Pericle Principe di Tiro – Atto V

(“Pericles, Prince of Tire”  1607/1608)

Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V

Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali

Pericle Principe di Tiro - Atto V

ATTO QUINTO

Entra Gower.

GOWER

Così Marina scampa al bordello e càpita

in una casa onesta, la nostra storia dice.

Canta come un’immortale e danza

simile a una dea sulle sue ammirate melodie.

Ammutolisce i dotti chierici, e con l’ago compone

le forme stesse di Natura, bocciolo, uccello, ramo o bacca,

al punto che l’arte sua eguaglia le naturali rose;

il suo filo di lino, o di seta, fa la gemella

della ciliegia vermiglia; cosicché non le mancano

allieve di nobile stirpe, che su di lei versano

ogni munificenza, ed ella dà il suo guadagno

alla dannata mezzana. Qui collochiamola dunque,

e di nuovo a suo padre volgiamo i nostri pensieri,

al punto in cui lo lasciammo sul mare. Lì lo perdemmo,

donde, sospinto dai venti, egli è arrivato

qui, dove vive sua figlia; e su questa costa

immaginatelo ora ancorato. La città era tutta in subbuglio

per celebrare l’annuale festa di Nettuno, e da quella

Lisimaco avvista la nostra nave di Tiro,

dai neri vessilli e la ricca bardatura,

e ad essa in fretta si reca nella sua barca.

Nel vostro immaginare una’volta ancora mettete

gli occhi stessi: del triste Pericle pensate

sia questa la nave, dove ciò che negazione avviene,

e più se si potesse, sarà da voi scoperto.

Prego, sedete ed ascoltate. Esce.

ATTO QUINTO – SCENA PRIMA

Entra Elicano. Gli vanno incontro due marinai, uno di Tiro e l’altro di Mitilene.

MARINAIO DI TIRO (a quello di Mitilene)

Dov’è il signor Elicano?

Egli può spiegarvi. Oh, eccolo qui.

Signore, c’è una barca proveniente da Mitilene,

con a bordo Lisimaco, il governatore,

che desidera salire a bordo. Qual è il vostro volere?

ELICANO

Che sia fatto il suo. Chiamate in coperta qualche gentiluomo.

MARINAIO DI TIRO

Ehi, gentiluomini! Il nostro signore vi chiama.

Entrano due o tre gentiluomini.

PRIMO GENTILUOMO

Vossignoria ci ha chiamato?

ELICANO

Signori, c’è una persona di rango che vuol venire a bordo. Vi prego di accoglierlo gentilmente.

Escono i gentiluomini.

 

Entra Lisimaco, con persone del seguito e con i gentiluomini.

MARINAIO DI MITILENE (a Lisimaco)

Signore,

questo è l’uomo che può darvi tutte le informazioni

che desiderate.

LISIMACO

Salve, venerabile signore! Gli dèi vi preservino!

ELICANO

E preservino voi, affinché viviate oltre la mia età,

e moriate come io vorrei.

LISIMACO

È un bell’augurio.

Mentre ero sulla riva a onorare i trionfi di Nettuno,

ho visto alla fonda questo bel vascello

e sono venuto qui per sapere di dove siete.

ELICANO

Prima di tutto, qual è la vostra carica?

LISIMACO

Sono il governatore

di questo luogo che avete davanti.

ELICANO

Signore,

il nostro vascello è di Tiro; e in esso c’è il re,

un uomo che in questi ultimi tre mesi non ha parlato

a nessuno, né ha accettato sostentamento

se non per prolungare il suo dolore.

LISIMACO

A che cosa è dovuto questo suo turbamento?

ELICANO

Sarebbe troppo tedioso raccontarlo,

ma il maggior dolore gli deriva dalla perdita

di una amata figlia e di sua moglie.

LISIMACO

Non possiamo vederlo?

ELICANO

Potete,

ma troverete inutile vederlo; non vuole parlare

con nessuno.

LISIMACO

Comunque esaudite il mio desiderio.

Elicano tira una tenda e rivela Pericle su un lettino.

ELICANO

Guardatelo. Egli era una magnifica persona

fino al disastro che, in una notte mortale,

lo ridusse a questo.

LISIMACO

Sire, re, salute! Gli dèi vi preservino!

Salute, regale signore!

ELICANO

È tutto vano. Egli non vi parlerà.

NOBILE

Signore,

abbiamo una fanciulla. a Mitilene che, scommetto,

potrebbe strappargli qualche parola.

LISIMACO

Ben pensato.

Sicuramente, con la sua dolce armonia

e altre squisite attrattive, potrebbe incantarlo

e aprire una breccia nei suoi sordi sensi

che ora sono come ostruiti.

Ella è la più felice e la più bella fra tutte,

e ora con le sue giovani compagne

si trova nel recesso boscoso che si stende

sul fianco dell’isola. Esce il nobile.

ELICANO

Sicuramente non avrà effetto; e tuttavia non tralasceremo

nulla che abbia il nome di rimedio. Ma, poiché

abbiamo approfittato tanto della vostra gentilezza,

vi preghiamo, in cambio di oro, di farci avere provviste,

di cui pure non manchiamo, ma di cui siamo stanchi

perché sono stantie.

LISIMACO

Oh, signore, è una cortesia

che, se ve la negassimo, il giustissimo dio

per ogni germoglio ci manderebbe un bruco,

punendo così la nostra terra. Però, ancora una volta

vi prego di farmi conoscere più completamente la causa

del dolore del vostro re.

ELICANO

Sedete, signore. Ve la racconterò.

Ma, vedete, ne vengo impedito.

Entra il nobile con Marina e una sua compagna.

LISIMACO

Oh, ecco la fanciulla chè ho chiamato.

Benvenuta, bella quale sei! Non è una splendida persona?

ELICANO

È un’incantevole signora.

LISIMACO

È una che se io fossi ben sicuro

della sua discendenza da una nobile stirpe,

sceglierei senza alcun dubbio, ritenendomi sposato con fortuna.

Mia bella, tu che sei ogni bontà che nella bellezza vive,

se qui, dove giace un paziente regale,

compirai l’impresa abile e propizia

soltanto d’indurlo a risponderti qualcosa,

aspettati di ricevere per la tua sacra cura quel compenso

che il tuo desiderio può volere.

MARINA

Signore, userò

ogni mia capacità per guarirlo, a condizione

che a nessun altro che a me e alla mia compagna

sia permesso di avvicinarlo.

LISIMACO

Andiamo, lasciamola,

e gli dèi le diano fortuna.

Si ritirano.

 

Marina canta.

LISIMACO (facendosi avanti)

Ha ascoltato la tua musica?

MARINA

No, né ci ha guardato.

LISIMACO (ritirandosi)

Guardate, vuole parlargli.

MARINA

Salute, signore! mio signore, prestatemi orecchio.

PERICLE

Uhm! Ah!

MARINA

Io sono una fanciulla,

mio signore, che mai prima ha invitato sguardi,

anche se mi hanno ammirata come una cometa. Una vi parla,

mio signore, che forse ha sopportato un dolore

che uguaglierebbe il vostro, se l’uno e l’altro

fossero pesati esattamente. Pur se la capricciosa fortuna

fu con me maligna, la mia discendenza è da antenati

che stavano alla pari con i potenti re.

Ma il tempo ha sradicato il mio casato

e mi ha ridotta in schiavitù del mondo

e dei casi avversi. (A parte) Vorrei desistere,

ma c’è qualcosa che mi fa avvampare il volto

e mi bisbiglia nell’orecchio “Non andar via finché non parla.”

PERICLE

Le mie avverse fortune – il mio casato – un buon casato –

pari alle mie – non era così? Che cosa dici?

MARINA

Dicevo, signore, che se conosceste il mio casato,

non sareste così violento con me.

PERICLE

Lo penso anch’io. Ti prego, volgi gli occhi su di me.

Tu sei come una cosa che… Di che paese sei?

Di qui, di queste coste?

MARINA

No, né di altre coste;

eppure fui partorita da una mortale e non sono altra

che quella che appaio.

PERICLE

Sono gonfio di dolore e mi sgraverò piangendo.

La mia carissima moglie era come questa fanciulla,

e così avrebbe potuto essere mia figlia: l’ampia fronte

della mia regina, la sua identica statura, dritta come un giunco,

la stessa argentea voce, gli occhi come gioielli

e incastonati con ugual ricchezza, il passo di Giunone,

una voce che fa languire le orecchie che nutre

e più le affama quanto più parole dà loro.

Dove vivi?

MARINA

Dove non sono che una straniera. Dal ponte

potete scorgere il posto.

PERICLE

Dove sei stata allevata?

E come hai appreso queste arti che fai ancora più ricche

per il fatto che tu le possiedi?

MARINA

Se dovessi raccontare la mia storia, sembrerebbe tutta

una menzogna, che si disprezza mentre viene detta.

PERICLE

Ti prego, parla.

Da te non può venire falsità, perché appari

modesta come la Giustizia, e sembri Pallade,

in cui la Verità, incoronata, vive. Io ti crederò,

e tutti i miei sensi daranno credito alla tua storia,

anche nei punti inverosimili, perché tu assomigli

ad una che amavo veramente. Chi erano i tuoi parenti?

Non hai detto, quando ti ho spinta via –

che è stato quando mi sono accorto di te – che provieni

da una nobile discendenza?

MARINA

Così infatti ho detto.

PERICLE

Parlami del tuo casato. Tu hai detto, credo,

di essere stata spinta di torto in torto,

e di pensare che le tue pene potrebbero uguagliare

le mie, se quelle di entrambi venissero rivelate.

MARINA

Ho detto qualcosa di simile, e non ho detto di più

di quanto i miei pensieri mi garantivano

come probabile.

PERICLE

Racconta la tua storia.

Se, a ben riflettere, le tue vicende ammonteranno

alla millesima parte di ciò che io ho patito,

sarai tu un uomo, ed io avrò sofferto come

una fanciulla; e però tu hai l’aspetto

della Pazienza stessa che contempla le tombe dei re

sorridendo dell’accadere della più alta sventura.

Chi erano i tuoi parenti? Come li hai perduti?

Il tuo nome, vergine gentile? Racconta, ti scongiuro.

Vieni, siedi accanto a me.

MARINA

Il mio nome è Marina.

PERICLE

Oh, mi si fa beffa,

e tu sei stata mandata qui da qualche dio irato

per far ridere di me il mondo.

MARINA

Abbiate pazienza,

buon signore, o mi fermerò qui.

PERICLE

Sì, sarò paziente.

Non puoi sapere come mi fai trasalire,

chiamandoti Marina.

MARINA

Questo nome

mi fu dato da uno che aveva potere,

mio padre, un re.

PERICLE

Come! Figlia di un re?

E di nome Marina?

MARINA

Dicevate che mi avreste creduto,

ma per non turbare la vostra pace

mi fermerò qui.

PERICLE

Ma sei tu di carne e sangue?

Hai un polso che batte o non sei un essere fatato?

Ti muovi anche? Dove sei nata?

E perché ti hanno chiamato Marina?

MARINA

Mi hanno chiamato Marina

perché nacqui sul mare.

PERICLE

Sul mare! Chi era tua madre?

MARINA

Mia madre era figlia di un re;

che morì nell’istante in cui nacqui,

come la mia buona nutrice Licorida

spesso mi raccontava piangendo.

PERICLE

Oh, fermati qui un poco!

Questo è il più straordinario sogno che mai l’ottuso sonno

abbia mandato per beffa a malinconici sciocchi. Questa non può

essere mia figlia, sepolta! Dunque, dove fosti allevata?

Ti ascolterò ancora, fino alla fine della tua storia,

e non ti interromperò mai.

MARINA

Voi vi fate gioco di me; credetemi,

è meglio che io smetta.

PERICLE

Ti crederò

in ogni sillaba che pronuncerai.

Ma permettimi: come sei arrivata da queste parti?

Dove sei stata allevata?

MARINA

Il re mio padre mi lasciò a Tarso,

finché il crudele Cleone con la sua malvagia moglie

cercò di assassinarmi, e convinsero un furfante

a farlo, e quello aveva già sguainato il pugnale,

quando una ciurma di pirati venne a salvarmi

e mi portò a Mitilene. Ma, mio buon signore,

a cosa volete portarmi? Perché piangete? Forse

mi credete un’impostora. No, in fede mia!

Io sono la figlia del re Pericle,

se il buon re Pericle esiste ancora.

PERICLE

Oh, Elicano!

ELICANO

Il mio signore ha chiamato?

PERICLE

Tu sei un consigliere nobile e serio,

molto saggio in ogni cosa. Dimmi, se puoi,

chi è questa fanciulla, o chi può essere,

che mi ha fatto piangere così?

ELICANO

Io non lo so,

ma qui c’è il governatore di Mitilene, signore,

che parla di lei con gran riguardo.

LISIMACO

Non ha mai voluto parlare

del suo casato. Se glielo si chiedeva,

restava muta e piangeva.

PERICLE

Oh, Elicano, colpiscimi, onorato amico!

Feriscimi, infliggimi un dolore immediato,

perché questo grande mare di felicità che m’assale

non travolga la riva mia mortale

e non m’anneghi nella sua dolcezza. Oh, vieni qui,

tu che generi colui che ti generò;

tu che nascesti in mare, fosti sepolta a Tarso,

e ritrovata in mare ancora! Oh, Elicano,

in ginocchio; ringrazia i sacri dèi con voce alta

quanto il tuono che ci minaccia. Questa è Marina.

Qual era il nome di tua madre? Dimmi solo questo,

perché la verità non ha mai troppe conferme,

anche quando i dubbi si assopiscono.

MARINA

Prima, signore, vi prego,

qual è il vostro titolo?

PERICLE

Io sono Pericle di Tiro; ma ora dimmi

il nome della mia regina annegata, come nel resto

che hai detto sei stata divinamente perfetta, e sarai

erede di regni, e nuova vita per Pericle, tuo padre.

MARINA

Per essere tua figlia non ho che da dire

che il nome di mia madre era Taisa?

Taisa era mia madre, che finì

nell’istante in cui io cominciai.

PERICLE

Ora tu sia benedetta! Alzati: tu sei mia figlia.

Datemi nuove vesti. È carne mia, Elicano!

Non è morta a Tarso, come avrebbe dovuto

per ordine del feroce Cleone. Ti racconterà tutto;

e allora ti inginocchierai e avrai piena certezza

che ella è la tua principessa. Chi è questo?

ELICANO

È il governatore di Mitilene, signore,

che, avendo saputo del vostro malinconico stato,

è venuto qui a trovarvi.

PERICLE

Vi abbraccio.

Datemi le mie vesti. Ho un aspetto selvaggio.

Oh, cieli, benedite la mia bambina! Ma ascoltate,

che musica è questa? Racconta a Elicano, Marina mia,

raccontagli tutto, punto per punto, perché egli sembra

ancora dubitare che tu sia veramente mia figlia.

Ma che musica è questa?

ELICANO

Mio signore, io non sento nulla.

PERICLE

Nulla?

La musica delle sfere! Ascolta, Marina mia!

LISIMACO

Non è bene contraddirlo; assecondiamolo.

PERICLE

I più straordinari suoni! Non udite?

LISIMACO

Musica, mio signore? La odo.

PERICLE

La musica più celeste.

Mi pizzica all’ascolto e un denso torpore

cala sui miei occhi. Lasciatemi riposare.

Dorme.

LISIMACO

Un cuscino per la sua testa. Così, lasciamolo tutti.

Bene, amici miei, se ciò corrisponde

a quanto giustamente credo,

mi ricorderò di voi.

Escono tutti, tranne Pericle.

 

Diana appare a Pericle in una visione.

DIANA

Il mio tempio è a Efeso. Affrettati laggiù

e celebra un sacrificio sul mio altare.

Lì, quando le mie sacerdotesse si raduneranno

davanti a tutto quanto il popolo,

rivela come perdesti tua moglie in mare.

Per lamentare le croci tue e di tua figlia, parla forte

e raccontale in modo da farle rivivere.

Esegui il mio ordine o vivrai nel dolore.

Fallo, e sii felice, per il mio arco d’argento.

Svegliati e racconta il tuo sogno. Esce.

PERICLE (svegliandosi)

Celeste Diana, argentea dea,

ti obbedirò. Elicano!

Entrano Elicano, Lisimaco e Marina.

ELICANO

Signore?

PERICLE

Mi ero proposto d’andare a Tarso, per colpirvi

l’inospitale Cleone, ma prima

ho un’altra incombenza. Verso Efeso

volgi le nostre gonfie vele. Quindi ti dirò il perché.

(A Lisimaco)

Possiamo rifornirci, signore, in questo porto,

pagando in oro le provviste necessarie

al nostro scopo?

LISIMACO

Signore,

con tutto il cuore; e quando verrete a terra,

anch’io vi farò una richiesta.

PERICLE

Sarà soddisfatta,

si trattasse pure di corteggiare mia figlia, poiché pare

che voi siate stato nobile con lei.

LISIMACO

Signore, datemi il braccio.

PERICLE

Vieni, Marina mia.

Escono.

ATTO QUINTO – SCENA SECONDA

Entra Gower.

GOWER

Ora la nostra sabbia è quasi tutta scorsa;

ancora un poco, e poi tutti zitti.

Quest’ultimo favore concedetemi,

e mi assista la vostra cortesia,

che prontamente voi v’immaginiate

quali cortei, trionfi, spettacoli,

giullareschi canti e allegra confusione,

per salutare il re a Mitilene,

allestì il governatore. Ed ebbe tale successo

che di sposare la bella Marina gli fu concesso,

ma non prima che il re avesse compiuto

il sacrificio che Diana aveva voluto.

Poiché egli è lì diretto, l’intervallo,

vi prego, consumatelo tutto.

Con alata rapidità si riempiono le vele

e i desideri s’avverano immediatamente.

A Efeso, vedete il tempio,

il nostro re e l’intera compagnia.

Come abbia potuto giunger qui così in fretta,

è solo perché alla vostra fantasia ha dato retta. Esce.

ATTO QUINTO – SCENA TERZA

Entrano, da una parte, Taisa e le vergini sacerdotesse di Diana, Cerimone e altri abitanti di Efeso; dall’altra, Pericle, Marina, Lisimaco, Elicano e signori del seguito.

PERICLE

Salve, Diana! Per eseguire il tuo giusto comando,

io qui confesso d’essere il re di Tiro,

che fuggii dal mio paese atterrito

e a Pentapoli sposai la bella Taisa.

Sul mare nel parto ella morì, ma partorì

una bambina chiamata Marina, che, oh dèa,

ancora porta la tua argentea veste. A Tarso

ella fu allevata da Cleone, che a quattordici anni

cercò di assassinarla. Ma le stelle sue benigne

la condussero a Mitilene, sulla cui costa

si fermò la mia nave, e la fortuna volle

che ella venisse a bordo, dove con il suo limpido ricordo

si fece riconoscere da me come mia figlia.

TAISA

La voce, l’aspetto!

Tu sei, tu sei… Oh, regale Pericle!

Sviene.

PERICLE

Cosa intende la sacerdotessa? Muore! Aiuto, signori!

CERIMONE

Nobile signore,

se avete detto il vero sull’altare di Diana,

questa è vostra moglie.

PERICLE

Apparizione veneranda, no;

io la gettai in mare con queste stesse braccia.

CERIMONE

Davanti a questa costa, scommetto.

PERICLE

Sicuramente.

CERIMONE

Badate alla signora. Oh, è solo sopraffatta dalla gioia.

Allo spuntare di un tempestoso mattino questa signora

fu gettata sulla nostra riva. Io aprii la bara,

vi trovai ricchi gioielli, la rianimai e la condussi

qui, al tempio di Diana.

PERICLE

Posso vedere i gioielli?

CERIMONE

Nobile signore, vi saranno portati nella mia casa,

nella quale vi invito. Guardate,

Taisa si è ripresa.

TAISA

Oh, lasciatemi vedere.

Se egli non è il mio, il mio sacro stato

non presterà licenzioso ascolto ai miei sensi,

ma li terrà a freno, a dispetto della vista.

Oh, mio signore, non sei tu Pericle? Come lui

hai parlato, come lui sei. Non hai nominato una tempesta,

una nascita e una morte?

PERICLE

La voce della morta Taisa!

TAISA

Quella Taisa sono io, creduta morta e sepolta in mare.

PERICLE

Diana immortale!

TAISA

Ora ti riconosco ancora meglio:

quando tra le lacrime lasciammo Pentapoli

il re mio padre ti diede proprio questo anello.

PERICLE

Questo, questo! Basta, Oh dèi; la vostra generosità

riduce ora ad uno scherzo le mie passate sventure;

e farete bene se mentre le tocco le labbra

io mi dissolvo e sparisco per sempre. Oh, vieni,

sii sepolta una seconda volta in queste braccia.

MARINA

Il mio cuore balza per saltare in seno a mia madre.

Si inginocchia.

PERICLE

Guarda chi si inginocchia qui: carne della tua carne,

Taisa, il peso che portavi sul mare, chiamata Marina

perché lì fu messa alla luce.

TAISA

Benedetta, e mia.

ELICANO

Salve, signora e mia regina!

TAISA

Non vi conosco.

PERICLE

Mi sentisti dire che, quando fuggii da Tiro,

lasciai al mio posto un anziano reggente:

ricordi come chiamavo quell’uomo?

Lo nominavo spesso.

TAISA

È Elicano allora.

PERICLE

Ancora una conferma.

Abbraccialo, cara Taisa, questi è lui.

Ora desidero sapere come fosti trovata,

come si poté rianimarti, e chi ringraziare,

oltre agli dèi, per questo grande miracolo.

TAISA

Il nobile Cerimone, mio signore; questi è l’uomo

tramite cui gli dèi hanno mostrato il loro potere;

egli potrà spiegarti tutto.

PERICLE

Venerato signore,

gli dèi non possono avere ministro mortale

più di voi simile a un dio. Volete dirmi

come questa morta regina tornò in vita?

CERIMONE

Lo farò, mio signore.

Prima, vi prego, venite con me nella mia casa,

dove vi sarà mostrato tutto ciò che fu trovato con lei,

e vi sarà detto come venne qui in questo tempio;

e niente d’importante sarà omesso.

PERICLE

Casta Diana,

ti benedico per la tua visione e ti offrirò

oblazioni ogni notte. Taisa, questo principe,

il gentile promesso di tua figlia,

la sposerà a Pentapoli. E ora

questa chioma

che mi fa sembrar selvaggio taglierò a miglior forma,

e farò bella questa barba, per quattordici anni

non toccata da rasoio, per onorare le tue nozze.

TAISA

Il nobile Cerimone ha lettere attendibili, mio signore,

in cui si dice che mio padre è morto.

PERICLE

I cieli facciano di lui una stella! Tuttavia, mia regina,

celebreremo lì il loro sposalizio, e noi stessi

in quel regno trascorreremo i giorni che ci restano.

Nostro figlio e nostra figlia regneranno a Tiro.

Nobile Cerimone, abbiamo trattenuto il nostro desiderio

di ascoltare il resto della storia. Fateci strada, signore.

Escono.

EPILOGO

GOWER

In Antioco e sua figlia avete udito

la mostruosa lussuria giustamente punita;

in Pericle, la sua regina e la figlia, avete visto,

pur nell’assalto della feroce e amara fortuna,

la virtù preservata dai crudeli colpi della rovina,

guidata dal cielo e infine di gioia coronata.

In Elicano potete ben discernere

una figura onesta, fedele e leale.

Nel venerando Cerimone chiaramente appare

il merito che la sapiente carità sempre possiede.

Quanto al malvagio Cleone e a sua moglie,

quando la fama diffuse il suo atto dannato,

il nome onorato di Pericle la sua città mosse al furore,

e lui e i suoi nel suo palazzo vennero bruciati.

Gli dèi sembrarono, così, felici di punire

l’assassinio, pur se solo inteso, non eseguito.

Così, sempre contando sulla vostra pazienza,

nuova gioia v’accompagni! Qui il nostro dramma è finito.

Esce.

Pericle Principe di Tiro
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