportuno che sappiate quanto Cesare vi amava.
Non siete legni, non siete pietre, ma uomini;
ed, essendo uomini, ascoltare il testamento di Cesare
vi infiammerà, vi renderà folli.
È bene che non sappiate che voi siete i suoi eredi;
perché, se lo sapeste, oh, che cosa ne seguirebbe?
QUINTO PLEBEO
Leggi il testamento! Vogliamo sentirlo, Antonio!
Tu ci leggerai il testamento, il testamento di Cesare!
ANTONIO
Volete aver pazienza? Volete aspettare un momento?
Ho passato il segno, a parlarvene.
Ho paura di far torto a quegli uomini d’onore
i cui pugnali hanno trafitto Cesare. Lo temo davvero.
QUINTO PLEBEO
Quelli erano traditori.”Uomini d’onore!”
TUTTI
Il testamento! Il testamento!
QUARTO PLEBEO
Erano canaglie, assassini! Il testamento! Leggi il testamento!
ANTONIO
Volete dunque costringermi a leggere il testamento?
Allora fate cerchio intorno al corpo di Cesare,
e lasciate che vi mostri colui che fece il testamento.
Devo scendere? Me ne darete il permesso?
TUTTI
Vieni giù.
QUARTO PLEBEO
Scendi.
TERZO PLEBEO
Hai il permesso.
QUINTO PLEBEO
In cerchio!
State attorno.
PRIMO PLEBEO
State lontani dalla bara! Lontani dal corpo!
QUARTO PLEBEO
Fate posto ad Antonio, al nobilissimo Antonio!
ANTONIO
No, non spingetemi così, state più in là.
TUTTI
Fatevi indietro! Spazio! Indietro!
ANTONIO
Se avete lacrime, preparatevi a versarle ora.
Tutti voi conoscete questo mantello. Ricordo
la prima volta che Cesare l’indossò:
fu una sera d’estate, nella sua tenda,
il giorno in cui sconfisse i Nervii.
Guardate, in questo punto è penetrato il pugnale di Cassio;
guardate che squarcio ha fatto il perfido Casca;
e per questo buco ha pugnalato il tanto amato Bruto,
e quando ha estratto il suo ferro maledetto,
osservate come il sangue di Cesare l’ha inseguito,
quasi precipitandosi all’aperto ad accertarsi
se era stato Bruto o no a battere così snaturatamente,
perché Bruto, come sapete, era l’angelo di Cesare.
Giudicate voi, oh dèi, quanto caramente Cesare l’amava.
Questo fu, di tutti, il taglio più crudele;
perché quando il nobile Cesare lo vide vibrare il colpo,
l’ingratitudine, più forte delle armi dei traditori,
lo vinse del tutto; allora scoppiò il suo cuore possente,
e, coprendosi il volto col mantello,
proprio ai piedi della statua di Pompeo,
che per tutto quel tempo mandò sangue, il grande Cesare
cadde. Oh, che caduta fu quella, miei concittadini!
Allora io, e voi, e noi tutti quanti cademmo,
mentre il tradimento sanguinario trionfava su di noi.
Oh, ora voi piangete, e sento che provate
la forza della pietà. Queste sono lacrime giuste.
Anime gentili, perché piangete solo a guardare
la veste ferita del nostro Cesare? Guardate qui!
Qui c’è lui stesso, sfigurato, come vedete, dai traditori.
PRIMO PLEBEO
Oh, spettacolo pietoso!
QUARTO PLEBEO
Oh, nobile Cesare!
TERZO PLEBEO
Oh, tristissimo giorno!
QUINTO PLEBEO
Traditori! Canaglie!
PRIMO PLEBEO
Oh, vista sanguinosa!
QUARTO PLEBEO
Avremo vendetta.
TUTTI
Vendetta! Cominciamo! Cercate! Bruciate! Incendiate!
Uccidete! Ammazzate! Neanche un traditore deve sopravvivere.
ANTONIO
Aspettate, concittadini.
PRIMO PLEBEO
Fermi lì! Ascoltate il nobile Antonio.
QUARTO PLEBEO
Lo ascolteremo, lo seguiremo, moriremo con lui.
ANTONIO
Buoni amici, dolci amici, non fate che vi scateni
a una così improvvisa fiumana di rivolta.
Coloro che hanno compiuto questo atto sono uomini d’onore.
Quali rancori personali essi avessero, ahimè, io non lo so,
che li hanno spinti a compierlo. Sono saggi e onorevoli,
e vi risponderanno, non c’è dubbio, con le loro ragioni.
Io non vengo, amici, a rubarvi il cuore.
Io non sono un oratore, come lo è Bruto,
ma, come tutti voi mi conoscete, sono un uomo semplice
e rozzo, che ama il suo amico; e questo lo sanno molto bene
quelli che mi hanno dato licenza di parlare di lui
pubblicamente. Perché non ho né ingegno, né parole,
né capacità, né gesti, né espressione, né potere
di discorso per smuovere le passioni degli uomini;
io parlo solo come mi viene. E vi dico ciò che voi
stessi sapete, vi mostro le ferite del dolce Cesare,
povere povere bocche mute, e chiedo loro di parlare per me.
Ma se io fossi Bruto, e Bruto Antonio, allora ci sarebbe
un Antonio che vi scatenerebbe l’anima, e ad ogni ferita
di Cesare darebbe una lingua che muoverebbe
le pietre di Roma all’insurrezione e alla rivolta.
TUTTI
Noi ci rivolteremo!
PRIMO PLEBEO
Incendieremo la casa di Bruto!
TERZO PLEBEO
Via, allora! Andiamo a cercare i cospiratori.
ANTONIO
Ascoltatemi ancora, concittadini. Lasciatemi parlare.
TUTTI
Silenzio, ehi! Ascoltiamo Antonio, il nobilissimo Antonio.
ANTONIO
Ma come, amici, state andando a fare non sapete cosa.
Perché Cesare ha meritato fino a questo punto
il vostro affetto? Ahimè, voi non lo sapete; devo
dirvelo io, allora. Avete dimenticato il testamento
di cui vi ho parlato.
TUTTI
Verissimo! Il testamento! Fermiamoci, sentiamo il testamento.
ANTONIO
Ecco il testamento, e qui sotto c’è il sigillo di Cesare.
A ciascun cittadino romano egli dà,
a ciascun singolo uomo, settantacinque dracme.
QUARTO PLEBEO
Nobilissimo Cesare! Noi vendicheremo la sua morte.
TERZO PLEBEO
Oh, regale Cesare!
ANTONIO
Ascoltatemi con pazienza.
TUTTI
Silenzio, ehi!
ANTONIO
E in più, vi ha lasciato tutti i suoi giardini,
i pergolati, e gli orti appena piantati,
da questa parte del Tevere; li ha lasciati a voi,
e ai vostri eredi, per sempre; pubblici parchi
per passeggiare dove vi va e divertirvi.
Questo era un Cesare! Quando ne verrà un altro uguale?
PRIMO PLEBEO
Mai, mai! Venite, andiamo, andiamo!
Bruceremo il suo corpo nel sacrario,
e con i tizzoni incendieremo le case dei traditori.
Prendete il corpo.
QUARTO PLEBEO
Trovate il fuoco.
TERZO PLEBEO
Sradicate le panche.
QUINTO PLEBEO
Sradicate gli stipiti, le imposte, ogni cosa.
Escono i plebei.
ANTONIO
E, ora, che tutto faccia il suo corso. Male,
sei scatenato, prendi la strada che vuoi.
Entra un servo.
Che c’è?
SERVO
Signore, Ottaviano è già arrivato a Roma.
ANTONIO
Dove si trova?
SERVO
È con Lepido in casa di Cesare.
ANTONIO
E lì io mi recherò subito a incontrarlo.
Arriva proprio quando lo desideravo. La Fortuna
è di buonumore, e ci concederà ogni cosa.
SERVO
Gli ho sentito dire che Bruto e Cassio
hanno lasciato le porte di Roma a spron battuto.
ANTONIO
È probabile che abbiano avuto notizie del popolo,
di come li ho mossi. Portami da Ottaviano.
Escono.
ATTO TERZO – SCENA TERZA
Entra Cinna il poeta, seguito dai plebei.
CINNA
Ho sognato stanotte che banchettavo con Cesare,
e cose di cattivo auspicio gravano sulla mia fantasia.
Non ho nessuna voglia di allontanarmi da casa,
eppure qualcosa mi spinge fuori.
PRIMO PLEBEO
Come ti chiami?
SECONDO PLEBEO
Dove stai andando?
TERZO PLEBEO
Dove abiti?
QUARTO PLEBEO
Sei sposato o scapolo?
SECONDO PLEBEO
Rispondi direttamente a ognuno.
PRIMO PLEBEO
Sì, e brevemente.
QUARTO PLEBEO
Sì, e saggiamente.
TERZO PLEBEO
Sì, e veritieramente, ti conviene.
CINNA
Come mi chiamo? Dove sto andando? Dove abito? Sono sposato o scapolo? Allora, per rispondere a ognuno precisamente e brevemente, saggiamente e veritieramente; saggiamente dico che sono scapolo.
SECONDO PLEBEO
Ciò equivale a dire che sono gli scemi a sposarsi. Per questo, ho paura che ti prenderai un bel cazzotto da me. Procedi, direttamente.
CINNA
Direttamente, sto andando al funerale di Cesare.
PRIMO PLEBEO
Da amico o da nemico?
CINNA
Da amico.
SECONDO PLEBEO
A questo ha risposto direttamente.
QUARTO PLEBEO
La tua abitazione, brevemente.
CINNA
Brevemente, abito vicino al Campidoglio.
TERZO PLEBEO
Il tuo nome, signore, veritieramente.
CINNA
Veritieramente il mio nome è Cinna.
PRIMO PLEBEO
Fatelo a pezzi, è un cospiratore!
CINNA
Io sono Cinna il poeta, io sono Cinna il poeta.
QUARTO PLEBEO
Fatelo a pezzi per i suoi brutti versi, fatelo a pezzi per i suoi brutti versi.
CINNA
Io non sono Cinna il cospiratore.
QUARTO PLEBEO
Non fa nulla, il suo nome è Cinna! Strappategli dal cuore soltanto il nome, e lasciatelo andare.
TERZO PLEBEO
Fatelo a pezzi, fatelo a pezzi! Avanti, dei tizzoni, ehi! dei tizzoni accesi! Da Bruto! Da Cassio! Bruciate tutto! Alcuni vadano a casa di Decio, e altri da Casca, e altri da Ligario! Avanti! Andiamo!
Escono tutti i plebei.
Giulio Cesare
(“Julius Caesar” – 1599)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V