(“The two Gentlemen of Verona” 1590 – 1595)
Traduzione di Andrea Cozza
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
Introduzione
Opera giovanile di Shakespeare, I due gentiluomini di Verona preannuncia temi e situazioni sviluppati in successivi capolavori, anch’essi ambientati in Italia. L’opera è considerata il prototipo delle commedie “romantiche” che coniugano felicemente la fantasia e l’inventiva con la riflessione sulla complessità e l’ambiguità delle azioni umane. Incentrata sulla rivalità di due amici per ottenere i favori della stessa donna, la commedia è ambientata tra Milano e Verona nelle corti principesche dell’epoca. Si intrecciano tre temi: l’amore, l’amicizia e l’educazione del gentiluomo. Per The two Gentlemen of Verona, Shakespeare si volse, anziché a schemi classici, medievali o rinascimentali, a motivi contemporanei, al senso dell’avventura, al vagheggiamento del romanzesco ch’era nei drammi del Greene. Taluni commentatori, come J. M. Robertson – campione estremo della critica cosiddetta disintegratrice, perché tende a distribuire l’opera giovanile, e in genere le parti fiacche dei drammi shakespeariani, di volta in volta, a tutti i drammaturghi contemporanei cui paion somigliare – sostennero addirittura che il dramma era dello stesso Greene, e che Shakespeare fu appena chiamato a riveder qualche scena.
Il soggetto dei Two Gentlemen, non è tra i più cattivanti cui abbia inteso dar credito il drammaturgo: Valentine e Proteus, i due gentiluomini veronesi del titolo, sono entrambi innamorati di Silvia, figlia del duca di Milano. Proteus, a sua volta, è amato da Julia. Valentine decide di rapire Silvia, ma, tradito dall’amico che svela il complotto al duca, è bandito e si mette a capo d’una accolta di masnadieri, lasciando campo libero in tal modo a Proteus, che insidia, respinto tuttavia, Silvia. Julia si traveste da paggio e, senza esser da lui riconosciuta, si mette al servizio di Proteus. Silvia, intanto, onde sfuggire alle nozze con Thurio, decise dal padre, fugge in cerca di Valentine, ma è catturata dai masnadieri e, a sua volta, liberata da Proteus. Sopraggiunge Valentine e, al veder Proteus sinceramente pentito della sua slealtà, lo perdona e sta per cedergli Silvia, allorché lo svenimento del falso paggio, e cioè Julia, che aveva seguito l’amato, non rivela la costanza e l’abnegazione della giovane, che riconquista, cosìi, il cuore di Proteus. Il duca consente alle nozze di Silvia con Valentine e la commedia termina felicemente, per tutt’e due le coppie.
Anche dal riassunto tentato di sopra si può misurare l’incongruenza psicologica, in specie della soluzione, che vizia la commedia: di quella, del resto, si avranno esempi altrettanto cospicui e sconcertanti in altre commedie della maturità del drammaturgo, come The Twelfth Night e Measure for Measure. L’anticipare motivi e soluzioni cui l’opera futura vorrà dare una coloritura più intensa e conseguente è, del resto, una delle caratteristiche dei Two Gentlemen e, insieme, una delle ragioni principali dell’interesse che riesce ancora a suscitare. La lista dei pretendenti in I, II, ad esempio, è una sorta di annunzio d’un analogo motivo inThe Merchant of Venice; la scena di Julia travestita da paggio che richiede a Silvia un suo ritratto, e fin certa materiale giacitura della frase (cfr. IV, Iv, 100-2 e 153-55) la ritroveremo, nella Twelfth Night, nel rapporto Viola-Olivia, senza contare che anche qui abbiamo una scala di corda e un incontro di innamorati nella cella d’un frate, come in Romeo and Juliet. Il dramma ha anche trovato ammiratori entusiastici, come Swinburne, ma si crede d’esser nel giusto se ci s’accontenta di concedergli, invece, soltanto un luogo di fianco nel novero delle opere sperimentali. Al suo attivo si potranno mettere qualche momento poetico che tenta di mascherare, con la delicatezza e la grazia dell’invenzione stilistica, l’intrinseca artificialità dell’impostazione psicologica, e almeno un personaggio schietto, il clown Launce, preraffigurazione, anch’esso, del Launcelot Gobbo del Merchant of Venice.
The two Gentlemen of Verona fu pubblicata per la prima volta nell’in-folio del 1623, e pertanto questo costituisce l’unica fonte del testo, e una fonte, purtroppo, parecchio inquinata. Così come il testo, ad esempio, di The Tempest o di Antony and Cleopatra offerto dall’in-folio è dei migliori, quello dei The two Gentlemen è di gran lunga dei peggiori. Mentre, in quei casi, si poteva pensare a una copia del manoscritto originale o addirittura all’originale medesimo, proprio per la cura delle didascalie, e delle entrate e delle uscite dei personaggi, nei Gentlemen of Verona ci si trova di fronte a un testo privo affatto di didascalie, cosi come quasi del tutto privo anche delle entrate e delle uscite dei personaggi. Un elenco di questi, alla rinfusa, si trova segnato all’inizio di ciascuna scena, senza tuttavia che sia nemmen rispettato l’ordine dell’entrata di ognuno.
Tale caratteristica ha portato a congetturare che la stampa non avvenisse su di un copione dell’opera per uso teatrale, ma sulle parti dei singoli personaggi, ordinate mediante l’aiuto del plot, ovvero riassunto schematico dell’azione con le indicazioni, per l’appunto, della partecipazione dei vari attori. Tali plots erano usati, da costoro e dal direttore di scena, durante la rappresentazione. Questa spiegazione, tuttavia, non appare del tutto soddisfacente e si presta a obiezioni, anzitutto perché dovette essere piuttosto difficile che tali materiali fossero disponibili tutti insieme, e in specie dopo quasi un trentennio dalle prime rappresentazioni: ché, a quanto ne sappiamo, la commedia non dovette contare su un particolare successo e quindi su molte riprese. Il dramma ètra i più brevi del canone, e questo ha fatto sospettare che l’in-folio ne riproduca solo una parte. La diversa sostenutezza del tono letterario — e talvolta degli scarti stilistici piuttosto bruschi, come tra le parti di Julia e Silvia e quelle di Speed e Launce che a volte si trovano gomito a gomito — han fatto anche pensare che alla stesura quale ci è tramandata dall’in-folio mettessero mano dei collaboratori men qualificati di Shakespeare. Le obiezioni a questa teoria sono, naturalmente, molto più gravi e in certo modo definitive: la mano maestra, infatti, si riconoscerebbe proprio per quegli scarti stilistici che poterono essere intesi a distaccare e distinguere e quindi rilevare i diversi piani dell’azione e della dipintura di caratteri, piani insieme sociali e drammatici: e del resto l’intensità dei ritratti è spesso pari in entrambe le sfere: la stilizzazione di Sir Eglamour non è men sapida e cosciente, ad esempio, che quella di Launce. E quanto ai tagli è difficile riconoscerne traccia, così com’è difficile immaginare quali svolte dell’azione siano andate smarrite: tutto quel che sarebbe stato necessario trovare nella commedia sembra che, per l’appunto, ci sia. L’unica obiezione alla coerenza dell’azione si può muovere riguardo a uno degli ultimi scarti di questa, nella scena, cioè, in cui Valentine cede a Proteus la giovane di cui è innamorato («Tutto quel che m’apparteneva in Silvia io te lo dono»). La battuta e l’intera situazione risultano audaci fino a essere improbabili. Ma si tratterebbe, pur sempre, d’una obiezione di natura psicologica, e non testuale, e per la quale si può anche trovare una spiegazione, per esempio, nel concetto dell’amicizia quale si trova espresso nella letteratura romanzesca nella cui aura va intesa la commedia. Le reazioni del pubblico che per primo assistette ai Two Gentlemen of Verona furono probabilmente molto diverse dalle nostre.
La commedia non è facile da datare. Si tratta, con ogni probabilità, di un’opera giovanile, e sebbene sia affine per molti aspetti anche a taluni dei romances dell’ultima fase, e vi ricorrano con curiosa insistenza, com’è stato già osservato, motivi e situazioni che poi ritroveremo al centro di Twelfth Night eAsYou Like It, pure, per una manifesta immaturità che è insieme della psicologia edello stile, che tanto più da quegli inevitabili confronti appare sottolineata, ci si accorda per solito ad assegnare i Two Gentlemen proprio agli esordii dell’attività drammatica del poeta. Elementi esterni per la datazione, comunque, non se ne posseggono all’infuori della menzione della commedia in Palladis Tamia, opera, com’è noto, pubblicata nel 1598. La commedia, quindi, esisteva già prima di quella data: ma questo ci aiuta poco perché si deve riconoscere che, comunque, la commedia doveva esistere già molto tempo prima. Confronti con lo stile e la versificazione di altri drammi giovanili, farebbero assegnare i Two Gentlemen allo stesso periodo cui si assegnano gli Errors e The Taming of the Shrew (La bisbertica domata), ma un rapporto cronologico esatto tra questi tre drammi è impossibile a stabilirsi per l’ambiguità dei dati. Gli anni 1594-95 proposti dal Chambers, pertanto, vanno calcolati soltanto come una indicazione. Personalmente, sarei favorevole a una datazione precedente.
Riassunto
Commedia in cinque atti in prosa e in versi, scritta all’inizio della sua carriera (circa 1594), pubblicata nell’infolio del 1616. Da parecchi segni si potrebbe concludere che l’opera fosse stata scritta in fretta; per esempio l’indicazione delle località è erronea (Verona e Padova sono date in luogo di Milano); ma il porre Verona su un corso d’acqua che subisce gli effetti dell’alta e della bassa marea, e il farla comunicare con Milano per acqua può spiegarsi supponendo che in tal caso lo Shakespeare pensasse a Londra e usasse i nomi di Milano e di Verona come semplici etichette: nelle scene comiche del dramma appaiono altre incongruenze che non possono altrimenti spiegarsi, e del resto le figure dei due buffoni Launce e Speed spirano l’ambiente londinese.L’intreccio è modellato su quello d’una tipica commedia dell’arte, sicché o Shakespeare usò come fonte un dramma di carattere italiano, quale avrebbe potuto essere La storia di Felice e Filomena (1584 – 85), o sviluppò in modi derivati da esso una tenue trama quale si trova nella Diana innamorata di Jorge de Montemayor (1521 – 1561), che di solito si dà come fonte.Valentino (Valentine) e Proteo (Proteus) sono legati da intima fraterna amicizia, ma la vista di Silvia, figlia del duca di Milano, amata da Valentino, agisce sì fortemente sull’animo di Proteo, che costui dimentica l’amore della propria fidanzata, Giulia (Julia), e tradisce l’amico rivelando al duca l’intenzione di Valentino di rapire Silvia, dal duca destinata al goffo Turio (Thurio). Il generoso Valentino viene sorpreso dal duca e bandito, e nel fuggire da Milano s’imbatte in una banda di Masnadieri che, impressionata favorevolmente da lui e dalla sua posizione, lo elegge suo capitano. Proteo intanto, sotto specie di persuadere Silvia a dimenticare Valentino in favore di Turio, ottiene, grazie al duca, accesso alla fanciulla, e tenta di corteggiarla per proprio conto, venendone ignominiosamente respinto: a un episodio del corteggiamento assiste Giulia che frattanto, travestita da paggio, è venuta a Milano in cerca del suo amante che la tradisce. Silvia, per evitare le nozze con il detestato Turio, fugge da Milano assistita da Eglamour, un cavaliere che ha fatto voto di castità in seguito alla perdita della sua amata; ma è catturata dai masnadieri (mentre Eglamour si dà poco cavallerescamente alla fuga), e condotta dinanzi al loro capo. Frattanto Proteo giunge per liberarla, e insiste di nuovo nel suo corteggiamento, e, di nuovo respinto, vorrebbe ricorrere alla violenza, quando Valentino, che ha assistito non visto, si fa innanzi e smaschera l’indegno amico. Questi si pente e chiede perdono, e Valentino, nella sua magnanimità, non solo lo perdona ma gli cederebbe Silvia, allorchè lo svenimento del paggio rivela Giulia, che con tal prova di costanza riconquista il cuore di Proteo. Finalmente il duca concede la figlia a Valentino, e le due coppie promettono di sposarsi lo stesso giorno.
I due gentiluomini di Verona
(“The two Gentlemen of Verona” 1590 – 1595)
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