(“King John” – 1590- 1597)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
ATTO QUARTO – SCENA PRIMA
[Una stanza in un castello. Dei pezzi di carbone bruciano in un bracere.]
Entrano Hubert e i carnefici.
HUBERT
Arroventate per bene questi ferri,
poi nascondetevi dietro i tendaggi:
quando batterò il piede sul cuore della terra,
saltate fuori, e legate ben stretto a una sedia
il ragazzo che troverete con me:
presto, uscite, e state bene attenti.
PRIMO CARNEFICE
Spero che il vostro mandato autorizzi quest’azione.
HUBERT
Scrupoli fuori luogo! nessuna paura; guardate qui.
[I carnefici si nascondono.]
Vieni avanti, ragazzo, devo parlarti.
Entra Arthur.
ARTHUR
Buon giorno, Hubert.
HUBERT
Buon giorno, piccolo principe.
ARTHUR
Un principe che non potrebbe essere più piccolo
se si pensa alla grandezza del titolo che gli toccherebbe.
Sei triste.
HUBERT
In effetti, sono stato più allegro altre volte.
ARTHUR
Dio abbia pietà di me! Credo che nessuno
dovrebbe essere triste all’infuori di me:
pure, ricordo, quand’ero in Francia,
c’erano dei giovani gentiluomini che usavano
aver l’aria triste come la notte, per essere alla moda.
Giuro sul mio battesimo che, fossi fuori di prigione,
anche solo per fare il pastore, sarei allegro
per tutta la giornata quant’è lunga!
e sarei felice anche qui, non avessi paura
che mio zio abbia in serbo per me
progetti ancora peggiori.
Lui ha paura di me ed io di lui;
che colpa ho se sono figlio di Geoffrey?
No, non è certo colpa mia; volesse il cielo
che fossi tuo figlio, Hubert, purché tu mi amassi.
HUBERT [A parte.]
Se gli parlo, con le sue chiacchiere innocenti
desterebbe la mia pietà, che è morta:
devo essere veloce e deciso.
ARTHUR
Ti senti male, Hubert? sei così pallido, oggi.
A dirti la verità, mi piacerebbe vederti un poco malato,
potrei passare la notte a vegliare su di te:
dichiaro di volerti più bene di quanto tu me ne vuoi.
HUBERT [A parte.]
Le sue parole s’impadroniscono del mio cuore.
Leggi qui, giovane Arthur. [Mostra una carta.]
[A parte.] “E adesso, stupide lacrime!
vorreste scacciare questa spietata tortura!
Devo essere veloce, prima che la risolutezza
non se ne esca dai miei occhi in dolci lacrime femminili.
Non riesci a leggerla? Non è scritta in modo chiaro?
ARTHUR
In modo troppo chiaro per uno scopo così nero:
devi proprio bruciarmi gli occhi con ferri arroventati?
HUBERT
Sì, ragazzo, devo.
ARTHUR
E lo farai?
HUBERT
Lo farò.
ARTHUR
E ne avrai il cuore? Quando avevi mal di testa
ho messo il mio fazzoletto sulla tua fronte,
il più bello che avevo, una principessa l’aveva ricamato per me,
e non te l’ho mai richiesto indietro;
con la mia mano ti ho tenuto il capo, a mezzanotte,
e come i minuti vigilano l’ora che passa
io di continuo ti ho reso lieve lo scorrere pesante del tempo
con dei “Hai bisogno di qualcosa?”,”Dove ti fa male?”,
o “Cosa posso fare per farti piacere?”.
Molti poveracci se ne sarebbero stati zitti a dormire,
senza dirti una parola affettuosa; ma tu hai avuto
un principe al tuo capezzale. Certo, puoi credere
che il mio amore fosse un amore interessato
e chiamarlo furbizia: credilo pure, se vuoi.
Se il cielo vuole che tu mi faccia del male,
sei certo costretto a farmelo. Spegnerai i miei occhi?
Sono occhi che non ti hanno mai neppure guardato male,
e mai più lo faranno.
HUBERT
Ho giurato di farlo;
con questi ferri arroventati devo bruciarli.
ARTHUR
Ah, non lo farebbe nessuno,
se non in questi anni di ferro!
Il ferro stesso, anche se arroventato,
avvicinandosi a questi occhi berrebbe le mie lacrime
spegnendo così la sua rabbia ardente
nella materia stessa di cui è fatta la mia innocenza.
E anzi, dopo, si consumerebbe di ruggine
solo per aver portato dentro di sé il fuoco
che avrebbe potuto far del male ai miei occhi.
E saresti tu più inflessibile, più duro del ferro battuto?
Fosse pur venuto da me un angelo a dirmi
che Hubert avrebbe spento i miei occhi,
io non gli avrei creduto, – non avrei creduto
alle parole di nessuno, se non a quelle di Hubert stesso.
HUBERT
Venite! [Batte un piede.]
I carnefici vengono avanti con una corda, i ferri ecc.
Fate come vi ho ordinato di fare.
ARTHUR
Oh salvami Hubert, salvami! I miei occhi si spengono
solo a vedere i volti feroci di questi uomini sanguinari.
HUBERT
Datemi i ferri, vi dico, e legatelo qui.
ARTHUR
Ahimè! che bisogno c’è d’essere così rozzi e sgarbati?
Non farò resistenza, sarò immobile come una pietra.
Per amor del cielo, Hubert, non farmi legare!
Ascoltami, Hubert, manda via questi uomini
e io me ne starò seduto quieto quieto, come un agnello,
non mi muoverò, non tremerò neanche, non dirò parola,
né guarderò i ferri con furia; manda via questi uomini
e io ti perdonerò qualsiasi tortura tu mi vorrai fare.
HUBERT
Via, rientrate; lasciatemi solo con lui.
PRIMO CARNEFICE
Sono ben contento di star lontano da una simile azione.
[Escono i carnefici.]
ARTHUR
Ahimè, allora ho mandato via un amico!
Aveva un aspetto feroce ma un cuore gentile:
fallo tornare, così che la sua pietà possa
riportare in vita la tua.
HUBERT
Su, ragazzo, preparati.
ARTHUR
Non c’è nulla da fare?
HUBERT
Nulla, se non perdere gli occhi.
ARTHUR
Oh cielo, se avessi nei tuoi occhi anche solo un bruscolo,
un granellino, della polvere, un moschino, un capello,
qualsiasi cosa potesse dar fastidio a quello che è il più prezioso
dei sensi, allora, sentendo come anche una cosa minuscola
possa essere lì fastidiosa, t’accorgeresti di come è orribile
il tuo vile intento.
HUBERT
È questa la tua promessa? Su, frena la lingua.
ARTHUR
Hubert, non basterebbero le parole di due lingue
a intercedere per la salvezza di due occhi:
lasciami parlare, Hubert, lasciami parlare!
O, se vuoi, tagliami la lingua e lasciami gli occhi.
Ah, risparmia i miei occhi, anche se non dovranno
vedere altro che te! Guarda, per Dio, anche il ferro
s’è raffreddato e non vorrebbe farmi del male.
HUBERT
Posso arroventarlo di nuovo, ragazzo.
ARTHUR
No, davvero; il fuoco, creato per dar conforto,
usato per atti di crudeltà immeritati
è morto dal dolore. Guarda tu stesso:
non c’è potenza di male in questo carbone ardente,
il fiato celeste ne ha soffiato via la rabbia
cospargendone il capo con le ceneri della penitenza.
HUBERT
Ma con il mio fiato posso farlo rivivere, ragazzo.
ARTHUR
E se lo farai, lo farai solo arrossire
e risplendere di vergogna per le tue azioni, Hubert:
anzi, forse ti manderà qualche scintilla negli occhi,
così come un cane che costretto a lottare
si rivolta contro il padrone che l’aizza.
Tutto ciò che vorresti impiegare per farmi del male
si nega all’uso: tu soltanto manchi di quella pietà
che il ferro e il fuoco crudele sanno esibire,
creature pietose quando non sono usate al male!
HUBERT
Va bene, vedi, vivi… non toccherò i tuoi occhi
per tutti i tesori posseduti da tuo zio:
purtuttavia ho fatto un giuramento, ragazzo,
e avevo tutte le intenzioni di bruciarteli
con questi stessi ferri.
ARTHUR
Oh, adesso torni a rassomigliare a Hubert,
finora facevi la parte d’un altro.
HUBERT
Calma, non parliamone più. Addio.
Tuo zio deve sapere solo che sei morto.
Darò a queste spie crudeli dei rapporti falsi.
Tu, gentile ragazzo, dormi sicuro e non aver paura:
Hubert, per tutte le ricchezze del mondo,
non ti farà mai del male.
ARTHUR
Oh cielo, ti ringrazio, Hubert.
HUBERT
Silenzio, non parliamone più. Rientriamo
senza farci vedere. Corro un gran pericolo per te. [Escono.]
ATTO QUARTO – SCENA SECONDA
[La Corte d’Inghilterra.]
Entrano Re Giovanni, Pembroke, Salisbury e altri nobili.
RE GIOVANNI
Eccoci qui seduti ancora una volta, ancora una volta incoronati,
guardati, speriamo, da occhi festanti.
PEMBROKE
Questo “ancora una volta”,
non fosse per compiacere vostra altezza,
è stato una volta di troppo: eravate già stato incoronato,
e quell’alto titolo non vi era mai stato strappato,
la fedeltà dei vostri uomini
non era mai stata macchiata dalla rivolta,
né fresche speranze di mutamenti sospirati
o di migliori condizioni turbavano la terra.
SALISBURY
Propio per questo,
farsi possedere da una duplice cerimonia,
coprire d’ornamenti un titolo già ricco,
dorare l’oro, dipingere il giglio, profumare la viola,
levigare il ghiaccio, aggiungere tinte all’arcobaleno
o con il lume d’una candela cercar d’abbellire
lo splendente occhio del cielo,
sono vani e ridicoli eccessi.
PEMBROKE
Se non fosse per compiacere i vostri reali desideri,
quest’atto sarebbe come una vecchia storia,
raccontata di nuovo e noiosa, quanto più ripetuta,
specie se imposta in un momento sbagliato.
SALISBURY
Così facendo il volto antico e ben noto
del sano vecchio ordine è sfigurato,
e, come il mutare del vento su una vela,
fa cambiare rotta al corso dei pensieri,
fa trasalire e spaventare chi riflette,
corrompe il buon giudizio e rende sospetta la verità
ricoprendoli di vesti sfarzose appena fatte.
PEMBROKE
Quando i lavoratori si sforzano di far meglio
invece che bene, sconvolgono la loro abilità con l’ambizione.
Spesso, chi si scusa d’una colpa,
la rende più grave con le sue scuse,
così come una pezza su un piccolo strappo
discredita, per la sua volontà di nasconderlo,
più dello stesso strappo non rammendato.
SALISBURY
In questo senso, prima che foste nuovamente incoronato,
vi abbiamo suggerito il nostro consiglio:
ma è piaciuto a vostra altezza non ascoltarlo,
e noi siamo tutti ben contenti,
dato che tutto e ogni parte di quello che desideriamo
non si spingono oltre i desideri di vostra altezza.
RE GIOVANNI
Possedete già alcune delle ragioni
di questa incoronazione ripetuta;
le ritengo importanti; vi rifornirò di altre, ancora più forti,
forti quanto sono deboli le mie paure.
Nel frattempo chiedete pure che venga riformato
ciò che ritenete non vada bene, e ben vi accorgerete
di come volentieri ascolterò e darò soddisfazione
alle vostre richieste.
PEMBROKE
E allora io, che sono un po’ come la lingua di costoro,
per esprimere le aspirazioni di tutti i loro cuori,
sia per me che per loro, ma, soprattutto per voi,
per la vostra sicurezza, alla quale sia io che loro
riserviamo tutta la nostra solerzia, dal profondo del cuore
vi chiedo la liberazione di Arthur, la cui detenzione
spinge le labbra mormoratrici dello scontento
a formulare questa pericolosa argomentazione:
se ciò che detenete lo detenete a diritto,
perché allora la paura, che, come si dice,
segue sempre le orme del torto, dovrebbe spingervi
a tenere in detenzione il vostro giovane parente,
a soffocare i suoi giorni in una barbara ignoranza
e a negare alla sua giovinezza i ricchi vantaggi
d’una buona educazione? Ora, perché i nemici del momento
non prendano questa come una buona occasione,
la nostra richiesta sia che voi ci ordiniate
di chiedervi la sua liberazione: la sua libertà
non la chiediamo per nostro interesse, ma per il vostro,
non avendo noi altro desiderio
che la soddisfazione dei vostri desideri.
Entra Hubert.
RE GIOVANNI
E così sia: affido la sua giovinezza alla vostra cura.
Hubert, che notizie porti con te? [Lo prende in disparte.]
PEMBROKE
Questo è l’uomo che avrebbe dovuto compiere l’azione sanguinosa:
ha fatto vedere il suo mandato a un mio amico.
L’immagine d’una colpa abbietta e mostruosa
è ancora viva nei suoi occhi, e il suo aspetto riservato
rivela lo stato d’animo d’un cuore profondamente turbato.
Temo molto abbia già portato a termine quell’incarico
che temevamo gli fosse stato affidato.
SALISBURY
Il colorito del re va a viene
tra le sue azioni e la sua coscienza
come un messaggero tra due terribili eserciti schierati:
le sue emozioni sono al culmine, dovranno erompere.
PEMBROKE
E quando eromperanno temo ne salterà fuori
l’immonda putredine della morte d’un dolce ragazzo.
RE GIOVANNI
Non possiamo fermare la forte mano della morte:
buoni signori, anche se è vivo il mio desiderio di compiacervi,
ciò che mi chiedete è morto e sepolto.
Costui ci dice che Arthur è morto stanotte.
SALISBURY
Avevamo ragione a temere che la sua malattia fosse incurabile.
PEMBROKE
Avevamo sentito che era vicino alla morte
prima ancora che il ragazzo s’accorgesse d’essere malato.
Qualcuno ne dovrà rispondere, in terra o in cielo.
RE GIOVANNI
Perché mi guardate con occhi così seri?
Credete forse che sia io a reggere le forbici del destino?
O che abbia poteri sul battito della vita?
SALISBURY
È ovvio che ci prende in giro in modo scellerato,
ed è una vergogna che la grandezza ricorra a scuse
così grossolane: prosperate pure
nei vostri inganni! addio.
PEMBROKE
Aspetta, Lord Salisbury; voglio venire con te
a cercare l’eredità di questo povero ragazzo,
il piccolo regno d’una tomba impostagli con la violenza.
Quel sangue che aveva diritto alla vastità
di tutta quest’isola, ora ne occupa soltanto un metro;
che brutto mondo quello che tollera queste cose!
Ma questa non dev’essere tollerata: questa son sicuro
che presto esploderà, e saran dolori per tutti noi.
[Escono i nobili.]
RE GIOVANNI
Bruciano d’indignazione. [Entra un messaggero.]
Io sono pentito: fondamenta solide
non poggiano sul sangue, non si costruisce una vita
sicura sulla morte altrui.
[Al messaggero.] Hai l’occhio pieno di paura, dov’è il sangue
ch’era solito abitare le tue guance?
Un cielo così scuro non si rasserena senza una tempesta:
rovescia pure il tuo maltempo: come vanno le cose in Francia?
MESSAGGERO
Vanno dalla Francia all’Inghilterra.
Mai un esercito così forte è stato raccolto
dal corpo d’un’unica terra
per una spedizione all’estero.
L’esempio della vostra velocità li ha istruiti:
nel momento in cui vi si dovrebbe dire che si stanno preparando,
giunge la notizia che sono già tutti arrivati.
RE GIOVANNI
Oh, dove sono andate a ubriacarsi le nostre spie?
Dove sono andate a dormire?
Dov’è andata a finire l’attenzione di mia madre
se s’è potuto formare un simile esercito in Francia
e lei non ne ha neanche udito parlare?
MESSAGGERO
Mio sovrano, il suo orecchio è chiuso dalla polvere;
il primo d’Aprile la vostra nobile madre è morta:
e, da quanto ho saputo, mio signore, Lady Constance
era morta, folle, tre giorni prima. Ma questa è soltanto una voce
che ho sentito in giro per caso, non so se sia vera o falsa.
RE GIOVANNI
Trattieni la tua fretta, terribile sorte!
Oppure alleati con me, finché avrò placato
i miei nobili scontenti! E che! mia madre morta!
È un caos per i miei possedimenti in Francia!
Chi guida quegli eserciti francesi
che tu mi dici son già sbarcati in Inghilterra?
MESSAGGERO
Il Delfino.
Entrano il Bastardo e Peter di Pomfret.
RE GIOVANNI
Mi fai girar la testa con queste cattive notizie.
Ora, cosa dice la gente delle tue operazioni?
E non tentare di riempirmi la testa
con altre cattive notizie, è già piena.
BASTARDO
Se avete paura d’ascoltare il peggio,
lasciate pure che vi cada in testa, inascoltato.
RE GIOVANNI
Abbiate pazienza con me, cugino; ero senza fiato
sotto questa marea: ma ora respiro di nuovo
sopra le onde, e posso ascoltare qualsiasi lingua:
dica pure quello che vuole.
BASTARDO
Del mio successo tra il clero
testimonieranno le somme che ho raccolto.
Ma mentre attraversavo il paese sin qui,
ho trovato la gente in preda a strane fantasie,
posseduta da voci, piena di sogni vani,
ignara di ciò che la terrorizza ma piena di paura.
Questo è un profeta che ho portato con me
dalle strade di Pomfret, dove l’ho trovato
con centinaia di persone che lo tallonavano da presso,
e lui cantava loro, in versi aspri e rozzi,
che prima del mezzodì dell’Ascensione
vostra altezza rinuncerà alla corona.
RE GIOVANNI
Tu, inutile sognatore, perché hai fatto questo?
PETER
Prevedendo che la verità così si compia.
RE GIOVANNI
Hubert, portalo via; mettilo in prigione:
e a mezzodì di quel giorno in cui dice
io renderò la mia corona, impiccalo.
Affidalo a mani sicure e poi torna qui,
ho bisogno di te. [Esce Hubert con Peter.]
Oh mio gentile cugino,
hai sentito le novità, sai chi è arrivato?
BASTARDO
I Francesi, mio signore; le bocche della gente
se ne riempiono. E poi ho incontrato Lord Bigot
e Lord Salisbury, i cui occhi erano rossi
come il fuoco appena attizzato, ed altri ancora,
che andavano in cerca della tomba d’Arthur:
dicevano che è stato ucciso stanotte per ordine vostro.
RE GIOVANNI
Mio buon cugino, va’, mescolati con loro.
So come riconquistarmi il loro amore;
portali qui, davanti a me.
BASTARDO
Li troverò.
RE GIOVANNI
Sì, ma in fretta: corri.
Ah, non posso avere i miei sudditi contro
quando le truppe del nemico straniero
terrorizzano le mie città con l’ostentata intimidazione
d’un’invasione crudele. Fatti Mercurio,
metti ali ai piedi, e vola come il pensiero da loro a me.
BASTARDO
Lo spirito dell’ora m’insegnerà a esser veloce. [Esce.]
RE GIOVANNI
Così parla un nobile gentiluomo pieno di spirito.
Tu seguilo; può avere bisogno d’un messaggero
tra me e i nobili. Sii tu quello.
MESSAGGERO
Con tutto il mio cuore, mio signore. [Esce.]
RE GIOVANNI
Mia madre morta!
Rientra Hubert.
HUBERT
Mio signore, dicono si sian viste cinque lune, stanotte:
quattro fisse, e la quinta che girava attorno
alle altre quattro con un moto prodigioso.
RE GIOVANNI
Cinque lune?
HUBERT
I vecchi e le nonnette per le strade
vi leggono pericolose profezie:
tutti han sulla bocca la morte del giovane Arthur,
e quando ne parlano scuotono la testa,
si sussurrano l’un l’altro nelle orecchie
e chi parla stringe il polso di chi l’ascolta,
mentre chi ascolta fa gesti di paura,
aggrotta le ciglia, scuote il capo, rovescia gli occhi.
Ho visto io stesso un fabbro, fermo, così, col suo martello,
mentre il ferro gli si raffreddava sull’incudine,
bersi con la bocca aperta le notizie che gli dava un sarto,
e questi, che teneva ancora in mano forbici e metro,
era lì, con le ciabatte messe all’incontrario per la gran fretta,
a raccontare come migliaia di Francesi, in assetto da guerra,
si schieravano in ordine di battaglia nel Kent:
ed ecco un altro artigiano, allampanato e sporco,
che interrompe il racconto
e si mette a parlare della morte d’Arthur.
RE GIOVANNI
Perché cerchi di rendermi schiavo di queste paure?
Perché continui a gettarmi davanti la morte del giovane Arthur?
La tua mano l’ha ucciso: io avevo forti motivi
per desiderarlo morto, ma tu non ne avevi nessuno per ucciderlo.
HUBERT
Non ne avevo? mio signore! come, non siete stato voi a incitarmi?
RE GIOVANNI
I re sono condannati a essere serviti da schiavi
che prendono i loro umori per autorizzazioni
a saccheggiare la casa sanguinosa della vita;
che scambiano una strizzata d’occhi del padrone
per un mandato vincolante, che credono di comprendere
la collera di un re, quando costui aggrotta le ciglia
per un capriccio momentaneo e non per una ponderata decisione.
HUBERT
Ecco, questa è la vostra firma, il sigillo per ciò che ho fatto.
RE GIOVANNI
Ah, quando l’ultimo rendiconto tra il cielo e la terra
verrà chiuso, allora questa firma e questo sigillo
testimonieranno contro di noi, per la dannazione!
Quanto spesso la vista dei mezzi per compiere il male
basta a farci agire male! Non ci fossi stato tu, qua vicino,
uno segnato dalla mano stessa della natura,
prescelto ed eletto a compiere azioni vergognose,
questo assassinio non mi sarebbe neanche venuto in mente;
ma come notai il tuo abominevole aspetto,
avendoti trovato adatto a un misfatto sanguinoso,
pronto e disponibile a essere usato in un’azione pericolosa,
ti ho accennato vagamente della morte d’Arthur;
e tu, per ingraziarti un re, non hai avuto scrupoli
a distruggere un principe.
HUBERT
Mio signore…
RE GIOVANNI
Se solo avessi scosso il capo, m’avessi interrotto un istante,
mentre io t’esponevo oscuramente ciò che intendevo fare,
se avessi rivolto al mio viso un’occhiata di dubbio,
quasi a impormi di chiamare con il suo vero nome
ciò che chiedevo, la profonda vergogna m’avrebbe reso muto,
m’avrebbe fatto desistere, e le tue paure
avrebbero fatto nascere le mie. Ma a te, per comprendermi,
son bastati dei segni, e a segni, di nuovo, sei entrato
in comunicazione col peccato. Sì, senza un’esitazione
hai lasciato che il tuo cuore,
e di conseguenza la tua rozza mano,
si persuadessero a compiere quell’atto
che entrambe le nostre lingue si vergognano di nominare.
Via, via dai miei occhi, non ti voglio più vedere!
I miei nobili mi abbandonano, la mia maestà è sfidata,
davanti alle mie stesse porte, da potenze straniere:
sì, nel corpo stesso di questa terra di carne,
in questo regno, in questi confini di fiato e di sangue,
regnano l’ostilità e la guerra civile
tra la mia coscienza e la morte di mio nipote.
HUBERT
Prendete le armi contro gli altri nemici,
che io metterò pace tra voi e la vostra anima.
Il giovane Arthur è vivo: questa mia mano
è una mano ancora vergine e innocente,
non tinta dalle rosse macchie del sangue.
Entro questo petto non è ancora penetrato
il terribile impulso del pensiero delittuoso.
Voi avete calunniato la natura nella mia persona
che, se esteriormente può apparir rude,
copre di fatto un animo troppo sensibile
per farsi macellaio d’un fanciullo innocente.
RE GIOVANNI
Arthur vive? Ah, corri dai nobili,
getta questa notizia sulla loro rabbia furiosa,
e domali di nuovo all’obbedienza!
Perdona ciò che la mia passione mi ha spinto a dire
sulle tue fattezze; la mia rabbia era cieca,
e gli occhi dell’immaginazione, sporchi di sangue,
ti presentavano più odioso di come sei.
No, non rispondermi, ma conduci alla mia stanza
i nobili infuriati con tutta la velocità di cui sei capace.
Ma io sono troppo lento a pregarti:
sii più rapido tu, a correre! [Escono.]
ATTO QUARTO – SCENA TERZA
[Davanti al Castello.]
Entra Arthur, sulle mura.
ARTHUR
Le mura sono alte, pure voglio saltar giù:
buon terreno, abbi pietà e non farmi male!
Non mi conosce quasi nessuno; e se anche mi conoscessero,
questi abiti da mozzo non mi farebbero riconoscere.
Ho paura, ma comunque ci proverò.
Se riesco ad arrivar giù senza rompermi le ossa
troverò mille modi per fuggire di qui:
è meglio morire cercando d’andarsene
che morire restando qui.
[Salta e rimane a terra per un momento come in trance.]
Oh, povero me! queste pietre hanno lo spirito di mio zio:
cielo, prendi la mia anima,
e tu, Inghilterra, conserva le mie ossa!
[Muore.]
Entrano Pembroke, Salisbury e Bigot.
SALISBURY
Signori, lo incontrerò a Saint Edmundsbury:
è la nostra salvezza, e dobbiamo accogliere
questa offerta gentile d’un tempo pericoloso.
PEMBROKE
Chi ha portato quella lettera del cardinale?
SALISBURY
Il conte Melun, un nobile francese,
che in una conversazione privata con me,
sul favore del Delfino, mi ha detto molto più
di quanto non sia scritto in queste righe.
BIGOT
Incontriamoci con lui domattina, allora.
SALISBURY
Vuoi dire che partiremo domattina, perché, signori,
ci vorranno due lunghe giornate di viaggio
prima d’incontrarci con lui.
Entra il Bastardo.
BASTARDO
Per la seconda volta, oggi,
mi fa piacere incontrarvi, adirati signori!
Il re, per bocca mia, richiede subito la vostra presenza.
SALISBURY
Il re s’è spogliato del nostro possesso:
non siamo disposti a foderare col nostro onore immacolato
il suo lurido mantello, o a seguire il piede
di chi lascia impronte di sangue dove passa.
Tornate da lui e riferitegli questo: conosciamo il peggio.
BASTARDO
Ma non il meglio, io credo,
e cioè, qualsiasi cosa pensiate, le buone maniere.
SALISBURY
È il nostro dolore, non le nostre maniere, a parlare.
BASTARDO
Ma non c’è ragione alcuna al vostro dolore,
e quindi sarebbero ragionevoli le buone maniere.
PEMBROKE
Signore, signore, anche lo sdegno ha i suoi diritti.
BASTARDO
Davvero, per fare del male a chi lo nutre, oltre che alle buone maniere.
SALISBURY
Questa è la prigione. [Vedendo Arthur.] Chi è li per terra?
PEMBROKE
Oh morte, come sei resa superba da questa pura e regale bellezza!
Non c’è buca nella terra che possa nascondere quest’azione.
SALISBURY
Il delitto, quasi odiando ciò che lui stesso ha compiuto,
non l’ha nascosta, così da spingere alla vendetta.
BIGOT
O quando ha condannato questo splendore a una tomba
l’ha trovato troppo regalmente prezioso per una fossa.
SALISBURY
Sir Richard, cosa ne pensate? Avete ben visto.
Avete mai letto o udito una cosa simile a quella
che avete visto? E sareste mai riuscito a pensarla,
o, anche dopo averla vista, avreste mai pensato possibile
ciò che avete visto? Potrebbe il pensiero,
senza questo oggetto davanti, immaginarne uno simile?
Questo è il culmine vero e proprio, la sommità,
il cimiero, il cimiero dell’armatura del delitto:
questa è l’infamia più sanguinosa, la più selvaggia barbarie,
l’assassinio più vile che mai la collera dagli occhi biechi
o la rabbia dallo sguardo impietrito abbiano presentato
alle lacrime del tenero rimorso.
PEMBROKE
Tutti i delitti del passato sono scusabili paragonati a questo:
e questo, così unico e senza paragone,
conferirà una sacra purezza ai peccati
non ancora concepiti del tempo a venire,
dando l’impressione che ogni spargimento di sangue
sarà solo uno scherzo paragonato a questo spettacolo odioso.
BASTARDO
È un’azione maledetta e sanguinosa,
l’opera sgraziata d’una mano malvagia,
sempre che sia opera d’una qualche mano.
SALISBURY
Sempre che sia opera d’una qualche mano!
Avevamo già dei sospetti su ciò che sarebbe accaduto:
questa è l’opera infame della mano di Hubert,
secondo i piani e le intenzioni di un re ai cui comandi
ordino all’anima mia di non prestare più obbedienza.
Ecco, inginocchiato davanti alle rovine di questa dolce vita,
alito, su questa perfezione senza più respiro,
l’incenso d’un voto, d’un voto sacro:
non assaggerò mai più i piaceri del mondo,
non mi farò mai più contagiare dalla gioia
o m’abbandonerò alla quiete e all’ozio
sin che non avrò reso gloria a questa mano
concedendole il sacro servizio della vendetta.
PEMBROKE, BIGOT
Gli animi nostri fan proprie le tue parole.
Entra Hubert.
HUBERT
Signori, sono accaldato per la corsa che ho fatto cercandovi:
Arthur è vivo; il re vi manda a cercare.
SALISBURY
Ah, è uno sfrontato,
non arrossisce neppure davanti alla morte.
Vattene, odioso assassino, via di qui!
HUBERT
Non sono un assassino.
SALISBURY
Devo portar via il lavoro alla giustizia?
[Sguaina la spada.]
BASTARDO
La vostra spada è lucente, signore, rinfoderatela.
SALISBURY
L’inguainerò solo nella pelle d’un assassino.
HUBERT
Indietro, Lord Salisbury, state indietro, vi dico;
perdio, la mia spada è affilata come la vostra.
Non vorrei che voi, signore, dimentico di voi stesso,
correste il pericolo della mia legittima difesa,
o che io, concentrandomi sulla vostra rabbia,
dimenticassi il valore, la grandezza e la nobiltà vostri.
BIGOT
Via di qui, letamaio! osi sfidare un nobile?
HUBERT
No, sulla mia vita; ma oserei difendere
la mia vita innocente anche contro un imperatore.
SALISBURY
Tu sei un assassino.
HUBERT
Non spingetemi a diventarlo; per ora
non lo sono. La lingua di chi dice un simile falso
non dice la verità, e chi non dice la verità, mente.
PEMBROKE
Fatelo a pezzi.
BASTARDO
Mantenete la calma, vi ripeto.
SALISBURY
Fatti da parte, o colpirò anche te, Faulconbridge.
BASTARDO
Faresti meglio a colpire il diavolo, Salisbury;
se solo mi guardi storto, muovi un piede,
o insegni alla tua ira frettolosa a trattarmi vergognosamente,
ti colpirò a morte. Metti via la spada per tempo,
o ridurrò te e il tuo spiedo in modo tale
da farti pensare che è arrivato il diavolo dall’inferno.
BIGOT
Cosa vorresti fare, illustre Faulconbridge,
aiutare un furfante e un assassino?
HUBERT
Lord Bigot, non sono né l’uno né l’altro.
BIGOT
Chi ha ucciso il principe?
HUBERT
L’ho lasciato un’ora fa, e stava bene:
lo rispettavo, l’amavo e piangerò per tutta la vita
la perdita della sua tenera vita.
SALISBURY
Non credete all’acqua astuta dei suoi occhi,
la furfanteria abbonda di simili umori, e lui,
che da tempo ci commercia, li fa sembrare
quasi i fiumi del rimorso e dell’innocenza.
Via, venite via con me, tutti voi le cui anime detestano
i sozzi fetori di un mattatoio:
son soffocato da questo puzzo di peccato.
BIGOT
Via, verso Bury, andiamo lì dal Delfino!
PEMBROKE
Dirai al re che ci potrà trovare lì. [Escono i nobili.]
BASTARDO
Ah, che mondo! Ne sapevi niente, tu, di questo bel lavoro?
Hubert, se sei responsabile di quest’opera di morte,
sarai dannato oltre i confini infiniti
e sconfinati della misericordia.
HUBERT
Se soltanto mi ascoltasse, signore.
BASTARDO
Ti dirò io, invece, una cosa:
avrai un’anima nera come… no, non c’è niente di così nero;
sarai dannato e sprofonderai oltre lo stesso Principe Lucifero:
non ci sarà all’inferno diavolo più orrendo di te,
se hai ucciso questo ragazzo.
HUBERT
Sulla mia anima…
BASTARDO
Anche se hai soltanto dato il consenso
a quest’atto crudelissimo, non ti resta che la disperazione;
e se hai bisogno d’una corda, il più piccolo filo
che mai ragno abbia intessuto fuor del suo ventre
basterà a strangolarti; un giunco sarà una trave
sufficiente ad impiccarti; e se invece ti volessi annegare
versa un po’ d’acqua in un cucchiaio,
e sarà come l’intero oceano,
sufficiente ad affogare un simile furfante.
Ho gravi sospetti su di te.
HUBERT
Se in atti, consensi, o peccati di puro pensiero
sono colpevole d’aver rubato il dolce alito
confinato in questa splendida argilla,
l’inferno non abbia pene bastanti a torturarmi!
L’ho lasciato che stava bene.
BASTARDO
Va’, portalo con le tue braccia.
Vago come in un sogno, credimi, e son smarrito
tra le spine e i pericoli di questo mondo.
Con che facilità sollevi l’intera Inghilterra
da questo pezzo di morta regalità!
La vita, la giustizia e la verità di questo regno
sono volate al cielo, e all’Inghilterra tocca adesso
dar strattoni, affannarsi, dividersi coi denti
gli interessi non rivendicati d’uno stato che si gonfia d’orgoglio.
Ora, per l’osso spolpato della maestà,
una canea guerresca drizza il suo irato cimiero
abbaiando ai gentili occhi della pace,
ora i nemici dall’esterno e i rivoltosi dall’interno
si congiungono in una sola schiera,
e un’immensa confusione, simile a un corvo
sopra una bestia in fin di vita, stramazzata al suolo,
attende l’imminente rovina d’una regalità usurpata.
Adesso son felici solo quelli che il saio e il cingolo
tengono lontani da questa tempesta. Porta via il ragazzo
e seguimi in tutta fretta: io andrò dal re.
Mille problemi incombono, e il cielo stesso
guarda accigliato la nostra terra. [Escono.]
Re Giovanni
(“King John” – 1590- 1597)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V