(“The Taming of the Shrew” 1590 – 1593)
Introduzione – Trama
Prologo
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
ATTO TERZO – SCENA PRIMA
Entrano Lucenzio, Ortensio e Bianca.
LUCENZIO
Basta, menestrello. Vi fate troppo audace, signore.
Avete già scordato il benvenuto
che vi ha dato sua sorella Caterina?
ORTENSIO
Ma, pedante attaccabrighe, questa qui
è la patrona delle armonie celesti.
Concedetemi perciò la precedenza
e quand’avremo passato un’ora di musica
avrete altrettanto per la vostra lezione.
LUCENZIO
Strampalato somaro, che neppure sapete
il motivo per cui la musica fu inventata!
Non fu per rinfrescare la mente umana
dopo gli studi o le fatiche quotidiane?
Lasciatemi perciò istruirla in filosofia
e dopo, ammannitele la vostra armonia.
ORTENSIO
Messere, non tollero queste tue bravate.
BIANCA
Ma signori, mi fate doppiamente torto
litigando su quanto è di mia scelta.
Non sono una scolaretta che si sculaccia,
non mi farò legare a orari e imposizioni,
ma studierò le lezioni come piace a me.
E per troncare ogni contesa, sediamoci qui.
Voi prendete lo strumento, e intanto suonate;
la sua lezione finirà prima che sia accordato.
ORTENSIO
Smetterete quando avrò il tono giusto?
LUCENZIO
Questo non sarà mai. Intonate lo strumento.
BIANCA
Dov’eravamo rimasti?
LUCENZIO
Qui, signora;
Hic ibat Simois, hic est Sigeia tellus,
Hic steterat Priami regia celsa senis.
BIANCA
Fate la traduzione.
LUCENZIO
Hic ibat, come vi ho detto prima – Simois, io sono Lucenzio – hic est, figlio di Vincenzo di Pisa – Sigeia tellus, così travestito per ottenere il vostro amore – Hic steterat, e quel Lucenzio che viene a corteggiarvi – Priami, è il mio servo Tranio – regia, assumendo le mie vesti – celsa senis, per ingannare il vecchio pantalone.
ORTENSIO
Madama, il mio strumento è accordato.
BIANCA
Sentiamo. Ma no! Il sol stona.
LUCENZIO
Sputate nel foro, e accordate ancora.
BIANCA
Adesso vediamo se lo so tradurre io; Hic ibat Simois, io non vi conosco – his est Sigeia tellus, non mi fido di voi – Hic steterat Priami, attento che non ci senta – regia, non fatevi illusioni – celsa senis, non disperate.
ORTENSIO
Madama, adesso è accordato.
LUCENZIO
Ma non il basso.
ORTENSIO
Il basso va bene, ma non quel basso furfante.
[A parte.] Com’è focoso e audace quel pedante.
Sulla mia vita, fa la corte alla mia amata.
Pedascule, guarda che ti tengo d’occhio.
BIANCA
Col tempo potrò credervi, ma non mi fido.
LUCENZIO
Non diffidate… di certo l’Eacide
era Aiace, così chiamato dal nonno.
BIANCA
Devo credere al mio maestro; se no, v’assicuro,
starei ancora a discutere su questo dubbio.
Ma lasciamo stare. Ora, Licio, a voi.
Buon maestro, non prendetevela, vi prego,
se ho scherzato così con tutti e due.
ORTENSIO
[A Lucenzio.] Potete far quattro passi, e darmi agio.
Non so dare lezioni di musica a tre.
LUCENZIO
Siete così puntiglioso, signore? Bene, aspetterò…
[A parte.] E ad occhi aperti perché, se non mi sbaglio,
il nostro bel musico si sta innamorando.
ORTENSIO
Madama, prima che tocchiate lo strumento
per apprendere l’ordine della mia diteggiatura,
devo cominciare con i rudimenti dell’arte,
per insegnarvi la scala nel modo più rapido,
più piacevole, preciso ed efficace
che sia mai stato usato da un mio pari.
Ed eccolo bene esposto per iscritto.
BIANCA
Ma io ho imparato la scala già da tanto.
ORTENSIO
Leggete comunque la scala di Ortensio.
BIANCA
“Do, sono la base di ogni accordo;
Re, per perorare d’Ortensio la passione;
Mi, Bianca, prendi lui come tuo marito;
Fa, che ti ama con grande trasporto;
Sol, una chiave, due note compone;
La, abbi pietà o sono finito.”
La chiamate una scala? Bah, non mi piace!
Preferisco quella vecchia. Non sono tanto sventata
da cambiar buone regole con bislacche trovate.
Entra un Servo.
SERVO
Padrona, vostro padre vi prega di lasciare i libri
e aiutare a decorare la stanza di vostra sorella.
Sapete che domani è il giorno delle nozze.
BIANCA
Addio, cari maestri, devo andarmene.
[Escono Bianca e il Servo.]
LUCENZIO
In tal caso, signora, non ho motivo di restare. [Esce.]
ORTENSIO
Ma io ho motivo di spiare questo pedante.
Mi pare che abbia l’aria dell’innamorato.
Ma se i tuoi pensieri, Bianca, volan così bassi
da volger lo sguardo peregrino ad ogni specchietto,
che ti si prenda chi vuole. Se vai allo sbando
allora Ortensio ti ripagherà… cambiando. Esce.
ATTO TERZO – SCENA SECONDA
Entrano Battista, Gremio, Tranio, Caterina, Bianca, [Lucenzio] e altri del Seguito.
BATTISTA
Signor Lucenzio, questo è il giorno fissato
per le nozze di Petruccio e Caterina,
eppure non si sa nulla di nostro genero.
Che dirà la gente? Sarà una burla
l’assenza dello sposo col prete che aspetta
di celebrare i riti della cerimonia nuziale!
Che dice Lucenzio di questa nostra onta?
CATERINA
L’onta è solo mia. Io sono forzata
a dare la mia mano, controvoglia,
a un buzzurro scapestrato, stravagante,
uno che a corteggiare va di fretta
ma per sposarsi se la prende comoda.
Ve lo dicevo che era un matto da legare,
che coi modi bruschi celava brutti scherzi.
E per passare da buontempone, ne corteggia
a migliaia, fissa il giorno delle nozze,
organizza la festa, invita gli amici,
espone i bandi, senza sognarsi di sposare
chi ha corteggiato. Ora tutti segneranno a dito
la povera Caterina, e andran dicendo
“To’, ecco la moglie di quel pazzo di Petruccio,
se mai avrà voglia di venirsela a sposare!”
TRANIO
Pazienza, buona Caterina, e anche voi, Battista.
In fede mia, Petruccio ha buone intenzioni,
qualunque caso gli faccia mancare di parola.
Anche se è brusco, so che è molto saggio;
anche se allegro, nella sostanza è onesto.
CATERINA
Ah, ma se Caterina non l’avesse mai visto!
Esce in lacrime [con Bianca e il Seguito].
BATTISTA
Va’, figliola, non posso biasimarti se ora piangi,
una tale offesa farebbe stizzire una santa,
figuriamoci una bisbetica impaziente come te.
Entra Biondello.
BIONDELLO
Padrone, padrone, ecco le nuove! E nuove così vecchie che non ne avete mai sentite.
BATTISTA
Nuove e anche vecchie? Come può essere?
BIONDELLO
Be’, non sono nuove sentire dell’arrivo di Pe-truccio?
BATTISTA
È arrivato?
BIONDELLO
Ma no, signore.
BATTISTA
E allora?
BIONDELLO
Arriva.
BATTISTA
Quando sarà qui?
BIONDELLO
Quando starà dove sono io e vi vedrà lì.
TRANIO
Ma dimmi, e le tue nuove così vecchie?
BIONDELLO
Be’, Petruccio se ne viene con un cappello nuovo e un vecchio farsetto; un paio di brache vecchie rivoltate tre volte; un paio di stivali che son serviti da portacandele, uno con fibbia e l’altro coi lacci; una vecchia spada rugginosa presa dall’armeria del paese, con l’elsa spezzata e il fodero senza puntale; due bretelline rotte; su un cavallo sfiancato, con una vecchia sella mangiata dalle tarme e staffe scompagnate, in preda al cimurro e con la schiena rotta, afflitto dal lamprasco, infettato di ulcere, coperto di galle, spacciato dallo spavenio, sfigurato dall’itterizia, stralunato dagli stranguglioni, stravolto dalle vertigini, mangiato dai vermi, sciancato a tergo e slogato alle spalle, con le anteriori storte e un morso malmesso, con una cavezza di pelle di pecora che a forza di strappi per non farlo inciampare si è rotta infinite volte ed è tenuta assieme coi nodi; con un sottopancia rabberciato sei volte e una groppiera da donna di velluto con su bellamente imbullettate le iniziali del suo nome e qua e là rammendata con lo spago.
BATTISTA
E chi viene con lui?
BIONDELLO
Oh, signore, il suo lacchè, bardato in tutto e per tutto come il suo cavallo; con una calza di lino su una gamba e un calzerotto di lana grossa sull’altra, e giarrettiere di cimosa rossa e blu, un vecchio cappello col vezzo di quaranta infiorettature infilate a mo’ di piuma; un mostro, un vero mostro dall’abito, non certo un paggio cristiano o il lacchè di un gentiluomo.
TRANIO
È un umore balzano che lo induce a questo. Spesso però va in giro mal vestito.
BATTISTA
È un sollievo che venga, comunque sia.
BIONDELLO
Ma, signore, non viene mica.
BATTISTA Non avevi detto che veniva?
BIONDELLO
Chi? Che Petruccio veniva?
BATTISTA
Sì, che Petruccio veniva.
BIONDELLO
No, signore. Ho detto che veniva il suo cavallo, con lui sopra.
BATTISTA
Ma è tutt’uno.
BIONDELLO
No, per Santiago,
scommetto un baiocco
cavallo e cavaliere
son più di uno
ma non troppo.
Entrano Petruccio e Grumio.
PETRUCCIO
Su, dove sono questi galanti? Chi ci riceve?
BATTISTA
Siete il benvenuto, signore.
PETRUCCIO
Eppur non vengo bene.
BATTISTA
Eppur non zoppichi.
TRANIO
E non siete ben vestito come vorrei.
PETRUCCIO
Non è meglio che mi affretti anche così?
Ma dov’è Kate? Dov’è la mia bella sposa?
Come sta mio padre? Gentili, sembrate accigliati.
E perché questa bella accolta sbarra gli occhi
come davanti a chissà qual portento,
a una cometa o a un insolito prodigio?
BATTISTA
Ma è il giorno delle nozze, signore, lo sapete.
Prima ci rattristava il timore che non veniste,
e ora ancor più vedervi così malmesso.
Vergogna, via quest’abito, un’onta
al vostro rango e un pugno nell’occhio
in questa nostra solenne cerimonia!
TRANIO
E diteci quale importante circostanza
vi ha fatto ritardare così a lungo
mandandovi qui così diverso da voi stesso.
PETRUCCIO
È tedioso narrarlo, e duro udirlo.
Basti che son venuto a mantener la parola
sebbene costretto a deviare in qualche punto,
del che mi scuserò con maggior agio
in modo da soddisfarvi tutti quanti.
Ma dov’è Kate? Da troppo le sto lontano.
La mattina passa, dovremmo essere in chiesa.
TRANIO
Non presentatevi alla sposa così conciato,
andate nelle mie stanze, mettetevi un mio abito.
PETRUCCIO
No, credetemi; mi presenterò così.
BATTISTA
Ma non vorrete sposarla così, spero.
petruccio
Affè mia, proprio così. Basta perciò parole;
è me che sposa, non i miei vestiti.
Potessi restaurare ciò che di me consumerà
come posso cambiare queste povere bardature,
sarebbe bene per Kate e meglio per me.
Ma che sciocco sono a cianciare con voi
invece di dare il buongiorno alla mia sposa
e suggellare quel nome con un bacio d’amore.
Escono [Petruccio e Grumio].
TRANIO
Ha un intento col suo folle abbigliamento.
Lo convinceremo, se sarà possibile,
a mettersi meglio prima d’andare in chiesa.
BATTISTA
Lo seguo per vedere come va a finire.
Escono [Battista, Gremio, Biondello, il Seguito].
TRANIO
Ma all’amore di lei occorre aggiungere
l’approvazione di suo padre, e per ottenerla,
come ho già prima detto a Vostra signoria,
mi procurerò un uomo – chiunque sia,
non importa molto, lo addestreremo noi –
che faccia la parte di Vincenzo di Pisa
e qui a Padova dia garanzie di somme
anche superiori a quelle già promesse.
Così vi godrete in pace quel che sperate
e sposerete la dolce Bianca col consenso.
LUCENZIO
Se non fosse che il mio collega precettore
sorveglia strettamente i passi di Bianca,
forse sarebbe meglio sposarsi di nascosto;
fatte le nozze, dicano pure tutti di no,
mi terrei il mio a dispetto di tutti.
TRANIO
Questo dovremo valutarlo con calma,
stando all’erta per l’occasione favorevole.
Metteremo nel sacco Gremio barbagrigia,
il padre ficcanaso, Minola, l’esperto
musico, l’amoroso Licio; e tutto
per amore del mio padron Lucenzio.
Entra Gremio.
Signor Gremio, venite dalla chiesa?
GREMIO
Con tanta gioia quanta lasciando la scuola.
TRANIO
E la sposa e lo sposo tornano a casa?
GREMIO
Lo sposo, dite? Uno stalliere, meglio,
e ringhioso, e la ragazza se ne accorgerà.
TRANIO
Peggio di lei? Andiamo, è impossibile.
GREMIO
Sì, è un diavolo, un diavolo incarnato.
TRANIO
Lei è un diavolo, anzi, una diavolessa.
GREMIO
Macché È una pecorella, una colomba,
una povera innocente, al suo confronto.
Vi dico, signor Lucenzio, quando il prete
chiese se Caterina voleva esser sua moglie,
“Sì, sacraboldo”, disse lui, con un moccolo
così forte che il prete esterrefatto
lasciò cadere il libro, e mentre si chinava
per raccoglierlo, lo sposo stralunato
gli appioppò un tal ceffone che giù
caddero prete e libro, libro e prete.
“E adesso li tiri su chi vuole”, fa quello.
TRANIO
E la ragazza che ha detto quando si rialzò?
GREMIO
Tremava tutta, e lui pestava e bestemmiava
come se il parroco volesse abbindolarlo.
Ma dopo molte altre sceneggiate
chiede del vino e “Un brindisi!”, urla,
come se fosse stato a bordo a tracannare
con gli altri marinai dopo una tempesta;
butta giù il moscato, e le sopette
le getta in faccia al sacrestano sol perché
aveva una barbetta rada da affamato
e pareva chiedergliele mentre lui beveva.
Fatto questo, prende la sposa per il collo
e la bacia in bocca con uno schiocco così forte
che al distacco tutta la chiesa ne riecheggia.
A questa vista venni via per la vergogna,
e dietro di me se ne viene tutta la congrega.
Non s’è mai visto un matrimonio così pazzo.
Udite, udite! Sento suonare i menestrelli. Suon di musica.
Entrano Petruccio, Caterina, Bianca, Battista, Ortensio, [con Grumio e il Seguito].
PETRUCCIO
Signori e amici, vi ringrazio per il disturbo.
So che oggi pensate di pranzare con me,
e avete preparato un gran banchetto nuziale,
ma il fatto è che devo andarmene di fretta
e perciò qui intendo prendere congedo.
BATTISTA
Possibile che vogliate partire questa sera?
PETRUCCIO
Devo partire prima che faccia sera.
Non stupitevi; se sapeste i miei impegni
insistereste ch’io vada, e non che resti.
Onesti compagni, ringrazio tutti voi
che mi avete visto donare me stesso
a questa moglie così paziente, dolce e virtuosa.
Pranzate con mio padre, bevete alla mia salute,
io devo andarmene; dico addio a tutti voi.
TRANIO
Vi preghiamo di restar fin dopo il pranzo.
PETRUCCIO
Non è possibile.
GREMIO
Ve ne prego.
PETRUCCIO
Non è possibile.
CATERINA
Ve ne prego io.
PETRUCCIO
Mi compiaccio.
CATERINA
Vi compiacete di restare?
PETRUCCIO
Mi compiaccio che mi preghiate di restare;
ma non di restare, per quanto mi preghiate.
CATERINA
Se mi amate, rimanete.
PETRUCCIO
Grumio, i cavalli.
GRUMIO
Sì, signore, son pronti; la biada se li è pappati.
CATERINA
Quand’è così,
tu fa’ come vuoi, ma io oggi non vengo.
No, neanche domani, finché non mi garba.
La porta è aperta, signore, quella è la strada,
puoi andartene finché hai le scarpe nuove.
Quanto a me, non andrò finché non mi garba.
Mi figuro che risulterai un marito scorbutico,
se ti impunti così fin dall’inizio.
PETRUCCIO
Oh, Kate, fa la brava, ti prego, non ti arrabbiare.
CATERINA
Invece mi arrabbierò; tu che c’entri?
Padre, state calmo; resterà finché voglio io.
GREMIO
Ahimè, signore, adesso cominciano le storie.
CATERINA
Signori, procediamo al banchetto nuziale.
Vedo che la donna vien resa uno zimbello
se lei non ha la forza di resistere.
PETRUCCIO
Loro procederanno, Kate, al tuo comando.
Obbedite alla sposa, voi del seguito.
Andate al banchetto, fate baldoria,
trincate a piena gola alla sua verginità,
impazzate e gioite, o impiccatevi pure.
Ma la mia bella Kate se ne viene con me.
No, non gonfiate il petto, non pestate i piedi,
non sgranate gli occhi, non inquietatevi;
sarò ben padrone di quel che è mio.
Lei è roba mia, mia proprietà, mia casa,
mie masserizie, mio campo, mio granaio,
mio cavallo, mio bue, mio asino, mio tutto;
eccola lì. La tocchi chi ne ha il coraggio!
Procederò contro chi sia tanto temerario
da bloccarmi la strada a Padova. Grumio,
snuda la spada, siamo assaliti da predoni,
salva la tua padrona se sei un uomo.
Non temere, dolcezza mia, non ti toccheranno,
Kate. Ti farò da scudo contro un milione.
Escono Petruccio, Caterina [e Grumio].
BATTISTA
Sì, lasciateli andare, una coppia di tranquilli!
GREMIO
Se non se ne andavano, sarei morto dalle risa.
TRANIO
Non s’è mai visto matrimonio più balzano.
LUCENZIO
E voi che pensate di vostra sorella, signora?
BIANCA
Che matta com’è, fa coppia con un matto.
GREMIO
Vi assicuro, Petruccio s’è Kattizzato.
BATTISTA
Amici e vicini, benché sposa e sposo
manchino d’occupare i loro posti a tavola,
sapete che leccornie non mancano al banchetto.
Lucenzio, voi occuperete il posto dello sposo,
e Bianca prenda il posto di sua sorella.
TRANIO
La dolce Bianca farà pratica da sposa?
BATTISTA
Certo, Lucenzio. Su, signori, andiamo. Escono.
La bisbetica domata
(“The Taming of the Shrew” 1590 – 1593)
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