(“Macbeth” – 1605 – 1608)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
ATTO SECONDO – SCENA PRIMA
Entrano Banquo e Fleance che gli fa luce con una torcia.
BANQUO
A che punto è la notte, figliolo?
FLEANCE
La luna è calata. Non ho sentito le ore.
BANQUO
Tramonta a mezzanotte, no?
FLEANCE
Credo più tardi, padre.
BANQUO
Su, tienimi la spada. Fanno economia in cielo:
hanno spento tutte le candele. Portami
anche questo. Mi sento addosso
un torpore di piombo,
eppure non ho sonno. Angeli pietosi,
frenate in me i pensieri maledetti che la natura
sfrena nel riposo.
Entrano Macbeth e un servo con una torcia.
Dammi la spada!
Chi va là?
MACBETH
Un amico.
BANQUO
Ancora in piedi, monsignore? Il Re è a letto.
Ha avuto un giorno lieto, diverso,
e ha fatto gran regalìe ai tuoi domestici.
Ecco, con questo diamante saluta tua moglie
chiamandola ospite squisita, e ha chiuso il giorno
con soddisfazione enorme.
MACBETH
Eravamo impreparati.
La volontà s’è dovuta piegare al difetto,
o avremmo fatto assai meglio.
BANQUO
È andato tutto bene.
Ieri notte ho sognato le tre Sorelle.
A te han detto qualche verità.
MACBETH
Non ci penso più.
Però quando avremo un’ora a disposizione
potremmo magari passarla riparlando di questa storia,
sempre che tu ne abbia voglia.
BANQUO
A tua disposizione.
MACBETH
E se, quando sarà, sarai d’accordo, potrebbe
venirtene onore.
BANQUO
Purché non lo perda l’onore
cercando di crescerlo, e invece mantenga
libero il petto e limpida la mia lealtà,
seguirò i tuoi consigli.
MACBETH
Buon riposo, per ora.
BANQUO
Grazie, monsignore. Anche a te.
Escono Banquo e Fleance.
MACBETH
Vai, di’ alla signora, appena è pronto l’infuso
suoni la campana. Poi va’ a letto. Esce il servo.
È un coltello che vedo qui davanti
col manico verso la mia mano?
Su, fatti afferrare –
non t’ho preso, ma ti vedo sempre!
Sei insensibile al tatto, e non all’occhio,
visione del destino? O sei soltanto
un coltello mentale, un’allucinazione
del mio cervello oppresso dalla febbre?
Ti vedo, sì, palpabile a vederti
come questo che snudo.
Mi guidi per la via che percorrevo
e sei il pugnale che dovevo usare. –
Imiei occhi son fatti gli zimbelli
dagli altri sensi, o forse
valgono tutto il resto. Sì, ti vedo;
e sulla lama e il manico gocce di sangue
che prima non c’erano. No, non c’è niente.
È l’assassinio che ai miei occhi prende
corpo così. Ora su mezzo mondo
la natura par morta, e sogni perfidi
ingannano il sonno sotto i suoi veli. La magia
celebra riti alla pallida Luna,
e l’assassinio ossuto, risvegliato
dalla sua sentinella, l’ululante
lupo, ora con il suo passo ladro
e le falcate dello stupratore
Tarquinio, muove come un fantasma
al suo scopo. Tu, terra salda e ferma,
non udire i miei passi dove vanno,
o le tue stesse pietre riveleranno
dove mi trovo, e strapperanno questo
orrore al tempo che gli si addice.
Ma io minaccio e lui vive: le parole
soffiano un alito troppo freddo
sul caldo dell’azione.
Suona un tocco di campana.
Vado, ed è fatto. La campana mi esorta.
Non la sentire, Duncan: è un rintocco
che ti chiama al cielo o all’inferno. Esce.
ATTO SECONDO – SCENA SECONDA
Entra Lady Macbeth.
LADY MACBETH
Il vino che l’ha ubriacati m’ha dato coraggio;
ciò che li ha spenti m’ha accesa. – Zitti! Ascolta!
Era il ghigno del gufo, il campanaro fatale
che dà la buonanotte più dura. Lui è al lavoro.
Le porte sono aperte, e i servi pieni di mangiare
ronfano a scorno della consegna. Ho drogato
i loro beveraggi, e ora morte e natura
litigano, se farli vivere o morire.
MACBETH (da dentro)
Ehi là! Chi c’è?
LADY MACBETH
Ah si sono svegliati temo,
e ancora nulla è fatto. Non il fare, il tentare
ci perde. Attenta! Ho messo in vista i coltelli,
non può non averli trovati. Se nel sonno
non somigliava a mio padre, l’avrei fatto
io stessa.
Entra Macbeth con due coltelli insanguinati.
Mio marito!
MACBETH
L’ho fatto. Non hai sentito un rumore?
LADY MACBETH
Ho udito il grido del gufo, e i grilli stridere.
Tu non hai parlato?
MACBETH
Quando?
LADY MACBETH
Ora.
MACBETH
Mentre scendevo?
LADY MACBETH
Sì.
MACBETH
Ascolta!
Chi dorme nella stanza accanto?
LADY MACBETH
Donalbain.
MACBETH (si guarda le mani)
Che vista penosa.
LADY MACBETH
È una scemenza dire «che vista penosa».
MACBETH
Uno dei due rideva nel sonno, e l’altro
gridò: «Assassinio!», e l’uno svegliò l’altro.
Io li ascoltavo, immobile. Dissero le preghiere
e tornarono a dormire.
LADY MACBETH
Sono due, in quella stanza.
MACBETH
Uno gridò «Dio ci salvi» e l’altro «Amen»,
come m’avessero visto con queste mani da boia.
Sentii la loro paura e non riuscii a dire «Amen»
quando dissero «Dio ci salvi.»
LADY MACBETH
Non pensarci tanto.
MACBETH
Ma perché non riuscivo a dire «Amen»?
Avevo tanto bisogno d’aiuto, e «Amen»
m’è rimasto in gola.
LADY MACBETH
Azioni così non vanno ripensate
in questo modo: così, ci faranno impazzire.
MACBETH
M’è parso udire una voce che gridava: «Non
dormirai più! Macbeth scanna il sonno –
il sonno innocente, il sonno che dipana
la matassa imbrogliata dell’ansia,
la morte d’ogni giorno di vita, il bagno
dell’amara fatica, il balsamo
degli animi feriti, la seconda portata
della grande natura, il nutrimento primo
nella festa della vita».
LADY MACBETH
Che vuoi dire?
MACBETH
Gridava, gridava a tutta la casa:
«Non dormire più! Glamis ha ucciso il sonno,
e per questo Cawdor non dormirà più,
Macbeth non dormirà più».
LADY MACBETH
Ma chi gridava così? Mio nobile signore,
tu demolisci la tua gran forza, se pensi
alle cose in modo così dissennato. Va,
trova un po’ d’acqua, e lava dalle tue mani
questa prova sudicia. Perché
portare fuori quei coltelli?
Devono restare lì. Su riportali e sporca
di sangue le guardie che dormono.
MACBETH
No, lì dentro
non ci vado più. Ho paura a pensare
ciò che ho fatto. Guardarlo di nuovo
non oso più.
LADY MACBETH
Uomo senza tenacia!
Dammi qua i coltelli. Chi dorme e chi è morto
son come pitture e nient’altro.
È l’occhio dell’infanzia che teme un diavolo dipinto.
Se perde ancora sangue ne vernicio
le facce delle due guardie, deve sembrare
colpa loro. Esce.
Bussano all’interno.
MACBETH
Ma dove bussano?
Che mi succede che ogni rumore mi spaventa?
E queste mani! Ah mi strappano gli occhi!
Potrà tutto il grande oceano di Nettuno
lavare questo sangue via dalle mie mani?
No, piuttosto questa mia mano tingerà
di carne viva i mari innumerevoli
mutando il verde in un unico rosso.
Entra Lady Macbeth.
LADY MACBETH
Le mie mani hanno il tuo colore; ma avrei vergogna
di avere un cuore così bianco.
Bussano.
Sento bussare
al portone a sud. Ritiriamoci nelle nostre stanze.
Un po’ d’acqua ci netta da quest’azione;
vedi com’è facile! La tua costanza
t’ha lasciato.
Bussano.
Senti! Altri colpi.
Metti la veste da camera, che non si veda
che siamo svegli, dovesse chiamarci il caso.
E non perderti più nei tuoi pensieri
così meschinamente.
MACBETH
Molto meglio
non sapere chi sono, che sapere
che cosa ho fatto.
Bussano.
Sveglia Duncan
col tuo picchiare! Ah se lo potessi! Escono.
ATTO SECONDO – SCENA TERZA
Entra un portiere. Bussano all’interno.
PORTIERE
Questo si chiama bussare oh! Uno che facesse il portiere all’inferno, ne avrebbe girate da dare.
Bussano.
Bussa, bussa, bussa! Chi è, in nome di Belzebù? È un massaro che s’è impiccato perch’era prevista un’ottima annata. Bene arrivato! Fatti una bella scorta di fazzoletti; qui avrai da sudare.
Bussano.
Batti, batti! Chi c’è in nome dell’altro diavolo? Ostia, c’è un equivocatore, capace di giurare sui due piatti contro l’uno o l’altro, uno che ha tradito a sacchi in nome di Dio ma non ce l’ha fatta a pigliare il cielo per i fondelli. Venga s’accomodi, equivocante.
Bussano.
Picchia, picchia, picchia! Chi c’è? Caspita, un sarto inglese, è qui per avere rubato su un paio di braghe francesi. Entra pure, sarto. Qua ti rosoli lo strumento.
Bussano.
Bussa, bussa! Mai pace! Tu chi sei? – Ma qua fa troppo freddo per essere all’inferno. Non ho più voglia di fare il portiere del diavolo. Avevo l’idea di far entrare gente di ogni mestiere, che per un sentiero di primule va all’eterno falò.
Bussano.
Arrivo, arrivo! Vi prego, ricordatevi del portiere.
Apre il portone. Entrano Macduff e Lennox.
MACDUFF
Amico, sei andato a letto così tardi
che te lo covi a quest’ora?
PORTERE
Affediddio, monsignore, abbiamo baciato la fiasca fino al secondo gallo; e il bere, signore, è un gran promotore di tre cose.
MACDUFF
E quali tre cose promuove soprattutto il bere?
PORTIERE
Per la madosca, signore: naso rosso, letargo e piscio sotto. La lascivia, signore, la provoca e la sprovoca: provoca la voglia ma revoca l’esecuzione. Dimodocché il bere troppo si può dire il gesuita del voler fregare: lo fa e lo sfa, lo tira su e l’abbatte, lo convince e lo scoraggia, lo fa pronto e spronto; in una parola, equivocando l’addormenta e alla fine lo stende e se ne va.
MACDUFF
Credo proprio che il vino t’abbia steso stanotte.
PORTIERE
Esatto, monsignore, m’ha fregato. Ma l’ho fregato pure io e penso (son troppo forte per lui) che qualche volta m’ha preso alle gambe ma poi ce l’ho fatta a ributtarlo in terra.
MACDUFF
Il tuo padrone s’è alzato?
Entra Macbeth.
L’abbiamo svegliato bussando, ecco che arriva.
LENNOX
Buongiorno, monsignore.
MACBETH
Buongiorno a voi due.
MACDUFF
Il re s’è svegliato, barone?
MACBETH
No, non ancora.
MACDUFF
M’avvea ordinato di chiamarlo presto.
Sono quasi in ritardo.
MACBETH
Vi accompagno da lui.
MACDUFF
Lo so, è un disturbo che non vi pesa,
ma sempre un disturbo.
MACBETH
Un disturbo che non pesa
cura se stesso. Ecco la sua porta.
MACDUFF
Bene, oserò entrare,
è l’ordine che ho avuto. Esce.
LENNOX
Il re parte oggi?
MACBETH
Sì; così ha stabilito.
LENNOX
È stata una brutta notte. Dove dormivamo
il vento ha abbattuto i comignoli e si sentivano
gemiti nell’aria, dicono, strane grida di morte,
e voci terribili che annunciavano
conflitti crudeli, eventi confusi
che sbocceranno a fare i tempi infausti.
L’uccello del buio ha gridato
tutta la notte. C’è chi dice che la terra
aveva la febbre e tremava.
MACBETH
Sì, brutta notte.
LENNOX
La mia giovane memoria
non ne ricorda una uguale.
Entra Macduff.
MACDUFF
Orrore, orrore, orrore!
Né lingua né cuore sanno pensarti o dirti!
MACBETH e LENNOX
Cos’è accaduto?
MACDUFF
Il caos ha fatto
il suo capolavoro. L’assassinio più empio
ha violato il tempio dell’unto dal Signore
e rubato la vita del santuario.
MACBETH
Che dici?
La vita?
LENNOX
Sua maestà vuoi dire?
MACDUFF
Entrate
lì a perdere gli occhi
davanti a una nuova Gorgone. E non chiedetemi
altro. Guardate voi stessi e dite.
Escono Macbeth e Lennox.
Svegliatevi tutti, sveglia!
Suonate la campana d’allarme! Assassinio
e tradimento! Banquo e Donalbain,
Malcolm, svegliatevi! Scuotete via questo sonno
morbido, surrogato di morte, e guardate
la morte stessa! Alzatevi per vedere
il Giudizio finale! Malcolm, Banquo,
uscite come dalla tomba e camminate
come fantasmi per partecipare
a quest’orrore. Suonate la campana!
Rintocchi di campana.
Entra Lady Macbeth.
LENNOX
Che succede?
Perché questo suono orrido chiama a raccolta
chi dorme in questa casa? Parlate, parlate!
MACDUFF
Ah mia signora,
quello che posso dirvi non è giusto
che lo sentiate.
Direi cose che non possono distruggere
una donna che ascolti.
Entra Banquo.
O Banquo, Banquo!
Il nostro re è ucciso.
LADY MACBETH
Ah, che sventura!
Ma come, in casa nostra!
BANQUO
Orrido ovunque.
Mio caro Duff, ti supplico smentisciti,
dici che non è vero.
Entrano Macbeth, Lennox e Ross.
MACBETH
Se fossi morto solo un’ora prima
di questo evento, sarei vissuto felice,
perché da questo istante
non c’è nulla di serio nell’essere mortale.
È tutto un giuoco, gloria e grazia, morte,
il vino della vita, versato, e queste volte
vantano solo la feccia.
Entrano Malcolm e Donalbain.
DONALBAIN
Che cos’è che va male?
MACBETH
Tu vai male e l’ignori.
Il capo, la sorgente, la fontana
del tuo sangue si sono seccate.
La vena stessa è secca.
MACDUFF
Il re tuo padre è ucciso.
MALCOLM
Ah, da chi?
LENNOX
L’han fatto, pare, le sue stesse guardie:
avevano mani e facce segnate di sangue
ed i pugnali che abbiamo trovati
stillanti sui cuscini, e sguardi fissi
e stravolti. Non bisognava affidargli
la vita d’un uomo.
MACBETH
Oh però mi rincresce
della furia che me li ha fatti uccidere.
MACDUFF
Perché l’avete fatto?
MACBETH
Chi può essere
calmo e furioso, lucido e sconvolto,
leale e neutro tutt’assieme? Nessuno.
L’impeto del mio amore violento
travolse il freno della ragione. Qui era
disteso Duncan, la pelle argentea vestita
del suo sangue d’oro, e i tagli inferti
parevano brecce nella natura, aperte
allo sfacelo. Di là, gli assassini
dipinti del colore della setta,
e i coltelli imbragati oscenamente
nel sangue. Chi poteva trattenersi
che avesse un cuore per amare, e in esso
coraggio di mostrarlo?
LADY MACBETH (accenna a svenire)
Fatemi uscire, aiuto!
MACDUFF
Qualcuno aiuti la signora!
MALCOLM (a Donalbain)
E noi perché stiamo muti, su un tema
che ci riguarda più di tutti?
DONALBAIN (a Malcolm)
E cosa
puoi dire qui dove il nostro destino
è in agguato nel buco che fa un trapano
e può afferrarci d’un salto? Andiamo via.
Le lacrime per noi sono immature.
MALCOLM (a Donalbain)
E il gran dolore non s’è ancora avviato.
BANQUO
Qualcuno aiuti la signora!
Lady Macbeth è portata fuori.
Quando avremo coperto i nostri deboli corpi
che soffrono ad esporli così nudi, riuniamoci
a indagare su questo atto feroce
e saperne di più. Siamo sconvolti
da paure e da dubbi. Nella grande
mano di Dio io mi metto, e di lì
combatto contro i disegni segreti
del tradimento.
MACDUFF
E così faccio anch’io.
TUTTI
E tutti noi.
MACBETH
Su, andiamo a indossare
vesti e fermezza, e ci ritroveremo
nel salone.
TUTTI
Andiamo.
Escono tutti tranne Malcolm e Donalbain.
MALCOLM
Cosa pensi di fare? Non uniamoci a loro.
Mostrare un dispiacere insincero è una cosa
facile ai falsi. Io me ne vado in Inghilterra.
DONALBAIN
E io in Irlanda. Separare le sorti
ci fa più sicuri tutt’e due. Dove siamo
ci sono coltelli nei sorrisi.
Il più vicino di sangue è il più propenso
al sangue.
MALCOLM
Questa freccia
mortifera che hanno lanciata, non ha
toccato ancora terra, e per noi
la scelta più prudente è di evitarla.
A cavallo perciò, lasciamo perdere
i congedi e filiamo. Dove non c’è pietà
involare se stessi non è disonestà. Escono.
ATTO SECONDO – SCENA QUARTA
Entrano Ross e un vecchio.
VECCHIO
Sessant’anni più dieci me li ricordo bene;
e in questa mole di tempo ho visto ore
tremende e strane cose; ma questa notte angosciosa
ne ha fatto cose da nulla.
ROSS
Ah, buon padre,
lo vedi, il cielo, quasi sconvolto
dalle azioni dell’uomo, minaccia
la sua scena sanguinosa. Per l’orologio
è giorno, ma un buio notturno soffoca
la luce che viaggia. È la notte che vince?
O la vergogna del giorno fa che il buio
copra la faccia della terra quando
la viva luce dovrebbe baciarla?
VECCHIO
È contro natura,
come ciò che è stato fatto. Martedì scorso
un falco torreggiava al suo colmo superbo
e un gufo cacciatore di topi salì
ad assalirlo e lo uccise.
ROSS
E i cavalli di Duncan –
sbalorditivo ma vero – belli e veloci,
perle della loro razza, tornati selvaggi
hanno rotto gli stalli e si sono lanciati
fuori, ribelli ai comandi, come volessero
far guerra agli uomini.
VECCHIO
Si dice che si sono sbranati a vicenda.
ROSS
È vero, io li ho visti, costernato,
con questi occhi.
Entra Macduff.
Ecco il buon Macduff.
Signore, come vanno le cose?
MACDUFF
Beh, non lo vedi?
ROSS
S’è saputo chi ha fatto quell’orrore?
MACDUFF
Quelli che Macbeth ha uccisi.
ROSS
Ahi che tempi!
Ma che pensavano di averne?
MACDUFF
Furono subornati.
Malcolm e Donalbain figli del re
si sono dati alla fuga ed i sospetti
cadono su di loro.
ROSS
Sempre contro natura!
Ambizione sperperatrice che divori
ciò che ti dà la vita! Dunque è quasi certo
che il regno vada a Macbeth?
MACDUFF
È designato, e viaggia verso Scone
per l’investitura.
ROSS
E il corpo di Duncan?
MACDUFF
Lo portano a Colmekill,
il sacrario che custodisce le ossa
dei suoi predecessori.
ROSS
Tu vai a Scone?
MACDUFF
No, vado a Fife, cugino.
ROSS
Beh, io ci vado.
MACDUFF
Beh, spero che ci veda cose ben fatte. Addio!
Non vorrei che i vestiti vecchi andassero
meglio dei nuovi.
ROSS
Addio, padre.
VECCHIO
La benedizione di Dio
vada con voi e con chi vuole fare
amici dei nemici, bene del male!
Escono.
Macbeth
(“Macbeth” – 1605-1608)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V