(“The tempest” 1611/1612)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
ATTO QUINTO – SCENA PRIMA (unica)
(Davanti alla grotta di Prospero.)
Entrano Prospero, coi suoi abiti di mago, e Ariel
PROSPERO
Ora il mio esperimento
Volge alla soluzione.
I miei incantesimi non falliscono
Gli spiriti obbediscono
E il tempo avanza eretto
Con un peso più lieve.
Che ore sono?
ARIEL
Le sei.
L’ora in cui il nostro lavoro doveva finire,
L’hai detto tu, mio signore.
PROSPERO
L’ho detto all’inizio
Quando sollevai la tempesta.
Mio spirito,
E il re e i suoi come stanno?
ARIEL
Confinati insieme
Come avevi ordinato, e proprio
Come tu li hai lasciati.
Prigionieri, signore,
Nel boschetto di tigli
Che difende dal maltempo
La tua grotta.
Non possono muoversi
Se non li liberi tu.
Il Re, suo fratello e il tuo
Sono in preda alla pazzia
E gli altri piangono per loro,
Stracolmi di dolore e di paura:
Ma specialmente quello
Che tu hai chiamato, padrone,
“Il buon vecchio nobile Gonzalo”.
Le lacrime gli scorrono
Lungo la barba
Come gocce d’inverno
Da grondaie di canne.
Il tuo incantesimo
Agisce con tanta forza
Che, se tu li vedessi ora,
Ne avresti tenerezza.
PROSPERO
Lo credi, spirito?
ARIEL
Io sì,
Se fossi umano.
PROSPERO
E allora io lo sarò.
Tu che non sei che aria
Sei come toccato da un senso,
Una pena per i loro affanni
Ed io, che sono della stessa specie,
Che soffro le stesse passioni,
Non dovrò, uomo,
Commuovermi più di te?
Profondamente con i loro colpi
Mi hanno lacerato
Ma contro il mio furore
Io mi schiero
Al fianco della più nobile ragione.
Le opere della virtù sono più rare
Di quelle della vendetta.
Se si sono pentiti,
La corsa del mio proposito
Si arresta
A un aggrottar di ciglia.
Va, Ariel,
Mettili in libertà.
Spezzerò l’incantesimo,
Restituirò loro la ragione
E saranno
Nuovamente se stessi.
ARIEL
Vado a prenderli, signore. Esce.
PROSPERO
Voi elfì delle colline, dei ruscelli,
Degli immobili laghi e delle selve,
E voi che sulle sabbie inseguite
Con piede che non lascia impronta
Il rifluente Nettuno e gli sfuggite
Quando di nuovo avanza,
E voi minuscole figurine
Che al chiaro di luna tracciate
Cerchi d’erba amara
Che le greggi rifiutano
E voi che per gioco
Fate nascere i funghi a mezzanotte
Felici nell’udire
Il solenne coprifuoco,
Con il vostro aiuto
– Per debole che sia –
Io ho oscurato il sole a mezzogiorno,
Radunato i venti bellicosi
E tra il verde mare e l’azzurrata volta
Scatenato guerra ruggente.
Io ho dato fuoco
Al tremendo, strepitoso tuono
E schiantato
La solida quercia di Giove
Con la sua stessa folgore,
Ho scosso il promontorio
Con la sua ferma base,
Divelto alle radici
Il pino e il cedro.
Al mio comando, tombe hanno svegliato
I loro morti e, spalancate,
Li hanno fatti uscire,
Grazie alla mia Arte potente.
Ma questa rozza magia
Io adesso abiuro
E, dopo averle chiesto, ecco, lo faccio ora,
Una musica celeste,
Questo incantesimo d’aria
Che agisca per me sui sensi
Di coloro ai quali
È destinato,
Spezzerò la mia verga,
La seppellirò
Mille tese sotto terra
E più in fondo
Di quanto mai scandaglio si sia spinto
Annegherò il mio libro. Musica solenne.
Entra prima Ariel, poi Alonso con gesti da folle, seguito da Gonzalo; allo stesso modo Sebastiano e Antonio, seguiti da Adriano e Francesco: tutti entrano nel cerchio tracciato da Prospero e vi restano, incantati; osservando ciò Prospero parla:
Un’armonia solenne
Che è il rimedio migliore
Per la mente sconvolta,
Ti guarisca il cervello
Che ribolle, inutile, nel cranio.
Fermi, siete stregati.
Buon Gonzalo, uomo onorato,
I miei occhi
Commossi alla sola vista dei tuoi
Versano gocce amiche.
Ecco, l’incantesimo si dissolve
E simili al mattino
Che avanza furtivo nella notte
Sciogliendo l’oscurità,
I loro sensi che risalgono
Cominciano a scacciare
I fumi dell’incoscienza
Che ammantano la più limpida ragione.
O buon Gonzalo,
Mio vero salvatore e suddito leale
Di colui che segui!
Pienamente ripagherò la tua bontà
Con le parole e i fatti.
Crudelmente, Alonso,
Trattasti me e mia figlia – e tuo fratello
Fu complice in questa azione.
Ne senti ancora la fitta, Sebastiano.
E tu, mia carne e sangue,
Fratello mio,
Hai nutrito ambizione,
Hai rinnegato la pietà
E la voce della natura
E insieme a Sebastiano
– La cui interna spina è perciò più amara –
Eri pronto a uccidere il tuo Re.
Snaturato come sei
Io ti perdono.
La loro intelligenza comincia a montare
E la marea che avanza
Coprirà presto la riva della ragione
Ancora così sporca e fangosa.
Non ce n’è uno che mi guardi
O mi riconosca. Ariel,
Prendimi cappello e spadino nella grotta:
Mi toglierò questa veste
E apparirò qual ero un tempo,
Il Duca di Milano.
Svelto, spirito,
Tra poco sarai libero.
Ariel canta e lo aiuta a vestirsi.
Dove l’ape succhia
Succhio io:
Giaccio
Nella corolla d’una primula
E lì dormo
Quando gridano i gufi.
Volo
Sul dorso del pipistrello
In cerca dell’estate
Allegramente.
E allegro, allegro
Ora vivrò
Sotto il fiore
Che pende dal ramo!
PROSPERO
E bravo il mio squisito Ariel!
Mi mancherai – ma avrai egualmente
La libertà! – Così… così… così…
Vola alla nave del Re,
Invisibile come sei.
Troverai i marinai
Addormentati sotto i boccaporti.
Il capitano e il nostromo svegliali
E trascinali qui.
Ma presto.
ARIEL
Bevo l’aria che mi sta davanti
E torno prima che il tuo polso
Batta due volte. Esce.
GONZALO
Qui risiede ogni tormento e affanno,
Ogni meraviglia e ogni terrore:
Una potenza celeste
Ci aiuti a uscire
Da questa terra spaventosa!
PROSPERO
Guarda, o Re,
Il Duca di Milano,
Ingiustamente spodestato,
Prospero,
E affinché tu sia sicuro che a parlarti
È un Principe vivente,
Abbraccio il tuo corpo
E a te e al tuo seguito dico,
Col cuore, benvenuti.
ALONSO
Se tu sia Prospero o no,
O una visione stregata
Che, come prima, mi inganni,
Io non lo so. Il tuo polso batte
Come di carne e sangue
E da quando ti ho visto si è placato
Quel dolore della mente
Con cui, temo, una pazzia mi imprigionava.
Tutto ciò esige – se esiste
Un racconto di prodigi.
Rinuncio al tuo ducato e ti chiedo
Perdono per il male che ti ho fatto.
Ma com’è possibile
Che Prospero sia vivo, e che si trovi qui?
PROSPERO
Per prima cosa, nobile amico,
Lasciami abbracciare la tua vecchiaia
Alla quale è dovuto un onore
Senza misura o confine.
GONZALO
Se tutto ciò è o non è,
Non so giurarlo.
PROSPERO
State ancora gustando
Certe rarità dell’isola
Che non vi fanno credere
Alle cose certe. Amici,
Benvenuti a voi tutti!
(A parte a Sebastiano e Antonio.)
In quanto a voi, bella coppia,
Potrei farvi cadere addosso
L’ira di Sua Altezza, se volessi,
E smascherarvi come traditori:
Ma non ho voglia di altre storie, per ora.
SEBASTIANO (a parte)
Parla il diavolo, in lui.
PROSPERO
No. E in quanto a voi, scellerato,
Che non posso chiamare fratello
Senza infettarmi la bocca,
A te perdono la colpa più nera,
Te le perdono tutte e ti ordino
Di restituirmi il mio ducato.
So che non hai scelta.
ALONSO
Se sei Prospero,
Dicci i particolari della tua salvezza:
Come ci hai incontrati qui,
Noi che tre ore fa
Siamo naufragati su questa spiaggia,
Dove io ho perduto
(E com’è aguzza la punta del ricordo)
Il mio amato figlio Ferdinando.
PROSPERO
Me ne dispiace, signore.
ALONSO
La perdita è irreparabile:
E la rassegnazione
Confessa che non può darmi aiuto.
PROSPERO
Credo, invece,
Che non l’abbiate cercato:
Io, per la stessa perdita,
Ho ricevuto sovrano conforto
Dalla sua dolce grazia.
Io mi sono rassegnato.
ALONSO
La stessa perdita?
PROSPERO
Altrettanto grande,
E altrettanto recente; ma io,
Per sopportarla,
Ho strumenti assai più deboli
Di quanti possano
Confortare voi:
Io ho perduto mia figlia.
ALONSO
Una figlia? O Cieli,
Fossero entrambi vivi a Napoli
Come Re e Regina!
Perché fosse così
Vorrei essere io a giacere
Nel letto di fango
In cui giace mio figlio. Quando
Hai perduto tua figlia?
PROSPERO
In quest’ultima tempesta.
Ma vedo che lor signori
Sono così stupiti per l’incontro
Da divorare la propria ragione
E dubitare
Che i loro occhi dicano il vero
E che le loro parole
Siano un’espressione naturale.
Ma, sebbene strappati ai vostri sensi,
Siate certi che io sono Prospero,
Il Duca scacciato da Milano,
Il quale, per uno strano caso,
Su questa stessa riva
Dove voi naufragaste
Approdò per esserne il signore.
Ma di ciò basta: è cronaca
Di interi giorni
Non un racconto da fare a colazione
O adatto a questo primo incontro.
Benvenuto, signore:
Questa grotta è la mia reggia.
Qui ho pochi cortigiani, e fuori
Nessun suddito. Vi prego,
Date uno sguardo dentro.
Voi mi avete restituito il mio Ducato,
Io vi ricambierò
Con un bene altrettanto grande.
O almeno produrrò una meraviglia
Che farà felice voi
Quanto il mio Ducato
Rende felice me.
Qui Prospero mostra Ferdinando e Miranda che giocano a scacchi.
MIRANDA
Mio adorato, tu bari.
FERDINANDO
No, carissimo amore,
Non lo farei nemmeno per il mondo.
MIRANDA
Sì, invece, ma anche se lo facessi
Solo per qualche regno
Ugualmente ti direi
Che il tuo gioco è leale.
ALONSO
Se questo si rivela
Un miraggio dell’isola,
Avrò perduto due volte
Un unico, amato figlio.
SEBASTIANO
Che grandioso miracolo!
FERDINANDO
I mari sono pietosi
Anche se minacciano.
Li ho maledetti senza motivo.
ALONSO
Ti stringano, ora,
Tutte le benedizioni di un padre felice.
Alzati e dimmi
Come sei arrivato in questo luogo.
MIRANDA
O meraviglia! Quante magnifiche creature
Ci sono qui, e com’è bello
L’uomo.
O splendido nuovo mondo
Che ha gente simile dentro di sé.
PROSPERO
È nuovo per te.
ALONSO
Chi è la fanciulla con cui giocavi?
Non puoi conoscerla
Da più di tre ore.
È una dea? È lei
Che prima ci ha divisi
E ora ci riunisce?
FERDINANDO
È una mortale, signore.
Ma, grazie all’immortale Provvidenza,
È mia: l’ho scelta
Quando non potevo
Chiedere a mio padre il suo parere
Né credevo di averne ancora uno.
È la figlia
Di questo celebre Duca di Milano
Del quale avevo tanto spesso udito
Senza averlo mai visto. Da lui
Ho ricevuto una seconda vita, e lei
Lo rende per me un secondo padre.
ALONSO
E io lo sarò per lei.
Ma mi parrà assai curioso
Chiedere perdono a mia figlia.
PROSPERO
Basta così, signore:
Non graviamo la nostra memoria
Di un peso ormai scomparso.
GONZALO
Se non avessi pianto interiormente
Avrei parlato prima.
Guardate giù, voi dèi,
E fate scendere una corona benedetta
Su questa coppia.
Voi avete segnato
La strada che ci ha portati qui.
ALONSO
Dico Amen, Gonzalo.
GONZALO
Milano, dunque,
Fu scacciato da Milano
Perché i suoi discendenti
Diventassero Re di Napoli?
Oh, godiamo,
Al di là di ogni normale gioia,
E incidiamolo in oro
Su colonne imperiture:
In un unico viaggio
Claribella trovò suo marito a Tunisi
E Ferdinando, suo fratello,
Trovò una moglie dove s’era perduto,
Prospero il suo ducato
In un’isola nuda
E tutti noi, noi stessi
Quando nessuno
Era padrone di sé.
ALONSO (a Ferdinando e Miranda.)
Datemi le mani:
Il cuore di chi non vi augura gioia
Rimanga avvolto
Dall’ansia e dal dolore.
GONZALO
Così sia, Amen!
Rientra Ariel, col Capitano e il Nostromo che lo seguono stupefatti.
Guardate, sire, guardate!
Ecco ancora qualcuno dei nostri!
Avevo fatto la profezia
Che finché sulla terra rimaneva una forca
Costui non poteva annegare.
Ebbene, tu, infedele,
Che, sacramentando,
Gettavi la grazia fuoribordo,
Nemmeno una bestemmia, qui a riva?
A terra
Hai perduto la lingua?
Che novità ci porti?
NOSTROMO
La novità migliore
È che abbiamo ritrovati sani e salvi
Il nostro Re e la sua corte.
La seconda, che la nostra nave
Che appena tre clessidre fa
Credevamo a pezzi
È vispa, nuova e gagliarda
Come la prima volta
Che la mettemmo in mare.
ARIEL (a parte a Prospero)
Padrone, quest’ultimo servizio
L’ho fatto ora.
PROSPERO (a parte ad Ariel)
Diavolo d’uno spirito!
ALONSO
Questi non sono eventi naturali;
Lo strano si fa sempre più strano.
Dite, in che modo siete arrivati qui?
NOSTROMO
Se fossi certo, Sire,
Di essere veramente sveglio,
Mi sforzerei di dirvelo.
Eravamo morti dal sonno
E, non sappiamo come,
Tutti accucciati sotto i boccaporti,
Quando, proprio ora, siamo stati svegliati
Da mille rumori strani,
Da ruggiti, urli, grida,
Strepito di catene e altre
Specie di suoni, tutti orrendi.
Poi, di colpo, messi in libertà.
Ed ecco che, tutti interi,
Vediamo intera la nostra brava
Valorosa nave reale
E il capitano che faceva le capriole
Alla sua vista,
E in un baleno, credetemi,
Come in un sogno,
Veniamo divisi dagli altri
E trasportati qui tutti confusi.
ARIEL (a parte a Prospero)
Ho lavorato bene?
PROSPERO (a parte ad Ariel)
Da maestro. Sei la diligenza fatta persona. Sarai libero.
ALONSO
Questo è il più strano labirinto
Che uomo abbia mai percorso,
E in queste cose c’è più
Di quanto la natura abbia mai ordinato.
Qualche oracolo
Deve rimettere in sesto
La nostra conoscenza.
PROSPERO
Signore, mio sovrano,
Non intorbidatevi la mente
Con la stranezza di queste cose.
A tempo debito, e cioè tra breve
Vi spiegherò, in privato,
E nel modo che ve li renda plausibili
Uno per uno gli avvenimenti occorsi.
Fino ad allora, siate allegro
E pensate il meglio di ogni cosa.
(A parte ad Ariel) Vieni qui, spirito:
Libera Caliban e i suoi complici.
Sciogli l’incantesimo. (Esce Ariel.)
Come sta il mio grazioso sovrano?
Un paio dei vostri uomini,
Che voi non ricordate,
Mancano ancora all’appello.
Rientra Ariel che spinge Caliban, Stefano e Trinculo, vestiti coi costumi rubati.
STEFANO
Ognuno pensi a tutti gli altri e nessuno si preoccupi di se stesso – tutto è solo fortuna. Coragio, prode mostro, coragio.
TRINCULO
Se gli spioni che porto in capo dicono la verità ecco proprio una bella vista!
CALIBAN
O Setebos,
Che splendidi spiriti!
Com’è bello il padrone!
Ho paura che mi punirà.
SEBASTIANO
Ah, ah! Che roba è questa, Antonio?
Si può comprare?
ANTONIO
È probabile: uno di loro
È un vero e proprio pesce,
Quindi lo trovi al mercato.
PROSPERO
Signori, osservate come sono parati costoro
E poi ditemi
Se sono onesti o disonesti.
Questa canaglia deforme,
Sua madre era una strega; e così forte
Che poteva governare la luna,
Produrre flussi e riflussi
E usare la sua autorità
Senza averne il potere.
Questi tre mi hanno derubato,
E questo semi-diavolo
– Perché è un bastardo del demonio
Aveva complottato con loro
Per togliermi la vita.
Due di questi individui
Dovete riconoscerli vostri;
Questa cosa del buio
La riconosco mia.
CALIBAN
Verrò pizzicato a morte.
ALONSO
Costui non è Stefano,
E mio cantiniere ubriacone?
SEBASTIANO
È ubriaco anche adesso.
Dove ha trovato il vino?
ALONSO
E Trinculo è tanto cotto che barcolla:
Dove possono aver trovato il gran liquore
Che h ha imporporati così?
Come sei caduto in questa salamoia?
TRINCULO
Dall’ultima volta che vi ho visto sono stato in una tale salamoia che ho paura che non mi uscirà più dalle ossa: le mosche mi staranno lontane per sempre.
SEBASTIANO
E allora, Stefano?
STEFANO
Non toccatemi, non sono Stefano ma un crampo.
PROSPERO
Non volevi essere il Re dell’isola, canaglia?
STEFANO
In quel caso sarei stato il re dei dolori!
ALONSO
Questa è la cosa più strana che abbia mai visto.
PROSPERO
È deforme nei modi (Indicando Caliban.)
Come nell’aspetto.
Va nella mia grotta, galantuomo,
Porta con te i tuoi compari.
E se vuoi il mio perdono,
Metti in ordine tutto.
CALIBAN
Lo farò. E d’ora in poi, sarò più saggio
E cercherò il tuo favore.
Tre volte bestia sono stato
A prendere quest’ubriacone per un dio
E ad adorare questo idiota!
PROSPERO
Avanti, vai!
ALONSO
Via di qui,
E rimettete questa roba dove l’avete trovata!
SEBASTIANO
O rubata, piuttosto.
PROSPERO
Signore, io invito
Vostra Altezza e il suo seguito
Nella mia povera grotta,
Dove riposerete questa sola notte:
Parte della quale io spenderò
In discorsi che, senza dubbio,
La faranno passare presto:
La storia della mia vita
E i vari incidenti accaduti
Da quando giunsi in quest’isola.
Al mattino
Vi condurrò alla vostra nave
E poi a Napoli,
Dove spero di vedere celebrate
Le solenni nozze
Di questi nostri cari.
E di lì ritirarmi a Milano,
Dove un pensiero su tre
Sarà per la mia tomba.
ALONSO
Sono ansioso
Di ascoltare la storia della vostra vita
Che incanterà l’orecchio
Stranamente.
PROSPERO
La narrerò per intero
E vi prometto
Mari calmi, brezze favorevoli,
E una vela così rapida
Da farvi raggiungere al più presto,
Per quanto lontana,
La flotta reale. (A parte ad Ariel.)
Ariel,
Pulcino mio, questo è compito tuo:
Poi, libero agli elementi.
Addio! Vi prego, avvicinatevi. Escono tutti.
EPILOGO
Detto da Prospero.
Ora i miei incantesimi
Si sono tutti spenti,
La forza che possiedo
È solo mia, ed è poca.
Ora sta a voi
Tenermi qui confinato
O mandarmi a Napoli.
Poiché ho riavuto il Ducato
E perdonato il traditore,
Non fatemi rimanere
Col vostro potere
In quest’isola nuda,
Ma scioglietemi da ogni legame
Con mani generose.
Il vostro fiato gentile
Colmi le mie vele
Altrimenti fallisce
Il mio progetto
Che era di dar piacere.
Ora mi mancano
Spiriti da comandare,
Arte per incantare,
E la mia fine
È la disperazione,
A meno che
Non sia salvato dalla preghiera
Che va tanto a fondo
Da vincere la pietà
E liberare dal peccato.
Come voi per ogni colpa
Implorate il perdono,
Così la vostra indulgenza
Metta me in libertà. Esce.
La tempesta
(“The tempest” – 1611-1612)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V