(“King John” – 1590- 1597)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
ATTO QUINTO – SCENA PRIMA
[La Corte d’Inghilterra.]
Entrano Re Giovanni, Pandolfo e persone del seguito.
RE GIOVANNI
Così ho ceduto in mano vostra
il cerchio della mia gloria. [Dandogli la corona.]
PANDOLFO
Riprendete dalla mia mano, [Ridandogli la corona.]
come proprietà del papa,
la vostra sovrana grandezza e autorità.
RE GIOVANNI
Ora mantenete la vostra sacra parola:
andate incontro ai Francesi
e usate tutto il potere che viene da Sua Santità
per arrestare la loro avanzata prima che il paese divampi.
Le nostre contee, scontente, si rivoltano,
la nostra gente litiga con l’obbedienza
giurando alleanza e affetto dal profondo del cuore
a sangue estraneo, a una sovranità straniera.
Questa inondazione di sregolato malcontento
tocca solo a voi regolamentarla: non indugiate, quindi,
perché i tempi son così malati
che dev’essere somministrata una medicina tempestiva
o ne seguiranno conseguenze irreparabili.
PANDOLFO
È stato il mio fiato a suscitare questa tempesta
per il vostro comportamento ostinato con il papa;
ma poiché siete ora un mite convertito,
la mia lingua soffierà contro questa tempesta di guerra
e riporterà il bel tempo nel vostro turbolento paese.
Oggi, che è il giorno dell’Ascensione, ricordatevelo bene,
in seguito al vostro giuramento d’obbedienza al papa,
io vado a far deporre le armi ai Francesi. [Esce.]
RE GIOVANNI
È il giorno dell’Ascensione? Non aveva detto il profeta
che prima del mezzogiorno dell’Ascensione
avrei rinunciato alla mia corona? E così ho fatto:
pensavo che vi sarei stato costretto, e invece,
il cielo sia ringraziato, l’ho fatto volontariamente.
Entra il Bastardo.
BASTARDO
Tutto il Kent si è arreso non resiste più nulla,
tranne il castello di Dover. Londra, come un ospite cortese,
ha ricevuto il Delfino e il suo esercito.
I vostri nobili non vi ascolteranno, sono andati
a offrire i loro servizi al nemico.
Uno sgomento selvaggio fa correre avanti e indietro
il piccolo numero dei vostri dubbi amici.
RE GIOVANNI
Non torneranno dunque da me, i miei nobili,
dopo aver sentito che il giovane Arthur è vivo?
BASTARDO
L’hanno trovato morto, gettato in mezzo alla strada,
uno scrigno vuoto cui il gioiello della vita
era stato rubato e portato via da una mano sacrilega.
RE GIOVANNI
Quel furfante di Hubert m’aveva detto ch’era vivo.
BASTARDO
E sull’anima mia, ne era convinto, per quanto ne so.
Ma perché vi accasciate, perché avete quell’aria triste?
Siate grande nell’azione come lo siete stato nei pensieri,
non lasciate che il mondo veda la tristezza sfiduciata
e la paura governare i movimenti d’un occhio regale!
Siate duro come i tempi, siate fuoco col fuoco,
minacciate chi minaccia, e sfidate il volto
del millantato orrore; così anche gli occhi dei subalterni,
che prendono in prestito i comportamenti dai grandi,
si faranno grandi col vostro esempio
indossando lo spirito indomito della risolutezza.
Via, in marcia, e siate splendente come il dio della guerra
quando decide d’onorare un campo di battaglia;
mostrate ardimento e certezza di vittoria!
E che, si farà forse il leone scovare nella sua tana,
e lì impaurire mostrandosi tremante?
Non sia mai detto: siate voi ad andare a caccia,
correte incontro ai guai lontano dalle vostre porte
così da affrontarli prima che s’avvicinino troppo!
RE GIOVANNI
Il legato papale è stato qui da me,
e ho pattuito una pace propizia con lui;
mi ha promesso di far ritirare
le forze guidate dal Delfino.
BASTARDO
Che alleanza ingloriosa!
E dovremo forse noi, sulla nostra terra,
offrire patteggiamenti cavallereschi, compromessi,
tentare d’ingraziarci chi c’invade
e parlamentare con lui, accettare una tregua disonorevole?
Lasceremo che uno sbarbatello, un damerino
tutto rivestito di seta ci sfidi sul campo,
e abbia il suo battesimo di sangue su questa terra guerriera,
mentre i suoi colori irridono l’aria in un’inutile pompa
senza trovare uno che lo fermi?
Mio re, corriamo alle armi! Forse il cardinale
non riuscirà a imporre la vostra pace,
ma se ci riuscisse, si dica almeno che hanno veduto
che avevamo tutte le intenzioni di difenderci.
RE GIOVANNI
È tuo il comando in queste circostanze.
BASTARDO
Andiamo allora, con coraggio! Sono certo, comunque,
che il nostro esercito potrebbe ben scontrarsi
con un nemico ancora più forte. [Escono.]
ATTO QUINTO – SCENA SECONDA
[Il campo del Delfino a Saint Edmundsbury.]
Entrano in armi Luigi, Salisbury, Melun, Pembroke, Bigot e dei soldati.
LUIGI
Monsignor Melun, che si faccia copia di questo,
e lo si custodisca per nostra memoria:
l’originale sia restituito a questi nobili.
Avendo così messo per iscritto le nostre giuste condizioni,
sia noi che loro, dando un’occhiata a queste note,
potremo sempre ricordarci di ciò su cui abbiamo giurato
con ferma e inviolabile fedeltà.
SALISBURY
Per parte nostra l’accordo non sarà mai infranto.
Ma, nobile Delfino, anche se giuriamo
una piena adesione e una fedeltà spontanea
alla vostra impresa, tuttavia, credetemi, principe,
non sono contento che una simile piaga del presente
cerchi la sua fasciatura in una rivolta deplorevole,
e che si tenti di guarire l’ulcera inveterata d’una ferita
infliggendone molte. Ah, mi piange l’anima
a dover sfoderare questo ferro per fabbricar vedove!
E proprio lì, dove una riscossa onorevole e un’onorevole difesa
gridano alto il nome di Salisbury!
Ma è tale la malattia dei tempi
che per la salute e la cura dei nostri diritti
dobbiamo servirci della mano stessa
di una ingiustizia spietata e di un probabile torto.
Non è un peccato, o miei affranti amici,
che noi, figli e discendenza di quest’isola,
si sia nati per vedere un’ora sconsolata come questa,
quando siamo costretti a seguire uno straniero,
a marciare sul seno gentile della nostra terra
per andare a colmare i ranghi dei suoi nemici – ah!,
debbo trarmi in disparte e piangere
sull’onore macchiato di quest’ingiustizia inevitabile! –
e render grazia alla nobiltà d’una terra lontana
seguendo sin qui i colori di bandiere sconosciute?
Proprio sino a qui! Ah, mia terra, potessi allontanarti!
Le braccia di Nettuno, che ti cingono da ogni lato,
ti solleverebbero dalla coscienza di te stessa
sino a ormeggiarti a una qualche spiaggia pagana
dove questi due eserciti cristiani potrebbero
far confluire il sangue del rancore in una vena d’alleanza
invece che spargerlo nell’inimicizia.
LUIGI
In questo tu mostri un animo nobile,
e le grandi passioni che lottano tra loro nel tuo petto
scatenano un terremoto di nobiltà.
Ah, che nobile battaglia hai combattuto
tra la necessità e l’onesto scrupolo!
Lascia che sia io a detergere quest’onorevole rugiada
che traccia un sentiero d’argento sulle tue guance:
il mio cuore si scioglie alle lacrime d’una donna,
che pure sono un’inondazione ordinaria,
ma questa effusione di lacrime così virili,
questo rovescio, riversato da una tempesta dell’anima,
sorprende i miei occhi e mi lascia più stupefatto
che se avessi visto la volta somma del cielo
tutta dipinta da meteore fiammeggianti.
Su, alza la fronte, illustre Salisbury,
e col tuo gran cuore dissipa questa tempesta;
affida queste acque a quegli occhi infantili
che non hanno mai visto l’ira di questo gigante
che è il mondo, né han mai incontrato la fortuna
se non ai banchetti pieni di caldo sangue, risa e chiacchiere.
Su, su, potrai affondare la tua mano nello scrigno
della ricca prosperità come Luigi stesso: e così voi tutti,
nobili, che unite il vostro nerbo alla forza del mio.
Entra Pandolfo.
Ecco, qui, mi pare, un angelo ha parlato:
guardate, ecco il sacro legato che viene avanti
a portarci la legittimazione dalle mani stesse del cielo
e a imporre sulla nostra azione il nome di giustizia
col suo sacro respiro.
PANDOLFO
Salute, nobile principe di Francia!
La novità è questa: Re Giovanni
s’è riconciliato con Roma, il suo spirito,
che tanto s’era levato contro la santa chiesa,
la grande metropoli e sede di Roma, s’è piegato.
Perciò riavvolgi le tue minacciose bandiere
e doma lo spirito selvaggio della guerra violenta
così che, simile a un leone addomesticato,
possa accovacciarsi gentilmente ai piedi della pace
ed essere terribile solo nell’aspetto.
LUIGI
Mi perdoni, vostra grazia, ma io non mi ritiro.
Sono di nascita troppo illustre
per essere proprietà di qualcuno,
per esser secondo nel comando, o l’utile servo
e strumento d’una qualsiasi sovranità al mondo.
Il vostro fiato per primo ha riacceso
le spente braci della guerra
tra questo regno tormentato e il mio,
e ha portato poi la materia con cui alimentare questo fuoco,
che ora è troppo grosso per poter essere spento
da quel medesimo debole vento che l’ha acceso.
Voi mi avete insegnato a riconoscere il volto della ragione,
mi avete fatto consapevole dei miei diritti su questa terra,
sì, m’avete ficcato questa impresa nel cuore,
e venite adesso a dirmi che Giovanni ha fatto pace con Roma?
Che m’importa di questa pace? Io, per diritto di nozze,
come erede d’Arthur, rivendico questa terra come mia,
e ora che l’ho già mezza conquistata dovrei ritirarmi
perché Giovanni ha concluso una sua pace con Roma?
Sono forse io schiavo di Roma? Che soldi ha speso Roma,
che uomini ha mandato, che armi ha provveduto
per sostenere questa impresa? Non sono stato io
ad assumermene tutto il peso? e chi altri se non io,
e tutti quelli che hanno creduto alla mia rivendicazione,
sudano in quest’impresa e mantengono questa guerra?
Non ho forse udito questi isolani gridare alto
“Vive le roi!” mentre mi intascavo le loro città?
Non ho forse qui le carte migliori per vincere
questa facile partita in cui ci si gioca una corona?
E adesso dovrei abbandonare una partita già vinta?
No, no, sull’anima mia, non sarà mai detto.
PANDOLFO
Guardate a quest’impresa in modo superficiale.
LUIGI
Superficiale o no, non mi ritirerò sino a quando
il mio tentativo non sarà coronato da quella gloria
che era stata promessa alle mie grandi speranze,
prima che raccogliessi questa gagliarda armata,
scegliendo dal mondo questi spiriti fieri,
per fissare negli occhi la vittoria e vincere gloria
anche tra le fauci del pericolo e della morte.
[Squilli di tromba.]
Che tromba poderosa è quella che ci chiama così?
Entra il Bastardo, scortato.
BASTARDO
Secondo le consuetudini riconosciute da tutti,
vi chiedo udienza, sono stato mandato a parlarvi.
Mio santo signore di Milano, vengo da parte del re
per sapere cosa avete ottenuto in suo favore:
dalla vostra risposta saprò quale mandato
e ampiezza dare alle mie parole.
PANDOLFO
Il Delfino si oppone testardamente
e non vuole acconsentire alle mie suppliche;
dice semplicemente che non deporrà le armi.
BASTARDO
Per tutto il sangue che mai il furore ha sbruffato,
dice bene il giovane. E adesso ascoltate il nostro re inglese,
perché è la sua maestà che così parla in me:
il re è preparato, ed è logico che lo sia,
e ride a questa avanzata scimmiesca e sgraziata,
a questa mascherata da guerra, a questo sconsiderato festino,
a questa irriverenza infantile, a queste truppe da ragazzini.
È ben preparato a spazzar via dai confini delle sue terre
questa guerra di nani, questo esercito di pigmei.
Quella mano che ebbe la forza, proprio davanti alla vostra porta,
di bastonarvi e di farvi filare via, di farvi calar giù,
come un secchio, per nascondervi dentro a un pozzo,
o di farvi accucciare nel letame delle vostre stalle,
di farvi rinchiudere sottochiave, come un pegno,
in casse e bauli, di farvi abbracciare i porci,
o farvi cercare la dolce salvezza in sotterranei e prigioni,
di farvi tremare e sobbalzare anche al semplice canto
del vostro galletto nazionale, scambiato per la voce
d’un inglese in armi, quella mano vittoriosa
che tanto tormento vi diede in casa vostra,
la potrete mai credere debole qui? No certo;
sappiate che il valoroso monarca è in armi
e come un’aquila s’alza in grandi cerchi nell’aria
per calare poi di colpo su chi infastidisce il suo nido.
E voi, degeneri e ingrati ribelli, voi, Neroni insanguinati,
che squarciate il ventre della vostra cara madre Inghilterra,
arrossite per la vergogna, perché le vostre mogli,
le vostre pallide figlie, simili ad amazzoni,
seguono con passo agile i tamburi
trasformando i ditali in guanti di ferro, gli aghi in lance,
la dolcezza dei loro cuori in feroce sete di sangue.
LUIGI
Poni fine alle tue smargiassate, e porta via la tua faccia in pace;
ammettiamo che tra noi due sai far la voce più grossa;
addio. Stimiamo il nostro tempo troppo prezioso
per sprecarlo con un simile chiacchierone.
PANDOLFO
Consentitemi di parlare.
BASTARDO
No, parlerò io.
LUIGI
Non ascolterò nessuno dei due.
Battete i tamburi e fate che la voce della guerra
proclami il nostro diritto e la nostra presenza.
BASTARDO
In verità i vostri tamburi, battuti, grideranno,
e griderete anche voi, una volta battuto.
Pròvati solo a dar inizio all’eco
col fragore del tuo tamburo e subito un tamburo qui vicino
sarà già ben teso e pronto a rimandarti
un fragore più grande. Battine un altro,
e un altro ancora, più forte, rintronerà l’orecchio del cielo
facendo vergognare il tuono dalla bocca profonda:
non lontano da qui, infatti,
non fidandosi di questo legato banderuola,
usato più per divertimento che per necessità,
sta Giovanni in armi, e sulla sua fronte
siede la morte dalle costole spolpate,
impegnata a banchettare oggi con intere migliaia di Francesi.
LUIGI
Battete i nostri tamburi, andiamo incontro al pericolo.
BASTARDO
Lo incontrerai, Delfino, non dubitarne. [Escono.]
ATTO QUINTO – SCENA TERZA
[Il campo di battaglia.]
Allarmi. Entrano Re Giovanni e Hubert.
RE GIOVANNI
Come va la giornata? Su, dimmelo, Hubert.
HUBERT
Va male, temo. E vostra maestà, come si sente?
RE GIOVANNI
Questa febbre, che mi tormenta da tempo,
me la sento pesante addosso. Oh, il mio cuore è malato!
Entra un messaggero.
MESSAGGERO
Mio signore, il vostro valoroso parente, Faulconbridge,
desidera che vostra maestà lasci il campo
e mio tramite gli faccia sapere dove intende dirigersi.
RE GIOVANNI
Digli che vado a Swinstead, all’abbazia.
MESSAGGERO
State di buon animo: i grandi rinforzi
attesi qui dal Delfino sono naufragati tre notti fa
sulle secche di Goodwin.
E proprio ora Riccardo ha ricevuto questa notizia:
i Francesi combattono stancamente e si ritirano.
RE GIOVANNI
Ahimè! questa febbre tiranna mi devasta
e non mi lascia dare il benvenuto a queste buone notizie.
Su, in marcia verso Swinstead; portatemi in lettiga,
la debolezza mi possiede, sto per svenire. [Escono.]
ATTO QUINTO – SCENA QUARTA
[Un’altra parte del campo.]
Entrano Salisbury, Pembroke e Bigot.
SALISBURY
Non pensavo che il re fosse così pieno di amici.
PEMBROKE
Attacchiamo ancora una volta; rincuorate i Francesi:
se perdono loro, siamo persi anche noi.
SALISBURY
Quel demonio malnato di Faulconbridge,
a dispetto di tutto, da solo ha sostenuto la giornata.
PEMBROKE
Si dice che Re Giovanni abbia abbandonato il campo
gravemente ammalato.
Entra Melun, ferito.
MELUN
Conducetemi dai ribelli inglesi.
SALISBURY
Finché le cose andavano bene ci si davano altri nomi.
PEMBROKE
È il conte Melun.
SALISBURY
Ferito a morte.
MELUN
Fuggite, nobili Inglesi, siete stati traditi e venduti;
sfilatevi dalla rozza cruna della ribellione
e accogliete con gioia il ritorno d’una fedeltà rinnegata.
Cercate Re Giovanni e buttatevi ai suoi piedi,
perché se i Francesi trionferanno in questa giornata di fragori
Luigi ha intenzione di ricompensare le vostre fatiche
facendovi tagliare le teste; così ha giurato,
ed io con lui, e molti altri ancora con me,
davanti all’altare di Saint Edmundsbury,
proprio su quell’altare dove avevamo giurato
a voi cara amicizia ed eterno amore.
SALISBURY
Può essere possibile? Può essere vero?
MELUN
Non vedo forse già vicina la morte odiosa,
e quel po’ di vita che mi resta sgocciolare via, sanguinando,
così come un simulacro di cera
quando dissolve la sua forma davanti al fuoco?
Cosa mai al mondo dovrebbe spingermi a ingannarvi
dato che devo perdere il profitto d’ogni inganno?
Perché dovrei allora esser falso, dal momento che è vero
che devo morire qui
e vivere altrove solo in grazia della verità?
Lo ripeto, se la giornata volge a favore di Luigi,
lui diverrà spergiuro se i vostri occhi vedranno
un’altra giornata sorgere a oriente.
Ma questa notte stessa, il cui nero alito di contagio
sta coprendo di fumo il cimiero ardente di un sole vecchio,
debole e stanco per la lunga giornata,
in questa stessa mala notte cesserete di respirare
pagando il prezzo d’un tradimento accertato
con la spesa traditrice delle vostre vite,
anche se col vostro aiuto Luigi avrà guadagnato la vittoria.
Ricordatemi a un certo Hubert, che serve il vostro re:
sono stati l’amore per lui e la considerazione
che mio nonno era inglese a svegliare la mia coscienza
facendomi così confessare tutto questo.
In cambio, vi prego, portatemi lontano
dal rumore e dai fragori del campo di battaglia,
così da potermi concentrare sui miei ultimi pensieri
in pace, e separare il corpo dall’anima
in meditazione e pii desideri.
SALISBURY
Ti crediamo; e sia dannata la mia anima
se non apprezzo le fattezze e la forma di questa splendida occasione
che ci permette di percorrere a ritroso i passi
d’una maledetta diserzione, simili in ciò
a un’alluvione calante che si sta ritirando,
quando abbandona il suo corso irregolare e smodato
per umiliarsi rientrando in quei limiti che aveva oltrepassato
e tornare calma, obbediente e docile al grande oceano,
al nostro grande Re Giovanni.
Il mio braccio ti sarà d’aiuto per trascinarti via da qui,
vedo già i crudeli spasimi della morte nei tuoi occhi.
Via amici miei, disertiamo di nuovo:
è ben felice quella novità che restaura un vecchio diritto.
[Escono portando via Melun.]
ATTO QUINTO – SCENA QUINTA
[Il campo francese.]
Entra Luigi e il suo seguito.
LUIGI
M’è sembrato che il sole nel cielo riluttasse al tramonto,
e si fermasse per fare arrossire l’occidente
quando gli Inglesi han misurato a ritroso la loro terra
in una stanca ritirata. Ah, ne siamo usciti con onore,
quando con una scarica d’inutili colpi
gli abbiamo augurato la buona notte,
e, dopo tanta sanguinosa fatica, abbiamo riavvolto
senza nessun disturbo le nostre bandiere gloriose,
ultimi sul campo e quasi suoi padroni!
Entra un messaggero.
MESSAGGERO
Dov’è il mio principe, il Delfino?
LUIGI
Qui: che novità?
MESSAGGERO
Il Conte Melun è stato ucciso; i nobili inglesi,
convinti da lui, hanno di nuovo disertato,
e i vostri rinforzi, che da tanto aspettavate,
sono stati dispersi e annegati nelle secche di Goodwin.
LUIGI
Ah, orrende e maledette notizie! Sia dannato il tuo cuore!
Non avrei creduto di poter essere così triste stanotte
come queste notizie m’han ridotto.
Chi è stato a dire che Re Giovanni se n’era scappato
un’ora o due prima che la notte impervia
avesse diviso i nostri stanchi eserciti?
MESSAGGERO
Chiunque l’abbia detto, ha detto il vero, mio signore.
LUIGI
Va bene; fate buona guardia e state attenti stanotte:
il giorno non sarà lesto quanto me
a tentare la bella avventura del domani. [Escono.]
ATTO QUINTO – SCENA SESTA
[Un luogo all’aperto, vicino all’abbazia di Swinstead.]
Entrano da parti opposte il Bastardo e Hubert.
HUBERT
Chi c’è lì? parla, ehi, parla, subito, o sparo.
BASTARDO
Un amico. Di che parte sei?
HUBERT
Di parte inglese.
BASTARDO
E dove stai andando?
HUBERT
Che importa a te? [Pausa.] Non potrei io chiederti
degli affari tuoi come tu fai dei miei?
BASTARDO
Sei Hubert, mi sembra.
HUBERT
Ti sembra proprio bene.
Correrò il rischio di crederti un amico,
dato che conosci così bene la mia voce.
Chi sei?
BASTARDO
Sono chi tu vuoi che sia. E se ti fa piacere
puoi essermi amico a tal punto da credere
che discendo dai Plantageneti.
HUBERT
Che memoria maleducata è la mia! tu e questa notte infinita
mi avete ridotto alla vergogna; valoroso soldato, perdonami
se gli accenti usciti dalla tua bocca sono sfuggiti
al riconoscimento delle mie orecchie.
BASTARDO
Su, su, basta con le cortesie; cosa si dice in giro?
HUBERT
Beh, ero qui che giravo sotto il cipiglio oscuro della notte
proprio per trovarvi.
BASTARDO
Falla breve, che notizie ci sono?
HUBERT
Oh, mio dolce signore, notizie consone a questa notte,
oscure, paurose, sconfortanti e orribili.
BASTARDO
Mostrami pure la piaga aperta di queste notizie ulcerose:
non sono una donna, non avrò svenimenti.
HUBERT
Il re, temo, è stato avvelenato da un monaco:
l’ho lasciato che non riusciva quasi più a parlare e son corso
in cerca di voi per informarvi della disgrazia,
così che, sapendo l’accaduto, vi possiate armare al meglio
contro queste circostanze impreviste
con tutto l’agio possibile.
BASTARDO
Come ha preso il veleno? Chi era l’assaggiatore?
HUBERT
Un monaco – ch’io sia dannato – un furfante ben risoluto,
cui di colpo son scoppiate le budella; il re dice ancora
qualche parola e può darsi si riabbia.
BASTARDO
Chi hai lasciato ad assistere sua maestà?
HUBERT
Come, non lo sapete ancora? I nobili sono tornati
e hanno portato con sé il principe Enrico,
per la cui intercessione il re li ha perdonati:
stanno tutti attorno al re.
BASTARDO
Trattieni la tua indignazione, potente cielo,
e non spingerci a sopportare più di quanto possiamo!
Te lo devo dire, Hubert: metà delle mie forze stanotte,
mentre attraversavano queste pianure, son state sorprese
dalla marea a gli acquitrini di Lincoln le hanno divorate.
Io stesso, che ero su un buon cavallo, mi sono salvato a stento
Ma fammi strada: portami dal re,
non vorrei che morisse prima del mio arrivo. [Escono.]
ATTO QUINTO – SCENA SETTIMA
[Il giardino nell’abbazia di Swinstead.]
Entrano il Principe Enrico, Salisbury e Bigot.
ENRICO
È troppo tardi: la vita di tutto il suo sangue
è corrotta dall’infezione, e il suo puro cervello,
che alcuni ritengono la fragile casa dell’anima,
preannuncia, coi suoi oziosi vaneggiamenti,
la fine della condizione mortale.
Entra Pembroke.
PEMBROKE
Sua Altezza parla ancora, ed è convinto
che portato all’aria aperta si calmerebbe il bruciore
del crudele veleno che l’assale.
ENRICO
Fatelo portare qui in giardino.
Delira ancora? [Esce Bigot.]
PEMBROKE
È più calmo di quando l’avete lasciato;
Proprio un attimo fa cantava.
ENRICO
Oh vanità della malattia! le sofferenze più terribili
se continuano indefinitamente non si avvertono più.
La morte, dopo aver predato le parti esterne, invisibile
le lascia e porta adesso il suo assedio alla mente,
pungendola e ferendola con molte legioni
di strane fantasie che, affollandosi e spingendosi
per entrare in quell’ultimo rifugio, s’annullano a vicenda.
È strano che la morte debba cantare.
Io sono il piccolo di questo pallido cigno languente
che canta un inno doloroso alla propria morte,
e sulla canna d’organo della fragilità
accompagna l’anima e il corpo al loro ultimo riposo.
SALISBURY
Siete di buon animo, principe, perché siete nato
per imprimere una forma a questa mole indigesta
che lui ha lasciato così informe e grezza.
Entrano persone del seguito con Bigot, e portano Re Giovanni su una sedia.
RE GIOVANNI
Sì, perdio, finalmente c’è spazio per la mia anima,
non deve più uscirsene per porte e finestre.
Ho un’estate così calda nel mio petto
che le budella sono state ridotte in cenere:
sono una forma scarabocchiata da una penna
su una pergamena, e a questo fuoco
mi raggrinzo tutto.
ENRICO
Come sta vostra maestà?
RE GIOVANNI
Oramai sono stato: avvelenato, abbandonato,
gettato via; e nessuno di voi che ordini all’inverno
di ficcare le sue dita gelate nel mio stomaco,
che lasci scorrere i fiumi del mio regno
per il mio petto in fiamme, o convinca il nord
a far sì che i suoi venti desolati bacino
le mie labbra riarse e mi confortino col loro freddo.
Non chiedo molto, un semplice e freddo conforto;
e voi siete avari e ingrati a negarmelo.
ENRICO
Ah, se ci fosse qualcosa nelle mie lacrime
capace di darti conforto!
RE GIOVANNI
Il loro sale è caldo.
Dentro di me c’è l’inferno,
e il veleno è lì come un demonio prigioniero
che tormenta il sangue irrevocabilmente condannato.
Entra il Bastardo.
BASTARDO
Oh, sono tutto caldo per la corsa violenta
e l’ansia frettolosa di vedere vostra maestà!
RE GIOVANNI
Oh, cugino, sei venuto a chiudermi gli occhi:
il sartiame del mio cuore è bruciato e cade a pezzi,
e tutte le funi
che avrebbero dovuto tendere le vele della mia vita
si sono ridotte a un filo solo, a un piccolo capello;
il mio cuore ha una sola fibra che lo sorregge
e lo sostiene, solo per sentirti dire le ultime notizie.
Dopo, tutto ciò che vedi sarà solo argilla,
il calco d’una maestà distrutta.
BASTARDO
Il Delfino si sta preparando a venir qui,
dove Dio sa come faremo a rispondergli,
perché in una sola notte la parte migliore delle mie forze,
mentre ci muovevamo per assestarci meglio,
è stata tutta inghiottita, senza neanche se n’accorgesse,
da un’inaspettata marea negli acquitrini. [Il Re muore.]
SALISBURY
Avete soffiato queste notizie di morte
in un orecchio già morto.
Il mio sovrano! il mio signore!
solo un attimo fa un re, ed ora, questo!
ENRICO
E anch’io così dovrò continuare a vivere, e così morire.
Che certezza c’è al mondo, che speranza, quale punto fermo
quando questo che era un re è ora argilla?
BASTARDO
Te ne sei andato così? Io non farò altro che starti dietro,
compirò per te la vendetta e poi la mia anima
ti servirà in cielo come ti ha sempre servito
e ti serve ancora sulla terra. E adesso, voi, stelle
che nelle vostre giuste sfere vi muovete,
dove sono le vostre forze?
mostrate adesso la vostra fedeltà rammendata,
e subito tornate con me sul campo
a scacciare la distruzione e la vergogna eterna
dalla porta sconnessa della nostra terra languente.
Cerchiamo subito il nemico, o ci cercherà lui:
il Delfino infuria alle nostre calcagna.
SALISBURY
Sembra che ne sappiate meno di noi:
il Cardinale Pandolfo è dentro a riposarsi.
È arrivato mezz’ora fa portando dal Delfino
tali offerte di pace
che possiamo accettarle con onore e dignità
nell’intento di por fine a questa guerra.
BASTARDO
Sarà ancora più ben disposto, se ci vedrà
ben armati in difesa.
SALISBURY
In realtà è cosa già quasi fatta:
ha rimandato molti carriaggi alle rive del mare,
e ha messo la sua causa e le sue rivendicazioni
interamente nelle mani del cardinale,
col quale tu stesso, io e gli altri nobili,
se lo ritieni opportuno, c’incontreremo questo pomeriggio
per portare a termine felicemente questa trattativa.
BASTARDO
Così sia. E voi, mio nobile principe,
con gli altri nobili la cui presenza non è necessaria,
vi occuperete del funerale di vostro padre.
ENRICO
Il suo corpo dev’essere sepolto a Worcester,
questa era la sua volontà.
BASTARDO
E lì sarà sepolto:
e felicemente possa la vostra dolce persona
addossarsi la sovrana eredità
e la gloria di questa terra!
A voi, con totale sottomissione, in ginocchio,
consacro i miei leali servigi e un’eterna,
fedele sudditanza.
SALISBURY
Allo stesso modo vi facciamo l’offerta del nostro amore,
che duri immacolato per sempre.
ENRICO
Ho un cuore sensibile, che vorrebbe ringraziarvi,
ma non lo sa fare se non con le lacrime.
BASTARDO
Oh, paghiamo alle circostanze
solo lo stretto dolore necessario,
perché di pene ne abbiamo già anticipate tante.
Quest’Inghilterra non è mai stata, né mai sarà
piegata dal piede orgoglioso d’un conquistatore,
se non sarà lei stessa, per prima, a ferirsi.
Adesso che questi suoi nobili sono tornati in patria,
vengano pure in armi le tre parti del mondo
e noi le arresteremo! Nulla farà mai dolere
l’Inghilterra, se a se stessa rimarrà fedele. [Escono.]
Re Giovanni
(“King John” – 1590- 1597)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V