Pene d’amor perdute – Atto II
(“Love’s Labour’s Lost” 1593 – 1596)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
ATTO PRIMO – SCENA PRIMA (unica)
Entrano la Principessa di Francia, Rosalina, Maria e Caterina, con Boyet e altri due baroni del seguito.
BOYET
Signora, convocate ora i migliori
spiriti che v’assistono. Pensate
quale persona vostro padre manda,
a chi la manda, e con quale ambasciata:
voi, agli occhi del mondo fanciulla senza eguali,
per negoziare con il solo erede
d’ogni umana virtù, l’impareggiato
re di Navarra; ed il vostro argomento
niente di men che l’Aquitania, dote
degna d’una regina. Siate ora generosa
di tutta questa vostra rara grazia
come Natura fu nel farla rara
quando ne deprivò quant’altri al mondo
per riversarla, prodiga, in voi sola.
PRINCIPESSA
Mio buon Boyet, la mia beltà è modesta,
epperò non le servono gli svolazzi lucenti
di questa vostra lode. La bellezza
è comprata dall’occhio che la giudica,
non viene offerta in vile parlamento
di lingue bottegaie. Io sono meno fiera
nel sentirvi cantare le mie lodi
di quanto voi non siate assai voglioso
d’esser stimato saggio nello spendere
il vostro ingegno per lodare il mio.
Ma ora, a chi m’insegna cosa fare,
do da fare qualcosa. Certo non siete ignaro,
caro Boyet, che la fama indiscreta
va spargendo dovunque la voce che il Navarra
ha fatto voto che finquando i suoi
studi laboriosi abbiano consumato
tre anni, mai nessuna donna possa
accostar la sua corte silenziosa.
Dunque ci sembra cosa necessaria,
prima di superare quei cancelli proibiti,
sapere cosa gli garbi; e a tale scopo,
certe del vostro merito, abbiamo scelto voi
come il nostro avvocato più equo e persuasivo.
Ditegli che la figlia del Sovrano di Francia,
cercando un pronto accordo su quistioni di peso,
sollecita un colloquio con sua grazia in persona.
Andate prontamente a dirgli questo, mentre
noi attenderemo, in guisa
d’umili postulanti, il suo alto volere.
BOYET
Vado ben volentieri, anzi ne sono fiero.
PRINCIPESSA
Chi è fiero come voi andrà sempre con zelo.
Esce Boyet.
Miei gentili baroni, chi son questi signori
che col Duca virtuoso han fatto voto?
PRIMO BARONE
Uno è il signor di Longaville.
PRINCIPESSA
E chi
fra di voi lo conosce?
MARIA
Signora, io lo conosco.
A una festa di nozze, tenute in Normandia,
tra il signore di Perigord e la bella
erede di Jacques Falconbridge,
ho incontrato il signor di Longaville.
Uomo di doti eccelse egli è stimato:
famoso nelle armi, nelle arti versato.
Mai che gli venga male ciò che vuol fare bene.
L’unica macchia sopra lo splendore
di tanta virtù – se vernice virtuosa
può sporcarsi di macchia – è un’arguzia tagliente,
abbinata a un volere un po’ troppo smussato,
sicché la lama taglia, e il suo volere
vuole sempre non risparmiare alcuno
che gli capiti a tiro.
PRINCIPESSA
Uno di quei baroni
mordaci e buontemponi, direi – non è così?
MARIA
Lo dice sopratutto chi meglio ne conosce
il modo di fare.
PRINCIPESSA
Questi begl’ingegni
hanno la vita corta, sfioriscono nel crescere.
E gli altri due?
CATERINA
Il giovane Dumaine
è un uomo di qualità. Chiunque ami virtù
l’ama per le virtù che possiede. Ma è capace,
quasi ignorando il male, di fare molto male,
perché ha il talento di far bello il brutto,
e forma tale da attirar le grazie
altrui, anche se non avesse
alcun ingegno. Lo vidi una volta
dal duca di Alençon; ed assai poco
di quel bene ch’io vidi riferisco
dicendovi del suo gran merito.
ROSALINA
Se m’hanno detto il vero, quella volta
c’era con lui un altro di costoro
che studiano. Lo chiamano Bruno,
ma un uomo più gioviale, dentro i limiti
d’un’allegria decente, non mi ha mai
intrattenuta un’ora a conversare.
L’occhio gli dà lo spunto per l’arguzia,
ché ogni oggetto che l’occhio coglie, l’altra
lo volta in uno scherzo esilarante
che, svolgendo l’idea, la sua lingua garbata
rende in parole così giuste e amabili,
che i grandi, per sentirlo, trascurano gl’impegni,
e l’udito dei giovani resta tutto incantato,
così dolce e fluente è il suo parlare.
PRINCIPESSA
Dio benedica le mie damigelle!
Son tutte innamorate, forse, che ciascuna
ha addobbato il suo uomo di sì tanti
fastosi ornati di lode?
PRIMO BARONE
Ecco, torna Boyet.
Entra Boyet.
PRINCIPESSA
Dunque ci si riceve, monsignore?
BOYET
Navarra già sapeva del vostro arrivo, e lui
e i compagni di voto erano già sul punto
di venire a incontrarvi, mia nobile signora,
prima ch’io li vedessi. Ma, per domine,
ecco quanto ho appurato: è sua intenzione
di lasciarvi attendata qui sui prati,
come chi venga ad assediar la corte,
piuttosto che cercare una qualche dispensa
dal voto, per ricevervi nella reggia deserta.
Eccolo qua, il Navarra.
Entrano il Re, Berowne, Longaville e Dumaine.
RE
Mia bella Principessa, benvenuta
a questa corte.
PRINCIPESSA
Il “bella” ve lo restituisco, e il “benvenuta” non è cosa ch’io m’abbia, ancora. Il tetto di questa reggia è troppo alto per essere vostro, e un benvenuto a dei campi aperti è troppo vile per essere mio.
RE
Sarete benvenuta, signora, alla mia corte.
PRINCIPESSA
Lo sarò allora. Conducetemi a corte.
RE
Ascoltate, signora. Ho fatto un giuramento…
PRINCIPESSA
Nostra Signora aiuti monsignore!
Diventerà spergiuro.
RE
Per tutto il mondo, no!
Bella signora, non per mio volere.
PRINCIPESSA
Ma sì, sarà la vostra volontà
ad infrangere il voto, lei e null’altro.
RE
La vostra signoria
non sa di che si tratti.
PRINCIPESSA
Se vostra signoria
non lo sapesse lei, sarebbe un’ignoranza
ben saggia, mentre adesso il suo saperlo
risulterà ignoranza. Sento che vostra grazia
ha rinnegato l’ospitalità.
Tenere il giuramento, monsignore,
è peccato mortale, ed è peccato
romperlo.
Ma perdonatemi, sono temeraria
mal mi s’addice fare la lezione
a chi dà lezioni.
Degnatevi di leggere perché son qui, e datemi
una risposta rapida su quanto v’è richiesto.
Porge al Re un foglio.
RE
Signora mia, se posso, io vo’ darla al più presto.
PRINCIPESSA
La darete più presto, sì, per farmene andare.
Voi sarete spergiuro se mi fate restare. Il Re legge.
Berowne e Rosalina conversano a parte.
BEROWNE
Madonna, io raccomandovi al mio cuore.
ROSALINA
Oh sì, vi prego, fatela questa raccomandazione. Mi piacerebbe vederlo, il cuoricino.
BEROWNE
Vorrei che lo sentiste, come geme.
ROSALINA
Perché, è malato quel pazzerello?
BEROWNE
Malato di cuore.
ROSALINA
Poverino, provate a fargli un salasso.
BEROWNE
Credete che gli farebbe bene?
ROSALINA
Sì, per quanto ne sappia di medicina.
BEROWNE
Volete provare a pungerlo con gli occhi?
ROSALINA
Non point, col mio pugnale.
BEROWNE
O ben, Dio ti protegga!
ROSALINA
Ed eviti a voi di vivere troppo a lungo.
BEROWNE
Beh, ringraziarvi sarebbe troppo lungo.
S’allontana.
RE
Signora, qui vostro padre afferma
di averci rimborsate centomila corone,
che sono la metà soltanto della somma
sborsata già da mio padre per le guerre di Francia.
Ora, pur ammettendo che nostro padre, o noi –
però né l’uno né l’altro, questa è la verità –
avessimo avuto il rimborso, restano ancora
da pagarci altre centomila, a garanzia delle quali
noi teniamo in possesso parte dell’Aquitania,
sebbene non si stimi che valga tanto.
Se dunque il re vostro padre restituirà
almeno la metà che è ancora dovuta,
rinunceremo ai diritti sull’Aquitania,
restando buoni amici di sua maestà.
Ma questo, sembra, lui non ha intenzione di fare,
anzi da noi pretende un pagamento
di altre centomila, e non chiede affatto
di riavere il possesso dell’Aquitania,
sborsando, lui a noi, centomila corone.
Noi, quella terra, la ridaremmo via,
preferendo la somma prestata da nostro padre
piuttosto che l’Aquitania, mutilata com’è.
Perciò, cara Principessa, se le sue richieste
non fossero così prive di raziocinio,
la vostra beltà farebbe cederci il cuore,
anche contro una parte delle mie giuste ragioni,
e tornereste in Francia con piena soddisfazione.
PRINCIPESSA
Voi fate al re mio padre un grave torto,
e un torto anche alla fama del vostro nome,
se non volete ammettere d’avere ricevuto
ciò che è stato pagato con grande lealtà.
RE
Io vi assicuro, non mi risulta affatto;
e se potete provarmelo, restituisco la somma,
o cedo l’Aquitania.
PRINCIPESSA
Vi prendiamo in parola.
Boyet, voi potete, nevvero, mostrare le quietanze
per tale somma, avute dai funzionari
di re Carlo suo padre.
RE
Fatemele vedere.
BOYET
Con vostra licenza, mia signora, il plico
che contiene codeste ed altre carte
sigillate, non è ancora arrivato.
Potrete visionarle domani.
RE
E tanto
mi basta. Rivediamoci, e in questa nuova occasione
saprò piegarmi ad ogni tua nobile ragione.
Intanto, ora ricevi da me quel benvenuto
che l’onore, ma senza venir meno all’onore,
può offrire al tuo gran merito. Se varcare
i miei cancelli è illecito, mia bella Principessa,
qui, all’esterno, voi avrete un’accoglienza
che vi farà sentire accolta nel mio cuore,
anche se vi si nega l’accesso alla mia casa.
La vostra gentilezza mi scusi. State bene.
Domani torneremo a farvi visita.
PRINCIPESSA
Salute a vostra grazia, e desideri pii.
RE
Per te come per me, dovunque mai tu sia.
Escono il Re, Berowne, Longaville e Dumaine.
Rientra Dumaine.
DUMAINE
Di grazia, una parola. Chi è quella dama, signore?
BOYET
L’erede di Alencon, Caterina di nome.
DUMAINE
Bella ragazza. Salve a voi, Monsieur. Esce.
Entra Longaville.
LONGAVILLE
Una parola, di grazia. Chi è quella dama in bianco?
BOYET
Una donna, ogni volta che la luce non manchi.
LONGAVILLE
Un po’ lucciola, forse. Ma il nome vorrei avere.
BOYET
Ne ha uno solo. Volerlo non istarebbe bene.
LONGAVILLE
Scusate, di chi è figlia?
BOYET
Dicon, di mamma sua.
LONGAVILLE
Alla barba che avete tanta buona fortuna!
BOYET
Nessuna offesa, signore.
È coerede di Falcobridge.
LONGAVILLE
La mia rabbia è sospesa.
È una donna dolcissima.
BOYET
Signore mio, sarà probabilissimo.
Esce Longaville.
Entra Berowne.
BEROWNE
La dama col cappello, come si chiama?
BOYET
Si chiama Rosalina, così càpita.
BEROWNE
È maritata, o meno?
BOYET
Col suo capriccio, sere, o più o meno.
BEROWNE
Benvenuto alla corte, Monsieur! Bene arrivato.
BOYET
Il benvenuto a me, e a voi il bene andato.
Esce Berowne.
MARIA
Quest’ultimo è Birùn, il baron testa matta.
Non dice una parola che non la sia una baia.
BOYET
Ed ogni baia è solo una baiata.
PRINCIPESSA
Avete fatto bene a dar pan per focaccia.
BOYET
M’andava di abbordarlo come a lui di darmi caccia.
CATERINA
Per le marette! Due montoni in foia!
BOYET
E perché non”pontoni”? Mio soave agnellino,
non montone se non per brucare quel tuo bocchino.
CATERINA
Voi montone ed io prato. Finisce qui l’invenzione?
BOYET
Purché mi diate pascolo.
Tenta di baciarla.
CATERINA
Ah no, gentil bestione.
Le mie labbra son dei prati, ma non dei prati comuni.
BOYET
E a chi appartengono allora?
CATERINA
A me e alle mie fortune.
PRINCIPESSA
Le solite schermaglie tra persone di buon acume.
Ma fate la pace, cari. Questa guerra civile è adatta
col Navarra e i suoi sgobboni. Qui è davvero sprecata.
BOYET
Se l’acume del mio sguardo, che di rado prende abbaglio
sulla muta eloquenza del cuore di cui l’occhio è lo spiraglio
non m’inganna, quel Navarra s’è pigliato l’infezione.
PRINCIPESSA
Di che male?
BOYET
Di ciò che noi amanti chiamiamo mal d’amore.
PRINCIPESSA
Sù, dite le vostre ragioni.
BOYET
Ma via, tutte le sue funzioni s’erano messe in ritiro
nella corte dell’occhio, sbirciando per il desìo.
Il cuore, come un’agata con la vostra figura impressa,
n’era superbo, e la superbia veniva dall’occhio espressa.
La lingua, tutta impaziente di parlare e non veder nulla,
incespicava, smaniosa di tramutarsi in pupilla.
Tutti i sensi si erano chiusi nel solo senso della vista,
per sentire solo ammirando la più bella che esista.
E mi pareva che si fossero tutti stretti nel globo oculare,
come gioielli sottovetro che solo un principe può comprare;
e che offrendo il loro valore da sotto quel cristallo
vi adescano, che li compriate e portiate via passando.
Lo stesso margine del suo viso postillava la meraviglia,
sì che tutti leggevan chiaro gli occhi appesi alle vostre ciglia.
Io v’assicuro l’Aquitania, e tutto ciò di cui lui è signore,
se gli darete, per amor mio, un solo bacino d’amore.
PRINCIPESSA
Via, torniamo nella mia tenda. Boyet è in vena di scherzare.
BOYET
No, solo in vena di dire ciò che l’occhio ha potuto afferrare.
Ho soltanto mutato in bocca quei suoi occhi, e alla sua vista
ho aggiunto una lingua la quale, lo so bene, non ci depista.
MARIA
Va’! Sei un vecchio ruffiano, a parole sei un artista.
CATERINA
Boyet è il nonno di Cupido, è da lui che sa tutto quanto.
ROSALINA
Allora Venere è tutta sua mama; il babbo l’è proprio racchio.
BOYET
Volete ascoltarmi, teste matte?
MARIA
No.
BOYET
Allora guardare almeno?
MARIA
Certo, la via per andar via.
BOYET
Troppo duro tenervi dietro.
Escono.
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