(“Pericles, Prince of Tire” 1607/1608)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
ATTO TERZO
Entra Gower.
GOWER
Ora il sonno ha assopito l’intera brigata,
e per tutta la casa si ode solo russare,
ben forte per tutto il grande mangiare
di questo sontuoso banchetto nuziale.
Con occhi d’acceso carbone il gatto
s’acquatta sul buco del topo,
e cantano i grilli alla bocca del forno,
tutti felici di stare all’asciutto.
Imene ha condotto la sposa al suo letto,
dove, perdendo la verginità,
un bimbo viene in lei plasmato. State attenti,
e il tempo che così presto scorre via,
riempitelo con la vostra acuta fantasia.
Quel che è muto nella pantomima
lo spiegherò io con la parola mia.
PANTOMIMA
Entrano da una porta Pericle e Simonide con il seguito; un messaggero va loro incontro, si inginocchia e dà a Pericle una lettera. Pericle la mostra a Simonide; i signori si inginocchiano davanti a lui. Poi entra Taisa, incinta, e con lei la nutrice Licorida. Il re le mostra la lettera e lei gioisce. Lei e Pericle si congedano da Simonide e partono.
Per molte aspre e faticose leghe
di Pericle l’accurata ricerca
– ai quattro angoli opposti che insieme
fanno questo nostro mondo unito –
è condotta con ogni diligenza
che cavalli e navi ed alte spese
possano fornire. Da Tiro, infine,
la Fama risponde alla lontana inchiesta,
e lettere giungono alla corte
di re Simonide, il cui tenore è questo:
morti Antioco e la figlia sua,
gli uomini di Tiro sul capo
di Elicano vorrebbero porre
la corona di Tiro, ma egli non vuole.
Lo scontento si affretta a reprimere
e dice loro che se il re Pericle
tra dodici lune non dovesse tornare
egli, obbedendo al loro volere,
prenderà la corona. Tutto questo,
qui a Pentapoli riportato,
delizia tutti quanti attorno,
e ognuno applaudendo dice:
“È dunque un re il nostro erede!
Chi mai l’avrebbe sognato o pensato?”
In breve, deve Pericle presto partire per Tiro.
La sua regina incinta esprime il desiderio
– e chi oserà ostacolarlo? – di andare con lui.
Omettiamo tutti i sospiri e gli affanni.
Licorida, la sua nutrice, ella prende con sé
e via sul mare. Oscilla il vascello
sull’onda di Nettuno; e già metà acqua
la sua chiglia ha tagliato, quando di nuovo
l’umore della fortuna muta; l’orrido nord
erutta tale tempesta che, come un’anatra
che si tuffa per salvarsi la vita,
così avanza su e giù la povera nave.
Urla la donna e ahimè per la paura
è presa dalle doglie del parto.
E quel che segue in questa atroce tempesta
dovrà coi suoi mezzi essere rappresentato.
Io non voglio raccontarlo; l’azione
può convenientemente mostrare il resto,
come non poteva fare per quello che ho ora narrato.
Nella vostra immaginazione vogliate pensare
questa scena la nave, sul cui ponte
sbattuto dalle onde Pericle appare a parlare. Esce.
ATTO TERZO – SCENA PRIMA
Entra Pericle sulla tolda di una nave.
PERICLE
Il dio di questa grande distesa freni le onde
che bagnano il cielo e l’inferno. E tu che hai
sui venti il comando, legali nel bronzo
dopo averli chiamati dall’abisso! Oh, acquieta
i tuoi paurosi assordanti tuoni, e spegni gentile
i tuoi guizzanti sulfurei lampi! Mi senti, Licorida?
Come sta la mia regina? Allora, tempesta, velenosamente
vuoi sputarti tutta fuori? Il fischio del marinaio
è come un bisbiglio negli orecchi della morte,
inascoltato. Licorida! Lucina,
divina patrona e levatrice gentile
di quelle che gridano nella notte, porta la tua divinità
a bordo di questa agitata nave, affretta le fitte
del travaglio della mia regina! Allora, Licorida!
Entra Licorida con una bambina.
LICORIDA
Ecco un batuffolo troppo piccolo per questo posto,
che, se avesse la ragione, vorrebbe morire,
come forse muoio io. Prendete tra le braccia questa parte
della vostra regina morta.
PERICLE
Cosa? Cosa, Licorida?
LICORIDA
Abbiate pazienza, buon signore, non aiutate la tempesta.
Questo è tutto ciò che resta vivo della vostra regina,
una figlioletta: per amor suo, siate forte
e fatevi animo.
PERICLE
Oh, voi, dèi!
Perché ci fate amare i vostri buoni doni
e subito ce li strappate via? Noi quaggiù
non ci riprendiamo quello che diamo, e in questo
vale di più il nostro onore.
LICORIDA
Abbiate pazienza, buon signore.
almeno per questo carico che avete.
PERICLE
Tu, mite possa essere la tua vita!
Perché più burrascosa nascita mai ebbe bambino;
quieta e gentile sia la tua esistenza, perché
hai avuto il più rude benvenuto a questo mondo
che mai sia toccato a figlio di principe. Felice il tuo futuro!
Hai avuto nascita nel più gran frastuono
che fuoco, aria, acqua, terra e cielo potessero fare
per annunciare la tua uscita dal grembo.
Fin dall’inizio ciò che hai perso è più di quanto
potrà ripagare ogni tuo guadagno in questa vita.
Ora gli dèi buoni volgano a lei il loro migliore sguardo.
Entrano due marinai.
PRIMO MARINAIO
Vi fate coraggio, signore? Dio vi salvi!
PERICLE
Mi faccio abbastanza coraggio. Non temo la tempesta;
mi ha fatto il peggio che poteva. Ma per amore
di questa povera creatura, questa nuova inesperta
navigante, vorrei che si calmasse.
PRIMO MARINAIO
Molla le boline, lì! Tu non vuoi mollare, è così? Soffia allora e schiatta!
SECONDO MARINAIO
Se c’è spazio di manovra, per me queste ondate e le loro nuvole di spuma possono baciar la luna, non m’importa.
PRIMO MARINAIO
Signore, la vostra regina deve lasciare la nave. Il mare infuria, il vento urla, e non si calmeranno finché non sgombriamo la nave della morta.
PERICLE
È una vostra superstizione.
PRIMO MARINAIO
Perdonateci, signore; noi gente di mare l’abbiamo sempre osservata, e ci teniamo alle nostre usanze. Perciò, consegnatecela in fretta perché dev’essere gettata in mare immediatamente.
PERICLE
Se lo credete necessario. Mia sventurata regina!
LICORIDA
Ecco dove giace, signore.
Ella rivela il corpo di Taisa.
PERICLE
Un terribile parto hai avuto, mia cara;
non luce, non fuoco; gli ostili elementi si sono dimenticati
di te completamente, né io ho tempo ora
di consegnarti consacrata alla tua tomba, ma devo gettarti
senza indugio in una rozza bara giù nella melma profonda,
dove, per monumento alle tue ossa
e per lampade votive, la sfiatante balena
e l’acqua mormorante incomberanno sul tuo corpo
disteso con le semplici conchiglie. Oh, Licorida,
dì a Nestore di portarmi spezie, carta e inchiostro,
il mio scrigno e i miei gioielli. E dì a Nicandro
di portarmi il cofano di raso. Metti la bambina
sul cuscino. Sbrigati mentre io le dico
un religioso addio. In fretta, donna.
Esce Licorida.
SECONDO MARINAIO
Signore, abbiamo una cassa sotto il boccaporto, già calafatata e bitumata.
PERICLE
Ti ringrazio. Dimmi, marinaio, che costa è quella?
PRIMO MARINAIO
Siamo vicini a Tarso.
PERICLE
In quella direzione, buon marinaio,
cambia la rotta per Tiro. Quando potrai raggiungerla?
PRIMO MARINAIO
Sul far del giorno, se cala il vento.
PERICLE
Oh, vai per Tarso!
Lì visiterò Cleone, perché la bambina
non può reggere fino a Tiro. Lì la lascerò
in buone mani. Va’, buon marinaio.
Porterò il corpo immediatamente. Escono.
ATTO TERZO – SCENA SECONDA
Entra il re Cerimone con due servitori.
CERIMONE
Ehi, Filemone!
Entra Filemone.
FILEMONE
Il mio signore ha chiamato?
CERIMONE
Procura fuoco e cibo per questi poveri uomini.
È stata una notte turbolenta e tempestosa.
PRIMO SERVO
Ne ho passate tante, ma una notte come questa
non l’avevo mai sofferta.
CERIMONE
Il tuo padrone sarà morto prima del tuo ritorno;
non c’è nulla, che possa esser somministrato alla natura
umana, che sia in grado di salvarlo. Al secondo servo Tu dà questo allo speziale
e fammi sapere come agisce. Escono i servi.
Entrano due gentiluomini.
PRIMO GENTILUOMO
Buongiorno.
SECONDO GENTILUOMO
Buongiorno a Vossignoria.
CERIMONE
Signori,
perché vi siete mossi così presto?
PRIMO GENTILUOMO
Signore,
le nostre case, che si trovano a picco sul mare,
erano scosse come da un terremoto.
Le travi maestre sembravano schiantarsi
e tutto era sul punto di crollare.
Sbigottimento e paura mi hanno fatto lasciare la casa.
SECONDO GENTILUOMO
È per questo che vi disturbiamo così presto.
Non è nostra abitudine.
CERIMONE
Ah, dite bene.
PRIMO GENTILUOMO
Ma mi stupisco che Vossignoria, che ha
una ricca residenza, abbia così di buon’ora
rinunciato al dorato sonno ed al riposo.
È molto strano
che la natura si pieghi alla fatica
quando non vi è costretta.
CERIMONE
Da sempre io ritengo
che la virtù e la conoscenza siano doti più grandi
che nobiltà e ricchezza. Sventati eredi
possono oscurare e sciupare queste ultime due,
ma l’immortalità spetta alle prime
e rende l’uomo un dio. È risaputo che io ho sempre
studiato la medicina, e con la sua segreta arte,
consultando i testi e praticando esperimenti,
ho reso familiari a me e al mio aiutante
i benedetti infusi che vivono nei vegetali,
nei metalli, nelle pietre; e so parlare dei disturbi
che la natura crea come delle sue cure; e questo mi dà
più contentezza e ben più vero diletto
che non correre assetato dietro ad incerti onori
o stringere il mio piacere dentro borse di seta,
per far contenti il buffone e la morte.
SECONDO GENTILUOMO
Vostro Onore
per tutta Efeso ha versato la sua misericordia,
e a centinaia si dicono vostre creature,
quelli che da voi sono stati risanati. E non solo
la vostra sapienza, la vostra personale fatica,
ma anche la vostra borsa, sempre aperta, han dato
al nobile Cerimone una così grande fama
che il tempo non potrà mai…
Entrano due o tre servitori con una cassa.
PRIMO SERVITORE
Così, tira su!
CERIMONE
Cos’è questo?
PRIMO SERVITORE
Proprio ora, signore,
il mare ha gettato a riva questa cassa.
È di qualche naufragio.
CERIMONE
Mettete giù, vediamo cosa c’è dentro.
SECONDO GENTILUOMO
Rassomiglia a una bara, signore.
CERIMONE
Qualsiasi cosa sia,
è terribilmente pesante. Forzatela, presto.
Se lo stomaco del mare si è ingozzato d’oro,
è una fortuna che venga a rigettarlo qui da noi.
SECONDO GENTILUOMO
Proprio vero, mio signore.
CERIMONE
Com’è ben calafatata e bitumata!
È stato proprio il mare a gettarla qui?
PRIMO SERVITORE
Non ho mai visto un’onda così alta, signore,
come quella che l’ha scagliata sulla riva.
CERIMONE
Forzatela. Piano!
Fa un profumo assai dolce al mio odorato.
SECONDO GENTILUOMO
Un odore delicato.
CERIMONE
Quale mai colpì le mie narici. Allora, su il coperchio!
Oh potentissimi dèi, che c’è qui, un cadavere?
SECONDO GENTILUOMO
Strano davvero!
CERIMONE
Avvolto in stoffa regale, unto e impreziosito
di sacchetti pieni di spezie! Una pergamena, anche!
Apollo, aiutami a decifrarne i caratteri!
Legge il rotolo di pergamena.
Con questo intendo informare,
se mai questa bara giungerà a terra,
che io Re Pericle, ho perduto
questa regina, più preziosa di ogni ricchezza.
Chi la trovi, le dia sepoltura:
era la figlia di un re.
Oltre questo tesoro per compenso,
ripaghino gli dèi la sua pietà.
Se tu vivi, Pericle, il tuo cuore
si spacca dal dolore. Questo è avvenuto stanotte.
SECONDO GENTILUOMO
Molto probabilmente, signore.
CERIMONE
No, stanotte certamente.
Guardate infatti com’è fresco il suo aspetto. Furono
precipitosi a gettarla in mare. Fate un fuoco al coperto.
Portatemi tutti i vasetti del mio armadietto.
Esce un servitore.
La morte può usurpare molte ore alla natura,
ma poi il fuoco della vita può riaccendere
gli spiriti tramortiti. Ho saputo di un egiziano
giaciuto morto per nove ore
che con buone cure fu riportato in vita.
Entra un servitore con panni e fuoco.
Ben fatto, ben fatto, fuoco e panni.
Fate suonare, vi prego, la musica
rozza e lamentosa che qui possiamo fare.
Musica.
La viola, ancora una volta! Dormi, testa di legno?
Musica, avanti!
Musica di nuovo.
Vi prego, lasciatele aria.
Signori, questa regina vivrà!
La natura le risveglia dentro un caldo respiro.
Non più di cinque ore è ritnasta senza sensi.
Vedete come comincia a schiudersi di nuovo
nel fiore della vita?
PRIMO GENTILUOMO
I cieli, per il tramite vostro, accrescono la nostra
meraviglia e stabiliscono la vostra fama per sempre.
CERIMONE
Ella è viva. Guardate,
le sue palpebre, custodie di quei celesti gioielli
che Pericle ha perduto, cominciano a separare
le loro frange di lucente oro. Diamanti
della più pregiata acqua appaiono
a fare ricco il mondo della loro doppia luce.
Vivi, e facci piangere narrando il tuo destino,
bella creatura, rara quale appari essere.
Ella si muove.
TAISA
Oh, cara Diana!
Dove sono? Dov’è il mio signore? Che mondo è questo?
SECONDO GENTILUOMO
Non è strano tutto questo?
PRIMO GENTILUOMO
Assolutamente raro.
CERIMONE
Zitti, miei cari vicini,
datemi una mano. Portatela nella stanza accanto.
Procurate delle lenzuola. Ora bisogna stare attenti,
perché una ricaduta sarebbe mortale. Venite, venite;
ed Esculapio ci guidi.
La trasportano fuori. Escono tutti.
ATTO TERZO – SCENA TERZA
Entra Pericle, a Tarso, con Cleone e Dionisa [e Licorida con Marina in braccio].
PERICLE
Onoratissimo Cleone, è necessario che io parta.
I miei dodici mesi sono scaduti, e Tiro si trova
in una litigiosa pace. Abbiate voi e la vostra signora
tutta la gratitudine del mio cuore. Gli dèi
aggiungano il resto.
CLEONE
Le scosse della vostra fortuna,
se perseguitano voi in maniera mortale, colpiscono
anche noi straordinariamente.
DIONISA
Oh, la vostra dolce regina!
Se al crudele fato fosse piaciuto che la portaste qui
a benedire la mia vista!
PERICLE
Noi non possiamo che obbedire
alle potenze che ci sovrastano. Potessi infuriare
e ruggire come il mare in cui ella giace, il risultato
non cambierebbe. La mia dolce bambina, Marina,
che così ho chiamato perché è nata in mare,
io qui affido alla vostra carità, lasciandola
infante in vostra cura e pregandovi
di allevarla come una principessa, che possa
avere le maniere che le si addicono per nascita.
CLEONE
Non abbiate timore, mio signore, ma sappiate
che la vostra generosità, che nutrì il mio paese
col vostro grano, per la qual cosa ancora il popolo
prega per voi, sarà ricordata e resa
a vostra figlia. Se trascurando questo
io mi rendessi vile, la gente comune
da voi soccorsa mi costringerebbe al mio dovere.
Ma se la mia natura avesse bisogno di uno sprone,
si vendichino gli dèi su me e sui miei,
fino alla fine della mia discendenza.
PERICLE
Vi credo.
Il vostro onore e la vostra bontà me ne convincono,
anche senza il vostro giuramento. Finché non sia sposata,
signora, per la splendente Diana, che tutti onoriamo,
questi miei capelli non conosceranno forbice,
pur se ciò sembri protervia. Così, prendo congedo.
Mia buona signora, fatemi felice allevando
mia figlia con ogni cura.
DIONISA
Ne ho una anch’io,
che ai miei occhi non sarà più cara
della vostra, mio signore.
PERICLE
Grazie, signora, pregherò per voi.
CLEONE
Accompagneremo Vostra Grazia fino alla riva,
e allora vi consegneremo al mascherato Nettuno
e ai più miti venti del cielo.
PERICLE
Accolgo
la vostra offerta. Venite, carissima signora. Oh,
niente lacrime, Licorida, niente lacrime.
Bada alla tua piccola padrona, dalla cui benevolenza
un giorno potrai dipendere. Andiamo, mio signore.
Escono.
ATTO TERZO – SCENA QUARTA
Entrano Cerimone e Taisa,
CERIMONE
Signora, questa lettera e alcuni gioielli
stavano con voi nella cassa, e sono
a vostra disposizione. Conoscete la calligrafia?
TAISA
È del mio signore. Ricordo bene
che m’imbarcai per mare ed ero incinta.
Ma se lì poi partorii, per i sacri dèi,
non so dirlo. Ma poiché il re Pericle,
il mio signore e sposo, non rivedrò mai più,
indosserò l’abito della vestale
e non conoscerò più gioia.
CERIMONE
Signora, se questo è il vostro vero proposito,
il tempio di Diana non è lontano di qui,
e lì potrete dimorare finché non giunga la vostra ora.
Inoltre, se vi fa piacere, una mia nipote
vi farà lì compagnia.
TAISA
In cambio non posso darvi che il mio grazie,
ma se è piccolo il dono, la riconoscenza è grande.
Escono.
Pericle Principe di Tiro
(“Pericles, Prince of Tire” 1607/1608)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V