(o “I due nobili congiunti”)
di William Shakespeare e John Fletcher
(“The two noble kinsmen” – 1613)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
ATTO QUARTO – SCENA PRIMA
Entrano il Carceriere e il suo Amico.
CARCERIERE
Non avete sentito altro? Nulla fu detto di me
riguardo alla fuga di Palamone?
Buon signore, ricordate.
PRIMO AMICO
Niente che io sentii,
perché tornai a casa prima che l’affare
fosse concluso. Ma già potevo anticipare,
prima di andarmene, la grande probabilità
del perdono per entrambi; perché Ippolita
ed Emilia occhi-belli, in ginocchio,
facevano una così convinta scena di pietà che il Duca
mi sembrò stare in dubbio se seguire
la sua promessa avventata o la dolce compassione
di quelle due signore; e a spalleggiarle
quel davvero nobile principe Piritoo, che tiene
metà del suo cuore, ci si mise pure, sicché spero
che andrà tutto bene; né sentii nominare
il vostro nome, o la sua evasione.
CARCERIERE
Voglia il cielo che resti così!
Entra il Secondo Amico.
SECONDO AMICO
Su con la vita, amico; vi porto notizie,
notizie buone.
CARCERIERE
Son benvenute.
SECONDO AMICO
Palamone vi ha scagionato,
e ottenuto il vostro perdono, e rivelato come
e con l’aiuto di chi riuscì a fuggire, cioè vostra figlia,
il cui perdono è pure assicurato; e il prigioniero,
per non parere ingrato per questo favore,
le assegna una dote per il suo matrimonio,
e cospicua pure, vi assicuro.
CARCERIERE
Voi siete un brav’uomo
e le vostre notizie sono sempre buone.
PRIMO AMICO
E com’è finita?
SECONDO AMICO
Diavolo, come dovrebbe; quelle che non chiesero mai
senza ottenere ebbero le loro richieste soddisfatte;
i prigionieri han salva la vita.
PRIMO AMICO
Sapevo che sarebbe andata così.
SECONDO AMICO
Però ci sono nuove condizioni che sentirai
a un momento più opportuno.
CARCERIERE
Spero siano buone.
SECONDO AMICO
Sono onorevoli;
ma quanto a dimostrarsi buone, non saprei.
PRIMO AMICO
Si vedrà.
Entra il Corteggiatore.
CORTEGGIATORE
Ahimè, signore, dov’è vostra figlia?
CARCERIERE
Perché lo chiedete?
CORTEGGIATORE
Oh, signore, quando la vedeste?
SECONDO AMICO
Che brutto aspetto!
CARCERIERE
Questa mattina.
CORTEGGIATORE
Stava bene? Era in salute, signore?
Aveva dormito?
PRIMO AMICO
Queste sono strane domande.
CARCERIERE
No, non stava molto bene, adesso
che mi ci fate pensare, e proprio oggi
le feci alcune domande, e lei mi dette risposte
molto diverse dal solito, molto infantili,
sciocche, come se fosse matta,
una toccata, tanto che mi arrabbiai.
Ma che volete dire, signore?
CORTEGGIATORE
Nulla se non per pietà;
ma voi dovete sapere, e meglio da me
che da un altro che l’ami di meno…
CARCERIERE
Cosa, signore?
PRIMO AMICO
Non sta a posto?
SECONDO AMICO
Non sta bene?
CORTEGGIATORE
No, signore, non bene.
Purtroppo è vero, è matta.
PRIMO AMICO
Non può essere.
CORTEGGIATORE
Credetemi, è la verità.
CARCERIERE
Già sospettavo
quel che m’avete detto; gli dei l’aiutino!
Così divenne per amore di Palamone,
o nel timore per la mia sorte dopo la fuga di lui,
o tutti e due.
CORTEGGIATORE
È possibile.
CARCERIERE
Ma perché tanta precipitazione, signore?
CORTEGGIATORE
Vi dirò rapidamente. Mentre ero a pescare poco fa
nel grande lago che c’è dietro al palazzo,
dalla riva opposta, densa di canne e carici,
mentre pazientemente attendevo al mio passatempo,
udii una voce, acuta; e con attenzione
vi prestai orecchio, sicché ne potei dedurre
che era qualcuno che cantava, e dalla sua dolcezza,
un ragazzo o una donna. Lasciai allora la mia lenza
a governarsi da sola, mi avvicinai, ma non vedevo ancora
chi facesse quel suono, tanto i giunchi e le canne
l’avevano inviluppato. Mi misi giù
ad ascoltare le parole che cantava, e allora,
attraverso una piccola apertura fatta dai pescatori,
vidi che era vostra figlia.
CARCERIERE
Prego continuate, signore.
CORTEGGIATORE
Cantava molto, ma tutto senza senso; solo la sentii
ripetere questo spesso: “Palamone è andato,
è andato nel bosco a raccoglier le more;
lo troverò domani.”
PRIMO AMICO
Anima gentile!
CORTEGGIATORE
“Le sue catene lo tradiranno; sarà preso,
e che farò io allora? Metterò insieme una bell’adunata,
cento fanciulle dagli occhi neri, innamorate come sono io,
col capo incoronato d’asfodeli,
labbra di ciliegie e guance di rose damascene,
e danzeremo tutte un saltarello davanti al Duca,
e chiederemo il perdono per lui.” Poi parlò di voi, signore;
che dovete perder la testa domani mattina,
e che lei deve raccoglier fiori per seppellirvi,
e far bella la casa. Poi non cantò
altro che “Salice, Salice, salice”, e in mezzo
c’era sempre “Palamone, bel Palamone”,
e “Palamone era un baldo giovanotto.” Dove
sedeva l’erba era alta; le trecce scompigliate
una ghirlanda di giunchi incoronava; su lei s’appuntava
un migliaio di fiori d’acqua di diverso colore,
sì che mi sembrò come l’apparizione della bella ninfa
che nutre d’acque il lago, o come Iride
appena caduta dal cielo. Faceva anelli
coi giunchi che crescevano vicino, e ad essi dava
i motti più graziosi, “Così s’unisce il nostro vero amore”,
“Questo puoi perdere, non me”, e altri simili.
E poi piangeva, e cantava di nuovo, e sospirava,
e con lo stesso fiato sorrideva e si baciava la mano.
SECONDO AMICO
Ahimè, che pena!
CORTEGGIATORE
Mi mossi verso lei;
mi vide, e si buttò dritto nell’acqua. La ripescai,
e la rimisi salva a terra; ma subito
mi sfuggì via, e corse in città
con tali grida e rapidità che, credetemi,
mi lasciò molto indietro. Tre o quattro
vidi da lontano andarle incontro – uno di loro
riconobbi essere vostro fratello – là si fermò,
e cadde, non potendo sfuggirgli. Li lasciai là con lei,
e qui venni ad informarvi.
Entrano il Fratello del Carceriere, la Figlia del Carceriere, e altri.
Eccoli.
FIGLIA [canta]
Che non possiate più goder la luce, ecc.
Vero che è una bella canzone?
FRATELLO
Oh è bellissima.
FIGLIA
Così ne so altre venti.
FRATELLO
Non ne dubito.
FIGLIA
No, veramente; io so cantare “La scopa”,
e “Bel Robin”. Voi non siete un sarto?
FRATELLO
Sì.
FIGLIA
Dov’è il mio abito da sposa?
FRATELLO
Ve lo porto domani.
FIGLIA
Fatelo, molto presto; perché io debbo uscire
a chiamare le damigelle, e pagare i suonatori.
Perché debbo perdere la verginità al cantar del gallo;
o porterà sfortuna.
[Canta]
O bello, o dolce, ecc.
FRATELLO
Dovete avere molta pazienza.
CARCERIERE
È giusto.
FIGLIA
Buona sera, buoni signori. Prego sentiste mai
di un certo giovane Palamone?
CARCERIERE
Sì, ragazza, lo conosciamo.
FIGLIA
Vero che è un bel giovane signore?
CARCERIERE
Così è, amore.
FRATELLO
Non contradditela in niente; sennò potrebbe delirare
molto peggio di come mostra adesso.
PRIMO AMICO
Sì, è un bell’uomo.
FIGLIA
Oh, è così? Voi avete una sorella.
PRIMO AMICO
Sì.
FIGLIA
Ma lei non lo avrà mai, ditele così,
per un trucco che so io. Farete bene a tenerla d’occhio;
perché basta che lo veda una volta, ed è partita, fatta,
e disfatta in un’ora sola. Tutte le ragazze
della nostra città son cotte di lui, ma io ci rido su,
e le lascio fare; piano prudente, no?
PRIMO AMICO
Sì.
FIGLIA
Ce ne saranno almeno duecento adesso incinte di lui…
no, quattrocento forse; ma io resto tappata a questo riguardo,
tappata come una conchiglietta; e saranno tutti maschi…
lui sa come si fa… e a dieci anni
saranno tutti castrati per la musica,
e canteranno le guerre di Teseo.
SECONDO AMICO
Questo è strano.
FIGLIA
Più di così non sentiste mai; ma non dite nulla.
PRIMO AMICO
No.
FIGLIA
Vengono da ogni parte del ducato da lui.
Vi assicuro che ieri notte ne aveva non meno di
venti da servire; ma lui le diverte tutte
in un paio d’ore, se ci si mette.
CARCERIERE
È perduta
incurabilmente.
FRATELLO
Il cielo non voglia, fratello!
FIGLIA [al Carceriere]
Venite qui; voi siete un uomo saggio.
PRIMO AMICO
Lo sa chi è?
SECONDO AMICO
No; magari lo sapesse.
FIGLIA
Voi siete il capitano di una nave?
CARCERIERE
Sì.
FIGLIA
Dove avete la bussola?
CARCERIERE
Qui.
FIGLIA
Mettetela giusta al nord;
ed ora fate rotta verso il bosco, dove Palamone
giace spasimando per me. Quanto al paranco
lasciatelo a me. Su l’ancora, belli miei, da bravi!
TUTTI GLI ALTRI
Oh issa! Oh, issa!
FIGLIA
È su. Il vento è buono; tesate la bolina;
fuori la vela maestra! Dove hai il fischietto, capitano?
FRATELLO
Portiamola dentro.
CARCERIERE
Su in coffa, mozzo.
FRATELLO
Dov’è
il pilota?
PRIMO AMICO
Son qua.
FIGLIA
Cosa avvisti?
SECONDO AMICO
Un bel bosco.
FIGLIA
Dirigi là, capitano; bordeggia!
[Canta]
Quando Cinzia dalla luce riflessa, ecc.
Escono.
ATTO QUARTO – SCENA SECONDA
Entra Emilia sola, con due ritratti.
EMILIA
Sono in tempo a tamponare quelle ferite che si dovranno aprire
altrimenti e sanguinare a morte per causa mia; farò la mia scelta
e porrò termine alla loro contesa. Due così baldi giovani
non periranno mai per colpa mia; mai madri piangenti
seguendo le morte, fredde ceneri dei loro figli,
malediranno la mia crudeltà. Buon cielo,
che dolce viso ha Arcite! Se la saggia Natura
con tutti i suoi migliori attributi, tutte quelle bellezze
che elargisce alla nascita di nobili corpi,
fosse una donna mortale, e in sé avesse
la ritrosia delle giovani vergini, anch’essa senza dubbio
impazzirebbe per quest’uomo. Che occhi,
di quale fiero splendore e viva dolcezza,
ha questo giovane principe! Qui amore stesso siede sorridendo.
Proprio con tali occhi il vezzoso Ganimede
infiammò Giove, e costrinse il dio
a rapire il. divino ragazzo e porselo accanto,
quale luminosa costellazione. Che fronte,
di maestosa ampiezza, porta, arcuata
come quella di Giunone grandi-occhi, ma assai più dolce,
più liscia della spalla di Pelope! Gloria ed onore,
paionmi, da essa, come da un promontorio
proiettato nel cielo, spandere le ali, e cantare
a tutto il. mondo sottostante gli amori e le tenzoni
degli dei e degli eroi accanto ad essi. Palamone
non è che il suo contrasto; semplice ombra a lui, senza colore.
È grigio e secco, con l’occhio mesto
come se avesse perso la madre; mite temperamento,
non ha spirito in sé, non ha prontezza,
neppure un’oncia dell’arditezza gaia di quell’altro.
Eppure questi che consideriamo difetti a lui stan bene;
Narciso era un ragazzo cupo, ma bellissimo.
Oh, chi può trovare il bandolo nel cuore d’una donna?
Sono una sciocca; ho perso la ragione,
non posso scegliere, e ho mentito così stupidamente
che le donne dovrebbero picchiarmi. In ginocchio
ti chiedo perdono; Palamone, tu solo sei,
e tu soltanto, bello, e questi gli occhi,
queste le lampade luminose di bellezza, che comandano
e minacciano amore; e quale fanciulla oserebbe contrastarli?
Che chiara pacatezza, eppure invitante,
è nel suo bruno volto virile! O amore, questo soltanto
sarà d’ora in poi il colore giusto. Resta lì, Arcite;
tu sei rispetto a lui solo uno scambio, uno zingaro,
il vero nobile è questo. Sono confusa,
completamente persa; la mia serenità di vergine è sparita.
Perché se mio fratello un minuto fa m’avesse chiesto
quale dei due amavo, “Arcite”, avrei detto, “pazzamente”;
se ora mia sorella, “Palamone di più”.
State qua insieme. Vieni a chiedermi adesso, fratello…
Ahimè, non so! Chiedi tu ora, dolce sorella;
che ti rispondo? La fantasia è soltanto un bambinello
che avendo due gingilli d’uguale delizia
non sa scegliere e strilla per entrambi!
Entra un Gentiluomo.
Che c’è, signore?
GENTILUOMO
Dal nobile Duca vostro cognato,
madama, vi porto avviso; i cavalieri sono arrivati.
EMILIA
Per porre fine alla contesa?
GENTILUOMO
Sì.
EMILIA
Vorrei finire io prima!
Quali colpe ho commesso, casta Diana,
perché la mia pura gioventù si macchi ora
del sangue di principi, e la mia castità
sia fatta altare su cui la vita di amanti –
due più nobili e belli mai finora
rallegrarono madri – sia sacrificata
alla mia sfortunata bellezza?
Entrano Teseo, Ippolita, Piritoo, e seguito.
TESEO
Fateli venire
subito, senza indugio; sono impaziente di vederli. –
I tuoi innamorati rivali sono tornati,
e con i loro bravi campioni; ora, mia bella sorella,
dovrai sceglierne uno.
EMILIA
Preferirei tutti e due,
sì che nessuno muoia per causa mia prima del tempo.
TESEO
Chi li ha visti?
PIRITOO
Io, poco fa.
GENTILUOMO
Io pure.
Entra un Messaggero.
TESEO
Da parte di chi venite, signore?
MESSAGGERO
Dei cavalieri.
TESEO
Prego, riferite,
voi che li avete visti, come sono.
MESSAGGERO
Lo farò, Sire,
e sarò schietto su ciò che penso. Sei più valenti spiriti
di questi che han portato – a giudicare dall’aspetto –
non vidi mai, né lessi in alcun libro. Quello che sta
al primo posto con Arcite, a vederlo
si direbbe un coraggioso; dal viso, un principe.
Le sue fattezze così dicono di lui; il colorito
più scuro che nero, severo eppure nobile,
lo dichiara un veterano, impavido, amante dei pericoli;
le ruote degli occhi mostrano fuoco in lui,
e come un leone infuriato, così appare;
i capelli gli cadono lunghi dietro, neri e lucenti
come ali di corvo; le spalle larghe e forti,
braccia lunghe e tornite; e sulla coscia una spada,
sospesa a una tracolla lavorata, con cui suggella
quello che vuole, quando s’aggrotta – migliore amico,
in coscienza, non ebbe mai soldato.
TESEO
L’hai descritto bene.
PIRITOO
Eppure lo trovo
molto al di sotto del primo che sta con Palamone.
TESEO
Prego, descrivetelo, amico.
PIRITOO
Penso sia pure un principe,
e se possibile, di rango superiore; poiché il suo aspetto
ha tutto il corollario dell’onore in esso.
È un po’ più grande del campione descritto da lui,
ma d’espressione molto più dolce; di colorito
è, come l’uva matura, rossiccio; ed ha provato,
non c’è dubbio, quello per cui si batte, perciò più adatto
a sposare la causa come sua. Sul viso mostra
le migliori speranze per ciò che ha intrapreso,
e quando s’adira, allora un pacato vigore,
senza passioni estreme, gl’invade il corpo,
e guida il braccio verso audaci imprese; non sa paura,
tale debole umore non dimostra. In testa è giallo,
capelli crespi e ricci, folti e intrecciati come viluppi d’edera,
che il tuono non scompiglia, sul viso
porta i colori della vergine guerriera,
vermiglio e bianco, poiché barba non l’ha colorato ancora;
negli occhi roteanti risiede la vittoria
come se da sempre volesse premiarne il valore.
Ha il naso in su, distinzione d’onore;
le labbra rosse, dopo la lotta, son pronte per le dame.
EMILIA
Dovranno anche questi morire?
PIRITOO
Quando parla, la lingua
gli suona come una tromba; ogni sua parte
è come la vorrebbe un uomo, forte e ben fatta;
porta un’ascia ben temprata con impugnatura d’oro;
d’età sui venticinque.
MESSAGGERO
C’è un altro,
un uomo piccolo, ma d’animo forte, all’apparenza
nobile come ogni altro; maggior prestanza
in tale corpo non vidi mai finora.
PIRITOO
Oh, è quello con le lentiggini?
MESSAGGERO
Quello, milord.
Vero che son carucce?
PIRITOO
Sì, stanno bene.
MESSAGGERO
M sembra,
che essendo così poche e ben disposte, mostrino
la grande e bella arte della Natura. È biondo di pelo,
non biondo come una donna, ma di un colore virile
vicino al rame; robusto e agile di corpo,
che mostra uno spirito attivo; le braccia muscolose,
son foderate di tendini nodosi; verso la spalla
s’ingrossano un po’, come le donne incinte da poco,
indice che è portato al travaglio, non uno che sviene
sotto il peso delle armi; saldo di cuore, calmo,
ma quando si muove, un tigre; ha gli occhi grigi,
che concedono misericordia quando vince; acuti
nel trovare i vantaggi, e quando li trova,
rapido a farli suoi; non fa torti,
né li riceve; ha il viso tondo, e quando sorride
appare l’amante, quando s’acciglia, il guerriero;
in testa porta il serto di quercia,
e in esso è infilato il pegno della sua dama;
d’età sui trentasei; in mano
tiene la lancia d’assalto, laminata d’argento.
TESEO
Sono tutti così?
PIRITOO
Sono tutti figli dell’onore.
TESEO
Adesso, sull’anima mia, io bramo di vederli!
Milady, vedrete come si battono gli uomini ora.
IPPOLITA
Volentieri;
ma non la causa, milord. Li vedrei meglio
se fosse in palio il titolo di due reami;
è un peccato che l’amore sia così tiranno.
Che pensate voi sorellina cuor-tenero? Non piangete
finché non piangon sangue, fanciulletta; così dev’essere.
TESEO
Li avete temprati con la vostra bellezza. – Onorato amico,
affido a voi la lizza; vi prego, preparatela
degna delle persone che l’useranno.
PIRITOO
Sì, sire.
TESEO
Su, andrò io da loro; non posso trattenermi –
tanto la loro fama mi ha ispirato – finché compaiano.
Buon amico, siate regale.
PIRITOO
Per fasto non si sfigurerà.
EMILIA
Tu, povera fanciulla, va’ e piangi il tuo errore
ché un nobile cugino perderà il vincitore. Escono.
ATTO QUARTO – SCENA TERZA
Entrano il Carceriere, il Corteggiatore e il Dottore.
DOTTORE
La sua pazzia cresce in certe fasi della luna più che in altre, nevvero?
CARCERIERE
È sempre in uno stato di delirio non violento; dorme poco, completamente senza appetito, però beve spesso; sogna d’un altro mondo, uno migliore; e qualsiasi discorso strampalato faccia, il nome di Palamone spunta fuori, ne infarcisce ogni argomento, lo infila in ogni questione.
Entra la Figlia del Carceriere.
Eccola che arriva; ora vedrete come si comporta.
FIGLIA
L’ho dimenticata completamente; il ritornello faceva “giù là, giù là”, e l’ha composta nientemeno che Geraldo, maestro di Emilia. È un fantasioso quello là, che ci potrebbe pure marciare sulle gambe; perché nell’altro mondo, non farà in tempo Didone a vedere Palamone che subito non sarà più innamorata di Enea.
DOTTORE
Ma che dice! Pover’anima.
CARCERIERE
È così tutto il santo giorno.
FIGLIA
Allora per quell’incantesimo che vi dicevo, dovete mettervi un soldo d’argento sulla punta della lingua, sennò niente traghetto; poi, se vi capita d’arrivare dove stanno gli spiriti beati – che spettacolo allora! Noi vergini cui s’è inaridito il fegato, spaccato in pezzettini per amore, ci raduneremo là, e non faremo niente tutto il giorno se non raccoglier fiori con Proserpina. Allora io farò a Palamone un mazzolino; così lui s’accorgerà di me… poi…
DOTTORE
Com’è graziosa nella sua pazzia! Ascoltiamola ancora un po’.
FIGLIA
Invero, vi dirò, qualche volta andiamo a giocare a fendi-l’orzo, noi beati. Ma poveretti che brutta vita che fanno in quell’altro posto, un tal bruciare, friggere, bollire, fischiare, ululare, digrignare i denti, imprecare… Oh, gliela danno colma la misura; meglio stare attenti! Se uno esce di matto, o s’impicca o s’annega, è lì che si finisce – Giove ci scampi! – e lì ci mettono in un calderone di piombo fuso e grasso d’usuraio, in mezzo a un milione e passa di tagliaborse, e là si cucina come un prosciuttone che non è mai pronto.
DOTTORE
Ha il cervello pieno di stranezze!
FIGLIA
Signori e cortigiani che han messo incinte le ragazze, sono in quel posto; stanno dritti nel fuoco fino all’ombelico e nel ghiaccio fino al cuore, così la parte che ha fatto il guaio brucia e quella che ha ingannato si congela – davvero una punizione molto severa, direi, per una sciocchezza così. Credetemi, uno sposerebbe anche una strega lebbrosa per liberarsi, ve l’assicuro.
DOTTORE
Come persiste in queste fantasie! Non si tratta di un accesso di pazzia temporanea, ma di una malinconia profonda e radicata.
FIGLIA
Le sentite la gran dama e la ricca signora di città come strillano insieme? Sarei una bestia se dicessi che è divertente! Urla la prima ‘Oh, il fumo!’, e l’altra ‘Il fuoco!’; la prima piange ‘Perché mai lo feci dietro l’arazzo!’, e poi ulula; l’altra maledice il suo amante e il padiglione nel giardino.
[Canta]
Sarò fedele, mie stelle, mio destino, ecc. Esce.
CARCERIERE
Che pensate di lei, signore?
DOTTORE
Penso che ha la mente turbata, per cui io non ho rimedi.
CARCERIERE
Ahimè, che fare allora?
DOTTORE
Che sappiate, ha mai provato affetto per qualcuno prima di vedere Palamone?
CARCERIERE
Un tempo, signore, avevo grandi speranze che si fosse decisa per questo gentiluomo amico mio.
CORTEGGIATORE
Così pensavo anch’io ed ero convinto che ci avevo fatto un buon affare ad assegnarle metà del mio patrimonio così che entrambi lei ed io al momento eravamo senza finzioni in termini pari.
DOTTORE
L’incontinente soddisfazione della vista ha sfasato gli altri sensi; potranno tornare al loro posto e svolgere le loro preordinate funzioni, ma al momento si trovano in una dislocazione stravagantissima. Questo è quanto dovete fare: confinatela in un luogo dove la luce possa dirsi arrivare di soppiatto più che le sia permesso di entrare; voi giovane signore suo amico, assumete il nome di Palamone; ditele che venite a mangiare con lei e a discorrere d’amore. Questo coglierà la sua attenzione poiché è ciò che le ossessiona la mente; ogni altro oggetto inserito tra la mente e l’occhio suo diventa solo idiozia o giocattolo della sua compulsione. Cantate per lei quelle semplici canzoni d’amore che lei dice Palamone ha cantato in prigione; presentatevi a lei appuntato di tutti i fiori più soavi di cui disponga la stagione, e a questi aggiungete altri profumi mescolati che siano piacevoli all’olfatto. Tutto questo sarà appropriato a Palamone, perché Palamone canta, e Palamone è fragrante e tutte le altre cose buone. Chiedetele il privilegio di mangiare con lei, tagliate per lei gli arrosti, bevete alla sua salute, e metteteci sempre in mezzo la speranza delle sue grazie e d’essere ricevuto nei suoi favori. Informatevi quali fanciulle sono state sue amiche e compagne di giochi e fate che vadano a trovarla e le parlino di Palamone, e portino dei regalini, come se lui volesse esser ricordato. Ella si trova in uno stato d’illusione che va combattuto con le illusioni. Ciò potrebbe ricondurla a mangiare, a dormire e riportare ciò che è al momento fuori registro in lei alla sua precedente regola e governo. Ho visto questo metodo aver successo, quante volte non so, ma di aumentarne il numero, ho grandi speranze in questo caso. Tra i vari stadi di questo trattamento io interverrò con le mie cure. Cominciamo subito, perciò, e affrettiamone il risultato, che non dubito porterà sollievo.
Escono.
I due nobili cugini
(“The two noble kinsmen” – 1613)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V