(“The Taming of the Shrew” 1590 – 1593)
Introduzione – Trama
Prologo
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
ATTO QUINTO – SCENA PRIMA
Entrano Biondello, Lucenzio, e Bianca. Gremio è già in scena.
BIONDELLO
Zitto e svelto, signore, il prete è pronto.
LUCENZIO
Volo, Biondello. Ma potrebbero aver bisogno di te a casa, perciò va’. Esce [con Bianca].
BIONDELLO
No, perbacco, voglio vedere la chiesa dietro le vostre spalle; poi tornerò dal mio padrone più svelto che posso. [Esce.]
GREMIO
Mi meraviglio che Cambio non sia già qui.
Entrano Petruccio, Caterina, Vincenzo, Grumio col Seguito.
PETRUCCIO
Signore, ecco la porta e la casa di Lucenzio.
Quella di mio padre è più verso il mercato.
Io devo andar là, voi vi lascio qui, signore.
VINCENZO
Non potete non bere qualcosa prima.
Credo che potrò farvi invitare qui,
ed è probabile che preparino una festa. Bussa.
GREMIO
Dentro han da fare, meglio bussar più forte.
Il Pedante si affaccia alla finestra
PEDANTE
Chi è che bussa come se volesse abbattere il portone?
VINCENZO
Il signor Lucenzio è in casa, signore?
PEDANTE
Sì, signore, ma non gli si può parlare.
VINCENZO
E se uno gli portasse cento o duecento sterline per farci festa?
PEDANTE
Tenetevi pure le cento sterline. Non ne avrà bisogno finché vivrò io.
PETRUCCIO
Be’, vi avevo detto che vostro figlio è benvoluto a Padova. Sentite, signore? Ma lasciando perdere le sciocchezze, vi prego di dire al signor Lucenzio che suo padre è arrivato da Pisa ed è al portone per parlargli.
PEDANTE
Tu menti. Suo padre è arrivato da Mantova, ed è affacciato a questa finestra.
VINCENZO
Saresti tu suo padre?
PEDANTE
Sì, signore, così dice sua madre, se posso crederle.
PETRUCCIO [A Vincenzo.]
Be’, be’, signore! È una gran mascalzonata assumere il nome di un altro.
PEDANTE
Arrestate quel mascalzone. Credo sia un trucco per gabbare qualcuno in questa città assumendo la mia identità.
Entra Biondello.
BIONDELLO
Li ho visti insieme in chiesa. Dio gli mandi la buona ventura! Ma chi c’è qui? Il mio vecchio padrone Vincenzo! Siamo scoperti e rovinati.
VINCENZO [A Biondello.]
Vieni qua, pendaglio da forca.
BIONDELLO
Spero d’avere una scelta, signore.
VINCENZO
Vieni qua, furfante. Ti sei scordato di me?
BIONDELLO
Scordato di voi? No, signore. Come potrei scordarvi, se non vi ho mai visto prima in vita mia?
VINCENZO
Come, furfante matricolato, non hai mai visto il padre del tuo padrone, Vincenzo?
BIONDELLO
Chi, il mio vecchio e riverito padrone? Sì, caspita, signore. Eccolo là affacciato alla finestra.
VINCENZO
Ah, è così? Picchia Biondello.
BIONDELLO
Aiuto, aiuto, aiuto! C’è un pazzo che mi vuole ammazzare. [Esce.]
PEDANTE
Aiuto, figliolo! Aiuto, signor Battista!
[Lascia la finestra.]
PETRUCCIO
Ti prego, Kate, mettiamoci da parte e vediamo come va a finire questa contesa.
Entrano il Pedante con Servi, Battista e Tranio.
TRANIO
Signore, chi siete voi che vi azzardate a picchiare il mio servo?
VINCENZO
Chi sono io, signore? No, chi siete voi, signore? Oh, dei immortali! Oh, che razza di furfante! Farsetto di seta, brache di velluto, mantello scarlatto e cappello a pan di zucchero. Oh, sono rovinato, rovinato! Mentre io economizzo a casa, mio figlio e il suo servo dilapidano tutto all’università.
TRANIO
Ma insomma, che succede?
BATTISTA
Quest’uomo è uscito di senno?
TRANIO
Signore, dall’aspetto sembrate un sobrio vegliardo, ma dalle vostre parole vi si direbbe un pazzo. Che cosa importa a voi, signore, se indosso perle e oro? Ringrazio il mio buon padre, me lo posso permettere.
VINCENZO
Tuo padre? Che furfante! È un velaio a Bergamo!
BATTISTA
Vi sbagliate, signore, vi sbagliate. Di grazia, come credete che si chiami?
VINCENZO
Come si chiama? Come se non lo sapessi! L’ho tirato su da quando aveva tre anni, e si chiama Tranio.
PEDANTE
Via, via di qui, mattoide. Si chiama Lucenzio, ed è mio figlio unico, erede delle terre mie, del signor Vincenzo.
VINCENZO
Lucenzio? Oh, ha assassinato il suo padrone!
Arrestatelo, ve l’ordino, in nome del Duca. Oh, mio figlio, mio figlio! Dimmi, mascalzone, dov’è mio figlio Lucenzio?
TRANIO
Chiamate una guardia.
[Entra una Guardia.]
Portate questo furfante pazzo in prigione. Padre Battista, vi incarico di farlo mettere sotto processo.
VINCENZO
Portarmi in prigione?
GREMIO
Ferma, guardia. Non andrà in prigione.
BATTISTA
Zitto, signor Gremio. Dico che andrà in prigione.
GREMIO
Attento, signor Battista, a non farvi gabbare in questa storia. Giurerei che questo è il vero Vincenzo.
PEDANTE
Giuralo, se osi.
GREMIO
No, non oso giurarlo.
TRANIO
Allora ti converrebbe anche dire che non sono Lucenzio.
GREMIO
Sì, so che sei il signor Lucenzio.
BATTISTA
Portate via questo rimbambito, in prigione!
VINCENZO
Così si possono strattonare e maltrattare gli stranieri! Che mostruoso farabutto!
Entrano Biondello, Lucenzio e Bianca.
BIONDELLO
Oh, siamo rovinati, eccolo lì. Rinnegatelo, smentitelo, o siamo rovinati tutti.
LUCENZIO [S’inginocchia.]
Perdono, caro padre.
VINCENZO
Mio figlio dunque vive?
Escono Biondello, Tranio e il Pedante in tutta fretta.
BIANCA
Perdono, caro padre.
BATTISTA
In che hai offeso?
Dov’è Lucenzio?
LUCENZIO
Ecco Lucenzio,
il vero figlio del vero Vincenzo,
che con le nozze ha fatto sua tua figlia
mentre falsi supposti ti ottenebrano la vista.
GREMIO
Quest’è un complotto, è chiaro, per ingannarci tutti.
VINCENZO
Dov’è quel maledetto furfante di Tranio
che mi ha così sfidato e cimentato?
BATTISTA
Ma, ditemi, questo non è il mio Cambio?
BIANCA
Cambio s’è cambiato in Lucenzio.
LUCENZIO
L’amore ha operato questi miracoli.
L’amore di Bianca mi ha fatto cambiare
il mio stato con Tranio, mentre lui
assumeva il mio aspetto in città,
e felicemente ho raggiunto alla fine
il porto desiato della mia beatitudine.
Quel che Tranio ha fatto, gliel’ho ordinato io;
perciò perdonatelo, caro padre, per amor mio.
VINCENZO
Taglierò il naso a quel ribaldo che voleva mandarmi in prigione.
BATTISTA
Ma sentite, signore. Avete sposato mia figlia senza chiedere la mia benedizione?
VINCENZO
Non temete, Battista, vi soddisferemo, state tranquillo. Ma io entro in casa, per vendicarmi di questa furfanteria. Esce.
BATTISTA
Ed io per sondare il fondo di questa birbanteria.
Esce.
LUCENZIO
Non impallidire, Bianca; tuo padre non disapproverà. Escono [Lucenzio e Bianca].
GREMIO
Ho fatto fiasco, ma entro anch’io col resto;
persa ogni speranza, parteciperò alla festa. [Esce.]
CATERINA
Marito, seguiamoli per vedere come va a finire.
PETRUCCIO
Prima baciami, Kate, e poi andremo.
CATERINA
Come, in mezzo alla strada?
PETRUCCIO
Perché, ti vergogni di me?
CATERINA
No, signore, Dio ne scampi; ma di baciare.
PETRUCCIO
E allora si torna a casa. Su, messere, andiamo.
CATERINA
No, ti darò un bacio. Ora ti prego, amore, restiamo.
PETRUCCIO
Non va bene così? Vieni, dolce Caterina,
meglio tardi che mai, meglio ora di prima. Escono.
ATTO QUINTO – SCENA SECONDA
Entrano Battista, Vincenzo, Gremio, il Pedante, Lucenzio e Bianca, [Petruccio e Caterina, Ortensio] e la Vedova; i Servi con Tranio, Biondello, Grumio che portano rinfreschi.
LUCENZIO
Alla fine, dopo tanto, le nostre note discordi
trovano un accordo, ed è ormai tempo,
finita la furia della guerra, di sorridere
delle traversie e dei pericoli scampati.
Mia bella Bianca, da’ il benvenuto a mio padre,
mentre con lo stesso affetto io accolgo il tuo.
Fratello Petruccio, sorella Caterina,
e tu, Ortensio, con la tua vedova affettuosa,
godetevi il meglio, e benvenuti a casa mia.
Questo rinfresco serve a chiudere lo stomaco
dopo il gran banchetto. Sedetevi, prego,
ora c’è da chiacchierare oltre che mangiare.
PETRUCCIO
Sempre seduti, e sempre a mangiare!
BATTISTA
Padova offre queste amenità, figlio Petruccio.
PETRUCCIO
Padova offre soltanto ciò che è buono.
ORTENSIO
Per noi due vorrei che questo fosse vero.
PETRUCCIO
Parola mia, Ortensio paventa la sua vedova.
VEDOVA
Figuratevi se sono una che si spaventa.
PETRUCCIO
Siete molto sensata, ma fraintendete il senso.
Voglio dire che Ortensio ha paura di voi.
VEDOVA
Chi ha la testa che gira crede che il mondo giri.
PETRUCCIO
Ben rigirata…
CATERINA
Che volete dire, signora?
VEDOVA
Così m’ha fatto concepire.
PETRUCCIO
Io concepire? E Ortensio come la prende?
ORTENSIO
La mia vedova dice che così ha concepito le parole.
PETRUCCIO
Ben rimediata… Merita un bacio, buona vedova.
CATERINA
“Chi ha la testa che gira crede che il mondo giri” …
Vi prego, ditemi che intendete con questo.
VEDOVA
Vostro marito, da una bisbetica angustiato,
il cruccio di mio marito sul suo ha misurato.
Adesso sapete quel che intendo.
CATERINA
Meschino intendimento.
VEDOVA
Giusto, intendo voi.
CATERINA
Meschina me davvero, se do retta a voi.
PETRUCCIO
Addosso, Kate!
ORTENSIO
Addosso, vedova!
PETRUCCIO
Cento marchi che Kate la mette sotto.
ORTENSIO
Questo compete a me.
PETRUCCIO
Detto da competente. Alla tua salute, ragazzo.
Brinda a Ortensio.
BATTISTA
Vi piacciono, Gremio, questi begli spiriti?
GREMIO
Credetemi, signore, si scozzonano bene.
BIANCA
Sopra e sotto! Uno con la battuta pronta
direbbe che cozzano di testa e corna.
VINCENZO
Ah, signora sposa, questo vi ha svegliata?
BIANCA
Sì, ma non spaventata, quindi torno a dormire.
PETRUCCIO
No, non potete. Ora che avete cominciato
disponetevi a una frecciata o due.
BIANCA
Sarei un uccello? Ma io cambio cespuglio,
e voi inseguitemi tendendo il vostro arco.
Siete tutti benvenuti.
Escono Bianca [con Caterina e la Vedova].
PETRUCCIO
Mi ha prevenuto. Signor Tranio, questo
è l’uccello a cui miravate, ma non avete preso;
un brindisi a tutti quelli che han tirato
e fatto cilecca.
TRANIO
Oh, signore, Lucenzio
mi ha sguinzagliato come il suo segugio,
che corre lui, e cattura per il suo padrone.
PETRUCCIO
Lesta similitudine, ma un po’ da cani.
TRANIO
Beato voi, che avete cacciato di persona.
Ma la vostra cerva sembra vi tenga a bada.
BATTISTA
Oh, oh, Petruccio! Ora Tranio vi ha centrato.
LUCENZIO
Grazie per questa frecciata, buon Tranio.
ORTENSIO
Su, ammettetelo; non ha fatto centro?
PETRUCCIO
Un po’ toccato, lo ammetto; e rimbalzando
dieci a uno la battuta ha stracciato voi due.
BATTISTA
Be’, seriamente, Petruccio, figlio mio,
penso che tu abbia la peggior bisbetica di tutte.
PETRUCCIO
Be’, io dico di no. E per averne conferma,
che ciascuno mandi a chiamare sua moglie,
e quello che la troverà più obbediente,
la prima a venire quando sarà chiamata,
vincerà la scommessa che proporremo.
ORTENSIO
D’accordo. Quanto scommettiamo?
LUCENZIO
Venti corone.
PETRUCCIO
Venti corone?
Le rischio sul mio cane o il mio falcone,
ma venti volte tanto su mia moglie.
LUCENZIO
Allora cento.
ORTENSIO
Va bene per me.
PETRUCCIO
Concluso!
ORTENSIO
Chi comincia?
LUCENZIO
Comincio io. Va’, Biondello,
di’ alla tua padrona di venire da me.
BIONDELLO
Vado. Esce.
BATTISTA
Figliolo, metà ce li metto io che Bianca viene.
LUCENZIO
Non faccio a metà; ce li metto tutti io.
Entra Biondello.
Ebbene, che dice?
BIONDELLO
Signore, la padrona vi manda a dire
che è occupata e non può venire.
PETRUCCIO
Come? È occupata e non può venire?
È una risposta?
GREMIO
Sì, e anche gentile.
Pregate Iddio che quella di vostra moglie
non sia peggio.
PETRUCCIO
Io spero meglio.
ORTENSIO
Biondello, va’ a pregare mia moglie
che venga subito da me. Esce Biondello.
PETRUCCIO
Oho, pregarla!
Dovrà per forza venire.
ORTENSIO
Temo, signore.
che per quanto facciate, alla vostra
non basterà farsi pregare.
Entra Biondello.
Be’, dov’è mia moglie?
BIONDELLO
Dice che avete voglia di scherzare.
Non vuol venire. Dice che andiate voi da lei.
PETRUCCIO
Di male in peggio, non vuol venire!
Ah, vile, intollerabile, insopportabile!
Ehi, Grumio, va’ dalla tua padrona,
dille che le ordino di venire da me. Esce [Grumio].
ORTENSIO
So già la risposta.
PETRUCCIO
Quale?
ORTENSIO
Non verrà.
PETRUCCIO
Tanto peggio per me, finirà lì.
Entra Caterina.
BATTISTA
O Santa Vergine, qui arriva Caterina.
CATERINA
Che comandate, signore, per avermi chiamata?
PETRUCCIO
Dov’è tua sorella, e la moglie di Ortensio?
CATERINA
In salotto a chiacchierare accanto al fuoco.
PETRUCCIO
Va’ a prenderle. Se si rifiutano di venire
portamele a sonore frustate dai loro mariti.
Va’, ti dico, e conducile qui subito. [Esce Caterina.]
LUCENZIO
Ecco un prodigio, se si parla di prodigi.
ORTENSIO
Lo è davvero. Chissà cosa presagisce.
PETRUCCIO
Ma presagisce pace, amore e vita tranquilla,
un regime di soggezione, giusta supremazia,
e in breve, tutto quanto c’è di dolce e di felice.
BATTISTA
Ti arrida ogni fortuna, buon Petruccio!
Hai vinto la scommessa, e io aggiungerò
ventimila corone a quel che han perso loro,
un’altra dote per un’altra figlia,
che è cambiata, come mai era stata prima.
PETRUCCIO
Ah, la scommessa voglio vincerla ancor meglio,
e mostrarvi altri segni della sua obbedienza,
della sua nuova virtù e obbedienza.
Entrano Caterina, Bianca e la Vedova.
Eccola che viene, con le vostre mogli riottose,
prigioniere della sua persuasione femminile.
Caterina, quel cappellino non ti sta bene,
togliti quella bolla, pestala sotto i piedi. [Obbedisce.]
VEDOVA
Dio, non darmi mai motivo di crucciarmi
finché non mi portino a tal stupido passo.
BIANCA
Puah, come chiami questa sciocca devozione?
LUCENZIO
Vorrei la tua fosse altrettanto sciocca.
La saggezza della tua devozione, bella Bianca,
mi è costata cento corone dall’ora di cena.
BIANCA
Sciocco sei stato tu, a scommetterci su.
PETRUCCIO
Caterina, ti ordino, di’ a queste testarde
il dovere che hanno verso i loro signori e mariti.
VEDOVA
Su, via, scherzate. Non vogliamo sentire.
PETRUCCIO
Invece avanti, dico, e comincia da lei.
VEDOVA
Non lo farà.
PETRUCCIO
Io dico di sì. E comincia da lei.
CATERINA
Su, su, vergogna! Spiana quella fronte
truce e minacciosa, non dardeggiare
sprezzante da quegli occhi per ferire
il tuo signore, tuo re, tuo governatore.
Sfigura la tua bellezza come il gelo
sconcia i prati; distrugge la tua reputazione
come il turbine scuote i bei boccioli,
e in nessun senso è amabile od acconcia.
Una donna irosa è come una fontana
intorbidita, fangosa, brutta a vedersi,
opaca, priva di bellezza, e finché è così,
nessuno, per quanto a gola secca o assetato,
si degna di sorbirne o toccarne una goccia.
Tuo marito è il tuo signore, la tua vita,
il tuo custode, il tuo capo, il tuo sovrano;
uno che ha cura di te e del tuo mantenimento,
che si sottopone a laboriose fatiche
per mare e terra, a vegliare di notte,
durante le tempeste, di giorno al freddo,
mentre tu stai calda e al sicuro in casa;
e non brama da te altro tributo che
amore, affabilità, e sincera obbedienza;
ben piccol pagamento per sì grande debito.
Il dovere che lega il suddito al suo principe
lega ugualmente una moglie a suo marito.
E quand’è riottosa, petulante, imbronciata,
acida e disobbediente al suo onesto volere,
non è forse una trista ribelle contenziosa,
una sgraziata traditrice del suo signore?
Mi vergogno che le donne siano così sciocche
da far guerra invece di pregare per la pace,
o cerchino autorità, supremazia, dominio,
mentre dovrebbero servire, amare, obbedire.
Non abbiamo il corpo debole, liscio e tenero,
inadatto alla fatica e alle cure del mondo,
perché le nostre qualità e i nostri cuori
ben si adattino alle nostre doti esteriori?
Su, su, riottosi e impotenti serpentelli,
il mio animo è stato altero come il vostro,
così il mio cuore e forse più la mia ragione,
tanto da ribattere parola per parola
e cipiglio a cipiglio. Ora capisco però
che le nostre lance non sono che pagliuzze,
debole la nostra forza, senza confronto
le nostre debolezze, tanto più deboli
là dove vogliono apparire più forti.
Abbassate allora la cresta, non c’è scopo,
e mettete le mani sotto il piede dello sposo.
In segno di tal dovere, se così gli aggrada,
la mia è pronta ad alleviargli la strada.
PETRUCCIO
Questa è una donna! Su, baciami, Kate.
LUCENZIO
Va’ là, marpione, la palma tocca a te.
VINCENZO
È un bel sentire, quando son figlie ossequiose.
LUCENZIO
E un brutto sentire, quando son donne riottose.
PETRUCCIO
Su, Kate, andiamo a letto.
In tre siamo sposati, ma voi due siete spacciati.
[A Lucenzio.] Tu hai colto il bersaglio,
ma io ho vinto la scommessa in pieno,
e così; Dio vi mandi un riposo sereno!
Escono Petruccio [e Caterina].
ORTENSIO
Va’ là, tu hai domato una bisbetica indemoniata.
LUCENZIO
Meraviglia, se permettete, che sia così domata. [Escono.]
La bisbetica domata
(“The Taming of the Shrew” 1590 – 1593)
Introduzione – Trama
Prologo
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V