(“Much Ado About Nothing” 1598 – 1599)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
ATTO QUINTO – SCENA PRIMA
Entrano Leonato e suo fratello Antonio.
ANTONIO
Se continui così, ti uccidi; e non ha senso
assecondare così un dolore
contro te stesso.
LEONATO
Ti prego, risparmia i consigli.
Mi entrano nell’orecchio senza profitto
come acqua in un setaccio. Non me ne dare.
Nessuno può darmi consigli grati al mio udito
se non ha ricevuto dei torti uguali ai miei.
Portami qui un padre che amava sua figlia
come me, ed ha avuto anche lui
soffocata questa gioia, e digli
che mi parli di pazienza.
Misura la sua sofferenza sulla mia
in lungo e in largo, mettile a controcanto,
spasimo a spasimo, di qua e di là,
pena per pena, ceppo e ramo, foggia e formato.
Se uno così può sorridere e grattarsi la barba,
e, povero pagliaccio, raschiarsi la gola quando dovrebbe gemere,
e rattoppare la pena coi proverbi, e stordire i guai
con chi spreca sui libri le candele, portalo qui
e da lui imparerò la pazienza. Ma un uomo così
non esiste. Fratello, gli uomini sanno
dare consigli e conforto ai guai che non hanno.
Alla prima boccata di veleno i consigli
diventano strilli in bocca a chi voleva
dare all’ira sciroppo di morale,
legare la forte pazzia con fili di seta,
e incantare il dolore con l’aria e con le parole
l’angoscia. No, no, ognuno sa cantare pazienza
a chi si torce sotto quel peso, ma poi
nessuno è buono e bravo a farci la lezione
quando soffre pure lui. Perciò non mi dare consigli:
il mio dolore è più forte di ogni esortazione.
ANTONIO
In questo gli uomini sono proprio come i bambini.
LEONATO
Ma statti zitto per favore. Io voglio essere
carne e sangue; e finora mai un filosofo
sopportò con pazienza un mal di denti
anche se poi scriveva come fosse un dio
sfidando con disprezzo il caso e i patimenti.
ANTONIO
Ma almeno non accollartelo tutto, il male;
fanne assaggiare un poco a chi t’offende.
LEONATO
Ora sì che ragioni; certo che lo farò.
Il cuore mi dice che Ero è calunniata,
e questo dovranno saperlo Claudio, e il Principe
e tutti quelli che l’hanno disonorata.
ANTONIO
Ecco il Principe e Claudio, van di prescia.
Entrano Don Pedro e Claudio.
DON PEDRO
Buon dì, buon dì.
CLAUDIO
Buon giorno a tutti e due.
LEONATO
Una parola, signori!
DON PEDRO
Leonato, abbiamo fretta.
LEONATO
Avete fretta, monsignore? Statevi bene allora!
Ora avete tanta fretta? Sta bene, non fa niente.
DON PEDRO
Via, non attaccate briga con noi, vecchio mio.
ANTONIO
Se lui potesse farsi giustizia con la briga,
qualcuno andrebbe a terra.
CLAUDIO
Chi gli fa torto?
LEONATO
Diavolo, tu mi fai torto, tu mentitore, tu!
E non metter la mano sulla spada hai capito?
Che di te me ne fotto.
CLAUDIO
Che domine, no,
la mi caschi la mano se volevo dare
a un anziano cagione di temere!
Vi giuro, la mia mano non voleva toccare la spada.
LEONATO
Ppù, ppù! Bel tipo, non mi sfottere hai capito?
Chi ti parla non è né rimbambito né matto
e non si fa riparo degli anni per vantarsi
di ciò che ha fatto da giovane o ciò che farebbe
se non fosse vecchio. Ti dico in faccia, Claudio,
hai fatto tale torto a mia figlia innocente e a me
che sono forzato a scordarmi la mia dignità
e con i capelli bianchi e le cicatrici degli anni,
ti sfido da uomo a uomo.
Dico che hai calunniata la mia figlia illibata,
e la tua calunnia le ha trafitto il cuore,
e ora è stesa sotterra coi suoi antenati –
ahimè in una tomba dove mai dormì
uno scandalo, tranne questo suo, fabbricato
dalla tua infamia!
CLAUDIO
La mia infamia?
LEONATO
Sì lo ripeto, Claudio: la tua infamia.
DON PEDRO
Voi non parlate con giustizia, vecchio mio.
LEONATO
Monsignore, monsignore,
io glielo provo sopra la sua carne
se ha il coraggio, anche se è bravo di spada
e in pieno esercizio, anche se ha il maggio
della gioventù e lo scialo della forza.
CLAUDIO
Andate via! Non voglio aver a che fare con voi.
LEONATO
E mi getti da canto? M’hai ammazzata la figlia
e se ammazzi me, bamboccio, ammazzi un uomo.
ANTONIO
Eh no, ne ammazza due, e uomini con tanto di balle.
Ma lasciamo stare, incomincia con uno.
Vincimi e vantati! A me deve rispondere!
Vieni con me, bamboccio, vieni con me, signorino,
contino, a colpi di frusta ti faccio smettere
con le tue spaccate, e lo farò, sul mio onore!
LEONATO
Fratello…
ANTONIO
Zitto tu. Dio lo sa se amavo mia nipote
e ora lei è morta per le calunnie di cani
che hanno il coraggio di rispondere a un uomo
come io di pigliare un serpe per la lingua.
Bambocci, babuini, spacconi, femminelle, minchioni!
LEONATO
Fratello Antonio…
ANTONIO
Zitto, ti dico. Che credi! Li conosco bene io
e so quanto pesano fino all’ultimo grammo,
ragazzacci insolenti, modaioli, maneschi,
che mentono e imbrogliano, e sfottono e diffamano,
fanno i buffoni, mostrano delle facce feroci,
sparano mezza serqua di parole terribili,
che ti spaccano il cuore e pum e pam
e poi niente.
LEONATO
Fratello, via, fratello…
ANTONIO
Lascia stare, ripeto. Non t’immischiare,
questa me la sbrigo io.
DON PEDRO
Signori miei, entrambi,
non vi vogliamo dare altro disturbo.
Mi duole assai la morte della vostra figliola,
però, sul mio onore, ella non fu accusata
di niente che non fosse vero e assai provato.
LEONATO
Signor mio, signor mio…
DON PEDRO
Non voglio udirvi.
LEONATO
Ah no?
Andiamo via, fratello. Però mi ascolterete!
ANTONIO
Lo faranno, o qualcuno qui si farà del male!
Escono Leonato e Antonio.
DON PEDRO
Guarda, guarda chi arriva, l’uomo che cercavamo.
Entra Benedetto.
CLAUDIO
Oh, messere, che nuove?
BENEDETTO
Monsignore, buondì.
DON PEDRO
Benvenuto, signore! Sei quasi arrivato in tempo per impedire una quasi rissa.
CLAUDIO
Per poco noialtri due non avremmo avuto i nostri due nasi staccati da due vecchiarelli senza denti.
DON PEDRO
Leonato e suo fratello. Che ne dici? Fossimo venuti alle mani, forse ci avrebbero trovati un po’ troppo giovani per loro.
BENEDETTO
Non c’è valore in una lite ingiusta. Ero venuto a cercarvi.
CLAUDIO
E noi siamo andati su e giù a cercare te, ché a dirti il vero siamo tristi da morire, e si vorrebbe che qualcuno ce ne guarisse. Vuoi tu usare la tua acutezza?
BENEDETTO
È nel fodero. La tiro fuori?
DON PEDRO
Perché, la porti appesa all’anca?
CLAUDIO
Nessuno fa questo, sebbene molta gente entrando la lasci al guardarobiere. Ebbene ti prego di tirarlo fuori il tuo strumento, come si fa coi musici: tiralo fuori e svagaci.
DON PEDRO
Sul mio onore è pallido. Sei malato o arrabbiato?
CLAUDIO
Confortati amico! Ché se il magone uccide il gatto, tu sei ben ferrigno per fregare il magone.
BENEDETTO
Signore, se mi volete caricare col vostro spirito, io son capace adessadesso di affrontarlo di petto. Scegliete un altro tema vi prego.
CLAUDIO
Avanti dategli un’altra lancia, ché questa qui l’ha rotta.
DON PEDRO
Per la luce del dì diventa sempre più cupo. È proprio arrabbiato, credo.
CLAUDIO
Se l’è arrabbiato sa bene come girar la cintola.
BENEDETTO
Posso dirvi una parola all’orecchio?
CLAUDIO
Uh, Dio mi scampi da una sfida!
BENEDETTO (a parte a Claudio)
Sei una canaglia. Non scherzo mica. Ti risponderò come, quando e dove vorrai, se hai il coraggio. Dammi soddisfazione, o proclamerò che sei un codardo. Hai ammazzato una cara ragazza, e la sua morte ricadrà pesante su di te. Fatti sentire.
CLAUDIO
Eh bene, vo’ vederti presto, e non faremo che ridere.
DON PEDRO
Che c’è, un festino, un festino?
CLAUDIO
Sì e lo ringrazio, gnaffe, ché m’ha invitato a cenare d’un capo di castrone, e d’un cappone che s’io non lo scalco ammodo, dite che il mio coltello non val nulla. Dico, non vi troverò anche un pollo beccaccio?
BENEDETTO
Il tuo spirito fila bene, come un mulo all’ambio.
DON PEDRO
Ti dirò come Beatrice elogiava il tuo spirito l’altro giorno. Io le dicevo che tu avevi uno spirito sottile. “Sì,” dice, “non si vede quasi.” “No,” dico, “ha una grande arguzia.” “Sì,” dice, “grande e grossa.” “Via,” dico, “ha un buon ingegno.” “Sì,” fa lei, “non fa male a nessuno.” “Ma no,” dico, “il nostro amico è sapiente.” “Come no,” risponde, “è un sapientone.” “Andiamo,” faccio, “possiede più lingue.” “Questo è vero,” ribatte, “perché mi giurò una cosa il lunedì sera, e se la rimangiò il marte mattina, e questa sì ch’è una lingua doppia, cioè due lingue.” E così per tutta un’ora rivoltò le tue virtù personali. Però finì con un sospiro dicendo che sei il tipo più in gamba in Italia.
CLAUDIO
E per ciò pianse molto e disse che non gliene fregava niente.
DON PEDRO
Proprio così. E però, tutto sommato, se non lo odiasse a morte lo amerebbe alla follia. Ci ha detto tutto la figlia del vecchio.
CLAUDIO
Parola a parola. E per giunta Domineddio l’ha visto, che se ne stava celato in giardino.
DON PEDRO
E allora quando le attaccheremo le corna del toro salvatico alla fronte del delicato conte?
CLAUDIO
Sì, e con sotto il cartello: “Questo qui è Benedetto, uomo ammogliato”.
BENEDETTO
Ti saluto, cocco di mamma. La mia intenzion la conosci. Io ora ti lascio al tuo uzzolo di cicala. Vai mulinando il tuo spirito d’anguria come lo spaccone il suo spadone, che graziaddio non fa male. (A Don Pedro) Illustrissimo, la ringrazio per le sue molte cortesie, ma ora sono obbligato a lasciar la sua compagnia. Vostro frate il Bastardo è scappato da Messina. Voialtri due tra voi signori avete accoppato una cara e innocente ragazza. E in quanto al Signor Sbarbino lì, io e lui ci rincontreremo. Fino ad allora ch’el stia bene. Esce.
DON PEDRO
Fa sul serio.
CLAUDIO
Altroché, lo fa davvero, né io dubito che lo faccia per amor di Beatrice.
DON PEDRO
E ti ha sfidato.
CLAUDIO
Sì, proprio di cuore.
DON PEDRO
Che spettacolo è l’uomo, quando indossa giacca e stivali e lascia a casa il cervello!
CLAUDIO
E allora pare un gigante appetto a una scimia, ma la scimia appetto a lui l’è un gran dottore.
DON PEDRO
Piano però, fammi pensare. Cuore mio, sveglia e sii serio. Non ha detto che mio fratello è scappato?
Entrano Sanguinello, Crescione, la ronda, Corrado e Borraccia.
SANGUINELLO
Muoviamoci, signorino! Che se la giustizia non t’ammansisce lei, non peserà più ragioni sulla bilancia. Visto che una volta m’hai fatto il turco, bisogna tenerti d’occhio.
DON PEDRO
Che succede? Due uomini di mio fratello ammanettati? E uno è Borraccia!
CLAUDIO
Chiedete che han fatto, monsignore.
DON PEDRO
Signori agenti, che reato han commesso questi due?
SANGUINELLO
Bellamadonna, Eccellenza, falsa relazione fecero, e per giunta balle dissero, secondariamente calunnie effettuarono, sesto e ultimo una signora insultarono, terzamente disonestà verificarono, e per finire sono menzogneri fottuti.
DON PEDRO
Primo, ti chiedo che cosa han fatto; terzo, ti domando qual è il reato; sesto e ultimo, perché sono in arresto, e per concludere di che cosa li accusi.
CLAUDIO
Uh, ben ragionato, e nel suo ordine stesso. E affé mia qua il senso è preciso e bene esposto.
DON PEDRO
Chi avete offeso, signori miei, per esser così portati in manette a risponderne? Questo colto commissario è troppo sottile per farsi capire. Qual è la vostra colpa?
BORRACCIA
Principe mio, non mi fate andar oltre a rispondere del mio reato. Sentitemi voi, e poi il conte mi può pure ammazzare. Ho ingannato i vostri stessi occhi. Ciò che il vostro senno non seppe scoprire, l’hanno portato alla luce questi pulcinelli incoglioniti. Loro stanotte m’hanno sentito dichiarare a quest’uomo come vostro fratello Don Giovanni mi ha spinto a calunniare la signorina Ero; come vi condussero in quell’orto e là m’avete visto che mi filavo la Margherita vestita coi vestiti di Ero; come voi l’avete disonorata invece di sposarvela. Si sono messi a verbale il mio delitto, e ora io tengo genio di metterci la firma della morte piuttosto che tornare a riferirlo per la vergogna mia. La signorina è morta per le accuse false mie e del padrone mio. E insomma io non voglio altro che ciò che merita uno scellerato come me.
DON PEDRO
Non t’entra nel sangue come un ferro questo discorso?
CLAUDIO
Sentendolo ho bevuto veleno.
DON PEDRO
Ma è stato mio fratello a indurti a questo?
BORRACCIA
Signorsì, e m’ha pagato profumatamente per farlo.
DON PEDRO
È un uomo composto e forgiato di tradimento,
ed è per quest’infamia che è scappato.
CLAUDIO
Ero dolce, adesso la tua immagine m’appare
nella rara sembianza che m’aveva innamorato.
SANGUINELLO
Forza, levatemi dai piedi queste parti lese! A quest’ora il nostro sacrestano ha riformato del fatto il signor Leonato. E vi raccomando padroni miei, non vi scordate di specificare, a suo tempo e luogo, che io sono un somaro.
CRESCIONE
Qua, qua arriva mastro Leonato, e pure il sacrestano.
Entrano Leonato e Antonio col sacrestano.
LEONATO
Chi è lo scellerato? Fatemelo guardare negli occhi
che quando vedo un altro come lui
me ne possa scappare. Chi è di questi due?
BORRACCIA
Se volete saper chi vi ha fatto male
guardate me.
LEONATO
Sei tu la carogna
che col suo fiato uccise mia figlia innocente?
BORRACCIA
Sì, io solo.
LEONATO
Questo non è vero, no, lazzarone, tu menti.
Qui ci sta una coppia di nobiluomini
– un terzo se n’è scappato – che t’han dato mano.
Principi, vi ringrazio per la morte di mia figlia;
segnatela tra le vostre imprese più alte.
Vera prodezza è stata, se ci pensate bene.
CLAUDIO
Io non so come implorare la pazienza vostra,
però debbo parlare. Scegliete voi la vendetta.
Imponetemi qualsiasi penitenza che la vostra
fantasia saprà imporre al mio peccato.
Eppure non ho peccato che per errore.
DON PEDRO
E anch’io, sull’anima mia.
E però per risarcire questo degno vecchio,
sono pronto a piegarmi sotto qualunque peso
che vorrà impormi.
LEONATO
Certo non posso dirvi,
“Risuscitate mia figlia”, sarebbe impossibile.
Ma, vi prego tutti e due, fate sapere
a tutta Messina come morì innocente.
E se l’affetto vostro saprà partorire
qualche triste invenzione, appendete
un epitaffio per lei sulla sua tomba,
e stanotte cantatelo alle sue ossa.
Domani mattina poi venite a casa mia;
e visto che non potete più essermi genero,
conte, siate almeno mio nipote. Mio fratello
ha una figlia, quasi una copia di mia figlia morta,
e lei sola è l’erede di noialtri due.
Fate a lei la giustizia che avreste dovuto
alla cugina, e così muore la mia vendetta.
CLAUDIO
O nobile signore!
La vostra gran bontà mi strappa le lacrime.
La vostra offerta l’accetto, e d’ora in poi
disponete del povero Claudio.
LEONATO
Domani dunque v’aspetto in casa.
Per stasera mi congedo.
Questo mascalzone sia messo faccia a faccia
con Margherita. Anche lei, io credo,
è stata complice in tutto quest’imbroglio,
pagata da vostro fratello.
BORRACCIA
No, sull’anima mia.
Quando parlava con me lei non sapeva che facesse.
Quella ragazza è stata sempre giusta e onesta
in tutto quello che conosco di lei.
SANGUINELLO
E poi, eccellenza, una cosa, che per disgrazia non fu messa nero su bianco: il qui presente querelante e offensore mi ha chiamato somaro. Supplico vostra eccellenza che sia tenuto presente all’atto della condanna. E poi la ronda li sentì parlare di un certo Fetente, che dicono porta una chiave appesa all’orecchia col lucchetto che pende, e piglia soldi in prestito a nome del padreterno, cosa che ha fatto tanto e senza restituzione che ora la gente diventa dura di cuore e non impresta niente a nome d’Iddio. Vi prego di esaminarlo su questo punto.
LEONATO
Ti ringrazio per la premura e le oneste fatiche.
SANGUINELLO
Voscenza parla come un giovanotto riconoscente e riverente, e io lodo Iddio per voscenza.
LEONATO
Prendi questo per il disturbo.
SANGUINELLO
Dio salvi la casata!
LEONATO
Vai che al prigioniero ci penso io, e grazie.
SANGUINELLO
Lascio a vostro onore uno scannapecore, che supplico vossignoria di castigarsi in persona per esempio di tutti gli altri. Voscenza benedica! Auguri, auguri e una rapida guarigione! Vi do umilmente licenza di andarvene, e Dio ne scampi e liberi sempre dal rivederci in buona salute! Andiamo via compare.
Escono Sanguinello e Crescione.
LEONATO
Signori miei, ci vediamo domattina.
ANTONIO
Statevi bene signori, vi aspettiamo domani.
DON PEDRO
Non mancheremo.
CLAUDIO
Stanotte farò veglia con Ero.
Escono Don Pedro e Claudio.
LEONATO (alla ronda)
Portate avanti quei due. Voglio parlare a Margherita, per sapere come ha conosciuto questo svergognato.
Escono.
ATTO QUINTO – SCENA SECONDA
Entrano Benedetto e Margherita.
BENEDETTO
Cara signora Margherita, la prego mi faccia il favor d’aiutarmi a parlare con Beatrice.
MARGHERITA
Sì, ma voscenza me lo scrive un sonetto in lode delle bellezze mie?
BENEDETTO
Come no, Margherita, e in uno stile così alto che nessun uomo vivente potrà mai montar sopra, perché la verità sacrosanta è che tu te lo meriti.
MARGHERITA
Come come, nessuno potrà montarmi sopra? E perché, dovrò sempre restare nel sottoscala?
BENEDETTO
Uh, hai la lingua pronta tu, come la bocca d’un can levriere: chiappa di botto.
MARGHERITA
E voi invece l’avete spuntata come una spada per la scherma: tocca e non picca.
BENEDETTO
Oh beh, è una lingua da uomo, Margherita, non fa male a una ragazza. Ora la pregherei, mi chiami Beatrice, che io abbasso lo scudo e glielo do.
MARGHERITA
Dateci le spade piuttosto, ché gli scudi li abbiamo già.
BENEDETTO
Guarda che se usi lo scudo, Margherita, vi devi avvitar ben bene lo spunzone col cacciavite; e sono strumenti pericolosi per le ragazze.
MARGHERITA
Bbi, meglio chiamarvi Beatrice che ha buone gambe. Esce Margherita.
BENEDETTO
E quindi verrà
(canta) Il Dio d’amor
che sta lassù
e sa, e sa di me,
com’io meriti merzè…
per come canto voglio dire. Ma nell’amore, il campion di nuoto Leandro, e Troilo che per primo diè lavoro a un ruffiano, e poi anche un intero tomo di storie di questi fu-strapazzatappeti, i nomi dei quali saltano ancor dolcemente sul liscio cammino dei versi sciolti, bene, tutti sti eroi non fur mai così voltati e rivoltati dall’amore come il mio povero me. Maria vergine, riuscissi a metterla in rima quest’idea! Ci ho provato. Macché, non riesco a trovar altra rima a “fanciulla” che “culla”, una rima da bebè; a”scorno” che “corno”, una rima sboccata; e a “scolaro” “somaro”, una rima scema. Rime poi che non annunziano niente di buono. No, si vede che non son nato sotto una stella poetica, e non so far la corte con questi termini da festival.
Entra Beatrice.
O Beatrice cara, io ti chiamo e tu vieni!
BEATRICE
Signorsì e me ne vado appena me lo dici.
BENEDETTO
Oh, resta finché dico “vai!”
BEATRICE
Hai detto “Vai” e perciò ti saluto. Però me ne voglio andare con ciò che cercavo, cioè, sapendo che cosa è successo tra te e Claudio.
BENEDETTO
Solo brutte parole. Dopodiché voglio darti un bacio.
BEATRICE
Le brutte parole son brutto vento, e il vento brutto è brutto fiato, e il fiato brutto è fastidioso, perciò me ne vado senza baci.
BENEDETTO
Eh, hai spaventato la parola facendola cambiar di senso, tanto gagliardo è il tuo spirito. Ma allora ti dico chiaro e tondo che Claudio ha avuto la mia sfida, e perciò o mi dà una risposta pronta, o lo dichiaro un codardo. E ora ti prego di dirmi, per quale dei miei difetti hai cominciato a innamorarti di me?
BEATRICE
Per tutti insieme. Perché essi formano una repubblica viziosa così perfetta, che non ci può entrare neanche una virtù. E ora dimmi, per quale delle mie virtù ti sei ammalato d’amore per me?
BENEDETTO
Ammalato! Hai detto bene, io son davvero ammalato d’amore, perché ti amo contro la mia volontà.
BEATRICE
Sì, a dispetto del cuore, penso. O povero cuore! Se tu gli fai dispetto per amor mio, io gli farò dispetto per amor tuo: non posso certo amare quel che il mio amico non ama.
BENEDETTO
Tu ed io siamo troppo intelligenti per amarci in pace.
BEATRICE
Non si direbbe da ciò che dici: su venti uomini intelligenti non ce n’è uno che si loderebbe da sé.
BENEDETTO
Ma cara Beatrice, codesta l’è un’idea superatissima, l’andava bene ai tempi di mio nonno. Oggi, se un uomo non si tira su il monumento da solo e avanti che crepi, poi dopo la sua memoria non durerà più d’un tocco di campana, o più d’una lacrima di vedova.
BEATRICE
Vale a dire quanto esattamente?
BENEDETTO
Mo’ quanto può essere? Un’ora di strilli e un quartin di moccio, oh vé. Perciò gli conviene assai a un uomo savio, se Padron Tarlo la coscienza non ha niente contro, di far la trombetta delle sue virtù, proprio come faccio io. E tanto basta per le lodi di me sopra me, che, l’attesto io stesso, son ben meritate. E ora dimmi, come sta tua cugina?
BEATRICE
Sta molto male.
BENEDETTO
E tu come stai?
BEATRICE
Anch’io molto male.
BENEDETTO
Raccomandati a Dio, amami e ravvediti. E ora ti lascio, che arriva qualcuno di fretta.
Entra Orsola.
ORSOLA
Signora, deve venire subito da suo zio. C’è gran confusione in casa. Hanno provato che la signora Ero è stata calunniata, il Principe e Claudio pigliati per fessi, e l’autore di tutto è Don Giovanni, che se n’è scappato. Volete venire subito?
BEATRICE
Vuol sentire voscenza queste novità?
BENEDETTO
Io voglio starti nel cuore, venir meno nel tuo grembo e farmi seppellir nei tuoi occhi; e poi anche voglio andare con te da tuo zio. Escono.
ATTO QUINTO – SCENA TERZA
Entrano Claudio, Don Pedro, Baldassarre, e tre o quattro con fiaccole, tutti vestiti a lutto.
CLAUDIO
È questa la cappella di Leonato?
UN GENTILUOMO
Sì, monsignore.
CLAUDIO (legge su un rotolo)
Epitaffio
Da false lingue uccisa
fu Ero che qui giace;
Morte, a farle giustizia,
le dà fama immortale.
Così la vita morta nell’infamia
vive in sua morte e gloria l’accompagna.
Pendi sulla sua polvere
e lodala quand’io non ho più voce.
Suonate ora, musicisti, cantate l’inno solenne.
Canzone.
BALDASSARRE
Mercè, dea della notte,
per chi tua ninfa spense;
con canti di dolore
qui attorno viensi.
Anche tu piangi, notte,
accompagna il corrotto
coi gemiti.
Apritevi voi, tombe,
mentre lodiamo l’ombre
coi gemiti, coi gemiti.
CLAUDIO
E ora, buona notte alle tue ossa!
Verrò ogni anno a celebrare il rito.
DON PEDRO
Signori miei, buon giorno! Spegnete quelle torce.
I lupi han rapinato. Ed ecco, il dolce dì
precede le ruote del Sole, e tutt’intorno
screzia di grigio il sonnolento oriente.
Grazie a voi tutti, andate pure: addio.
CLAUDIO
Buon giorno, amici. Vada ognuno a casa.
DON PEDRO
Via, usciamo da qui. Andiamo a indossare
altri vestiti, e poi a casa di Leonato.
CLAUDIO
Ci sia propizio Imene più che non fu con questa
giovane per la quale abbiamo pianto. Escono.
ATTO QUINTO – SCENA QUARTA
Entrano Leonato, Antonio, Benedetto, Beatrice, Margherita, Orsola, Frate Francesco, e Ero.
FRATE
Non ve l’ho detto io ch’era innocente?
LEONATO
Anche il Principe e Claudio: l’accusarono
per l’errore di cui avete sentito; però,
anche senza volerlo, Margherita
ha qualche colpa, com’è risultato
nel corso dell’inchiesta.
ANTONIO
Beh, son lieto
che tutto sia finito così bene.
BENEDETTO
Anch’io! Sennò dovevo, sulla parola data,
chiamare Claudio a rendermi ragione.
LEONATO
E ora, figlia, e voi altre donne,
ritiratevi tutte in una stanza,
e quando chiamo entrate con le maschere.
Il Principe e Claudio mi han promesso
di venire a quest’ora. Tu, fratello,
conosci la tua parte: devi essere il padre
di tua nipote, e darla in moglie al conte. Escono le donne.
ANTONIO
Il che farò con aria imperturbabile.
BENEDETTO
Frate Francesco, forse avrò bisogno
del vostro aiuto.
FRATE
In cosa, monsignore?
BENEDETTO
Per legarmi o disfarmi – o l’una o l’altra.
Signor Leonato, la verità è,
caro sior, che questa sua nipote
mi guarda di buon occhio.
LEONATO
Certo, è l’occhio
che le ha dato mia figlia.
BENEDETTO
E io la guardo
con un occhio d’amore.
LEONATO
E questo è l’altro occhio,
mi pare, che v’abbiamo dato io, Claudio
e il Principe. Ma che intenzione avete?
BENEDETTO
Signor mio, la risposta l’è enigmatica.
Ma per me voglio, e spero lo vogliate
anche voi, maritarmi ora oggi stesso
con lei, onorabilmente. Ed è in questo,
buon frate, che vi chiedo di aiutarmi.
LEONATO
Per me, con tutto il cuore.
FRATE
E col mio aiuto
Ma arrivano il Principe e Claudio.
Entrano Don Pedro, Claudio, e due o tre altri.
DON PEDRO
Buon giorno a questa bella compagnia!
LEONATO
Buon giorno, Principe. Claudio, buon mattino.
Siamo qui per servirvi. Siete ancora deciso
a sposar oggi la figlia di mio fratello?
CLAUDIO
Io sto deciso, fosse lei un’etiope.
LEONATO
Chiamatela, fratello. E qui c’è pronto il prete.
Esce Antonio.
DON PEDRO
Buon giorno, Benedetto. Dico, che ti succede,
che tieni quella faccia di febbraio
piena di gelo, nuvole e tormenta?
CLAUDIO
Credo che pensi a quel toro selvatico.
Suvvia, amico, non ti dare briga.
Alle tue corna mettonsi capsule di oro
e tutta quanta Europa sarà lieta di te,
come già fu una volta per l’addietro
che l’era in groppa a Giove infatuato
mutato in animale eletto ed arrapato.
BENEDETTO
Amico, Giove aveva un muggito leggiadro
e un toro ugual montò la mucca di tuo padre,
e in quella nobile impresa fé un vitello
che a belar t’assomiglia come un fratello.
CLAUDIO
L’è a buon rendere. Ora ho altri conti a saldare.
Entrano Antonio e le donne mascherate.
Qual è la donna ch’io debbo spiccare?
ANTONIO
Questa qui, e io ve la do.
CLAUDIO
Beh, allora è mia. Cara, fatti vedere in viso.
ANTONIO
No, non dovete. Prima, pigliatele la mano
davanti al frate, e giurate di sposarla.
CLAUDIO
Dammi la mano. Davanti a questo santo frate,
se mi vuoi, sono tuo marito.
ERO (si toglie la maschera)
E io, quando vivevo,
ero l’altra vostra moglie, e quando voi amavate,
eravate il mio altro marito.
CLAUDIO
Un’altra Ero!
ERO
Niente di più certo.
Una Ero morì disonorata, ma io sono viva,
e com’è vero che vivo, sono vergine.
DON PEDRO
La Ero di prima! Ero che è morta!
LEONATO
Monsignore, era morta mentre viveva la sua calunnia.
FRATE
Posso smorzarvi io tutta la meraviglia
quando avremo finito i sacri riti
e vi dirò ampiamente com’è morta
la bella Ero. Intanto, che il miracolo
vi sembri cosa naturale, e subito
andiamo in chiesa.
BENEDETTO
Piano, piano, frate,
chi è Beatrice?
BEATRICE (si toglie la maschera)
Io mi chiamo così. Cosa volete?
BENEDETTO
Mo’ non mi amate più?
BEATRICE
Beh no, non più di quanto è ragionevole.
BENEDETTO
Ma allora vostro zio, Don Pedro e Claudio
sono stati imbrogliati: giuravano
che mi amavate.
BEATRICE
Voi mi volete bene?
BENEDETTO
Ah no, non più di quanto è ragionevole.
BEATRICE
Ma allora mia cugina, e Margherita, e Orsola
sono state imbrogliate di brutto; mi giuravano
che me ne volevate.
BENEDETTO
A me m’hanno giurato che eri quasi malata
per me.
BEATRICE
E a me giurarono
che eri quasi morto, a causa mia.
BENEDETTO
Che favole! Ma allora non mi ami?
BEATRICE
No davvero,
vi contraccambio come amica e basta.
LEONATO
Nipote, la finiamo? Sono certo che l’ami.
CLAUDIO
E io lo giurerei che lui l’ama. Difatti
ecco una carta scritta di sua mano,
un sonettaccio zoppo che figliò la sua mente,
imbastito per lei.
ERO
E questo è un altro
scritto da mia cugina, che le sfilai di tasca,
coi suoi trasporti per un certo Benedetto.
BENEDETTO
Miracolo! Le nostre mani contro i nostri stessi cuori. Dai, vieni, ti accetto. Ma per la luce del sole lo faccio per filantropia.
BEATRICE
E io non ti dico di no. Ma, per questa bella giornata, lo faccio perché cedo a tante insistenze, e un po’ per salvarti la vita, perché mi dicono che sennò muori tisico.
BENEDETTO (baciandola)
Taci! Ti tappo la bocca.
DON PEDRO
E ora come ti senti, Benedetto, uomo ammogliato?
BENEDETTO
Le dirò, illustrissimo: un battaglion di burloni non mi farebbe cambiar idea. Cosa crede che m’importi di una satira o d’un epigramma? Ma no! Se un uomo si fa battere dallo spirito di patata, non avrà mai indosso nulla di bello. Per farla corta, visto che ho intenzion d’accasarmi, non ho intenzion di curarmi affatto di ciò che il mondo può dire al contrario. E dunque non è il caso di sfottermi per quel che ho detto contro: l’uomo è una bestia volubile, e questa è la mia conclusione. Quanto a te, figlio bello, pensavo di darti una lezione, ma visto che sei al punto di diventar mio parente, vivi pure senza sgraffi per amar mia cugina.
CLAUDIO
E io speravo che tu dicessi no a questa giovane, che io t’avrei fatto sortire a legnate dalla tua scapolaggine, così da fare di te un uomo a due facciate: il che tu sarai senza dubbio, se mia cugina non ti tiene d’occhio strettamente.
BENEDETTO
Va là, va là, siamo amici no? Orsù facciamo una bella danza prima di maritarci, per far più leggeri i nostri cuori e i calcagni di queste sposine.
LEONATO
Il ballo lo avremo dopo.
BENEDETTO
L’avremo prima, vi dico! Perciò, musica, attacca! Principe, tu sei triste. Trovati moglie, trovati moglie! Non c’è bastone più degno di uno col manico di corno.
Entra un messo.
MESSO
Monsignore, vostro fratello Don Juan l’han preso in fuga, e riportato a Messina sotto scorta.
BENEDETTO
Non ci pensi, non ci pensi fino a domani! Gliela trovo io una punizione coi fiocchi. Su attaccate pifferai!
Ballano e poi escono.
Molto rumore per nulla
(“Much Ado About Nothing” 1598 – 1599)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V