(“Measure for measure” 1603)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
Personaggi
VINCENZO, il Duca
ANGELO, il Vicario
ESCALO, anziano Lord
CLAUDIO, giovane gentiluomo
LUCIO, uno stravagante
Due altri gentiluomini di quel tipo
BARGELLO
FRA’ TOMASO oppure FRA’ PIETRO
GIUDICE
GOMITO, gendarme sempliciotto
SCHIUMA, gentiluomo sciocco
POMPEO, servo di Madama Sfondata
ASBORRITO, boia
BERNARDINO, prigioniero dissoluto
VARRIO, gentiluomo amico del Duca]
ISABELLA, sorella di Claudio
MARIANA, promessa sposa di Angelo
GIULIETTA, amata di Claudio
FRANCESCA, una suora
MADAMA SFONDATA, mezzana
Nobili del seguito, gendarmi, servi, cittadini e un ragazzo
SCENA: Vienna [e dintorni]
ATTO PRIMO – SCENA PRIMA
[A Vienna.]
Entrano il Duca, Escalo, nobili [col seguito].
DUCA
Escalo.
ESCALO
Mio signore.
DUCA
Spiegare gli scenari del governo
in me parrebbe sfoggio di frasi e di parole,
sapendo bene come in questo campo
la vostra dottrina eccede ogni consiglio
possa darvi la mia autorità. Non resta
che questa ad abilitarvi, data
la vostra competenza: e poi all’opera.
Sulla natura dei nostri cittadini,
le istituzioni civiche, i modi
di amministrare la giustizia, siete edotto
più di chiunque ricco di pratica e teoria
noi si ricordi. Ecco la nostra nomina,
da cui non vorremmo derogaste. Chiamate,
fate venire Angelo al nostro cospetto.[Esce uno del seguito.]
Come pensate sosterrà la nostra parte?
Sappiate infatti che in piena coscienza
lo abbiamo scelto a supplir la nostra assenza;
prestandogli il terrore e rivestendolo
dell’amore che ispiriamo, conferendo
ogni attributo del potere al suo mandato.
Che ne pensate?
ESCALO
Se qualcuno a Vienna
merita di rivestire tanta grazia e onore,
è Lord Angelo.
Entra Angelo.
DUCA
Eccolo che viene.
ANGELO
Sempre obbediente al volere di Vostra Grazia
vengo a sentire il piacer vostro.
DUCA
Angelo:
la tua vita ha impresso un certo stampo
che a chi osserva svela pienamente la tua storia.
Tu e le tue doti non siete solo cosa tua,
da esaurir te stesso nelle tue virtù, e loro in te.
Il cielo fa con noi come noi con le torce,
che non s’accendono solo per se stesse:
se dalle nostre virtù non irradia luce,
tanto varrebbe non averle. Gli spiriti
sono fior di conio solo per fior d’imprese;
né la natura presta mai un granello
della sua eccellenza se non per riservarsi,
da dea economa, la gloria del creditore:
grazie, e interessi. Ma mi rivolgo a uno
che può far risaltare il mio ruolo in pubblico:
prendi, Angelo. In nostra assenza,
sii noi stessi in tutto. Vita e morte a Vienna
dipendono dalla tua parola e dal tuo cuore.
Il vecchio Escalo, primo in considerazione,
pure ti è secondo. Prendi la nomina.
ANGELO
Mio buon signore, saggiate ancora il mio metallo,
prima che uno stampo così nobile e grande
vi sia impresso.
DUCA
Basta tergiversare.
Con scelta ponderata e maturata
ci siamo indirizzati su di voi: ecco le credenziali.
La nostra fretta di partire è così urgente
che prevale su tutto, e lascia in sospeso
questioni impellenti. Quando il momento
e i nostri affari lo richiederanno
vi scriveremo di come stiamo, e per sapere
come vanno le cose da voi. Allora, addio.
Vi lascio sperando che eseguirete il compito.
ANGELO
Almeno dateci licenza, mio signore,
di accompagnarvi per un po’ di strada.
DUCA
La fretta che ho non lo consente.
Né occorre, sul mio onore, avere scrupoli.
Avete potestà come la mia, di applicare
o attenuare la legge secondo coscienza.
Datemi la mano; partirò in segreto.
Amo il mio popolo; ma non mi piace
far scena ai loro occhi. Anche se fa bene,
non godo dei loro applausi e grida di saluto;
e non reputo persona di giudizio
chi se ne gloria. Per l’ultima volta, addio.
ANGELO
Il cielo assecondi i vostri propositi!
ESCALO
Vi faccia partire e tornare felice!
DUCA
Vi ringrazio; addio. Esce.
ESCALO
Vorrei, signore, che mi deste licenza
di conferire con voi liberamente; devo
esaminare a fondo la mia posizione.
Ho un potere, ma di che forza e che natura
non lo so ancora.
ANGELO
È lo stesso per me.
Ritiriamoci assieme, e potremo presto
assicurarci su questo punto.
ESCALO
Vi seguo, Vostro Onore.
Escono.
ATTO PRIMO – SCENA SECONDA
[La stessa. Un luogo pubblico.]
Entrano Lucio e due altri Gentiluomini.
LUCIO
Se il Duca, con gli altri duchi, non si accorda col Re d’Ungheria, allora tutti i duchi daranno addosso al Re.
PRIMO GENTILUOMO
Il cielo ci conceda pace, ma non quella ria del Re d’Ungheria!
SECONDO GENTILUOMO
Amen.
LUCIO
Tu fai come il pirata baciapile che s’imbarcò coi Dieci Comandamenti, ma uno ne tolse dalle tavole.
SECONDO GENTILUOMO
“Non rubare”?
LUCIO
Sì, quello lo cancellò.
PRIMO GENTILUOMO
Be’, era un comandamento che inibiva al capitano e agli altri la loro vocazione: s’imbarcavano per rubare. Non c’è un soldato fra tutti noi che, nel render grazia prima di pranzo, ami l’invocazione per la pace.
SECONDO GENTILUOMO
Non ho mai sentito un soldato protestare.
LUCIO
Ti credo: quando mai sei stato dove si rende grazia…
SECONDO GENTILUOMO
No? Almeno una dozzina di volte.
PRIMO GENTILUOMO
Come, in versi?
LUCIO
In qualsiasi forma o lingua.
PRIMO GENTILUOMO
Già, o in qualsiasi religione.
LUCIO
E perché no? La grazia è grazia, a dispetto delle controversie; e per esempio, tu sei un gran farabutto, con tanta grazia.
PRIMO GENTILUOMO
Be’, siamo tagliati dalla stessa stoffa.
LUCIO
Concesso: come l’orlo e il velluto. Tu sei l’orlo.
PRIMO GENTILUOMO
E tu il velluto; sei un buon velluto; un velluto bello rasato, ti assicuro. Io preferirei essere un orlo di ruvida saia inglese, piuttosto che pelato e spelacchiato come ti ha ridotto il velluto francese… Ti ho risposto a tono, adesso?
LUCIO
Direi di sì: e con un doloroso tono di discorso. Dalla tua confessione imparerò a bere alla tua salute; ma finché vivrò, non berrò dopo di te.
PRIMO GENTILUOMO
Penso di essermi impelagato, no?
SECONDO GENTILUOMO
Sì, che tu sia impestato o no.
Entra Madama Sfondata.
LUCIO
Guarda, guarda, arriva Madama Refrigerio! Mi son preso tante malattie sotto il suo tetto che arrivano…
SECONDO GENTILUOMO
A quanto, eh?
LUCIO
Indovina.
SECONDO GENTILUOMO
A tremila dol…orosi l’anno.
PRIMO GENTILUOMO
Anche di più.
LUCIO
Mettici anche una corona francese.
PRIMO GENTILUOMO
Non fai che contare le mie malattie; ma ti sbagli: io sono sano.
LUCIO
Mica sano come un pesce, ma come una campana, che è vuota dentro; come sono le tue ossa, spolpate dai tuoi bagordi.
PRIMO GENTILUOMO
Ebbene, quale tua natica soffre più di sciatica?
SFONDATA
Ah, ah! Là ne hanno arrestato e portato in prigione uno che ne valeva cinquemila di voi.
SECONDO GENTILUOMO
E chi è, ti prego?
SFONDATA
Caspita, è Claudio, il signor Claudio.
PRIMO GENTILUOMO
Claudio in prigione? Non può essere.
SFONDATA
E invece è così, lo so. L’ho visto arrestare; portare via; e quel che più conta, fra tre giorni gli mozzano la testa.
LUCIO
Dopo tutto questo blaterare, non so cosa credere. Ne sei sicura?
SFONDATA
Fin troppo: ed è per aver messo incinta Madonna Giulietta.
LUCIO
Potrebbe essere: aveva preso un appuntamento con me due ore fa, ed è sempre stato di parola.
SECONDO GENTILUOMO
Inoltre, sapete, si accorda abbastanza con il discorso che facevamo a questo proposito.
PRIMO GENTILUOMO
E soprattutto si accorda con il proclama.
LUCIO
Su! Andiamo a sentire quel che c’è di vero.
Escono [Lucio e i Gentiluomini].
SFONDATA
Così, fra la guerra, gli impestati, la forca e l’indigenza, sono a corto di clienti.
Entra Pompeo.
Ebbene, che notizie porti?
POMPEO
Quell’uomo lo portano in prigione.
SFONDATA
Già! E cosa ha fatto?
POMPEO
Una donna, s’è fatto.
SFONDATA
Sì, ma il reato?
POMPEO
Pescar trotelle in un fiume riservato.
SFONDATA
Cosa? Una trotella c’è rimasta presa?
POMPEO
No: una donna c’è rimasta presa. Ma insomma, non avete sentito del proclama?
SFONDATA
Che proclama, bello?
POMPEO
Tutte le case dei sobborghi di Vienna vanno demolite.
SFONDATA
E cosa ne sarà di quelle in città?
POMPEO
Resteranno in piedi per far da sementa: sarebbero state abbattute anche loro, se un saggio cittadino non avesse fatto una bella offerta.
SFONDATA
Ma tutte le nostre case di piacere nei sobborghi, demolite?
POMPEO
Rase al suolo, padrona.
SFONDATA
Ah, le cose sono proprio cambiate nello stato! Che ne sarà di me?
POMPEO
Su, niente paura: ai buoni legulei non mancano clienti; cambiar quartiere non vuol dir cambiar mestiere. Al banco delle mescite ci starò sempre io; coraggio, avranno compassione di voi; di voi che vi siete quasi consumati gli occhi in questo servizio, avranno considerazione.
SFONDATA
Che ci stiamo a fare qui, Tom del banco? Andiamocene!
POMPEO
Ecco che arriva il signor Claudio, che il Bargello porta alla prigione; e Madama Giulietta. Escono.
Entrano il Bargello [e] gendarmi [con] Claudio e Giulietta; Lucio e [i] due Gentiluomini.
CLAUDIO
Ma tu perché mi esibisci così al pubblico?
Portami in prigione, dove sono destinato.
BARGELLO
Non lo faccio con mala intenzione,
ma per espresso comando di Lord Angelo.
CLAUDIO
E così quel semidio, l’Autorità,
ci fa pagare le nostre colpe a peso.
Sono le parole del cielo: a chi sì, sì;
a chi no, no; eppure è sempre giusto.
LUCIO
Ebbene, Claudio? Donde viene questa restrizione?
CLAUDIO
Dalla troppa libertà, mio Lucio, che ci si prende.
Come la sazietà è madre di gran digiuni,
così la briglia sciolta troppo assecondata
ci chiude in laccio. I nostri istinti bramano,
come topi che ingollano il loro veleno,
un male che asseta: e bevendone, moriamo.
LUCIO
Se io sapessi parlare così bene da arrestato, manderei a chiamare certi miei creditori; ma, a dire il vero, preferirei la sventatezza della libertà alla morale della prigionia. – Qual è la tua offesa, Claudio?
CLAUDIO
Una che a parlarne offenderebbe di nuovo.
LUCIO
Assassinio?
CLAUDIO
No.
LUCIO
Lussuria?
CLAUDIO
Diciamo così.
BARGELLO
Avanti, signore, dovete muovervi.
CLAUDIO
Una parola, buon amico; senti una parola, Lucio.
LUCIO
Cento… se possono giovarti.
La lussuria è così messa sotto accusa?
CLAUDIO
Così stanno le cose: dopo il patto solenne
ho preso possesso del letto di Giulietta.
Conosci la signora: è mia moglie di fatto,
tranne che manca il pubblico avviso
del bando di nozze. Non lo abbiamo fatto
soltanto per incrementare una dote
custodita nei forzieri dei suoi amici,
a cui pensammo di celare il nostro amore,
finché col tempo non ci assecondassero.
Ma succede che il segreto del piacere
che reciprocamente ci siam dati
è scritto su Giulietta a grosse lettere.
LUCIO
È forse incinta?
CLAUDIO
Proprio così, purtroppo.
E il nuovo vicario del Duca – che sia
a causa e per abbaglio della novità, o
che lo stato sia un cavallo a cui il governante
appena in sella, per fargli capire
chi comanda, fa subito sentire lo sperone;
che la tirannia sia insita nel ruolo
o nel senso d’importanza di chi l’occupa,
non so bene – fatto sta che il neo reggente
mi va a riesumare leggi archiviate,
appese al muro com’armature arrugginite
da quasi vent’anni, senza essere mai usate;
e per farsi un nome, applica a me
il decreto rimasto quiescente e trascurato;
certo dev’essere per farsi un nome.
LUCIO
Di sicuro; e la testa ti sta così in bilico sulle spalle, che una lattaia innamorata te la farebbe cadere con un soffio. Manda a cercare e rivolgi un appello al Duca.
CLAUDIO
L’ho fatto, ma non si trova. Ti prego,
Lucio, fammi questo servigio; oggi
mia sorella deve entrare in convento
a fare il noviziato. Falle sapere
del pericolo in cui mi trovo; implorala
per me di farsi amico il rigido vicario,
e di saggiarlo. Ci spero molto, perché
nella sua gioventù ha un linguaggio
muto e acquiescente, che muove gli uomini.
Inoltre ha un’arte sopraffina di ragionare
e discorrere, e sa bene come persuadere.
LUCIO
Prego che ci riesca, sia per incoraggiare il prossimo, che altrimenti dovrebbe sottostare a dure imposizioni, sia perché tu possa goderti la vita, che mi dispiacerebbe scioccamente buttata per un giochetto di tic-tac. – Andrò da lei.
CLAUDIO
Grazie, buon Lucio.
LUCIO
Fra due ore.
CLAUDIO
Andiamo, gendarme. Escono.
ATTO PRIMO – SCENA TERZA
[Cella di un frate.]
Entrano il Duca e Fra’ Tomaso.
DUCA
No, padre santo, abbandona quel pensiero;
non credere che il flebile dardo dell’amore
trafigga un petto coriaceo. La ragione
dell’asilo segreto che ti chiedo
ha un fine più serio e ponderato
degli scopi della focosa gioventù.
FRATE
Vostra Grazia può parlarne?
DUCA
Sant’uomo,
nessuno meglio di voi sa che sempre
ho amato la vita ritirata, spregiando
di frequentare accolte in cui lusso e gioventù
si danno a scriteriate ostentazioni.
Ho affidato a Lord Angelo – uomo
di stretta osservanza e rigida astinenza –
il potere assoluto e il mio ruolo a Vienna;
lui crede che io sia andato in Polonia,
perché ho fatto circolare questa voce
e le si presta fede. Ora, pio signore,
vorrete chiedermi perché lo faccia.
FRATE
Volentieri, signore.
DUCA
Noi abbiamo statuti rigorosi e leggi severissime,
doverosi morsi e rèdini per tenere a freno
ronzini riottosi, che per quattordici anni
abbiamo lasciato cadere in disuso,
come un vecchio leone che non esce dalla tana
per predare. Ora, come i padri sciocchi,
preparata la verga minacciosa di betulla
solo per farla balenare agli occhi dei bambini
ed impaurirli, non per usarla, col tempo
la vedono più derisa che temuta; così
i nostri decreti, inapplicati, son lettera morta
e la Licenza mena per il naso la Giustizia,
il poppante picchia la balia, e a sghimbescio
va ogni decoro.
FRATE
Stava a Vostra Grazia
sciogliere questa giustizia ammanettata
a vostro piacimento; e più tremenda in voi
sarebbe apparsa, che non in Lord Angelo.
DUCA
Fin troppo, temo. Poiché fu colpa mia
aver lasciato tanta libertà alla gente,
sarei un tiranno a colpirli a sangue
per ciò che gli ho ordinato io: è infatti
dare un ordine quando le male azioni,
e non le pene, hanno via libera. Per questo,
padre, conferii il potere ad Angelo,
che al riparo del mio nome può colpire
senza che la mia persona sia coinvolta
in alcun biasimo. E per veder come comanda,
travestito da confratello del vostro ordine
visiterò sia il principe che il popolo.
Quindi, vi prego, fornitemi un saio,
e mostratemi come debba comportarmi
da vero frate. Quando avremo il tempo
vi spiegherò altri motivi del mio atto.
Intanto questo: Lord Angelo è rigoroso;
sta in guardia contro il Malvolere; a fatica
ammette che il sangue gli scorra nelle vene
o che il suo appetito miri più al pane
che alla pietra. Vedremo se averli in balìa,
fa mutar d’intento, e dove sta l’ipocrisia. Escono.
ATTO PRIMO – SCENA QUARTA
[Un convento.]
Entrano Isabella e Francesca, una suora.
ISABELLA
E voi suore non avete altri privilegi?
SUORA
Questi non bastano?
ISABELLA
Oh sì. Parlo non perché altri ne desideri,
ma anzi perché vorrei maggiori restrizioni
per le sorelle, devote a Santa Chiara.
LUCIO [da dentro]
Eilà! Pace a questo luogo!
ISABELLA
Chi è che chiama?
SUORA
È una voce d’uomo! Gentile Isabella,
girate voi la chiave per sapere
che cosa vuole; voi potete; io no;
ancora non avete preso i voti. Dopo
non dovrete parlare con gli uomini
se non in presenza della priora;
e se lo fate, non dovrete mostrare il volto;
o, se lo mostrate, non dovrete parlare.
Chiama ancora; vi prego, rispondete.[Si ritira.]
ISABELLA
Pace e prosperità! Chi è che chiama?
Entra Lucio.
LUCIO
Salute, vergine, se lo siete – come proclama
il vostro rossore! – potete favorirmi
portandomi alla presenza di Isabella,
una novizia del convento, la bella sorella
dell’infelice Claudio?
ISABELLA
Perché “infelice”?
Lo chiedo tanto più che io sono Isabella,
e sua sorella.
LUCIO
Gentile e bella.
Vostro fratello affettuosamente vi saluta.
Per non farla troppo lunga, è in prigione.
ISABELLA
Misericordia! Per quale cosa?
LUCIO
Per una cosa che, fossi io il giudice,
riceverebbe grazie al posto della pena:
ha fatto metter pancia alla sua amica.
ISABELLA
Signore, non burlatevi di me.
LUCIO
È vero.
Anche se è mio peccato abituale
far la pavoncella con le donne, scherzare
tenendo la lingua ben lontan dal cuore,
con tutte le vergini mica lo farei.
Vi considero cosa santificata che s’inciela
grazie alla rinuncia, spirito immortale
a cui parlare con sincerità, come a una santa.
ISABELLA
Voi bestemmiate il bene, burlandovi di me.
LUCIO
Non credeteci. In breve e schiettamente,
ecco qua: vostro fratello e la sua amica
si sono abbracciati; come chi mangia cresce,
come la fiorente stagione grazie alla semente
porta il brullo maggese a rigoglio di messi,
così il grembo fertile di lei mostra i segni
d’esser stato ben dissodato e coltivato.
ISABELLA
Una incinta di lui? Mia cugina Giulietta?
LUCIO
È vostra cugina?
ISABELLA
D’adozione, come fra scolarette ci si scambia
i nomi per futile ma sincero affetto.
LUCIO
È lei.
ISABELLA
Oh, che la sposi!
LUCIO
È proprio questo il punto.
Il Duca è misteriosamente partito;
molti gentiluomini – me incluso – illuse
a sperare in azioni militari; ora sappiamo
da chi è introdotto nei gangli dello stato
che il suo dire distava enormemente
dal suo vero intendimento. Al suo posto,
e con tutta l’ampiezza della sua autorità,
governa Lord Angelo: uno il cui sangue
è neve acquosa; uno che mai non sente
il pungolo e lo stimolo dei sensi,
ma smussa e ottunde l’istinto naturale
con esercizi spirituali, digiuni e studi.
Per far paura ai costumi licenziosi
che da tempo sotto il naso dell’odiosa legge
han scorrazzato come i topi coi leoni,
ha riesumato un decreto in forza al quale
vostro fratello deve pagare con la vita;
in base a quello lo fa arrestare,
e applica alla lettera il rigore del decreto
per far di lui un esempio. Ogni speranza
è perduta, a meno che con le preghiere
non abbiate la grazia di ammorbidire Angelo.
Questo è quanto mi ha fatto intervenire
fra voi e il vostro povero fratello.
ISABELLA
Vuol proprio la sua vita?
LUCIO
L’ha già condannato,
e il Bargello, a quanto sento, ha ordine
di procedere all’esecuzione.
ISABELLA
Ahimè, quale meschina capacità
ho io di giovargli!
LUCIO
Provate il potere che avete!
ISABELLA
Il mio potere? Ah, ne dubito.
LUCIO
Il dubbio
è traditore, spesso con la paura di tentare
ci fa perdere il bene che potremmo fare.
Andate da Lord Angelo, ché apprenda
che quando le vergini implorano,
gli uomini danno come dèi; ma quando
piangono in ginocchio, ciò che chiedono
è dato senza condizioni, come a lor dovuto.
ISABELLA
Vedrò che potrò fare.
LUCIO
Ma in fretta.
ISABELLA
Ci vado subito: solo il tempo
d’informarne la Madre Superiora.
Vi ringrazio umilmente. Salutatemi
mio fratello: stasera saprà del risultato.
LUCIO
Prendo congedo da voi.
ISABELLA
Addio, buon signore.
Escono [separatamente].
Misura per misura
(“Measure for measure” 1603)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V