(“Othello” – 1602 – 1603)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
ATTO QUARTO – SCENA PRIMA
Stesso posto.
Entrano Iago e Otello.
IAGO
Ci pensate?
OTELLO
Pensarci, Iago?
IAGO
Già,
un bacio di nascosto?
OTELLO
Un bacio illecito.
IAGO
O nuda a letto col suo amico,
un’ora o più, senza male intenzioni?
OTELLO
A letto nuda, Iago, e senza male intenzioni?
È un’ipocrisia che truffa il diavolo.
Chi ha buone intenzioni e fa così
si fa tentare dal diavolo e tenta il cielo.
IAGO
Se non fanno nulla, è peccato veniale;
ma se io do a mia moglie un fazzoletto…
OTELLO
Allora?
IAGO
Be’, diventa suo; ed essendo suo, signore,
credo che può darlo a chi vuol lei.
OTELLO
Ma anche l’onore è suo; e può forse
disporne a piacimento?
IAGO
L’onore è un’entità che non si vede;
ce l’ha chi spesso non ce l’ha. Ma il fazzoletto…
OTELLO
Ah, avrei voluto scordarmelo. Tu dicevi
– sì, mi torna a mente, come fa il corvo
sulla casa dell’appestato, malaugurio per tutti –
che aveva lui il mio fazzoletto.
IAGO
Sì, e con questo?
OTELLO
Ora non va molto bene.
IAGO
E se avessi detto d’averlo visto
farvi torto? O sentito raccontare
– ci sono in giro fior di farabutti
che avendo a forza di insistenze
o per un volontario cedimento
vinto o posseduto qualche donna
si mettono a spifferare…
OTELLO
Ha detto qualcosa?
IAGO
Sì, mio signore; ma state pur sicuro
non più di quanto negherà.
OTELLO
Cosa ha detto?
IAGO
Be’, che ha… non so che cosa.
OTELLO
Che cosa, cosa?
IAGO
Giaciuto…
OTELLO
Con lei?
IAGO
Con lei, sopra di lei, quel che volete.
OTELLO
Ha giaciuto con lei, sopra di lei?… Giacere sopra una donna è sputtanarla… giacere con lei, Cristo, che schifo! Il fazzoletto… confessioni… fazzoletto! Confessi e s’impicchi per la fatica. Prima s’impicchi e poi confessi. Tremo tutto. Come potrebbe ottenebrarsi di collera la mia natura senza qualche terribile influenza? Non sono le parole a farmi tremare così. Puah! Nasi, orecchie, labbra. È possibile?… Confessa?… Il fazzoletto?… Ah, demonio!
Cade a terra
IAGO
Agisci, mio veleno, agisci.
Così si prendono in trappola gli allocchi,
e così molte virtuose e caste donne
pur senza macchia vengon sputtanate.
Su, su, mio signore. Ehi, dico, Otello!
Entra Cassio.
Ah, Cassio.
CASSIO
Che succede?
IAGO
Il generale è andato in catalessi;
è la seconda volta, successe anche ieri.
CASSIO
Strofinagli le tempie.
IAGO
No, meglio di no.
Il deliquio deve seguire il suo corso.
Altrimenti sbava alla bocca ed esplode
in accessi di pazzia. Ecco, si muove.
Lasciateci per un po’, ora si riprenderà.
Dopo che se n’è andato vorrei parlarvi
di una cosa importante. Ebbene, generale? Esce Cassio.
Vi fa male la testa?
OTELLO
Mi prendi in giro?
IAGO
Prendervi in giro? Dio me ne guardi.
Sopportate la vostra sorte da uomo!
OTELLO
Il cornuto è un mostro e una bestia.
IAGO
Allora le gran città son popolate
di bestie e mostri civici.
OTELLO
Ha confessato?
IAGO
Signore, siate uomo; considerate
che chiunque ha la barba ed è aggiogato
tira lo stesso carro. Sono milioni al mondo
che la sera si coricano in letti condivisi
di cui si reputano gli unici padroni.
Voi state meglio. Ah, è un tiro infernale,
l’arcisberleffo del maligno, sbaciucchiare
una sgualdrinella in un letto insospettato
supponendola casta. No, meglio sapere;
e sapendo come sono, so cosa le capiterà.
OTELLO
Oh, tu sei avveduto, certamente.
IAGO
Ora rimanete un po’ in disparte,
limitatevi pazientemente ad aspettare.
Mentre eravate qui, furibondo di dolore,
(una passione inadatta a uno come voi)
è venuto Cassio. Io l’ho fatto andar via
con la scusa del vostro smarrimento,
dicendogli di ritornare dopo un po’
a parlare con me; e l’ha promesso.
Nascondetevi e osservate bene
le smorfie, i sorrisetti, gli sberleffi
che gli si dipingeranno sul volto
quando gli farò ripetere la storia
di dove, come, quando e quante volte
ha fottuto e fotterà vostra moglie.
Basterà che osserviate i suoi gesti.
Ma state calmo, che io non debba dire
che siete posseduto dalla bile
e non più uomo.
OTELLO
Ascoltami, Iago;
sarò avvedutissimo nella mia calma
ma anche – bada bene – sanguinario.
IAGO
Non è sbagliato. Ma siate sempre controllato.
Volete ritirarvi? Otello si ritira
Ora chiederò a Cassio di Bianca,
una ganza che si procura pane e vesti
vendendo i suoi favori. È infatuata
di Cassio, ed è destino della sgualdrina
infinocchiarne molti, ma da uno
farsi infinocchiare. Sentendone parlare
lui si sbellica sempre dalle risa.
Entra Cassio.
Eccolo. Lui riderà e Otello impazzirà;
e con la sua gelosia da scolaretto
fraintenderà sorrisi, gesti e mossette
del povero Cassio. Come va, luogotenente?
CASSIO
Malissimo, se mi date il titolo
la cui mancanza ancor mi uccide.
IAGO
Insistete con Desdemona, e tutto
si sistemerà. Se dipendesse da Bianca,
sarebbe presto fatto!
CASSIO
Ah, poverina!
OTELLO
Guarda, ride già!
IAGO
Non ho mai visto una donna tanto innamorata.
CASSIO
Ah, poverina, credo che mi ami veramente.
OTELLO
Adesso nega per scherzo e ci ride su.
IAGO
Mi sentite, Cassio?
OTELLO
Adesso lo spinge
a raccontare tutto. Avanti, bene, bene.
IAGO
Dà a intender che la sposerete. È vero?
CASSIO
Ah, ah, ah!
OTELLO
Te ne vanti, Romano, te ne vanti?
CASSIO
Sposarla? Una cortigiana? Vi prego,
abbiate più carità pel mio buon senso,
non ritenetelo così squinternato. Ah, ah, ah!
OTELLO
Sì, sì, sì; ride bene chi ride ultimo.
IAGO
E invece corre voce che la sposerete.
CASSIO
Vi prego, non scherzate.
IAGO
Lo dico sul mio onore.
OTELLO
Mi hai messo il marchio? Bene.
CASSIO
È una voce che mette in giro la scimmietta; è convinta che la sposerò perché mi ama e si illude, non perché io gliel’abbia mai promesso.
OTELLO
Iago mi fa cenno. Adesso comincia la storia.
CASSIO
Era qui un momento fa, mi insegue dappertutto. L’altro giorno parlavo in riva al mare con alcuni veneziani, e quella fringuelletta capita lì e mi butta le braccia al collo, sul mio onore…
OTELLO
Gridando “O Cassio adorato!” di sicuro; lo indica il suo gesto.
CASSIO
Mi si attacca al collo penzoloni e mi inonda di lacrime, tirandomi di qua e di là. Ah, ah, ah!
OTELLO
Adesso racconta come se l’è portato in camera mia. Oh, vedo il tuo naso, ma non il cane a cui lo getterò.
CASSIO
Be’, devo proprio lasciarla.
Entra Bianca.
IAGO
Parola mia, ecco che arriva.
CASSIO
È proprio una puzzola! E come olezza!
Ma perché mi perseguite così?
BIANCA
Che vi perseguiti il diavolo e sua madre! Perché mi avete dato quel fazzoletto poco fa? Sono stata una sciocca a prenderlo. Dovrei ricopiare il ricamo, ed è proprio un bel ricamo che ve lo siate trovato in camera senza sapere chi ce l’ha lasciato! Sarà il pegno di qualche puttanella, e io dovrei ricopiarlo? Ecco, datelo alla vostra manutengola, comunque l’abbiate avuto. Io non ci metterò mano.
CASSIO
Suvvia, dolce Bianca, cosa vi prende?
OTELLO
Santo cielo, dev’essere il mio fazzoletto!
BIANCA
Se verrete a cena, bene; e se non venite stasera, sarà per un’altra volta. Esce.
IAGO
Andatele dietro, seguitela.
CASSIO
Sì, mi converrà, altrimenti farà scenate per le strade.
IAGO
Cenerete da lei?
CASSIO
Sì, per forza.
IAGO
Be’, può darsi che vi riveda; mi piace conversare con voi.
CASSIO
Volete venire?
IAGO
No, no; basta parlare. Esce Cassio.
OTELLO (Facendosi avanti)
Come lo ucciderò, Iago?
IAGO
Avete visto come rideva della sua tresca?
OTELLO
Oh, Iago!
IAGO
E avete visto il fazzoletto?
OTELLO
Era il mio?
IAGO
Il vostro, parola mia. E vedete come stima quella stupida di vostra moglie! Lei gliel’ha regalato, e lui lo dà alla sua puttana.
OTELLO
Vorrei impiegare nove anni a ucciderlo; una donna così bella, così gentile, così dolce.
IAGO
Ah, dovete scordarvelo.
OTELLO
E che lei muoia e marcisca e sia dannata stanotte. Non deve vivere. No, il mio cuore s’è fatto di pietra; se lo colpisco mi fa male la mano. Oh, non c’è al mondo creatura più dolce, può stare al fianco di un imperatore e comandarlo a bacchetta.
IAGO
No, non fate così.
OTELLO
Accidenti a lei, io dico solo quel che è; abilissima con l’ago, mirabile musicista – oh, ammansirebbe un orso col suo canto – con un’intelligenza e un’immaginazione così alta e ricca!
IAGO
E proprio per questo è più colpevole.
OTELLO
Oh, mille, mille volte… e di natura così gentile!
IAGO
Sì, troppo gentile.
OTELLO
Ah, non c’è dubbio; ma che peccato, Iago! O Iago, che peccato, Iago!
IAGO
Se vi commovete tanto sulla sua infamia, datele pure carta bianca d’offendere; se non tocca voi, non sfiora nessun altro.
OTELLO
La farò a pezzetti… Farmi becco!
IAGO
Oh, è un’infamia.
OTELLO
Col mio ufficiale!
IAGO
Ancor più infame.
OTELLO
Procurami del veleno, Iago; stanotte. Non recriminerò con lei, ché il suo corpo e la sua bellezza non indeboliscano un’altra volta la mia volontà. Stanotte, Iago.
IAGO
Non usate il veleno; strangolatela nel suo letto, proprio nel letto che ha contaminato.
OTELLO
Giusto, giusto! Mi piace la giustezza. Molto giusto.
IAGO
E quanto a Cassio, sarò io il suo becchino. Avrete notizie entro mezzanotte.
OTELLO
Benissimo. (Squilli di tromba da dentro). Che squilli di tromba son questi?
Entrano Lodovico, Desdemona e gente del seguito.
IAGO
Di sicuro notizie da Venezia; è Lodovico,
inviato dal Doge, e vostra moglie con lui.
LODOVICO
Dio vi protegga, valoroso generale!
OTELLO
Di tutto cuore, mio signore.
LODOVICO
Il Doge e i senatori di Venezia vi salutano.
Gli dà una lettera.
OTELLO
Bacio la lettera con i loro ordini.
Apre la lettera e legge.
DESDEMONA
E che notizie portate, caro cugino Lodovico?
IAGO
Felice di vedervi, signore; benvenuto a Cipro.
LODOVICO
Vi ringrazio. Come sta il luogotenente Cassio?
IAGO
Vive, signore.
DESDEMONA
C’è stata un’innaturale rottura, cugino,
fra lui e il mio signore; ma voi li riconcilierete.
OTELLO
Ne sei sicura?
DESDEMONA
Mio signore?
OTELLO (Legge)
“Non mancate d’eseguirlo, come voi…”
LODOVICO
Non si rivolge a noi; è immerso nella lettera.
Una rottura fra il comandante e Cassio?
DESDEMONA
Sì, purtroppo; farei di tutto per riconciliarli,
dato l’amore che ho per Cassio.
OTELLO
Fuoco e zolfo!
DESDEMONA
Mio signore?
OTELLO
Sei in te?
DESDEMONA
Ma come, è in collera?
LODOVICO
Forse è stato turbato dalla lettera;
credo gli ordinino di rimpatriare
e di affidare il governo a Cassio.
DESDEMONA
Ne sono proprio contenta.
OTELLO
Davvero?
DESDEMONA
Mio signore?
OTELLO
Meglio se hai perso il senno.
DESDEMONA
Perché, dolce Otello?
OTELLO
Demonio! La colpisce.
DESDEMONA
Questo non lo meritavo.
LODOVICO
Signore, nessuno lo crederebbe a Venezia,
anche se ci giurassi sui miei occhi.
È troppo. Fate la pace; lei piange.
OTELLO
Oh, demonio, demonio! Se la terra
si impregnasse delle lacrime di donne
ognuna genererebbe un coccodrillo.
Via di qui!
DESDEMONA
Se la mia presenza vi offende… Fa per andare.
LODOVICO
Proprio una signora obbediente. Vi prego,
mio signore, richiametela!
OTELLO
Signora!
DESDEMONA
Mio signore?
OTELLO
Che volete da lei, signore?
LODOVICO
Chi, io?
OTELLO
Sì, voi volevate che la facessi tornare;
ed è una, signore, che va e torna, gira
e rigira, avanti e indietro, signore,
e piange, oh, se piange. Ed è obbediente,
come voi dite, obbediente, molto
obbediente. Dai con le tue lacrime.
E quanto a questa, mio signore…
oh, come finge bene un’emozione!…
mi si ordina di rimpatriare… vattene via!
Ti farò richiamare… Signore, obbedisco
all’ordine e tornerò a Venezia.
Vade retro, via! Esce Desdemona.
Cassio mi sostituirà;
e questa sera, signore, siete invitato a cena
e benvenuto a Cipro… Capre e scimmie! Esce.
LODOVICO
È questo il nobile Moro che il Senato
giudica in tutto e per tutto competente?
Questa l’indole impervia alla collera,
la salda virtù che i dardi della sorte
o i colpi della sventura non potevano
scalfire né intaccare?
IAGO
È molto cambiato.
LODOVICO
Ha la mente a posto? Non è fuori di senno?
IAGO
È quel che è; io non posso esprimere giudizi
su quel che può essere. E se non è
come potrebbe, volesse il cielo che lo fosse!
LODOVICO
Ma come! Picchiare sua moglie?
IAGO
Be’, non fu bello; ma vorrei proprio
che fosse quello il colpo suo peggiore!
LODOVICO
È suo costume? O sono state le lettere
a fargli ribollire il sangue e a indurlo
a questo gesto insolito?
IAGO
Ahimè, ahimè!
Non è onesto che sia io a riferire
quel che ho visto e scoperto. Vedrete voi,
ché il suo comportamento parla chiaro
e io posso risparmiare i miei discorsi.
Seguitelo, e vedrete come si comporta.
LODOVICO
Mi rincresce essermi ingannato sul suo conto.
Escono.
ATTO QUARTO – SCENA SECONDA
Una stanza nel castello
Entrano Otello e Emilia
OTELLO
Allora non hai visto nulla?
EMILIA
Mai sentito o sospettato nulla.
OTELLO
Sì, avrai visto che stava assieme a Cassio.
EMILIA
Ma non c’era alcun male, e ho sentito
ogni sillaba che si sono scambiata.
OTELLO
Come? Non bisbigliavano mai?
EMILIA
Mai, signore.
OTELLO
E non ti allontanavano mai?
EMILIA
Mai.
OTELLO
Per prenderle il ventaglio, la maschera,
i guanti, o qualcosa?
EMILIA
Mai, mio signore.
OTELLO
È strano.
EMILIA
Sarei pronta a giocarmi l’anima, signore,
sulla sua onestà. Se credete altrimenti,
allontanate il pensiero ingannevole.
Se ve l’ha messo in capo un farabutto,
il cielo gli riservi la maledizione del serpente!
Se lei non è onesta, casta e fedele,
non c’è al mondo marito felice;
la moglie più pura, al suo confronto,
è sozza come la calunnia.
OTELLO
Chiamala qui, va’! Esce Emilia.
Per dire, dice; ma è ruffiana da poco
chi non sa far così. È una scaltra puttana,
una sentina inchiavardata di sozzi segreti.
Eppure si inginocchia e prega; l’ho vista farlo.
Entrano Desdemona ed Emilia.
DESDEMONA
Che desidera il mio signore?
OTELLO
Vieni qui, colombella.
DESDEMONA
Che volete da me?
OTELLO
Fammi vedere gli occhi…
Guardami in faccia.
DESDEMONA
Che orribile fantasia è questa?
OTELLO (A Emilia)
Su, al tuo lavoro, donna; lascia soli
i fornicanti e chiudi la porta; tossisci
o fa “ehm” se viene qualcuno. Avanti,
è il tuo mestiere, il tuo mestiere. Svelta! Esce Emilia.
DESDEMONA
In ginocchio, che significano le vostre parole?
Ne colgo la furia, ma non il senso.
OTELLO
Come? Che cosa sei tu?
DESDEMONA
Vostra moglie, signore; vostra moglie
fedele e leale.
OTELLO
Su, giuralo e dannati;
ché, assomigliando a un essere del cielo,
i diavoli stessi non teman di ghermirti.
Sii perciò due volte dannata; giura che sei onesta.
DESDEMONA
Il cielo lo sa bene.
OTELLO
Il cielo sa bene
che sei disonesta come l’inferno.
DESDEMONA
Verso chi, signore? Con chi? Io disonesta?
OTELLO
Ah, vattene, Desdemona, vattene, vattene!
DESDEMONA
Che giorno d’angoscia! Perché piangete?
Sono io la causa di queste lacrime?
Se per caso sospettate che mio padre
sia responsabile del vostro richiamo
in patria, non datene la colpa a me.
Se è perso per voi, lo è anche per me.
OTELLO
Se il cielo avesse voluto affliggermi
per mettermi alla prova, facendomi piovere
sul capo nudo piaghe e vergogne d’ogni tipo,
immergendomi fino al collo nella miseria,
mettendo sotto chiave me e le mie speranze,
in qualche angolo del cuore avrei trovato
un’ombra di pazienza. Ma ahimè, rendermi
il numero fisso su cui l’ora del ludibrio
appunta la lenta, inesorabile lancetta… oh, oh.
Pure anche questo avrei saputo sopportarlo;
ma essere strappato da quel luogo
dove avevo riposto il tesoro del mio cuore,
dove posso soltanto vivere o morire,
la fonte da cui sgorga la mia linfa
che altrimenti inaridisce… o vederla ridursi
a una cisterna dove s’accoppiano e proliferano
luridi rospi! Lì cambia il tuo colore;
pazienza, giovane cherubino dalle labbra rosa,
qui assumo il truce aspetto dell’inferno!
DESDEMONA
Spero che il mio signore mi reputi onesta.
OTELLO
Oh, sì; come le mosche estive nei macelli,
che prolificano a sciami dalle uova.
O nera gramigna, leggiadra a vedersi,
profumata da far dolere i sensi,
se tu non fossi mai nata!
DESDEMONA
Ahimè,
quale peccato, ignara, ho commesso?
OTELLO
Questa bella carta, questo bel libro
son stati fatti per scriverci su “puttana”?
Che, commesso? Commesso! Ah, donna di strada!
Se solo parlassi dei tuoi misfatti
le mie gote diverrebbero fornaci
che ridurrebbero in cenere il pudore.
Cos’hai commesso! Il cielo si tappa il naso,
la luna chiude gli occhi; il vento osceno
che bacia tutto quello in cui s’imbatte
si rintana nelle caverne della terra
per non udire… cos’hai mai commesso?
Spudorata sgualdrina!
DESDEMONA
Sul cielo, mi fate torto.
OTELLO
Non sei una sgualdrina?
DESDEMONA
No, quant’è vero che sono cristiana.
Se aver serbato questo corpo per il mio signore
puro d’ogni odioso, lercio e illegale contatto,
è non essere sgualdrina, io non lo sono.
OTELLO
Ah, non sei puttana?
DESDEMONA
No, sulla mia salvezza.
Entra Emilia.
OTELLO
Com’è possibile?
DESDEMONA
Dio ci perdoni.
OTELLO
Ti chiedo grazia; io ti avevo presa
per quella scaltra puttana di Venezia
sposata a Otello. Ehi, tu, donna,
che fai il mestiere opposto di San Pietro
a guardia delle porte dell’inferno, sì, tu, tu!
Noi abbiamo finito la marchetta.
Eccoti i soldi per il tuo disturbo.
Serra a chiave, ti prego, e bocca chiusa. Esce.
EMILIA
Ahimè, cosa s’immagina quell’uomo?
E voi come state, signora, come state?
DESDEMONA
Sono imbambolata.
EMILIA
Che gli ha preso al mio signore, padrona?
DESDEMONA
A chi?
EMILIA
Al mio signore.
DESDEMONA
Chi è il tuo signore?
EMILIA
Ma il vostro, dolce signora.
DESDEMONA
Io non ne ho. Non parlarmi, Emilia.
Non riesco a piangere, e l’unica risposta
sarebbero le lacrime. Ti prego, stasera
metti sul letto le lenzuola nuziali;
ricordati, e fa venir qui tuo marito.
EMILIA
Che razza di cambiamento! Esce.
DESDEMONA
È giusto che mi tratti così, molto bene.
Che cosa ho fatto che possa muovermi
il minimo appunto d’un fallo così grave?
Entrano Iago ed Emilia.
IAGO
Cosa comandate, signora? Che avete?
DESDEMONA
Non lo so. Chi insegna ai bambinelli
lo fa con dolcezza e compiti leggeri.
Doveva rimproverarmi a questo modo,
quando mi sgridano io sono una bambina.
IAGO
Che è successo, signora?
EMILIA
Ahimè, Iago,
il signore le ha dato della puttana
con tali insulti e termini così pesanti
che un cuore onesto non può sopportarlo.
DESDEMONA
Merito quel nome, Iago?
IAGO
Quale nome, signora?
DESDEMONA
Quello che lei dice mi ha dato il mio signore.
EMILIA
L’ha chiamata puttana. Un mendicante ubriaco
non avrebbe usato termini simili
con la sua ganza.
IAGO
Perché l’ha fatto?
DESDEMONA
Non lo so; di certo io non lo sono.
IAGO
Non piangete, non piangete. Che brutto giorno!
EMILIA
Ha lasciato tanti nobili partiti,
suo padre, la sua città, tutti i suoi amici,
per farsi dar della puttana? E non piangere?
DESDEMONA
È la mia cattiva stella.
IAGO
Che il diavolo se lo porti!
Come gli ha preso questa follia?
DESDEMONA
Lo sa solo il cielo.
EMILIA
Mi venga un colpo se questa calunnia
non l’ha inventata un inveterato farabutto,
una canaglia imbrogliona e insinuante,
per procurarsi un posto; ci metto la testa.
IAGO
Puah, uomini così non ce ne sono; impossibile.
DESDEMONA
Se ce n’è uno, che Iddio lo perdoni.
EMILIA
Lo perdoni il capestro, e l’inferno
si roda le sue ossa! Perché chiamarla
puttana? Chi sarebbe il suo amante?
E dove, come, quando, su che basi?
Il Moro si è lasciato infinocchiare
da una lercia canaglia, da un furfante,
un vile farabutto. Smascheri il cielo
questi delinquenti, e in ogni mano onesta
metta una frusta per sferzarli nudi
da un capo all’altro di questo mondo!
IAGO
Parla più piano.
EMILIA
Oh, accidenti a lui!
È stato uno di questi a rovesciare
il tuo cervello come fosse un guanto
e a farti sospettare di me col Moro.
IAGO
Sei una stupida, smettila.
DESDEMONA
Buon Iago,
che cosa devo fare per riconquistare
il mio signore? Va’ da lui, buon amico,
lo giuro sul cielo, non so come l’ho perso.
Ecco, mi inginocchio, e se mai di proposito
ho trasgredito contro il suo amore
o col pensiero o con azioni; se mai
i miei occhi, orecchi o altri sensi
si sono dilettati d’un altro aspetto;
se in passato, ora o nel futuro
non è sempre il mio unico amore
(anche se mi scaccia come una mendicante)
la pace mi abbandoni! La crudeltà può molto,
e la sua può distrugger la mia vita,
ma non incrinare l’amor mio. Io non so dire
“puttana” – mi ripugna ora che lo dico –
e all’atto che procura quell’appellativo
non potrebbero indurmi tutte le vanità del mondo.
IAGO
Calmatevi, vi prego; è d’umore
balzano, lo assillano affari di stato,
e se la prende con voi.
DESDEMONA
Se fosse solo questo…
IAGO
Ma è così, vi assicuro. Ascoltate,Trombe.
gli squilli di tromba vi chiamano a cena;
i messi da Venezia vi attendono.
Entrate e non piangete più. Andrà tutto bene.
Escono Desdemona ed Emilia.
Entra Roderigo.
Che c’è, Roderigo?
RODERIGO
Non mi pare che tu agisca lealmente con me.
IAGO
Che cosa non va?
RODERIGO
Ogni giorno ti sbarazzi di me con un pretesto, Iago, e adesso mi pare che tu mi allontani le occasioni, anziché darmi la minima possibilità di speranza. Non lo sopporterò più. E non sono neanche più disposto a subire passivamente ciò che ho già stupidamente sopportato.
IAGO
Volete ascoltarmi, Roderigo?
RODERIGO
A dire il vero, ho ascoltato anche troppo; le tue parole non corrispondono per niente ai fatti.
IAGO
Mi accusate ingiustamente.
RODERIGO
Invece è vero. Ho dissipato tutti i miei averi. Metà delle gioie che ti ho dato da consegnare a Desdemona avrebbero corrotto una vestale. Hai detto che le ha accettate, ricambiandole con incoraggiamenti e promesse di rapida considerazione e favori, ma io non vedo un bel niente.
IAGO
Ma benone, avanti, benone.
RODERIGO
Benone un corno! Io non vado avanti, bello mio, e non è affatto bene. Va disastrosamente, invece, per Dio, e io comincio a sentirmi fregato.
IAGO
Benone.
RODERIGO
Per niente benone, ti dico. Mi presenterò a Desdemona. Se mi restituisce le gioie, smetterò di corteggiarla e mi scuserò per averla illecitamente importunata; altrimenti, chiederò soddisfazione a te.
IAGO
Avete finito?
RODERIGO
Sì, e ho detto tutto quello che ho intenzione di fare.
IAGO
Be’, adesso vedo che avete della stoffa, e da questo momento mi faccio di voi un’opinione migliore di quella che avevo prima. Datemi la mano, Roderigo. Ve la siete presa giustamente con me; eppure dichiaro di aver curato onestamente i vostri interessi.
RODERIGO
Non si è visto affatto.
IAGO
È vero che non si è visto, e il vostro sospetto non è campato in aria; ma se voi, Roderigo, avete veramente in voi ciò che ho ora ragione di credere più di prima – ovvero fermezza, coraggio e valore – mostratelo stanotte. Se la notte seguente non vi godete Desdemona, speditemi all’altro mondo a tradimento, e tramate pure contro la mia vita.
RODERIGO
Ma è cosa ragionevole e fattibile?
IAGO
Signore, è arrivato da Venezia un ordine speciale che insedia Cassio al posto di Otello.
RODERIGO
È vero? Vuol dire che Otello e Desdemona ritorneranno a Venezia.
IAGO
Oh no, lui andrà in Mauritania e si porterà dietro Desdemona, a meno che il suo soggiorno qui non sia prolungato da un qualche imprevisto; e il più decisivo è di togliere di mezzo Cassio.
RODERIGO
Che intendi per togliere di mezzo?
IAGO
Be’, incapacitarlo a prendere il posto di Otello – fargli saltare le cervella.
RODERIGO
E questo dovrei farlo io.
IAGO
Sì, se avete il coraggio di procurarvi ciò che vi spetta di diritto. Stasera cena con una puttanella, e io andrò da lui… Non sa ancora della sua grande fortuna; se starete in agguato quando esce – che farò in modo avvenga fra mezzanotte e l’una – potrete coglierlo di sorpresa. Io sarò pronto ad assecondare il vostro tentativo, e lui non avrà scampo. Suvvia, non state lì imbambolato, ma venite con me. Vi mostrerò che la sua morte è necessaria, e voi stesso vi sentirete in obbligo di dargliela. È già ora di cena, e la notte avanza. Al lavoro!
RODERIGO
Vorrò altre ragioni per farlo.
IAGO
E io ve ne darò a sufficienza. Escono.
ATTO QUARTO – SCENA TERZA
Un’altra stanza del castello.
Entrano Otello, Lodovico, Desdemona, Emilia e gente del seguito.
LODOVICO
Vi prego, signore non vi disturbate oltre.
OTELLO
Ma che dite; quattro passi mi faranno bene.
LODOVICO
Buonanotte, signora. Ringrazio umilmente Vostra Signoria.
DESDEMONA
Vostra Grazia è sempre benvenuta.
OTELLO
Ci avviamo, signore?… O Desdemona…
DESDEMONA
Mio signore?
OTELLO
Va’ a letto, io tornerò subito. Congeda la cameriera… bada bene di farlo.
DESDEMONA
Non mancherò, mio signore.
Escono Otello, Lodovico e il seguito.
EMILIA
Come va adesso? Sembra più tranquillo di prima.
DESDEMONA
Dice che ritornerà subito. Mi ha ordinato
di andare a letto e di congedarti.
EMILIA
Congedarmi?
DESDEMONA
Ha ordinato così. Perciò, buona Emilia,
dammi la camicia da notte, e addio.
Non dobbiamo contrariarlo.
EMILIA
Vorrei che non l’aveste mai incontrato!
DESDEMONA
Ma io no; l’amore me lo rende così caro
che anche la sua asprezza, i rabbuffi,
i cipigli – ti prego, slacciami qui –
hanno per me attrazione e fascino.
EMILIA
Ho messo sul letto le lenzuola che volevate.
DESDEMONA
Fa lo stesso, va bene. Ma che strani pensieri
passano per la testa! Se morirò prima di te,
avvolgimi, ti prego, in uno di quei lenzuoli.
EMILIA
Su, su, che discorsi.
DESDEMONA
Mia madre aveva una cameriera
chiamata Barbara. Era innamorata,
ma l’uomo che amava era incostante
e l’abbandonò. Sapeva una vecchia canzone,
la canzone del salice, che esprimeva bene
la sua sorte, e lei morì cantandola.
Stasera non so togliermela dalla mente…
Faccio fatica a non reclinare il capo
tutto da una parte e mettermi a cantarla
come la povera Barbara. Fa’ presto, ti prego.
EMILIA
Volete la vestaglia?
DESDEMONA
No, slacciami qui.
Questo Lodovico è un bell’uomo.
EMILIA
Sì, proprio bello.
DESDEMONA
E parla bene.
EMILIA
Conosco una signora a Venezia che sarebbe andata a piedi scalzi in Palestina per farsi sfiorare dalle sue labbra.
DESDEMONA (Canta)
Sedeva presso un sicomoro l’infelice e sospirava,
Canta il verde salice;
Con la mano sul petto, il capo reclinava,
Canta il salice, salice, salice;
Accanto un rivoletto bisbigliava il suo lamento,
Canta il salice, salice, salice;
Intenerivano le pietre le lacrime sul mento…
Riponi queste…
Canta il salice, salice, salice.
Ti prego, in fretta. Verrà subito.
Canta che un verde salice sarà la mia ghirlanda.
Nessun lo biasimi, io gli condono l’incostanza…
No, questo vien dopo. Ascolta! Chi è che bussa?
EMILIA
È il vento.
DESDEMONA
Lo chiamai falso amore, ma lui mi ribatté,
Canta il salice, salice, salice;
Se io vado con le altre, fa’ altrettanto anche te.
Adesso va’, buonanotte. Mi bruciano gli occhi…
vuol dire che piangerò?
EMILIA
Non sta né in cielo né in terra.
DESDEMONA
L’ho sentito dire. Ah, questi uomini, questi uomini!
Pensi in coscienza – Emilia, dimmelo –
che ci son donne che tradiscono i mariti
in modo così spudorato?
EMILIA
Altro che, ce ne sono!
DESDEMONA
Tu lo faresti, per tutto l’oro del mondo?
EMILIA
E voi no?
DESDEMONA
No, per la luce del sole!
EMILIA
Neanch’io, alla luce del sole!
ma potrei bene al buio.
DESDEMONA
Tu lo faresti, per tutto l’oro del mondo?
EMILIA
Il mondo è cosa enorme, un gran premio
per una scappatella!
DESDEMONA
In fede mia, non ci credo.
EMILIA
E in fede mia invece sì, e dopo averlo fatto sistemerei le cose. Caspita, mica lo farei per un anellino, o per una pezza di lino, o per gonne, vestiti, cappelletti, per regalucci così da poco. Ma per tutto l’oro del mondo! Misericordia, chi non farebbe becco il marito per farne un re? Rischierei bene il purgatorio.
DESDEMONA
Ah no, io non mi macchierei di questa colpa per tutto il mondo.
EMILIA
Be’, la colpa è una colpa di questo mondo; e se vi ripagano della fatica con tutto il mondo, la colpa fa parte di quel mondo che è vostro, e potete subito rimediarvi.
DESDEMONA
Non credo che ci siano donne così.
EMILIA
Ce ne sono a dozzine, e ancor di più,
che popolano il mondo per cui si sono date.
Ma io penso che sia colpa dei mariti
se le donne peccano. Diciamo che diradano
le loro attenzioni, e in altri grembi
riversano il tesoro che è nostro, oppure
smaniano di insensate gelosie
e ci tengon sotto chiave; o ci picchiano,
o per dispetto ci lesinano i soldi.
Be’, anche a noi bolle il sangue e,
seppur magnanime, sappiamo vendicarci.
Sappiano i nostri mariti che le mogli
hanno i loro stessi sensi; vista, odorato,
gusto per il dolce e per l’amaro, come loro.
Cosa li spinge a tradirci con altre donne?
Il piacere? Penso di sì. La passione?
Sì, anche questa. L’umana debolezza?
Sì, anche qui. E forse noi non siamo mosse
da passione, voglie, umana debolezza
come loro? E allora ci trattino bene,
oppure sappiano che i nostri peccati
dai loro ci vengono insegnati.
DESDEMONA
Buona notte, buona notte. Dio mi ammaestri
a sanare il male, non a trarne pretesti! Escono.
Otello
(“Othello” – 1602 – 1603)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V