(“Othello” – 1602 – 1603)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
ATTO TERZO – SCENA PRIMA
Davanti al castello.
Entrano Cassio, musici e il Clown.
CASSIO
Suonate qui, maestri; la vostra fatica
sarà ricompensata. Qualcosa di breve,
una sorta di “Buon giorno, generale”. Suonano.
CLOWN
Embè, maestri, son stati a Napoli i vostri strumenti, che parlano così col naso?
PRIMO MUSICO
Come sarebbe, signore?
CLOWN
Di grazia, non sono strumenti a fiato?
PRIMO MUSICO
Sì, signore.
CLOWN
E allora sopra ci penzola una coda.
PRIMO MUSICO
Dove ci penzola una coda?
CLOWN
Caspita, sopra a molti strumenti a fiato che conosco. Ma eccovi dei soldi, maestri; e il generale ama tanto la vostra musica che, per amor suo, vi prega di smetterla con questo rumore.
PRIMO MUSICO
Smettiamo, signore, smettiamo.
CLOWN
Se avete della musica che non si sente, continuate pure; ma, come dicono, al generale sentir musica non piace mica molto.
PRIMO MUSICO
Non ne abbiamo, di questa musica, signore.
CLOWN
Allora rimettete le pive nel sacco, io me ne vado. Su, via, svanire, svanire! Escono i musici.
CASSIO
Ehi, mi senti, onest’uomo?
CLOWN
No, non vi sento onest’uomo; sento voi.
CASSIO
Ti prego, basta spiritosaggini; eccoti una monetina d’oro. Se la dama di compagnia della moglie del generale è in piedi, dille che un certo Cassio vorrebbe scambiare qualche parola con lei. Vuoi farlo?
CLOWN
È in piedi, signore; e se volgo i piedi di qui, vedrò ben di notificarglielo.
Entra Iago
CASSIO
Mi raccomando, buon amico. Esce il Clown.
Proprio a proposito, Iago.
IAGO
Non siete ancora andato a letto?
CASSIO
No, era già mattina quando ci siam lasciati.
Ho avuto l’ardire, Iago, di chiedere
di vostra moglie . Voglio pregarla
di procurarmi accesso alla virtuosa Desdemona.
IAGO
Ve la manderò subito, e troverò
il modo di allontanare il Moro,
ché con più agio e più libertà
possiate trattare dei vostri affari.
CASSIO
Ve ne ringrazio umilmente. (Esce Iago)
Non ho mai conosciuto un fiorentino
più buono e onesto.
Entra Emilia.
EMILIA
Buon giorno, luogotenente.
Mi rincresce per la vostra disgrazia,
ma tutto si aggiusterà, sicuramente.
Il generale ne sta parlando con sua moglie,
e lei vi difende con calore. Il Moro
replica che colui che avete ferito
è conosciuto e bene imparentato a Cipro
e che per previdenza ha dovuto licenziarvi;
ma dichiara di amarvi, e non gli occorre
altra intercessione del suo affetto
per cogliere al volo l’occasione propizia
di reintegrarvi nella carica.
CASSIO
Tuttavia vi prego,
se vi sembra opportuno e fattibile,
datemi il modo di scambiare una parola
da solo con Desdemona.
EMILIA
Entrate, vi prego,
farò in modo di darvi l’occasione
di aprirle il vostro cuore.
CASSIO
Vi sono molto obbligato. Escono.
ATTO TERZO – SCENA SECONDA
Stesso posto.
Entrano Otello, Iago e altri gentiluomini.
OTELLO
Da’ questa lettera al pilota, Iago,
e che porti i miei omaggi al Senato.
Fatto questo, ispezionerò le fortificazioni,
tu raggiungimi là.
IAGO
Agli ordini, signore.
OTELLO
Signori, vogliamo visitare le fortificazioni?
GENTILUOMINI
Agli ordini di Vostra Signoria. Escono.
ATTO TERZO – SCENA TERZA
Stesso posto.
Entrano Desdemona, Cassio e Emilia.
DESDEMONA
Sta tranquillo, buon Cassio,
farò tutto il possibile per te.
EMILIA
Ve ne prego, signora; vi assicuro
che mio marito se ne duole
come se riguardasse lui stesso.
DESDEMONA
Oh, è un uomo onesto. Non dubitate,
Cassio, farò che voi e il mio signore
ritorniate amici come prima.
CASSIO
Generosa signora,
qualsiasi cosa accada a Michele Cassio
sarà sempre il vostro fedele servitore.
DESDEMONA
Ve ne ringrazio. Voi amate il mio signore,
lo conoscete da tempo, e state certo
che il suo estraniamento da voi
è soltanto questione di politica.
CASSIO
Sì, ma, signora, quella politica
può durare troppo a lungo, nutrirsi
d’una dieta liquida e leggera,
o rafforzarsi per circostanze casuali,
sicché in mia assenza e con un altro in carica
il generale potrebbe scordare il mio affetto
e i miei servigi.
DESDEMONA
Non temere.
Qui davanti a Emilia ti garantisco
che riavrai il tuo posto. Sta sicuro,
se faccio una promessa ad un amico,
la manterrò fino in fondo. Al mio signore
non darò tregua, lo terrò sveglio e malleabile,
parlerò fino a fargli perder la pazienza;
gli terrò lezione a letto, a tavola
gli farò da confessore, in ogni sua attività
infilerò la tua difesa. Perciò allegro, Cassio;
il tuo avvocato preferirà morire
prima che la tua causa debba languire.
Entrano Otello e Iago.
EMILIA
Signora, arriva il padrone.
CASSIO
Prendo congedo, signora.
DESDEMONA
Resta a sentire che gli parlo.
CASSIO
Non ora, signora; sono a disagio,
inabile al mio scopo.
DESDEMONA
Come volete. Esce Cassio.
IAGO
Ah, non mi piace.
OTELLO
Cosa dici?
IAGO
Nulla, generale; cioè… non so.
OTELLO
Non era Cassio che salutava mia moglie?
IAGO
Cassio, signore?… No, non vedo perché
se la svignerebbe come un colpevole
al vostro arrivo.
OTELLO
Credo che fosse lui.
DESDEMONA
Ebbene, mio signore? Stavo proprio
parlando con uno venuto a supplicare,
uno che langue per il vostro sfavore.
OTELLO
A chi vi riferite?
DESDEMONA
Al vostro luogotenente, a Cassio.
Buon signore, se ho grazia o potere
per smuovervi, riconciliatevi con lui.
Se non è uno che vi ama di cuore,
che sbaglia per ignoranza, non di proposito,
non so riconoscere un volto onesto.
Ti prego, richiamalo.
OTELLO
Se n’è appena andato?
DESDEMONA
Sì, e così umiliato
che mi ha lasciato un po’ del suo dolore
da condividere. Richiamalo, amor mio.
OTELLO
Non ora, dolce Desdemona; un’altra volta.
DESDEMONA
Ma sarà presto?
OTELLO
Sì, presto, per te, dolcezza.
DESDEMONA
Questa sera a cena?
OTELLO
No, non questa sera.
DESDEMONA
Domani a pranzo?
OTELLO
Non sarò a casa.
Ho un incontro coi capitani al forte.
DESDEMONA
Domani sera, allora, o martedì
mattina, a mezzogiorno, o a sera;
oppure mercoledì mattina. Ti prego,
di’ tu quando, ma sia entro tre giorni.
È davvero pentito, e la sua colpa,
a guardar bene (anche se in guerra
l’esempio deve venire dall’alto,
come dicono) è di quelle a cui basta
una reprimenda. Quando potrà venire?
Ditemi, Otello. Mi chiedo in cuore
cosa potreste chiedermi che io rifiuterei
o vi farei tanto sospirare. Ma come?
Michele Cassio che vi accompagnava
quando mi corteggiavate, e tante volte
se parlavo di voi per denigrarvi
ha preso le vostre parti… ed ora tante storie
per riabilitarlo? Io sono pronta…
OTELLO
Basta, ti prego. Venga quando vuole
non ti negherò nulla.
DESDEMONA
Ma non vi chiedo molto,
è come pregarvi di portare i guanti,
mangiare piatti nutrienti, tenervi caldo,
avere cura della vostra salute.
No, quando avrò davvero una richiesta
per mettere alla prova il vostro amore
sarà grave, ponderata, non lieve
da accordare.
OTELLO
Non ti negherò nulla.
E tu intanto, ti prego, lasciami un po’ da solo.
DESDEMONA
Io negarvi qualcosa? Addio, mio signore.
OTELLO
Addio, mia Desdemona; sarò subito da te.
DESDEMONA
Vieni, Emilia. Voi seguite i dettami del cuore,
ed io farò sempre quello che vorrete.
Escono Desdemona e Emilia.
OTELLO
Straordinaria creatura! Ch’io sia dannato
se non ti amo; e quando più non ti amerò
sarà di nuovo il caos.
IAGO
Nobile signore…
OTELLO
Che dici, Iago?
IAGO
Quando corteggiavate la mia signora
Cassio sapeva del vostro amore?
OTELLO
Sì, fin dall’inizio. Perché lo chiedi?
IAGO
Solo per soddisfare un mio pensiero.
Nulla di male.
OTELLO
Quale pensiero, Iago?
IAGO
Non pensavo che già la conoscesse.
OTELLO
Oh, sì, e spesso fu il nostro intermediario.
IAGO
Davvero?
OTELLO
Davvero? Sì, davvero. Ci vedi qualcosa
di male? Non è onesto?
IAGO
Onesto, mio signore?
OTELLO
Onesto? Sì, onesto.
IAGO
Mio signore, per quanto ne so io.
OTELLO
Che cosa pensi?
IAGO
Penso, signore?
OTELLO
“Penso, signore?”Per Dio, mi fa eco,
come se avesse in mente un mostro
troppo orrendo per essere svelato.
Tu hai in mente qualcosa. Poco fa
ti ho sentito dire che non ti piaceva
quando Cassio ha lasciato mia moglie.
Cosa non ti piaceva? E quando ho detto
che fin dall’inizio sapeva e assecondava
la mia corte, hai esclamato “Davvero?”
aggrottando la fronte corrucciato
come per rinserrare nel tuo cervello
un’idea orribile. Se mi ami,
svelami cos’hai in mente.
IAGO
Mio signore,
sapete che vi amo.
OTELLO
Ne sono convinto;
e sapendoti colmo d’amore e d’onestà,
che prima di fiatare pesi le parole,
perciò tanto più mi spaventano
queste tue pause. Sono espedienti
abituali in un furfante falso e sleale;
ma nell’uomo giusto sono segrete indicazioni
che vengono dal cuore per impulsi
che sono incontrollabili.
IAGO
Per Cassio,
presumo di ritenerlo onesto.
OTELLO
Lo penso anch’io.
IAGO
L’uomo dovrebbe essere quel che sembra
e chi non lo è neppure dovrebbe sembrarlo.
OTELLO
Certo, l’uomo dovrebbe essere quel che sembra.
IAGO
E allora io ritengo Cassio un uomo onesto.
OTELLO
Eppure c’è qualcos’altro. Ti prego,
parlami di questi tuoi pensieri, di ciò
che rimugini, e per il peggior pensiero
usa pure le parole peggiori.
IAGO
Scusatemi, signore;
benché obbligato a fare il mio dovere
non sono tenuto a ciò da cui lo schiavo
è esente. Rivelare i miei pensieri!
E se fossero vili e ingiusti? Dov’è
il palazzo in cui talvolta non si intrufolano
cose sozze? Chi ha un cuore così puro
che immondi sospetti non vi tengano udienza
e tribunale, dettandovi legge
assieme a legittime riflessioni?
OTELLO
Tu cospiri contro il tuo amico, Iago,
se pensi che gli venga fatto torto
e non lo metti a parte dei tuoi pensieri.
IAGO
Vi scongiuro, magari è ingiusta
la mia supposizione – tanto più
che mi affligge, lo ammetto, una natura
incline a sospettare il male,
e la mia scrupolosa vigilanza
spesso vede colpe inesistenti –
e quindi non dovreste dare retta
a uno che ragiona così confusamente
né farvi turbare dalle mie incerte
e frammentarie osservazioni. Non gioverebbe
alla vostra quiete né al vostro bene,
né alla mia dignità, saggezza e onestà
mettervi al corrente dei miei pensieri.
OTELLO
Sangue di Cristo!
IAGO
Il buon nome, signore,
è caro sia all’uomo che alla donna;
è la gemma più preziosa dell’anima.
Chi mi ruba la borsa, ruba robaccia,
qualcosa che vale poco o anche nulla,
che era mia, ora è sua, è appartenuta
a migliaia. Ma chi mi toglie il buon nome
mi ruba ciò che altrui non arricchisce
e rende me ben povero.
OTELLO
Per Dio, devo sapere cos’hai in mente.
IAGO
Vi è impossibile, anche se aveste
il controllo del mio cuore; non lo saprete
finché sarà sotto la mia custodia.
Ah, guardatevi dalla gelosia,
il mostro dagli occhi verdi che irride
il cibo di cui si nutre. Il cornuto
vive beato se, sicuro del suo fato,
non ama colei che lo tradisce. Ma ah,
come conta i minuti del suo tormento
chi ama, dubita e sospetta e insieme
spasima d’amore!
OTELLO
Quale angoscia!
IAGO
Il povero che s’accontenta è ricco.
Ma infinite ricchezze sono un magro inverno
per chi teme sempre d’esser povero.
Buon Dio, preserva tutti i miei cari
dalla gelosia!
OTELLO
Perché, perché questo?
Tu credi che io potrei sopportare
la vita del geloso, inseguir sempre
con sempre nuovi sospetti le fasi della luna?
No, cedere al dubbio è esser già convinto.
Dammi del caprone, se mi abbandonerò
alle vuote e gonfiate congetture
implicite nelle tue frasi. Non mi rende geloso
dire che mia moglie è bella, mangia di gusto,
ama la compagnia, ha la lingua sciolta,
sa cantare, suonare e ballar bene;
sono solo un’aggiunta alla sua virtù.
Né per la pochezza dei miei meriti
avrò paure o dubbi d’un suo disgusto,
perché gli occhi li aveva, e ha scelto me.
No, Iago, prima di cedere al sospetto
voglio vedere; e se sospetto, voglio la prova;
e avuta la prova, è tutto semplice;
basta di colpo con amore o gelosia!
IAGO
Ne sono contento; ora con più franchezza
potrò mostrarvi l’amore e la lealtà
che ho per voi. Ecco, com’è mio dovere,
sentite dunque. Non parlo ancor di prove;
ma tenete d’occhio vostra moglie,
osservatela bene quand’è con Cassio;
non siatene né geloso né sicuro.
Non vorrei che per generosità
la vostra nobile e leale natura
fosse ingannata. State all’erta.
Conosco bene le usanze di casa;
a Venezia solo Dio sa le marachelle
che mai non mostrerebbero ai mariti.
Si preoccupano non di non commettere,
ma di tener nascosti i lor peccati.
OTELLO
Ne sei convinto?
IAGO
Sposando voi, ha ingannato il padre;
e quando sembrava tremebonda e timida
di fronte ai vostri sguardi, più li amava.
OTELLO
Proprio così.
IAGO
E allora non vi basta?
Lei che così giovane finse così bene
da accecare totalmente il padre,
tanto che egli pensò a una malia…
ma faccio male, chiedo umilmente perdono
per amarvi troppo.
OTELLO
Te ne sarò per sempre grato.
IAGO
Vedo che vi ha un po’ turbato l’animo.
OTELLO
No, no, per nulla.
IAGO
Temo di sì, invece.
Spero che consideriate quanto ho detto
dettato dall’affetto. Ma vi vedo scosso;
vi prego di non forzar le mie parole
a una portata o ad aperture più ampie
d’un semplice sospetto.
OTELLO
No, non lo farò.
IAGO
Se così fosse, signore, il mio discorso
porterebbe a un abbietto risultato
a cui non pensavo. Cassio è mio amico fidato…
Mio signore, vi vedo molto scosso.
OTELLO
No, non molto scosso. Non penso proprio
che Desdemona non sia donna onesta.
IAGO
Viva a lungo così, e voi che lo pensate!
OTELLO
Eppure, come la natura traligna…
IAGO
Ah, ecco il punto! L’ardire con voi, ad esempio,
il rifiuto dei molti bei partiti,
della sua città, razza e condizione,
cose a cui tende sempre la natura;
be’, ci si può subodorare voglie
scomposte, depravazione, pensieri
innaturali. Ma perdonatemi;
non alludo a lei in particolare;
anche se temo che il suo istinto,
ritornando a guardar le cose in faccia,
non vi metta magari a paragone
con quelli della sua gente, e non si penta.
OTELLO
Addio. Se noterai dell’altro, informami;
che anche tua moglie tenga gli occhi aperti.
Lasciami, Iago.
IAGO (Andando via)
Prendo congedo, mio signore.
OTELLO
Perché mi son sposato? Quest’onest’uomo
certo ha visto e ne sa di più,
molto, molto di più di quanto svela.
IAGO (Ritornando)
Mio signore, vorrei pregare Vostro Onore
di non indagare più su questa cosa.
Date tempo al tempo. Benché sia giusto
che a Cassio sia ridata la sua carica,
che egli occupa con grande competenza,
pure se gliela fate sospirare un po’,
potrete studiare lui ed i suoi metodi.
Osservate se vostra moglie intercede per lui
con forza o veemente insistenza;
ne potrete dedurre molte cose.
Nel frattempo, è meglio attribuire
a eccesso di zelo le mie paure
(come io stesso ho motivo di temere)
e reputatela innocente, ve ne supplico.
OTELLO
Non temere, saprò dominarmi.
IAGO
Prendo nuovamente congedo. Esce.
OTELLO
Quest’uomo è di una rara onestà,
conosce per esperienza i comportamenti
delle persone. Se avrò la prova
che è stranita come il falco indomito
scioglierò i lacci che la legano al mio cuore
e lascerò che si butti su chi vuole.
Forse perché sono negro e non possiedo
le facili grazie del vivere mondano
che hanno i damerini, o perché
ormai i miei anni volgono al declino
– ma non di tanto – per questo l’ho perduta,
sono tradito, e il mio balsamo sarà
di detestarla. La piaga del matrimonio
è che possiamo chiamar nostre
queste colombelle, ma non le loro voglie!
Meglio essere un rospo, viver nei miasmi
d’una segreta, che lasciare agli altri
l’uso d’un lembo della cosa amata.
Eppur questa è la sciagura dei grandi,
che ne sono meno esenti dei più vili,
un destino ineluttabile, come la morte;
fin dal momento della nostra nascita
ci è dato in sorte il fato del cornuto.
Eccola che viene. Se è infedele, oh,
il cielo si fa beffe di se stesso!
Non posso crederci.
Entrano Desdemona e Emilia.
DESDEMONA
Ebbene, mio caro Otello?
Il pranzo, e i nobili isolani
che avete invitato vi attendono.
OTELLO
È colpa mia.
DESDEMONA
Perché parlate così piano?
Non vi sentite bene?
OTELLO
Ho un forte dolore qui sulla fronte.
DESDEMONA
Sarà di certo per le lunghe veglie.
Vi passerà. Lasciate che la bendi stretta
e nel giro d’un’ora starete bene.
OTELLO
Il tuo fazzoletto è troppo piccolo.
Il fazzoletto le cade.
Non preoccuparti. Su, vengo con te.
DESDEMONA
Mi spiace molto che non stiate bene.
Escono Otello e Desdemona.
EMILIA
Che fortuna trovare questo fazzoletto;
è il primo regalo che le fece il Moro
e cento volte il mio imprevedibile marito
mi ha chiesto di rubarlo; ma il pegno
le è così caro, avendole lui ingiunto
di tenerlo sempre, che perennemente
l’ha con sé, lo bacia e lo vezzeggia.
Ne farò fare una copia per Iago.
Quel che ne vuol fare lo sa il cielo, non io;
io accontento solo il suo capriccio.
Entra Iago.
IAGO
Be’, che fai qui sola?
EMILIA
Non brontolare, ho una cosa per te.
IAGO
Una cosa per me? È cosa comune…
EMILIA
Quale?
IAGO
Avere una moglie sciocca.
EMILIA
Ah, è così? Ed ora che mi dai
per questo fazzoletto?
IAGO
Che fazzoletto?
EMILIA
Che fazzoletto? Be’, quello che il Moro
ha dato a Desdemona, e tante volte
tu mi hai chiesto di rubare.
IAGO
Gliel’hai rubato?
EMILIA
Veramente, no,
ma le è caduto per distrazione
ed io, trovandomi lì, l’ho raccolto.
Eccolo qua.
IAGO
Ah, che brava. Dammelo.
EMILIA
Che ne vuoi fare, che eri così ansioso
di farmelo rubare?
IAGO (Strappandoglielo)
E a te che te ne importa?
EMILIA
Se non è per una cosa importante,
ridammelo; la povera signora
si dispererà se non lo trova.
IAGO
Tu fa lo gnorri; io so cosa farne…
Su, lasciami solo. Esce Emilia.
Lo metterò nell’alloggio di Cassio
in modo che lui lo trovi. Per il geloso
impalpabili inezie come l’aria
diventano prove inoppugnabili
come testimonianze del Vangelo.
Potrà servire. Già il Moro
cambia per effetto del mio veleno;
concepire sospetti è di per sé un veleno
che sulle prime dà solo un senso di disgusto
ma poi, agendo sul sangue, brucia come zolfo.
Entra Otello.
Lo dicevo; ecco che viene Otello.
Né il papavero, né la mandragora,
né tutti i soporiferi del mondo
ti ridaranno mai il dolce balsamo
del sonno che godevi fino a ieri.
OTELLO
Ah, ah, infedele a me, a me?
IAGO
Su, su, che avete, generale? Basta.
OTELLO
Vade retro. Mi hai messo alla tortura.
È meglio esser molto ingannato, giuro,
che saperne solo un poco.
IAGO
Ma come, signore?
OTELLO
Che senso avevo io delle sue ore
furtive di lussuria? Non vedevo,
non pensavo, non m’affliggevo.
La notte dopo dormivo tranquillo,
ero allegro e spensierato; non trovavo
i baci di Cassio sulle sue labbra.
Chi è derubato e non s’accorge del furto
senza saperlo è come se non fosse derubato.
IAGO
Mi dispiace sentir questo.
OTELLO
Sarei stato felice se tutto l’esercito,
zappatori compresi, avesse goduto
del suo dolce corpo – pur di non saperlo.
Ora addio per sempre all’animo tranquillo!
Addio felicità! Addio schiere piumate
di guerrieri, addio guerre gloriose
che rendono virtuosa l’ambizione;
addio nitrire di destrieri, squilli
di trombe, tamburi e pifferi
che incitano e scuotono l’orecchio,
stendardi reali, orgoglio e pompa,
parate e cerimonie di battaglia!
E addio a voi, ordigni di morte,
che imitate a gole spalancate
il frastuono dell’immortale Giove.
L’occupazione di Otello è finita!
IAGO
Com’è possibile, mio signore?
OTELLO
Sciagurato, provami che il mio amore
è una puttana; devi esserne sicuro,
darmi prove oculari, o sull’anima immortale
meglio per te essere nato cane
che scontrarti con il mio furore.
IAGO
A questo punto?
OTELLO
Fammi vedere con i miei occhi, o provalo
senza spazi o appigli per il minimo dubbio
– altrimenti ne va della tua vita!
IAGO
Mio nobile signore…
OTELLO
Se infanghi lei e torturi me,
smetti di pregare, di cercare indulgenza.
Accumula orrori su orrori, compi
misfatti da far piangere i cieli
e sbigottir la terra; nulla di peggio
potrai aggiungere alla tua dannazione.
IAGO
Misericordia! Mi protegga il cielo!
Siete un uomo? Avete un’anima,
o l’uso di ragione? Dio vi assista!
Riprendetevi la mia carica. Povero sciocco,
che finirai per scontare la tua onestà!
O mondo mostruoso, nota, nota bene;
essere sincero e onesto è malsicuro.
Grazie per la lezione, e da questo momento
non amerò gli amici, se crea tale turbamento.
OTELLO
No, aspetta, dovresti essere onesto.
IAGO
Furbo dovrei essere; l’onestà è da sciocchi,
rovina chi la pratica.
OTELLO
Sul mondo intero,
io credo che mia moglie sia onesta,
e che non lo sia; che tu sia leale,
e che non lo sia; mi occorrono prove.
Il mio nome, che era limpido come il volto di Diana,
è ora insozzato e nero come la mia faccia.
Non lo sopporterò, se c’è coltello o cappio,
fuoco, veleno o fiumi che travolgono.
Se potessi avere la certezza!
IAGO
Signore,
vedo che siete roso dalla collera,
e mi pento d’averla provocata.
Voi volete avere la certezza.
OTELLO
Sì, e l’avrò.
IAGO
Sì, ma quale, quale certezza, mio signore?
Vorreste stare a spiare e guardare
imbambolato mentre lui la monta?
OTELLO
Morte e dannazione… ah!
IAGO
Non sarebbe tanto facile, credo,
indurli a dar spettacolo. Accidenti,
che occhio mortale li ha visti accoppiarsi
oltre al loro? E allora? Come fare?
Che devo dire? Dov’è la certezza?
È impossibile vederli all’opera,
anche se fossero lascivi come capre,
vogliosi come scimmie, infoiati
come lupi in calore e tanto sciocchi
e ubriachi d’incoscienza. Ma, io dico,
se l’evidenza basata su solidi indizi
che menan dritti alla soglia della verità
vi potrà dare certezza, voi l’avrete.
OTELLO
Dammi una valida prova che mi tradisce.
IAGO
Quest’incarico non mi piace;
ma essendo ormai dentro a questa storia,
mosso da affetto e stupida onestà,
andrò avanti. Ho dormito con Cassio
di recente, e per un gran mal di denti
non potevo dormire. Ci sono uomini
col cuore sulle labbra, che nel sonno
mormorano i loro affari. Cassio è di questi.
Nel sonno l’ho udito bisbigliare
“Dolce Desdemona, stiamo attenti,
occorre nascondere i nostri amori”
Poi mi prendeva e torceva la mano
gridando “Mia dolcezza!” e mi baciava forte
come per spiccare alla radice i baci
dalle mie labbra; poi stendeva una gamba
sulla mia coscia, gemendo, baciando e gridando
“Maledetto il fato che ti ha data al Moro!”
OTELLO
Oh, è mostruoso, mostruoso!
IAGO
Ma era solo in sogno.
OTELLO
Che denotava però il fatto già compiuto.
IAGO
È un indizio palese, benché solo in sogno,
e può corroborare altre prove
di per sé deboli.
OTELLO
La farò a pezzi!
IAGO
No, siate ragionevole. Di certo non c’è nulla,
forse è ancora onesta. Ma ditemi;
avete visto talvolta in mano a vostra moglie
un fazzoletto con delle fragole ricamate?
OTELLO
Gliel’ho dato io; è stato il mio primo regalo.
IAGO
Questo non lo so, ma con un fazzoletto così
(sono sicuro che era quello di vostra moglie)
oggi ho visto Cassio asciugarsi la barba.
OTELLO
Se è quello…
IAGO
Se è quello, o un altro dei suoi,
l’accusa assieme alle altre prove.
OTELLO
Oh, se quella schiava avesse mille vite!
Una è poca, non basta per la mia vendetta.
Adesso so che è vero. Guarda, Iago,
tutto il mio folle amore lo disperdo
nell’aria, con un soffio… è svanito.
Sorgi, nera vendetta, dal tuo covo,
e tu, amore, cedi la tua corona
e il trono che avevi nel mio cuore
all’odio tiranno! Gonfiati, petto,
pel carico di mille lingue di serpenti. Si inginocchia.
IAGO
Calmatevi, vi prego.
OTELLO
Sangue, Iago, sangue!
IAGO
Calma; potreste ancora cambiar parere.
OTELLO
Mai, Iago. Come la gelida corrente
e il corso impetuoso del Ponto Eusino
non conoscono riflusso di marea
ma volgono sempre alla Propontide e all’Ellesponto,
così i miei pensieri violenti e sanguinari
non torneranno mai sui loro passi,
non rifluiranno nel tenero amore finché
non li inghiotta piena e crudele vendetta.
Su quel cielo luminoso faccio giuramento
con la solennità di un sacro voto.
IAGO
Non alzatevi ancora. Iago si inginocchia.
Astri che splendete perenni nel cielo,
elementi che d’ogni parte ci cingete,
siate testimoni che qui Iago vota
la forza del suo ingegno, mano e cuore
al servizio di Otello tradito. Che comandi,
e in perfetta coscienza io gli obbedirò
qualsiasi sia l’azione sanguinaria. Si alzano.
OTELLO
Ti sono grato per la tua dedizione.
Non con vani grazie ma di tutto cuore,
e già fin d’ora ti metto alla prova.
Entro tre giorni ti voglio sentir dire
che Cassio più non vive.
IAGO
È come morto;
basta il vostro comando. Ma risparmiate lei.
OTELLO
Sia maledetta, lurida puttana!
Maledetta! Su, vieni via con me;
vado a cercare rapidi mezzi di morte
per quell’amabile demonio. Ora sei tu
il mio luogotenente.
IAGO
Sono per sempre vostro. Escono.
ATTO TERZO – SCENA QUARTA
Stesso posto.
Entrano Desdemona, Emilia e il Clown.
DESDEMONA
Tu sai, messere, dove dorme il tenente Cassio?
CLOWN
Non oserei mai dire che dorme.
DESDEMONA
E perché?
CLOWN
È un soldato, e dire che un soldato dorme, è da pugnalate.
DESDEMONA
Suvvia; dove sta?
CLOWN
Dirvi dove sta lui è costringere me a mentire.
DESDEMONA
Ma non c’è modo di spiegarsi?
CLOWN
Io non so dove sta, e inventarmi un posto e dire che dorme lì o dorme qui sarebbe mentire a tutto spiano.
DESDEMONA
Puoi informarti, fartelo dire da qualcuno?
CLOWN
Catechizzerò il mondo per lui; ossia, porrò domande a cui rispondere.
DESDEMONA
Cercalo e digli di venir qui. Digli che ho fatto breccia sul mio signore per lui e spero che tutto si sistemi.
CLOWN
Questo rientra nelle capacità dell’uomo, onde per cui cercherò ben di farlo. Esce.
DESDEMONA
Dove avrò perduto quel fazzoletto, Emilia?
EMILIA
Non saprei, signora.
DESDEMONA
Credimi, avrei preferito perdere
una borsa piena di scudi; e se non fosse
che il mio nobile Moro è puro di cuore
ed esente dai meschini sospetti dei gelosi,
ciò basterebbe a farlo pensar male.
EMILIA
Non è geloso?
DESDEMONA
Chi, lui? Penso che il sole dov’è nato
gli abbia prosciugato quest’umore.
Entra Otello.
EMILIA
Sta arrivando.
DESDEMONA
Ora non lo lascerò; fate venire Cassio.
Come state, mio signore?
OTELLO
Bene, mia buona signora.
(A parte) Ah, che fatica fingere! Come stai, Desdemona?
DESDEMONA
Bene, mio signore.
OTELLO
Dammi la mano. Ha il palmo umidiccio, mia cara.
DESDEMONA
Non ha ancora sentito gli anni, né dolori.
OTELLO
Ciò denota fecondità e liberalità.
Calda, calda, e umidiccia. Questa mano
impone clausure, digiuni e preghiere,
mortificazioni ed esercizi di devozione;
nasconde un diavoletto focoso e sudaticcio
pronto a ribellarsi. È una mano
buona e generosa.
DESDEMONA
Potete ben dirlo,
è stata lei a concedere il mio cuore.
OTELLO
Una mano liberale. Un tempo il cuore
concedeva la mano, ma ora è la mano,
con la nuova araldica, non il cuore.
DESDEMONA
Io non so di queste cose. Ma su, la vostra promessa.
OTELLO
Che promessa, cuoricino?
DESDEMONA
Ho avvisato Cassio di venir qui a parlarvi.
OTELLO
Ho un brutto raffreddore catarroso
che mi tormenta; prestami il tuo fazzoletto.
DESDEMONA
Ecco, signore.
OTELLO
Quello che ti ho regalato io.
DESDEMONA
Non l’ho con me.
OTELLO
No?
DESDEMONA
No, mio signore.
OTELLO
Molto male. Quel fazzoletto l’ha dato
a mia madre una zingara egiziana,
una maga che leggeva nel pensiero.
Le disse che finché l’avesse tenuto
avrebbe soggiogato amore e dedizione
del marito; ma se l’avesse perso
o dato via, sarebbe divenuta odiosa
agli occhi di mio padre, e il suo cuore
avrebbe ricercato nuovi amori.
Alla sua morte lo diede a me
dicendomi di regalarlo a mia moglie
quando mi fossi sposato. Ed è stato così.
Abbine cura, tienilo ben caro,
come la pupilla dei tuoi occhi.
Perderlo o darlo via sarebbe una rovina
senza eguali.
DESDEMONA
È mai possibile?
OTELLO
Sì. C’è una malia nella sua trama.
Fu tessuto in un’estasi profetica
da una sibilla, che su questa terra
per ben duecento volte aveva visto
il volgere del sole. Sacri erano i bachi
che ne produssero la seta, tinta
nell’elisir di mummia che i sapienti
ricavano dai cuori delle vergini.
DESDEMONA
È vero?
OTELLO
Verissimo; perciò abbine cura.
DESDEMONA
Volesse Iddio che non l’avessi mai veduto!
OTELLO
Ah; per che motivo?
DESDEMONA
Perché parlate così duro e concitato?
OTELLO
L’hai perso? smarrito? Dimmi, non si trova più?
DESDEMONA
Ci protegga il cielo!
OTELLO
Che dici?
DESDEMONA
Non l’ho perso, ma se così fosse?
OTELLO
Come?
DESDEMONA
Non l’ho perso, vi dico.
OTELLO
Vallo a prendere, fammelo vedere.
DESDEMONA
Ci andrò, ma non adesso, mio signore.
È una scusa per stornare la mia supplica.
Vi prego, fate richiamare Cassio.
OTELLO
Va’ a prendere il fazzoletto, ho un presentimento.
DESDEMONA
Su, su; non troverete un uomo più capace.
OTELLO
Il fazzoletto!
DESDEMONA
Vi prego, ditemi di Cassio.
OTELLO
Il fazzoletto!
DESDEMONA
È un uomo che ha sempre
basato le sue fortune sul vostro affetto,
condiviso i vostri pericoli…
OTELLO
Il fazzoletto!
DESDEMONA
Siete proprio da biasimare.
OTELLO
Cristo! Esce.
EMILIA
E quest’uomo non sarebbe geloso?
DESDEMONA
Non l’ho mai visto così. Di sicuro
quel fazzoletto ha virtù magiche;
è una vera disgrazia averlo perso.
EMILIA
Non basta un anno o due a capire un uomo.
Sono solo stomachi, e noi solo cibo;
ci divorano avidi, e quando sono sazi
ci rigettano.
Entrano Iago e Cassio.
Ma ecco Cassio e mio marito.
IAGO
Non c’è altro modo, deve farlo lei.
Guarda, che fortuna! Andate a sollecitarla.
DESDEMONA
Ebbene, buon Cassio, quali nuove?
CASSIO
Sempre la mia supplica, signora. Vi prego
che grazie alla vostra bontà possa rivivere
e riconquistare l’affetto di colui
che con tutto il cuore onoro e stimo.
Non sopporto l’attesa. Se il mio reato
è di tale gravità che né i servizi
passati né l’attuale sofferenza
né le migliori intenzioni per il futuro
possono farmi riavere il suo affetto,
che abbia almeno la grazia di saperlo;
allora farò buon viso a cattivo gioco
e seguirò altre vie per ottenere
un po’ di carità dalla fortuna.
DESDEMONA
Ahimè, gentilissimo Cassio,
oggi il mio patrocinio non funziona;
il mio signore non è più se stesso,
né lo riconoscerei se nell’aspetto
fosse mutato quanto nell’umore.
Le anime sante mi siano testimoni
che ho perorato al massimo per voi
e sono stata bersaglio della sua collera
per i miei discorsi. Abbiate pazienza per un po’;
farò quel che posso, ed anche più
di quanto non oserei per me. Vi basti questo.
IAGO
Il mio signore è in collera?
EMILIA
Se n’è appena andato
e certamente era molto agitato.
IAGO
Lui in collera? Ho visto il cannone
far saltare in aria le sue schiere
e come il demonio strappargli dal braccio
il suo commilitone; lui, in collera?
Allora è qualcosa di importante. Andrò
da lui; se è in collera dev’esserci qualcosa. Esce.
DESDEMONA
Ti prego, va’. Un affare di stato,
forse da Venezia, o una congiura
segreta rivelatagli qui a Cipro
gli hanno offuscato la mente; in questi casi
uomini con la mente occupata in grandi cose
si inquietano per delle sciocchezzuole.
Già; se ci fa male un dito, esso trasmette
anche alle membra sane un senso di dolore.
Dobbiamo infatti pensare che gli uomini
non sono dèi; e non possiamo aspettarci
quelle tenerezze che hanno per noi
il giorno delle nozze. Caspita, Emilia,
inadeguato soldato quale sono,
lo accusavo coll’animo di crudeltà,
ma ora vedo che subornavo il teste
ed egli è ingiustamente incriminato.
EMILIA
Pregate il cielo che siano affari di stato,
come voi pensate, e non sospetti
o un’ombra di gelosia che vi riguardi.
DESDEMONA
Ma non gliene ho mai dato alcun motivo!
EMILIA
È una risposta che al geloso non basta.
Non sono mai gelosi per un motivo,
ma gelosi perché sono gelosi. È un mostro
concepito e generato da se stesso.
DESDEMONA
Il cielo tenga quel mostro lontano
dalla mente di Otello!
EMILIA
Così sia, mia signora.
DESDEMONA
Andrò da lui. Cassio, restate nei paraggi.
Se lo trovo ben disposto, gli rivolgerò
la vostra supplica e cercherò di sostenerla
con tutte le mie forze.
CASSIO
Ringrazio umilmente vostra signoria.
Escono Desdemona ed Emilia.
Entra Bianca.
BIANCA
Salve, amico Cassio!
CASSIO
Qual buon vento vi porta?
Come state, bellissima Bianca? Amore,
stavo proprio venendo a casa vostra.
BIANCA
Ed io al vostro alloggio, Cassio.
Ma come, restate via una settimana,
sette giorni e sette notti, centosessantotto ore?
E le ore di assenza dell’amante
sono centosessanta volte più lunghe
delle ore d’orologio. Che conto pesante!
CASSIO
Perdonatemi, Bianca.
In questi giorni sono stato oppresso
da plumbei pensieri; ma questo debito
d’assenze lo pagherò al momento giusto.
Dandole il fazzoletto di Desdemona.
Dolce Bianca, copiatemi questo ricamo.
BIANCA
Chi ve lo ha dato, Cassio? È il pegno
d’una nuova fiamma? Ora capisco
il perché dell’assenza che ho sofferto.
Siamo già a questo?
CASSIO
Ma via, donna,
questi vili sospetti ricacciateli
in gola al diavolo, donde vengono.
Come vi salta in mente che sia il ricordo
d’una qualche amante. No, parola mia, Bianca.
BIANCA
E allora di chi è?
CASSIO
Non lo so; l’ho trovato nella mia stanza.
Mi piace il ricamo, e prima di renderlo
come probabilmente dovrò fare,
vorrei farlo copiare. Prendetelo e fatelo voi,
e lasciatemi solo per un po’.
BIANCA
Perché lasciarvi?
CASSIO
Sto aspettando qui il generale;
e non credo opportuno, né desiderabile,
che egli mi veda qui con una donna.
BIANCA
E perché mai, vi prego?
CASSIO
Non che non vi ami.
BIANCA
E invece è che non mi amate. Vi prego,
accompagnatemi un po’ per strada e ditemi
se questa sera vi potrò vedere presto.
CASSIO
Posso accompagnarvi solo per un po’,
devo aspettare qui; ma verrò presto.
BIANCA
Molto bene; mi arrendo alle circostanze. Escono.
Otello
(“Othello” – 1602 – 1603)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali