(“The Merchant of Venice” 1594 – 1597)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
ATTO PRIMO – SCENA PRIMA
Entrano Solanio e Salerio.
SOLANIO
Allora, che notizie a Rialto?
SALERIO
Corre voce, non smentita, che una nave di Antonio sia naufragata col suo ricco carico nella Manica; Goodwins, credo, si chiama il punto, un bassofondo assai pericoloso, e fatale, dove sono sepolte le carcasse di molte navi, così si dice – se la comare Diceria è di parola onesta.
SOLANIO
In questo caso vorrei che fosse una comare così falsa quant’altra mai ha rosicchiato zenzero o dato a intendere ai suoi vicini di aver pianto per la morte del terzo marito. Ma senza tanti fronzoli prolissi o interruzioni nella strada maestra del discorso, è vero che il buon Antonio, l’onesto Antonio – oh se trovassi un epiteto degno di tener compagnia al suo nome…
SALERIO
Su, metti il punto.
SOLANIO
Eh, che dici? Beh, la conclusione è che ha perso una nave.
SALERIO
Speriamo che sia anche la conclusione di tutte le sue perdite.
SOLANIO
Lasciami dire “amen” in tempo, prima che il diavolo incroci la mia preghiera, perché eccolo che arriva nelle sembianze di un ebreo.
Entra Shylock.
Allora, Shylock, che notizie fra i mercanti?
SHYLOCK
Voi sapevate, e nessun altro, nessun altro meglio di voi, che mia figlia prendeva il volo.
SALERIO
Questo è sicuro. Io, per parte mia, conoscevo il sarto che le ha fatto le ali per volare via.
SOLANIO
E Shylock, per parte sua, sapeva che l’uccellino aveva messo le penne, e allora la natura vuole che lascino il nido.
SHYLOCK
Sia dannata per questo.
SALERIO
Questo è sicuro, se il diavolo sarà il suo giudice.
SHYLOCK
La mia stessa carne e il mio stesso sangue ribellarsi!
SOLANIO
Vergogna, vecchia carogna! Si ribella alla tua età?
SHYLOCK
Dico che mia figlia è mia carne e mio sangue.
SALERIO
C’è più differenza fra la tua carne e la sua che fra giaietto e avorio, e ce n’è più fra il tuo e il suo sangue che tra vino rosso e vino del Reno. Ma, dicci, hai sentito se Antonio ha avuto qualche perdita in mare?
SHYLOCK
Quello è un altro cattivo affare! Un bancarottiere, uno scialacquatore, che quasi non osa più mostrar la faccia a Rialto, un accattone che aveva l’abitudine di venire al mercato tutto azzimato! Pensi alla sua obbligazione! Aveva l’abitudine di prestar denaro per generosità cristiana: pensi alla sua obbligazione!
SALERIO
Ma son sicuro che, se manca all’impegno, non vorrai prenderti la sua carne. A che servirebbe?
SHYLOCK
A far da esca ai pesci. Non dovesse nutrire altro, nutrirà la mia vendetta. Mi ha sempre danneggiato, m’ha impedito di farmi un mezzo milione, ha riso delle mie perdite, deriso i miei guadagni, offeso la mia nazione, ostacolato i miei affari, raffreddato i miei amici, infiammato i miei nemici; e per quale ragione? Io sono un ebreo. Non ha occhi un ebreo? Non ha mani, un ebreo, organi, membra, sensi, affetti, passione? Non è nutrito dallo stesso cibo, ferito dalle stesse armi, assoggettato alle stesse malattie, curato dagli stessi rimedi, riscaldato e raffreddato dallo stesso inverno e dalla stessa estate, come lo è un cristiano? Se ci pungete, non sanguiniamo? Se ci fate il solletico, non ridiamo? Se ci avvelenate, non moriamo? E se ci fate torto, non dovremo vendicarci? Se siamo come voi per il resto, vogliamo assomigliarvi anche in questo. Se un ebreo fa torto a un cristiano, che benevolenza ne riceve? Vendetta. Se un cristiano fa un torto ad un ebreo, che sopportazione avrà questi, secondo l’esempio cristiano? Chiaro, vendetta! La malvagità che m’insegnate io la metterò in opera, e sarà difficile che non superi chi m’ha istruito.
Entra un servo da parte di Antonio.
SERVO
Signori, il mio padrone Antonio è a casa sua, e desidera parlare a entrambi.
SALERIO
Siamo andati su e giù a cercarlo.
Entra Tubal.
SOLANIO
Ecco che arriva un altro della tribù. Un terzo uguale non si trova, a meno che il diavolo non si faccia ebreo.
Escono Solanio e Salerio con il servo.
SHYLOCK
Allora, Tubal? Che notizie da Genova? Hai trovato mia figlia?
TUBAL
Sono stato in molti posti dove ho sentito di lei, ma non ho potuto trovarla.
SHYLOCK
Ah, ecco, ecco, ecco, ecco! Sparito un diamante costatomi duemila ducati a Francoforte! Tale maledizione non era mai caduta sul nostro popolo fino ad ora; io non l’avevo mai provata fino ad ora. Duemila ducati per quello, e altri preziosi, preziosi gioielli. Vorrei mia figlia morta ai miei piedi, con i gioielli negli orecchi. La vorrei ai miei piedi in una bara, con i ducati nella cassa. Nessuna notizia di loro, è così? E non so quanto ho speso nella ricerca. E tu… Perdita su perdita! La ladra sparita con tanto, e tanto per trovare la ladra, e nessuna soddisfazione, né vendetta, né malasorte all’orizzonte se non quella che cade sulle mie spalle, né sospiri se non quelli del mio fiato, né lacrime se non quelle che io verso.
TUBAL
Sì, ma anche altri hanno sfortuna. Antonio, come ho sentito a Genova…
SHYLOCK
Cosa, cosa, cosa? Sfortuna, sfortuna?
TUBAL
… ha perduto una ragusea proveniente da Tripoli.
SHYLOCK
Ringrazio Dio, ringrazio Dio! È vero, è vero?
TUBAL
Ho parlato con alcuni marinai scampati al naufragio.
SHYLOCK
Ti ringrazio, buon Tubal, buone notizie, buone notizie! Ah, ah! L’hai sentito a Genova?
TUBAL
Vostra figlia ha speso a Genova, a quanto ho sentito, ottanta ducati in una notte.
SHYLOCK
M’infili dentro un pugnale. Non rivedrò mai più il mio oro. Ottanta ducati in una volta sola, ottanta ducati!
TUBAL
Sono venuti in mia compagnia a Venezia parecchi creditori di Antonio, che giurano che non potrà fare che bancarotta.
SHYLOCK
Questo mi fa molto piacere. Lo tormenterò, lo torturerò. Questo mi fa piacere.
TUBAL
Uno di loro mi ha mostrato un anello che ha avuto da vostra figlia in cambio di una scimmia.
SHYLOCK
Maledetta lei! Tu mi torturi Tubal. Era la mia turchese, la ebbi da Lia, quando ero scapolo. Non l’avrei data via neanche per una foresta di scimmie.
TUBAL
Ma Antonio è rovinato di sicuro.
SHYLOCK
Questo è vero, è verissimo. Va’, Tubal, assoldami un gendarme, prenotalo con due settimane di anticipo. Voglio avere il suo cuore se manca all’impegno, perché se non ci fosse lui a Venezia potrei fare il commercio che voglio. Va’, Tubal, ci vediamo alla sinagoga; va’, buon Tubal; alla nostra sinagoga, Tubal.
Escono.
ATTO PRIMO – SCENA SECONDA
Entrano Bassanio, Porzia, Graziano, Nerissa, e i loro seguiti.
PORZIA
Vi prego, indugiate, aspettate un giorno o due
prima di cimentarvi, ché se scegliete male
perdo la vostra compagnia. Perciò pazientate un poco.
C’è qualcosa che mi dice, ma non è amore,
che non vorrei perdervi; e sapete da voi stesso
che l’odio non dà consigli di tal sorta.
Ma perché non abbiate a fraintendermi
– anche se una fanciulla non deve dire ciò che pensa –
io vorrei trattenervi qui un mese o due prima
che per me tentiate la fortuna. Io potrei insegnarvi
come scegliere giusto, ma allora sarei spergiura;
così non sarò mai; così voi potreste perdermi.
Ma se mi perdete, mi farete rimpiangere un peccato:
se avessi spergiurato! Che dannati occhi!
Essi mi hanno ammaliata e spaccata:
una metà di me è vostra, l’altra metà vostra,
mia, volevo dire; ma se mia, allora vostra,
e così son tutta vostra. Oh, questi tempi malvagi
che metton barriere fra chi possiede e i suoi diritti!
E così, benché vostra, non vostra. Se andrà così,
che all’inferno ci vada la fortuna, non io.
Parlo troppo, ma è per metter pesi al tempo,
aumentarlo, tirarlo in lungo,
e trattenervi dalla scelta.
BASSANIO
Lasciatemi scegliere,
perché, così, son torturato sulla ruota.
PORZIA
Sulla ruota, Bassanio? Allora confessate
quale tradimento si mischia al vostro amore.
BASSANIO
Nessuno, tranne il vile tradimento della sfiducia
che mi fa temere di non poter godere del mio amore.
È più probabile che vi sia amicizia tra il fuoco e la neve
che tra il mio amore e il tradimento.
PORZIA
Sì, ma temo che sian parole dette sulla ruota,
quando, costretti, gli uomini dicono qualsiasi cosa.
BASSANIO
Promettetemi la vita, e vi confesserò la verità.
PORZIA
Bene, confessate e vivete.
BASSANIO
“Confessate e amate”
sarebbe stata l’essenza della mia confessione.
Oh felice tormento, se la mia torturatrice
m’insegna le risposte per la mia liberazione.
Ma lasciatemi agli scrigni e alla mia fortuna.
PORZIA
Avanti, allora! Io sono rinchiusa in uno di essi;
se mi amate davvero, voi mi troverete.
Nerissa e gli altri, state tutti lontano.
Che la musica suoni, mentre egli fa la sua scelta;
così, se fallisce, farà la fine del cigno,
che si spegne nella musica. Perché il paragone
sia più appropriato, il mio occhio sarà per lui
il fiume e l’acquoreo letto di morte. Egli può vincere,
e che sarà la musica allora? La musica sarà
come la fanfara, quando s’inchinano i sudditi fedeli
al monarca appena incoronato. Allora sarà
come quei melodiosi suoni allo spuntar del giorno
che s’insinuano nell’orecchio del sognante sposo
e lo chiamano alle nozze. Eccolo che va,
con non meno nobiltà, ma con molto più amore,
del giovane Alcide, quando liberò la vergine
offerta dalla gemente Troia come tributo al mostro
marino: io rappresento la vittima,
gli altri, in disparte, sono le mogli troiane,
accorse con volti lacrimosi per assistere
all’esito dell’impresa. Va’, Ercole!
Vivi, e io vivo. Con molto, molto più sgomento
assisto io allo scontro di te che ti cimenti.
Una canzone mentre Bassanio fa commenti tra sé e sé sugli scrigni.
Dimmi dove nasce amore,
nella testa oppur nel cuore?
Come esso vien creato,
come è poi alimentato?
Rispondi, rispondi.
Dentro gli occhi è generato,
e di sguardi vien nutrito;
e così l’amore muore
nella culla dove è nato.
Per l’amor si suoni a morto.
Din don dan, qui suonate la campana.
TUTTI
Din, don, dan.
BASSANIO
Così possono le apparenze rivelarsi false.
Il mondo si fa sempre ingannare dagli ornamenti.
Nella legge, quale arringa per quanto corrotta e guasta,
insaporita da una voce aggraziata,
non nasconde la sua apparenza di male? Nella religione,
quale dannato errore non può una fronte austera
benedire e comprovare con una citazione,
celando la grossolanità con un bell’ornamento?
Non esiste vizio così manifesto che non assuma
un segno di virtù nel suo aspetto esteriore.
Quanti codardi, i cui cuori sono falsi
come scale di sabbia, portano al mento
la barba di Ercole o dell’accigliato Marte;
ma se li guardi dentro, hanno il fegato bianco
come il latte. Costoro non assumono che le escrescenze
del valore per rendersi temibili. Considerate
la bellezza e vedrete che la si acquista a peso,
e in ciò si compie un miracolo di natura,
perché quelle che più se ne coprono più si fan leggere:
così quei serpenteschi riccioli dorati,
che fanno al vento tali capricciose capriole
in una bellezza finta, sono spesso riconosciuti
come il lascito di un’altra testa,
essendo nel sepolcro il cranio che li nutrì.
Così l’ornamento non è che l’insidiosa riva
di un mare pericoloso, la bella sciarpa
che vela una bellezza indiana; in una parola,
l’apparente verità di cui si vestono le epoche astute
per intrappolare anche i più saggi. Perciò, tu,
oro sfarzoso, duro cibo per Mida, non fai per me;
e neanche tu, pallido e volgare mezzano
tra uomo e uomo. Ma tu, misero piombo,
che non prometti nulla e, piuttosto, minacci,
il tuo pallore mi muove più dell’eloquenza,
e qui io scelgo – la mia gioia ne sia la conseguenza!
PORZIA (a parte)
Come svanisce nell’aria ogni altra passione:
dubbiosi pensieri, e precipitosa disperazione,
e tremante timore, e gelosia dagli occhi verdi.
Oh amore, sii moderato, calma la tua estasi,
misura e frena la tua gioia, trattieni questo eccesso,
troppo io sento la tua felicità, diminuiscila,
che non mi venga a sazietà.
BASSANIO (aprendo lo scrigno di piombo)
Che trovo qui?
Il ritratto della bella Porzia! Quale semidio
s’è tanto avvicinato alla creazione?
Si muovono questi occhi? O, girando sulle mie pupille,
paiono aver moto? Ecco le labbra dischiuse
che divide un fiato soave: solo così dolce barriera
può separare così dolci amiche. E qui, nei suoi capelli,
il pittore ha fatto come il ragno e tessuto
una rete dorata che i cuori degli uomini rinserra
più forte che la ragnatela i moscerini. Ma i suoi occhi,
come poté guardarli per ritrarli? Fattone uno,
non ebbe quello il potere di rubargli entrambi i suoi,
rimanendo scompagnato? Ma guardate, quanto più
la sostanza del mio elogio fa torto a quest’ombra
sottovalutandola, tanto più quest’ombra
va zoppa dietro alla sua sostanza. Ecco il rotolo
che contiene e riassume la mia fortuna.
Tu che non scegli da ciò che appare
arrischi giusto e scegli esatto.
Or che questa fortuna hai estratto,
sta’ contento, e altro non cercare.
Se di questo sei del tutto appagato –
e tal fortuna è la tua felicità –
volgiti dove la tua signora sta
e prendila con un bacio appassionato.
Un rotolo gentile. Bella signora, con vostra licenza,
vengo con una cambiale, a dare e anche a ricevere,
Come uno di due contendenti in una gara,
che crede di aver meritato agli occhi della gente
udendo applausi e acclamazioni generali,
lo spirito stordito, lo sguardo fisso nel dubbio
che siano per lui quegli scrosci di approvazione;
così, tre volte bella signora, io qui me ne sto
altrettanto dubbioso se ciò che vedo è vero
finché non sia da voi confermato, firmato, ratificato.
PORZIA
Voi mi vedete, signor Bassanio, dove io sto,
tale e quale sono. Quantunque per mio conto
non avrei alcuna ambizione di desiderare
me stessa molto migliore, tuttavia per voi,
vorrei triplicare venti volte me stessa,
essere mille volte più bella, diecimila volte più ricca;
e solo per potermi elevare ai vostri occhi
vorrei, in virtù, bellezza, beni, amici,
superare ogni stima; ma la somma totale di me
è una somma da poco; diciamo, all’ingrosso,
è una ragazza senza istruzione, senza cultura, né esperienza,
fortunata in questo, di non essere ancora così vecchia
da non poter imparare; e più fortunata ancora
di non essere così sciocca da non saper imparare;
e fortunatissima, perché il suo docile spirito
si affida al vostro per esserne diretto,
come dal suo signore, governatore e re.
Ora io stessa, e ciò che è mio, a voi e a ciò che è vostro
ci consegnamo. Finora ero io il signore
di questa bella dimora, il padrone dei miei servi,
la regina di me stessa; e ora, proprio ora,
questa casa, questi servi, e questa mia stessa persona
sono vostri: del mio signore. Ve li do con quest’anello;
se mai ve ne separate, o lo perdete, o regalate,
ciò sia presagio della rovina del vostro amore
e dia a me il diritto di vituperarvi.
BASSANIO
Signora, mi avete tolto ogni parola,
solo il mio sangue vi parla dentro le mie vene,
e nelle mie facoltà c’è tale confusione,
quale si manifesta dopo un discorso
ben proferito da un amato sovrano
tra la folla compiaciuta e bisbigliante,
quando ogni qualcosa, mescolato al resto,
diventa un deserto di nulla, che non è altro che gioia
espressa, e non espressa. Ma se quest’anello
si separa da questo dito, si separa da qui anche la vita,
e allora dite forte che Bassanio è morto.
NERISSA
Mio signore e signora, ora tocca a noi,
che in disparte abbiamo visto compiersi i nostri desideri,
di augurarvi tanta gioia. Tanta gioia, mio signore e mia signora!
GRAZIANO
Bassanio, signor mio, e mia gentile signora,
vi auguro ogni gioia che desiderate
perché son certo che a me non ne levate;
e quando le vostre signorie vorranno celebrare
il contratto della loro fede, io vi prego
che in quella stessa occasione anch’io possa sposare.
BASSANIO
Con tutto il mio cuore, se riesci a trovar moglie.
GRAZIANO
Ringrazio Vossignoria, voi me l’avete trovata.
I miei occhi, mio signore, sanno
guardare svelti come i tuoi;
tu vedesti la padrona, io guardai l’ancella;
tu amasti, io amai, perché l’indugiare
non s’addice a me, signore, più che a te.
La tua fortuna dipendeva da quegli scrigni,
e così la mia, come attestano i fatti:
corteggiando fino a coprirmi di sudore,
e giurando, fino a seccarmi il palato,
voti d’amore, alla fine, se non ha già avuto fine,
ottenni la promessa da questa bella fanciulla
d’avere il suo amore, a condizione che la tua fortuna
conquistasse la padrona.
PORZIA
È vero questo, Nerissa?
NERISSA
Sì, è vero, signora, se a voi non dispiace.
BASSANIO
E tu, Graziano, sei in buona fede?
GRAZIANO
Sì, in buona fede, mio signore.
BASSANIO
La nostra festa sarà molto onorata dalle vostre nozze.
GRAZIANO
Scommettiamo con loro su chi ha il primo maschio mille ducati.
NERISSA
Cosa? E metter giù la puntata?
GRAZIANO
No, non vinceremo mai a questo gioco con la punta in giù!
Ma chi arriva? Lorenzo e la sua infedele!
E anche il mio vecchio amico veneziano, Salerio!
Entrano Lorenzo, Gessica e Salerio, un messaggero da Venezia.
BASSANIO
Lorenzo e Salerio, siate benvenuti,
se la mia nuova posizione qui
mi consente di darvi il benvenuto. Con vostra licenza,
dolce Porzia, do il benvenuto ai miei cari amici
e concittadini.
PORZIA
E lo do anch’io, mio signore.
Sono davvero benvenuti.
LORENZO
Ringrazio Vostra Signoria. Per parte mia, signore,
non era mio scopo venir qui a trovarti,
ma ho incontrato Salerio per strada
e mi ha tanto pregato di accompagnarlo
che non ho potuto dir di no.
SALERIO
È vero, mio signore.
e ne avevo motivo. Il signor Antonio
s’affida al tuo ricordo.
Dà una lettera a Bassanio.
BASSANIO
Prima ch’io apra la sua lettera,
dimmi, ti prego, come sta il mio buon amico?
SALERIO
Non male, mio signore, se non di spirito,
non bene, se non per il suo spirito. La sua lettera
ti dirà il suo stato.
Bassanio apre la lettera.
GRAZIANO
Nerissa, saluta quella straniera, dalle il benvenuto.
Qua la mano, Salerio. Che notizie da Venezia?
Come sta il principe dei mercanti, il buon Antonio?
Io so che sarà lieto del nostro successo;
noi siamo i Giasoni, abbiamo conquistato il vello.
SALERIO
Vorrei che aveste conquistato il vascello che egli ha perso.
PORZIA
C’è qualche notizia di sventura in quel foglio,
che ruba colore al volto di Bassanio:
la morte di un caro amico, ché nient’altro
al mondo potrebbe così alterare l’umore
di un uomo equilibrato. Oh, di male in peggio!
Permettete, Bassanio, io sono per metà voi stesso,
e debbo avere liberamente la metà di ciò
che quella lettera vi reca.
BASSANIO
O dolce Porzia,
qui ci sono alcune delle parole più sgradite
che mai abbiano macchiato carta! Mia gentile signora,
quando la prima volta vi rivelai il mio amore,
vi dissi sinceramente che la mia sola ricchezza
mi scorreva nelle vene: ero un gentiluomo,
e vi dissi la verità; tuttavia, dolce signora,
anche nel valutarmi nulla, ora vedrete
quanto io mi vantassi. Quando vi dissi
che i miei beni erano nulla, avrei dovuto dirvi
che eran meno che nulla; perché in verità
io mi sono indebitato con un caro amico
e ho indebitato il mio amico con il suo peggior nemico,
per provvedere ai miei mezzi. Ecco una lettera, signora,
la carta è come il corpo del mio amico,
e ogni sua parola una ferita aperta
che getta sangue vitale. Ma è vero, Salerio?
Son tutte fallite le sue imprese? Neanche una a segno?
Da Tripoli, dal Messico e dall’Inghilterra,
da Lisbona, la Barberia e l’India,
neanche un vascello è sfuggito al terribile urto
degli scogli che rovinano i mercanti?
SALERIO
Non uno, mio signore.
Del resto, sembra che anche se avesse
pronto il denaro per pagare l’ebreo,
quello non lo prenderebbe. Mai ho conosciuto
creatura, che avesse forma d’uomo,
così avida e smaniosa di rovinare un uomo.
Importuna il doge giorno e notte
e mette in questione la libertà dello stato,
se gli negano giustizia. Venti mercanti,
il doge stesso, e i magnifici del più alto rango
hanno cercato di persuaderlo, ma nessuno
può smuoverlo dalla malevola pretesa della penale,
della giustizia, della sua obbligazione.
GESSICA
Quando stavo con lui, io l’ho sentito giurare
a Tubal e a Chus, i suoi connazionali,
che avrebbe preferito avere la carne d’Antonio
che venti volte il valore della somma
che lui gli doveva; e io so, mio signore,
che, se la legge, l’autorità e il potere non lo fermano,
sarà dura per il povero Antonio.
PORZIA
È il vostro caro amico che si trova in questi guai?
BASSANIO
L’amico a me più caro, l’uomo più gentile,
lo spirito più buono e instancabile,
nei suoi atti generosi, uno in cui
l’antico onore romano più si mostra
che in chiunque altro respiri in Italia.
PORZIA
Quale somma deve all’ebreo.
BASSANIO
Per me, tremila ducati.
PORZIA
Soltanto?
Pagategliene seimila e cancellate l’obbligazione;
raddoppiate i seimila e triplicate il risultato,
prima che un amico quale avete descritto
perda un capello per colpa di Bassanio.
Prima venite con me in chiesa e chiamatemi moglie,
e poi via a Venezia dal vostro amico!
Perché mai al fianco di Porzia giacerete
con l’animo turbato. Avrete oro
da pagare quel piccolo debito venti volte.
Quando sarà pagato, portate con voi il fedele amico.
La mia ancella Nerissa ed io, nel frattempo,
vivremo come vedove o fanciulle. Andiamo ora,
ché dovete lasciarmi nel giorno delle nozze.
Fate festa ai vostri amici, abbiate un’aria ridente;
poiché vi ho comprato a caro prezzo, vi amerò caramente.
Ma leggetemi la lettera del vostro amico.
BASSANIO
Caro Bassanio, le mie navi sono tutte perdute, i miei creditori si fanno crudeli, le mie fortune sono quasi finite, la mia obbligazione con l’ebreo è inadempiuta, e poiché pagandola è impossibile che io viva, i debiti che hai con me sono cancellati, solo che io possa vederti alla mia morte: ciononostante, fa come ti piace; se il tuo amore non ti persuade a venire, non lo faccia questa lettera.
PORZIA
O amore, sbrigate ogni cosa e partite!
BASSANIO
Poiché ho il vostro permesso di andare,
lo farò in fretta, ma, finché non ritorno,
nessun letto mi farà ritardare,
né riposo mi farà perdere un giorno. Escono.
ATTO PRIMO – SCENA TERZA
Entrano Shylock l’ebreo, e Solanio, Antonio e il carceriere.
SHYLOCK
Carceriere, tienilo d’occhio, non parlarmi di pietà,
questo è l’idiota che prestava denaro gratis.
Carceriere, tienilo d’occhio.
ANTONIO
Ascoltami, buon Shylock.
SHYLOCK
La mia obbligazione! Non dir nulla contro la mia obbligazione!
Ho fatto giuramento d’esigere la mia obbligazione.
Tu m’hai chiamato cane senza ragione,
ma, poiché io sono un cane, attento alle mie zanne.
Il doge dovrà rendermi giustizia. Mi stupisco,
tu maligno carceriere, che tu sia così stupido
da portartelo in giro a sua richiesta.
ANTONIO
Ti prego, lasciami parlare.
SHYLOCK
Esigo la mia obbligazione. Non voglio sentir parole,
esigo la mia obbligazione, e perciò non parlare più.
Non si farà di me un tenero idiota dall’occhio spento,
che scuota la testa, s’addolcisca, sospiri e ceda
all’intercessione dei cristiani. Non mi seguire,
non voglio parole, esigo la mia obbligazione. Esce.
SOLANIO
È il cane più spietato
che mai abbia vissuto tra gli uomini.
ANTONIO
Lascialo andare,
non l’inseguirò più con inutili preghiere.
Vuole la mia vita; ne conosco bene il motivo:
ho spesso sottratto ai suoi processi
molti debitori che si appellavano a me;
perciò mi odia.
SOLANIO
Sono sicuro che il doge
non permetterà mai che vada in forza questa penale.
ANTONIO
Il doge non può impedire il corso della legge,
perché, se fossero negati i privilegi
che gli stranieri hanno da noi a Venezia,
ciò screditerebbe la giustizia dello stato,
dato che il commercio e il profitto della città
dipendono da tutte le nazioni. Perciò va’.
Queste pene e queste perdite mi hanno così prostrato
che non mi resterà una libbra di carne,
domani, per il mio sanguinario creditore.
Su, carceriere, andiamo. Prego Iddio che venga Bassanio
a vedermi pagare il suo debito, e allora non m’importa.
Escono.
ATTO PRIMO – SCENA QUARTA
Entrano Porzia, Nerissa, Lorenzo, Gessica e Baldassarre, un servo di Porzia.
LORENZO
Signora, non dovrei dirlo in vostra presenza,
ma voi avete un nobile e giusto concetto
della divina amicizia, e lo mostrate chiaramente
sopportando così l’assenza del vostro signore.
Se però sapeste a chi riservate tale onore,
a quale vero gentiluomo mandate soccorso,
a quale appassionato amico del mio signore, vostro marito,
son sicuro che sareste più fiera di quest’azione
di quanto non vi ispiri l’abituale generosità.
PORZIA
Non mi sono mai pentita delle buone azioni,
né lo farò ora; perché tra compagni
che in comunione tra loro consumano il tempo,
e le cui anime portano un eguale giogo d’amore,
dev’esserci per forza un’eguale proporzione
di tratti, di maniere e di spirito;
e ciò mi fa pensare che questo Antonio,
l’amico del cuore del mio signore,
debba per forza assomigliare al mio signore. Se è così,
com’è piccolo il prezzo che ho pagato
per riscattare Antonio, la sembianza dell’anima mia,
da uno stato di crudeltà infernale!
Ma con ciò rischio di lodare me stessa,
e quindi basta. Ho altro da dirvi:
Lorenzo, affido nelle vostre mani
la conduzione e il governo della mia casa,
fino al ritorno del mio signore. Per parte mia,
ho fatto al cielo un voto segreto
di vivere in preghiera e contemplazione,
assistita soltanto dalla mia Nerissa,
fino al ritorno di suo marito e del mio signore.
A due miglia da qui c’è un monastero
e lì ci ritireremo. Desidero che voi
non rifiutiate questa incombenza,
che il mio affetto e la necessità
ora vi assegnano.
LORENZO
Signora, con tutto il mio cuore.
vi obbedirò in ogni gradito comando.
PORZIA
La mia gente conosce la mia decisione,
e accetteranno voi e Gessica
come se foste Bassanio e me stessa.
Così, statemi bene finché non ci rivedremo.
LORENZO
V’accompagnino buoni pensieri e ore felici!
GESSICA
Auguro a vostra signoria ogni gioia del cuore.
PORZIA
Grazie del vostro augurio che mi è molto gradito
ricambiare. Arrivederci, Gessica.
Escono Gessica e Lorenzo.
Ora, Baldassarre,
ti ho sempre trovato onesto e fedele,
e tale dimostrati ancora. Prendi questa lettera
e recati a Padova quanto più in fretta
ti sarà possibile; devi consegnarla
nelle mani del dottor Bellario, mio parente,
e le carte e gli abiti, che ti darà, guarda
di portarli, ti prego, con la massima velocità
al traghetto, al battello che fa servizio
per Venezia. Non sprecar tempo in parole,
ma parti. Io sarò lì prima di te.
BALDASSARRE
Vado, signora, con tutta la fretta necessaria.
Esce.
PORZIA
Andiamo, Nerissa, ho per mano qualcosa
che tu non conosci ancora; vedremo i nostri mariti
prima che essi pensino a noi.
NERISSA
E loro ci vedranno?
PORZIA
Ci vedranno, Nerissa, ma in tale abbigliamento
che ci crederanno dotate di ciò che a noi
manca. Scommetto con te qualsiasi cosa
che, quando saremo vestite da giovanotti,
risulterò io il più bello dei due,
e porterò il pugnale con più vistosa grazia,
e parlerò con la voce zufolante del ragazzo
che si cambia in uomo, e di due passettini
farò una maschia falcata; e parlerò di risse
come un bel giovane spaccone; e racconterò fandonie,
su come onorate signore cercarono il mio amore,
e, al mio rifiuto, ammalarono e spirarono;
ma che potevo farci? Poi mi pentirò
e dirò che, dopotutto, vorrei non averle uccise.
E di queste piccole bugie ne racconterò venti,
al che tutti giureranno che ho lasciato la scuola
da più di un anno. Ho qui in mente
mille stupidi trucchi di questi giovani vantoni,
e voglio metterli in atto.
NERISSA
Come! Ci mettiamo a uomini?
PORZIA
Vergogna! che domanda è questa,
se la interpretasse uno sporcaccione!
Ma vieni, ti racconterò l’intero mio disegno
quando saremo nella carrozza che ci aspetta
al cancello del parco. Oggi abbiamo l’impegno
di coprir venti miglia; perciò, via, in fretta. Escono.
ATTO PRIMO – SCENA QUINTA
Entrano Lancillotto il clown e Gessica.
LANCILLOTTO
Sì, davvero, perché, badate, i peccati dei padri devono ricadere sui figli, quindi, vi assicuro che temo per voi; sono sempre stato chiaro con voi, e così ora vi dico la mia agitazione della faccenda: perciò state contenta, perché penso davvero che siete dannata; avete solo una speranza che vi possa giovare, ma non è che una razza di speranza bastarda.
GESSICA
E che speranza è, di grazia?
LANCILLOTTO
Beh, potete in qualche modo sperare che vostro padre non vi ha generata, che non siete la figlia dell’ebreo.
GESSICA
Quella sarebbe davvero una razza di speranza bastarda! Così ricadrebbero su di me i peccati di mia madre.
LANCILLOTTO
Allora, davvero, temo che siete dannata sia da parte di padre che di madre: così, se evito Scilla, vostro padre, vado a cadere su Cariddi, vostra madre; beh, siete spacciata da tutt’e due le parti.
GESSICA
Sarò salvata da mio marito: lui mi ha fatto cristiana.
LANCILLOTTO
Tanto più da biasimare lui! Eravamo già abbastanza noi cristiani, da star bene uno accanto all’altro, al completo. Questo far nuovi cristiani alzerà il prezzo del porco; se ci mettiamo tutti a mangiar maiale, presto non ci saranno soldi per comprare il lardo da metter sulla brace.
Entra Lorenzo.
GESSICA
Riferirò quel che dici a mio marito, Lancillotto. Eccolo che viene.
LORENZO
Diventerò geloso di te, Lancillotto, se continui a portarti mia moglie negli angoli.
GESSICA
No, non preoccuparti per noi, Lorenzo: Lancillotto ed io abbiamo rotto. Mi ha detto chiaro e tondo che non c’è misericordia per me in cielo perché sono figlia di un ebreo, e dice che tu non sei un buon membro della comunità perché, convertendo gli ebrei in cristiani, alzi il prezzo del maiale.
LORENZO
Risponderò di ciò alla comunità meglio di quanto potrai fare tu che hai fatto salire la pancia alla negra. La mora è incinta per opera tua, Lancillotto.
LANCILLOTTO
Se la mora cresce, ciò è dovuto a più che ad un pensiero; ma se la sua onestà diminuisce, questo quanto meno mi colpisce.
LORENZO
Come ogni buffone sa giocar con le parole! Credo che presto la miglior grazia dell’ingegno starà nel silenzio e il discorrere diverrà apprezzabile solo nei pappagalli. Va’ dentro, briccone, di’ che preparino per cena.
LANCILLOTTO
Già fatto, signore, ogni stomaco è pronto!
LORENZO
Buon Dio, tu le afferri al volo le arguzie! Allora di’ che preparino la cena.
LANCILLOTTO
Già fatto anche questo, signore; solo che la parola è “mettere il coperto”.
LORENZO
Vuoi metterlo tu il coperto, amico?
LANCILLOTTO
Coprirmi? No davvero, mio signore. Conosco il mio dovere.
LORENZO
Ancora bisticci ad ogni occasione! Vuoi esibire l’intera ricchezza del tuo ingegno in un istante? Ti prego d’intendere un uomo semplice nei suoi semplici significati: va’ dai tuoi compagni, di’ loro di mettere i coperti e di servire le vivande, e noi verremo a cena.
LANCILLOTTO
Quanto alla tavola, signore, sarà servita; quanto alle vivande, signore, saranno coperte; quanto al vostro accomodarvi a cena, beh quello sia come comandano l’umore e la fantasia.
Esce Lancillotto.
LORENZO
O rara sagacia, come s’acconciano le sue parole!
Il buffone s’è piantato nella mente
un esercito di belle parole; e ne conosco
molti di buffoni, che stanno più in alto,
equipaggiati come lui, che per una parola arguta
sfidano il significato. Come ti senti, Gessica?
Ora, mia dolcezza, di’ la tua opinione,
come la trovi la moglie del signor Bassanio?
GESSICA
Superiore a ogni lode. E sarà opportuno
che il signor Bassanio conduca una vita retta:
perché, avendo una moglie che è una tale benedizione,
ha trovato le gioie del paradiso qui in terra,
e, se non se le merita sulla terra,
sarà giusto che non possa entrare in paradiso.
Se due dèi dovessero giocare una partita celeste
mettendo come posta due donne terrene,
e Porzia fosse una, insieme all’altra
si dovrebbe puntare qualcos’altro, perché questo
povero rozzo mondo non ne ha l’uguale.
LORENZO
Un marito di tal fatta
hai tu in me, quale lei è come moglie.
GESSICA
Già, ma chiedi anche la mia opinione!
LORENZO
Lo farò presto; prima, andiamo a cena.
GESSICA
Lasciami dire le tue lodi finché ho appetito.
LORENZO
No, ti prego, riserviamole per parlare a tavola;
così, qualunque cosa tu dica, insieme al resto
io potrò digerirla.
GESSICA
Bene, lì ti servirò.
Escono.
Il mercante di Venezia
(“The Merchant of Venice” 1594 – 1597)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V