(“The Taming of the Shrew” 1590 – 1593)
Introduzione – Trama
Prologo
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
ATTO PRIMO – SCENA PRIMA
Squilli di tromba. Entrano Lucenzio e il suo servo Tranio.
LUCENZIO
Tranio, poiché per il gran desiderio
di vedere la bella Padova, culla delle arti,
sono giunto nella ferace Lombardia,
ameno giardino della grande Italia,
e l’amore e il consenso di mio padre
m’assicurano il suo benvolere e la tua compagnia
come fido servitore a tutta prova,
fermiamoci qui e vediamo di intraprendere
un corso di dottrina e studi appropriati.
Pisa, rinomata per la serietà dei cittadini,
ha dato i natali a me e a mio padre,
mercante molto attivo in tutto il mondo,
Vincenzo, discendente dei Bentivoglio.
E suo figlio, cresciuto a Firenze,
è giusto che ripaghi le speranze in lui riposte
arricchendo d’atti virtuosi la sua sorte.
Perciò, Tranio, io ora studierò la virtù
e applicherò quella parte della filosofia
che tratta della felicità che va raggiunta
grazie in particolare alla virtù.
Dimmi che pensi, perché ho lasciato Pisa
e son venuto a Padova come chi abbandona
una pozza paludosa per tuffarsi in alto mare
e con la sazietà vuol spegnere la sete.
TRANIO
Perdonatemi, gentile mio padrone,
io ho in tutto le vostre stesse inclinazioni,
felice che confermiate la vostra decisione
di suggere il dolce miele della filosofia.
Solo, buon padrone, mentre ammiriamo
questa virtù e disciplina morale,
non siamo stoici né stolidi, vi prego,
né così devoti ai dettami di Aristotele
da sconfessare e rinnegare in toto Ovidio.
Dibattete di logica coi vostri conoscenti,
usate la retorica nel parlare quotidiano,
per allietarvi ricorrete a musica e poesia,
datevi alla matematica e alla metafisica
tutte le volte che ne avrete inclinazione.
Non c’è profitto dove non si trae diletto.
In breve, studiate quel che più vi aggrada.
LUCENZIO
Grazie tante, Tranio, consigli proprio bene.
E se fosse approdato anche Biondello
potremmo metterci subito a trovare
un alloggio adatto a intrattenere
gli amici che ci faremo stando a Padova.
Ma aspetta; chi è che sta arrivando?
TRANIO
Padrone, verranno a darci il benvenuto.
Lucenzio [e] Tranio si fanno da parte.
Entrano Battista con le due figlie Caterina e Bianca, Gremio, un pantalone, e Ortensio, pretendente di Bianca.
BATTISTA
Signori, smettete di importunarmi;
sapete che sono fermamente deciso
a non maritare mia figlia minore
prima d’aver trovato marito alla maggiore.
Se uno di voi due ama Caterina,
poiché ben vi conosco e ben vi stimo,
ha licenza di corteggiarla a piacimento.
GREMIO
Meglio scarrettarla. È troppo ruvida, per me.
Ecco, Ortensio, volete voi una moglie?
CATERINA
Di grazia, signor padre, voi volete
espormi al ludibrio di questi lestofanti?
ORTENSIO
Fanti, fantina? Cosa dici? Ve li sognate,
se non sarete di pasta più molle e malleabile.
CATERINA
In fede, signore, non avrete da temere.
Non è certo idea che le sfiori l’animo.
E se la sfiorasse, procurerebbe di sicuro
di strigliarvi la crapa con il suo sgabello,
rigarvi il viso e far di voi uno zimbello.
ORTENSIO
Da tutti tali diavoli, liberaci o Signore!
GREMIO
Liberaci o Signore!
TRANIO
Sssh, padrone, qui c’è in vista uno spasso;
quella è matta da legare, o un satanasso.
LUCENZIO
Ma il silenzio dell’altra dà l’impressione
di mitezza di vergine e moderazione.
Zitto, Tranio.
TRANIO
Ben detto, padrone. Zitto, e riempitevi gli occhi.
BATTISTA
Signori, vorrei poter presto mantenere
quel che ho promesso… Bianca, tu rientra.
E non ti dispiaccia, Bianca, da brava;
ti vorrò bene lo stesso, mia cara.
CATERINA
Povera piccina, meglio mettersi a frignare, lei sa come fare.
BIANCA
Sorella, contentati del mio scontento.
Padre, umilmente mi adeguo al vostro volere.
Libri e strumenti mi terranno compagnia,
che studierò ed eserciterò tutta da sola.
LUCENZIO
Ascolta, Tranio, par di sentire Minerva!
ORTENSIO
Signor Battista, sarete così duro?
Mi spiace che la vostra benevolenza
faccia patire Bianca.
GREMIO
Volete chiuderla in gabbia,
signor Battista, per questa diavolessa,
e farle pagare il fio della sua linguaccia?
BATTISTA
Signori, rassegnatevi. Ho deciso.
Rientra, Bianca. [Esce Bianca.]
E poiché so che molto si diletta
di musica, di strumenti e di poesia,
prenderò in casa dei precettori
in grado di istruirla. Se voi, Ortensio,
o voi, signor Gremio, ne conoscete,
portateli da me; a uomini d’ingegno
mi mostrerò benevolo, e liberale
per dare un’istruzione alle mie figlie.
E con ciò addio. Caterina, tu resta pure,
perché ho altre cose da dire a Bianca. Esce.
CATERINA
Ah sì Allora posso andarmene anch’io, no? Ma guarda, mi si fissano le ore, come se non sapessi cosa pren-dere e lasciare? Eh? Esce.
GREMIO
Vattene a casa del diavolo. Hai tante qualità, che qui nessuno ti trattiene. L’amore non è poi così forte, Ortensio, che non ci si possa soffiare sulle dita e aspettar che passi. Non tutte le ciambelle riescono col buco. Addio. Comunque, per l’amore che ho per la mia dolce Bianca, se mi capiterà di trovare uno adatto a istruirla in ciò che predilige, lo raccomanderò a suo padre.
ORTENSIO
Lo farò anch’io, signor Gremio. Ma una parola, vi prego. Sebbene la natura della nostra rivalità non abbia consentito negoziati, ora, a guardar bene, conviene a entrambi – per riottenere accesso alla nostra bella e ritrovarci felici rivali per l’amore di Bianca – adoperarci per ottenere una cosa specialmente.
GREMIO
E quale, di grazia?
ORTENSIO
Diamine, trovare un marito a sua sorella.
GREMIO
Un marito? Un diavolo!
ORTENSIO
Io dico un marito.
GREMIO
E io dico un diavolo. Pensate, Ortensio, che per quanto ricco sia suo padre, qualcuno sia tanto sciocco da sposare l’inferno?
ORTENSIO
Sssch, Gremio. Benché sopportare le sue sfuriate superi la vostra pazienza e la mia, ci saranno pure, amico mio, dei bravi ragazzi al mondo – se solo riusciremo a scovarli – disposti a prendersela con tutti i suoi difetti, visti i soldi che ha.
GREMIO
Non saprei; io preferirei beccarmi la sua dote a questa condizione – farmi frustare ogni mattina alla croce del mercato.
ORTENSIO
In effetti, come voi dite, c’è ben poco da scegliere fra mele marce. Ma via, dato che questa proibizione inappellabile ci rende amici, la rispetteremo amichevolmente finché, avendo aiutato la figlia maggiore di Battista a trovare un marito, non avremo messo la minore in condizione di averne uno, e allora di nuovo battaglia. Dolce Bianca! Vinca il migliore. Il più veloce infilerà l’anello. Che ne dite, signor Gremio?
GREMIO
Per me va bene, e darei il miglior cavallo di Padova come incoraggiamento a chi la corteggiasse a fondo, la sposasse e coricasse, liberando la casa di lei. Andiamo.
Escono Gremio e Ortensio.
TRANIO
Vi prego, signore, ditemi, è possibile
che l’amore di colpo prenda così a fondo?
LUCENZIO
Oh, Tranio, finché non l’ho sperimentato,
non lo credevo possibile o probabile.
Ma vedi, mentre guardavo lì oziosamente,
ho scoperto che nell’ozio fiorisce l’amore,
e ora a te lo confesso apertamente,
che mi sei intimo e caro come lo era
Anna per la regina di Cartagine.
Tranio, io brucio, languo, muoio, Tranio,
se non conquisto questa pudica giovinetta.
Consigliami, Tranio, che te ne so capace;
assistimi, Tranio, che te ne so disposto.
TRANIO
Padrone, questo non è il momento di sgridarvi;
la passione non si scaccia dal cuore coi rimbrotti.
Se l’amore vi ha toccato, altro dire non so;
Redime te captum quam queas minimo.
LUCENZIO
Grazie, ragazzo. Continua, mi rasserena.
Il resto mi consolerà, tu dai buoni consigli.
TRANIO
Padrone, avete tanto guardato la fanciulla
che forse vi è sfuggito il punto principale.
LUCENZIO
Oh, sì; ho visto la bellezza sul suo volto,
pari a quella della figlia di Agenore,
per la cui mano il gran Giove si umiliò
baciando la spiaggia di Creta con le ginocchia.
TRANIO
Non avete visto altro? Come sua sorella
prese a sbraitare e sollevò un frastuono
che orecchio mortale può a stento sopportare?
LUCENZIO
Tranio, l’ho vista muovere le labbra coralline
e col suo alito profumava l’aria.
Sacro e soave è quanto vidi di lei.
TRANIO
Allora è il caso di scuoterlo dal sogno.
Sveglia, signore, sveglia. Se amate la fanciulla
dovrete ingegnarvi a conquistarla. Così
stanno le cose; sua sorella maggiore
è tanto indemoniata e bisbetica
che finché il padre non se ne sbarazza
la vostra amata starà in casa da zitella;
perciò l’ha strettamente chiusa in gabbia,
perché non sia importunata da corteggiatori.
LUCENZIO
Ah, Tranio, che padre crudele! Non sai
se si è preoccupato di trovarle
esperti precettori per istruirla?
TRANIO
Sì, certo, signore… E qualcosa ho in mente.
LUCENZIO
Ho capito, Tranio.
TRANIO
Padrone, ci scommetto,
abbiamo in mente qualcosa che concorda.
LUCENZIO
Di’ tu prima.
TRANIO
Farete da precettore
e darete voi lezioni alla ragazza.
Ecco il vostro intento.
LUCENZIO
Già. Si può fare?
TRANIO
Non credo. Chi infatti farà la vostra parte
impersonando qui a Padova il figlio di Vincenzo,
tenendo casa e studiando, accogliendo gli amici,
visitando i compaesani e intrattenendoli?
LUCENZIO
Basta, sta’ buono; ho escogitato tutto.
Non ci hanno ancora visti in nessuna casa,
né possono distinguerci dal viso
per servo o padrone. Ne consegue questo;
tu farai il padrone, Tranio, al posto mio,
terrai casa, modo di vita e servi come farei io;
io sarò qualcun altro, un fiorentino,
napoletano o pisano di più bassa condizione.
È ben pensata, e l’attueremo. Svelto, Tranio,
svestiti; prenditi il mio cappello colorato
e il mio mantello. Quando arriva Biondello
servirà te, dopo che l’avrò istruito
a tener la bocca chiusa.
TRANIO
Sarà bene.
In breve, signore, se volete così,
ed essendovi io tenuto dall’obbedienza –
così mi ha comandato alla partenza vostro padre;
Renditi utile a mio figlio, mi disse,
anche se credo avesse in mente altro –
acconsento a far la parte di Lucenzio
visto l’affetto che nutro per Lucenzio.
LUCENZIO
Fallo, Tranio, perché Lucenzio ama;
servirò, per conquistar quella fanciulla
la cui vista improvvisa ha soggiogato
l’occhio mio ferito. Ecco quel furfante.
Entra Biondello.
Dove sei stato, messere?
BIONDELLO
Dove sono stato?
Ma come, dove siete voi, piuttosto?
Padrone, Tranio vi ha rubato i vestiti,
o voi i suoi, o tutt’e due? Qual nuova è questa?
LUCENZIO
Vieni qua. Non è il momento di scherzare,
perciò adegua i tuoi modi alle circostanze.
Per salvarmi la vita, il tuo collega Tranio
ha assunto i miei panni e la mia identità
ed io, per scamparla, ho preso i suoi.
Poiché in una lite dopo essere sbarcato
ho ucciso un uomo, e temo che mi cerchino.
Tu servi lui, te l’ordino, come si conviene,
mentre io scappo di qui per mettermi al sicuro.
Mi capisci?
BIONDELLO
Io, signore? Manco per niente.
LUCENZIO
E non ti esca di bocca il nome Tranio.
Tranio si è tramutato in Lucenzio.
BIONDELLO
Buon per lui. Fosse capitata a me!
TRANIO
E se metti anche il mio desiderio nella lista,
Lucenzio avrebbe la figlia minore di Battista.
Non per me, ma per il tuo padrone, ti consiglio,
comportati avvedutamente in ogni frangente.
Quando sono da solo, allora sono Tranio,
ma in tutti gli altri casi sono padron Lucenzio.
LUCENZIO
Andiamo, Tranio.
Ti resta da eseguire solo un’altra cosa,
entrare anche tu nel novero dei pretendenti.
E se mi chiedi perché, ti basti sapere
che ho buone ragioni da far valere. Escono.
Parlano i Presentatori in alto.
PRIMO SERVO
Mio signore, dormite; non badate alla recita.
SLY
Altroché, per Sant’Anna. Bella rappresentazione. Durerà ancora?
PAGGIO
È appena cominciata, mio signore.
SLY
Gran bel lavoro, madama signora. Magari fosse finito!
Restano seduti a guardare.
ATTO PRIMO – SCENA SECONDA
Entrano Petruccio e il suo servo Grumio.
PETRUCCIO
Verona, mi sono accomiatato per un po’,
per vedere gli amici di Padova, e soprattutto
il più amato e fidato di loro, Ortensio;
questa sembra la sua casa. Su, Grumio, bussa.
GRUMIO
Bussare, signore? E perché? Qualcuno ha forse ‘busato di Vossignoria?
PETRUCCIO
Zotico, bussami qui, e forte, ti dico.
GRUMIO
Bussarvi qui, signore? E chi son io, signore, per bussarvi qui?
PETRUCCIO
Bussami a questa porta ti dico, lestofante,
picchia bene, o ti busso io la crapa di furfante.
GRUMIO
Il padrone vuol questionare. Se vi dovessi bussare
so bene chi poi il peggio dovrà assaggiare.
PETRUCCIO
Ti vuoi decidere?
Se non mi bussi, gaglioffo, te le suono io;
ti farò solfeggiare e anche cantare, vivaddio.
Gli torce l’orecchio.
GRUMIO
Aiuto, aiuto! Il mio padrone è ammattito.
PETRUCCIO
Adesso busserai quando te l’ordino, ribaldo.
Entra Ortensio.
ORTENSIO
Ehi, ehi, che succede? Il mio vecchio amico Grumio, e il mio buon amico Petruccio? Come mai tutt’e due a Verona?
PETRUCCIO
Signor Ortensio, vieni a sedare la contesa?
Con tutto il cuore ben trovato, posso dire.
ORTENSIO
Alla nostra casa ben venuto, molto onorato signor mio Petruccio.
Su, alzati, Grumio, in piedi; comporremo questa lite.
GRUMIO
No, non importa, signore, quel che accampa in latino. Se questo non è motivo legale per lasciare il suo servizio, decidete voi, signore. Mi ordina”bussami qui, e picchia bene”, signore. Ebbene, era giusto che un servo trattasse così il suo padrone, che per quanto ne so era magari fuor di testa, sballato?
Dio volesse che prima l’avessi ben bussato,
così poi il peggio non avrei assaggiato.
PETRUCCIO
Che stupido buzzurro. Buon Ortensio,
al manigoldo ho detto di bussare alla porta
e non ci fu verso di farglielo fare.
GRUMIO
Bussare alla porta? Santo cielo! Non mi avete detto chiaro e tondo”Messere, bussami qui e picchia qui, bussami forte e picchiami bene”? E adesso ve ne venite fuori con “bussare alla porta”?
PETRUCCIO
Vattene, gaglioffo, o taci, per il tuo bene.
ORTENSIO
Abbi pazienza, Petruccio, me ne faccio io garante.
Be’, è brutta questa storia fra te e lui,
il tuo vecchio, fidato e sapido servo Grumio.
Ed ora dimmi, caro amico, qual buon vento
ti spinge qui a Padova dalla vecchia Verona?
PETRUCCIO
Il vento che sparpaglia i giovani pel mondo,
a cercare fortuna lontano da casa,
dove non attecchisce l’esperienza.
In breve, Ortensio, così stanno le cose;
mio padre Antonio è deceduto, ed io
mi sono gettato in questo labirinto
per ammogliarmi e prosperare al meglio.
Ho soldi nella borsa e beni a casa,
ed eccomi quindi in cerca di fortuna.
ORTENSIO
Petruccio, allora posso parlar chiaro
e prospettarti una moglie bisbetica
e sgraziata? Avresti poco da ringraziarmi
per il mio consiglio, eppure ti prometto
che sarà ricca, anzi molto, molto ricca.
Ma tu mi sei troppo amico, e come posso
augurarti di sposarla?
PETRUCCIO
Signor Ortensio,
fra amici come noi, poche parole;
perciò, se ne conosci una abbastanza ricca
da essere moglie di Petruccio – e la ricchezza
fa da bordone alla mia danza nuziale –
fosse brutta come l’amata di Florenzio,
vecchia come la Sibilla, indemoniata
e bisbetica come la Santippe di Socrate,
o peggio, la cosa non mi muove, o non rimuove
il mio trasporto, foss’anche agitata
come i marosi in piena dell’Adriatico.
Vengo a far ricche nozze a Padova,
e ricche vuol dir felici, a Padova.
GRUMIO
Eh, badate, signore, come vi spiattella quel che ha in mente. Dategli oro a sufficienza e potrete sposarlo a un fantoccio o a una pupattola, o a una vecchia megera senza un dente in bocca, anche se impestata di malattie come cinquantadue cavalli. Be’, non manca niente, se ci sono i soldi.
ORTENSIO
Petruccio, arrivati a questo punto,
continuerò quel che ho avviato per scherzo.
Posso procacciarti una moglie, Petruccio,
ricca a sufficienza, giovane e bella,
allevata come si confà a una gentildonna.
Il suo unico difetto, ma basta e avanza,
è che è un’intollerabile bisbetica,
riottosa e indemoniata, così spropositata,
che se fossi in acque ben peggiori delle mie
non la sposerei neanche per una miniera d’oro.
PETRUCCIO
Basta, Ortensio. Non conosci gli effetti dell’oro.
Dimmi il nome di suo padre e non occorre altro.
Perché l’abborderò se anche strepitasse
come il tuono quando d’autunno si squarciano le nubi.
ORTENSIO
Suo padre è Battista Minola,
un signore affabile e cortese.
Lei si chiama Caterina Minola,
ben nota a Padova per la sua linguaccia.
PETRUCCIO
Conosco suo padre, anche se non lei;
lui conosceva bene il mio defunto padre.
Non chiuderò occhio finché non l’avrò vista.
Consentimi perciò la sfrontatezza
di lasciarti al nostro primo incontro,
a meno che non m’accompagni tu da lei.
GRUMIO
Vi prego, signore, fatelo andare finché gli dura l’estro. Parola mia, se quella lo conoscesse come lo conosco io, capirebbe che gli strepiti servono poco con uno come lui. Potrà magari dargli del ribaldo una mezza dozzina di volte, ma sarà come niente. E se ci si mette lui, la subisserà di roboanti improperi. Ve lo dico io, signore, se appena prova a tenergli testa, le getterà in faccia tante di quelle figure rettoriche da sfigurargliela, e non avrà più occhi per vedere di un gatto. Voi non lo conoscete, signore.
ORTENSIO
Aspetta, Petruccio, verrò con te,
perché Battista custodisce il mio tesoro.
Lui ha in serbo la gemma della mia vita,
sua figlia minore, la bella Bianca,
e la segrega da me e da altri pretendenti
miei rivali in amore, supponendo impossibile,
per i difetti che vi ho prima elencato,
che Caterina trovi mai un corteggiatore.
Perciò Battista ha dato l’ordine
che nessuno abbia accesso a Bianca
finché non si sposi l’indemoniata Caterina.
GRUMIO
L’indemoniata Caterina;
l’epiteto peggiore per una signorina.
ORTENSIO
Ora il mio amico Petruccio mi farà grazia
di presentarmi sobriamente travestito
al vecchio Battista come precettore
versato nella musica, per istruire Bianca,
che almeno grazie a questo stratagemma
abbia modo e agio di parlarle d’amore
e corteggiarla senza sospetti da vicino.
GRUMIO
Nessun trucco, eh? Guarda come i giovani uniscono i cervelli per ingannare i vecchi! Occhi aperti, padrone. Ehi, chi va là?
Entrano Gremio e Lucenzio travestiti.
ORTENSIO
Buono, Grumio. È il mio rivale in amore.
Petruccio, fatti da parte un momento.
GRUMIO
Che giovanottino dabbene e galante!
GREMIO
Oh, benissimo; ho esaminato l’elenco.
Sentite, signore, li farò rilegare bellamente
– che sian tutti libri d’amore, mi raccomando –
e badate di non impartirle altre lezioni.
Voi mi intendete. E in aggiunta
alla liberalità del signor Battista
contate sulla mia. Rieccovi l’elenco,
e fateli ben profumare, ché la destinataria
è più soave d’ogni profumo. Cosa le leggerete?
LUCENZIO
Qualunque cosa le legga, state sicuro,
perorerò per voi, mio mecenate,
come se voi stesso foste al mio posto,
anzi, con parole forse più efficaci
delle vostre, anche se foste un dotto, signore.
GREMIO
Oh, la cultura, che gran cosa!
GRUMIO
Oh, il beccafico, che gran somaro!
PETRUCCIO
Zitto, stupido.
ORTENSIO
Taci, Grumio! Dio vi guardi, signor Gremio.
GREMIO
E ben trovato a voi, signor Ortensio.
Sapete dove sono diretto? Da Battista Minola.
Ho promesso di cercare con cura
un precettore per la bella Bianca,
e per fortuna sono cascato bene
su questo giovanotto, che per cultura e modi
fa al caso suo, esperto di poesia
e di altri buoni libri, vi assicuro.
ORTENSIO
Bene. E io ho incontrato un gentiluomo
che mi ha promesso di trovarne un altro,
un bravo musicista per istruire la ragazza.
Così non resterò indietro nei servigi
resi alla bella Bianca, che tanto amo.
GREMIO
Che io amo tanto, come proverò coi fatti.
GRUMIO
Come proveranno i suoi quattrini.
ORTENSIO
Gremio, non è il momento di sbandierare
il nostro amore. Ascoltatemi bene,
e se sarete leale con me, vi darò
una buona notizia per entrambi.
Qui c’è un signore incontrato per caso,
che se troviamo un accordo di suo gradimento
farà la corte all’indemoniata Caterina,
sì, per sposarla, se approverà la dote.
GREMIO
Già, detto fatto… Ortensio,
gli avete detto tutti i suoi difetti?
PETRUCCIO
So che è una megera, proterva e rissosa.
Se è tutto qui, signori, niente da ridire.
GREMIO
Davvero, amico? Di che paese siete?
PETRUCCIO
Sono di Verona, figlio del vecchio Antonio.
Morto mio padre, dispongo della mia fortuna
e spero di veder tanti bei giorni.
GREMIO
Oh, signore, vivere con una tale moglie
sarebbe un prodigio. Ma se vi va così,
sotto, in nome di Dio; io vi offrirò
ogni assistenza. Ma davvero corteggerete
quella gatta selvatica?
PETRUCCIO
Come no?
GRUMIO
La corteggerà? Se no la strozzo io.
PETRUCCIO
E per che altro son venuto qui? Credete
che un po’ di strepito mi turbi le orecchie?
Ai miei tempi non ho udito ruggire i leoni?
Non ho udito il mare gonfiato dai venti
infuriare come un cinghiale schiumante di rabbia?
Non ho udito le cannonate sul campo di guerra
e tuonare dall’alto l’artiglieria del cielo?
Nel pieno della battaglia non ho udito allarmi,
nitriti di destrieri, fragor di trombe?
E voi mi parlate d’una lingua di donna
che a sentirla fa meno rumore d’una castagna
che scoppietti nel fuoco di un contadino?
Via, via, spaventate i bambini col babau!
GRUMIO
Ah, lui non teme nessuno.
GREMIO
Sentite, Ortensio.
Questo signore è capitato a proposito,
vorrei dire, per il suo bene e il vostro.
ORTENSIO
Ho promesso che gli daremo un contributo
accollandoci le spese del corteggiamento,
quali che siano.
GREMIO
Sì se la conquista il ganzo.
GRUMIO
Vorrei essere tanto sicuro d’un buon pranzo.
Entrano Tranio in ghingheri e Biondello.
TRANIO
Dio vi guardi, signori. Se posso osare,
ditemi, vi prego, qual è la via più spiccia
per la casa del signor Battista Minola?
BIONDELLO
Quello con due belle figlie; è lui che intendete?
TRANIO
Proprio lui, Biondello.
GREMIO
Sentite, signore, non intendete anche lei?
TRANIO
Forse lui e lei, signore. Vi riguarda, costei?
PETRUCCIO
Non quella che sbraita, ad ogni modo, vi prego.
TRANIO
Non amo chi sbraita, signore. Andiamo, Biondello.
LUCENZIO
Buon inizio, Tranio.
ORTENSIO
Prima una parola, signore.
Siete un pretendente della ragazza in questione,
sì o no?
TRANIO
E se lo fossi, signore, sarebbe un’ingiuria?
GREMIO
No, se ve ne andrete di qui in fretta e furia.
TRANIO
Di grazia, signore, le strade non sono libere
per me come per voi?
GREMIO
Ma lei non lo è.
TRANIO
Per qual motivo, vi prego?
GREMIO
Questo, se volete saperlo,
che lei è la prescelta del signor Gremio.
ORTENSIO
Che lei è la prescelta del signor Ortensio.
TRANIO
Un momento, signori miei. Se siete gentiluomini
fatemi la grazia di ascoltarmi con pazienza.
Battista è un nobile gentiluomo al quale
mio padre non è del tutto sconosciuto,
e se sua figlia fosse ancor più bella di quant’è
potrebbe avere altri pretendenti, e me fra loro.
La figlia della bella Leda ne aveva mille,
quindi la bella Bianca può averne ancora uno.
E infatti; Lucenzio sarà quell’uno in più,
venisse anche Paride, sperando d’esser solo lui.
GREMIO
Ueh, questo vuol superarci tutti a ciance!
LUCENZIO
Signore, dategli corda, e vedrete che ronzino.
PETRUCCIO
Ortensio, a che mirano tutte queste parole?
ORTENSIO
Signore, permettetemi di chiedervi,
avete mai visto la figlia di Battista?
TRANIO
No, signore, ma sento che ne ha due;
l’una famosa per la sua linguaccia,
quanto l’altra per bellezza e modestia.
PETRUCCIO
La prima è per me, signore, lasciatela fuori.
GREMIO
Sì, lasciate quella fatica al grande Ercole,
sarà più delle dodici da lui affrontate.
PETRUCCIO
Signore, occorre che vi dica in verità
che la più giovane di cui chiedete
il padre la segrega da ogni corteggiatore
e non vuole prometterla a nessuno
finché non si sarà sposata la maggiore.
Allora la minore sarà libera, non prima.
TRANIO
Se è così, signore, che voi siete l’uomo
destinato a toglierci tutti d’impiccio,
e me fra gli altri, a rompere il ghiaccio
e compiere questa impresa, conquistar la maggiore
e a noi sgombrare il campo per la minore,
chi avrà la ventura di ottenere costei
non sarà tanto sgarbato da mostrarsi ingrato.
ORTENSIO
Dite bene, signore, e ragionate bene.
E visto che vi professate un pretendente,
dovete, come noi, compensare questo gentiluomo
al quale noi tutti restiamo debitori.
TRANIO
Non mancherò, signore. E per suggellarlo,
compiacetevi di passare insieme il pomeriggio
a tracannare alla salute della nostra amata,
e come i contendenti in un giudizio, lottiamo
strenuamente, ma mangiamo e beviamo da amici.
GRUMIO E BIONDELLO
Ottima proposta! Andiamo, compagnoni.
ORTENSIO
Sì, ottima proposta, ne sono compiaciuto.
Petruccio, sarò io il tuo ben venuto. Escono.
La bisbetica domata
(“The Taming of the Shrew” 1590 – 1593)
Introduzione – Trama
Prologo
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