Re Giovanni – Atto III

(“King John” – 1590- 1597)

Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V

Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali

Re Giovanni - Atto III

ATTO TERZO – SCENA PRIMA

[La tenda de Re di Francia.]

Entrano Constance, Arthur e Salisbury.

CONSTANCE

Sono andati a sposarsi! Andati a giurarsi pace!

Sangue falso che si unisce a falso sangue!

Diventati amici! Luigi avrà dunque Bianca,

e Bianca quelle province? No, non è così;

o hai riferito male o hai sentito male.

Stai ben attento, ripeti di nuovo il messaggio.

Non può essere questo, sei tu che lo racconti così.

Comincio a credere di non poterti credere, ché la tua parola

non è che il vano fiato d’un uomo qualsiasi.

Credimi, non posso crederti, uomo:

ho un giuramento di re che dice il contrario.

Tu sarai punito per avermi fatto spaventare così,

me che sono malata e facile agli spaventi,

oppressa dalle ingiustizie e perciò piena di paure,

una vedova, senza più marito, preda d’ogni spavento,

una donna, per natura nata a sopportar spaventi.

Anche adesso, se tu confessassi che è stato solo uno scherzo,

non riuscirei a dar tregua al mio spirito angustiato,

continuerebbe a scuotersi e a tremare per tutto il giorno.

Cosa vuoi dire scuotendo così il capo?

Perché guardi mio figlio con aria triste?

Cosa significa quella mano sul petto?

Perché il tuo occhio trattiene lacrime piene di dolore

come un fiume orgoglioso che si affaccia oltre le sue sponde?

Forse questi tristi segni confermano le tue parole?

E allora parla di nuovo,

ma non l’intero messaggio precedente,

di’ una parola soltanto, è vero il tuo racconto, o falso?

SALISBURY

È vero quanto io credo che crediate falso

chi vi dà occasione di trovar vere le mie parole.

CONSTANCE

Ah, se puoi insegnarmi a credere a questo dolore,

insegna tu a questo dolore come uccidermi,

e fa’ che la fiducia e la vita s’incontrino

come due uomini disperati, pieni di furore,

che al primo scontro cadono morti entrambi.

Luigi sposa Bianca! O ragazzo mio, e tu, allora?

La Francia s’allea con l’Inghilterra, che ne sarà di me?

E tu vattene: non tollero più la tua vista.

Questa notizia ti ha reso il più orrendo degli uomini.

SALISBURY

Che male ho mai fatto, io, buona signora,

se non riferire il male fatto da altri?

CONSTANCE

Ma è un male così odioso in se stesso

da rendere maligni tutti quelli che ne parlano.

ARTHUR

Vi imploro, signora, calmatevi.

CONSTANCE

Se tu, che mi dici di calmarmi, fossi repellente,

brutto, una vergogna per il ventre stesso di tua madre,

pieno di macchie sgradevoli e di chiazze intollerabili a vedersi,

zoppo, scemo, storpio, nero, un vero mostro,

cosparso di sozze voglie e di nei che offendono la vista,

allora non mi preoccuperei, starei calma,

perché certo allora non ti amerei, né tu saresti degno

della tua gran nascita, né meriteresti una corona.

Ma tu sei bello, e alla tua nascita, caro ragazzo,

natura e fortuna si sono unite per farti grande:

dei doni della natura puoi vantarti coi gigli

e con le rose appena sbocciate. Ma la fortuna,

oh, lei s’è corrotta, mutata e straniata da te.

Ora dopo ora commette adulterio con tuo zio Giovanni,

e la sua mano adorata ha spinto il Re di Francia

a calpestare ogni onesto rispetto di sovranità,

riducendo la sua maestà a fare il loro ruffiano.

Il Re di Francia fa il mezzano fra la fortuna e Re Giovanni,

la fortuna puttana e Giovanni l’usurpatore!

Dimmelo tu, amico, non è uno spergiuro il Re di Francia?

Avvelenalo con le parole o vattene,

e lascia soli questi dolori che io sola

sono condannata a sopportare.

SALISBURY

Perdonatemi, signora,

non posso tornare dai re senza di voi.

CONSTANCE

Puoi benissimo, anzi lo farai. Non verrò con te:

insegnerò alle mie sofferenze ad essere orgogliose,

perché il dolore è orgoglio e fa piegare chi lo possiede.

Che i re si radunino davanti a me

e alla maestà del mio gran dolore, che è così grande

che nessun altro sostegno può reggerlo se non la terra

immensa e immobile: qui sediamo, io e il mio dolore,

qui è il mio trono, ordina ai re di venire e d’inchinarsi a lui.

[Si getta a terra. Esce Salisbury con Arthur.]

Constance resta seduta. Entrano Re Giovanni, Re Filippo, Luigi, Bianca, Eleonora, il Bastardo, Austria, Salisbury, persone del seguito.

RE FILIPPO

È vero, bella figlia; e questo giorno felice

anche in Francia sarà onorato come festività:

per solennizzare questo giorno il sole glorioso

si fermerà nel suo corso e farà l’alchimista

trasmutando con lo splendore del suo occhio prezioso

le magre zolle della terra in oro luccicante.

Il corso dell’anno, che riporta ogni volta questo giorno,

non lo vedrà mai se non santificato.

CONSTANCE

Giorno maledetto, altro che santificato! [Alzandosi.]

Cos’ha mai meritato questo giorno?

Cos’ha mai fatto per venire iscritto in lettere d’oro

tra le grandi feste del calendario?

No, strappatelo piuttosto dai giorni della settimana,

questo giorno di vergogna, d’ingiustizia, di spergiuro.

O, se deve invece rimanervi, fate che le mogli incinte

preghino di non partorire in questo giorno,

se non vogliono che tutte le loro speranze

siano mostruosamente deluse!

In quest’unico giorno temano i marinai il naufragio,

e nessun contratto sia mai disatteso

se non quello stipulato in questo giorno;

sì, vadano a finir male tutte le cose iniziate in questo giorno,

e la lealtà stessa si muti in vuota falsità!

RE FILIPPO

Per il cielo, signora, non avrete motivo

di maledire i felici eventi di questa giornata:

non ho forse impegnato con voi la mia parola di re?

CONSTANCE

Voi mi avete ingannata con un falso

che aveva le sembianze della regalità,

ma che toccato e messo alla prova

s’è dimostrato di nessun valore. Siete uno spergiuro,

uno spergiuro! Siete venuto qui, abbracciando le armi,

per spargere il sangue dei miei nemici, e ora

li abbracciate rafforzando il loro sangue con il vostro.

Il vigore violento e l’aspro cipiglio di guerra

si raffreddano in amicizia e in una pace irreale,

mentre l’ingiustizia contro di noi cementa quest’unione.

Oh cieli, prendete le armi, le armi, contro questi re spergiuri!

Una vedova piange, potenze del cielo, fatemi voi da marito!

Non lasciate che le ore di questo giorno empio

scorrano in pace, ma prima del tramonto ponete

la discordia armata tra questi re spergiuri!

Ascoltatemi, oh, vi prego, ascoltatemi!

AUSTRIA

Pace, Lady Constance!

CONSTANCE

Guerra, guerra, non pace. La pace è una guerra per me.

Oh, Limoges, oh, Austria, non coprire di vergogna

la tua spoglia ancora insanguinata: tu servo,

miserabile, codardo! Tu, piccolo nel valore

ma grande in furfanteria! Tu che sei forte

stando sempre dalla parte del più forte!

Tu, campione della fortuna, che combatti soltanto

quando la tua capricciosa signora ti sta accanto

per indicarti la via della salvezza.

Tu, spergiuro, adulatore dei grandi.

Che buffone sei, un buffone rampante,

facevi il bullo, pestavi i piedi, giuravi ch’eri con me!

Tu, servo dal cuore di ghiaccio, non tuonavi forse

in mio favore, non giuravi che avresti combattuto per me,

imponendomi d’affidarmi alle tue stelle, alla tua sorte,

alla tua forza, e ora ti rivolti passando al nemico?

Indossi una pelle di leone! levatela, che non si vergogni,

e metti una pelle di vitello su quelle membra da vigliacco!

AUSTRIA

Ah, se fosse un uomo a dirmi queste parole!

BASTARDO

E metti una pelle di vitello su quelle membra da vigliacco.

AUSTRIA

Non osare ripeterlo, maledetto, o ne va della tua vita.

BASTARDO

E metti una pelle di vitello su quelle membra da vigliacco.

RE GIOVANNI

Questo non ci piace; dimentichi chi sei.

Entra Pandolfo.

RE FILIPPO

Ecco che arriva il santo legato del papa.

PANDOLFO

Salute, consacrati vicari celesti!

A te, Re Giovanni, è indirizzata la mia santa missione.

Io, Pandolfo, cardinale della bella Milano,

e qui legato in nome di Papa Innocenzo,

in suo nome religiosamente ti domando

perché così ostinatamente sprezzi nostra santa madre,

la chiesa, e tieni lontano con la forza Stephen Langton,

da noi scelto come arcivescovo di Canterbury,

dalla sua santa sede. Ecco, questo ti chiedo,

in nome del già nominato santo padre, papa Innocenzo.

RE GIOVANNI

Qual nome mai sulla terra può costringere

il libero fiato d’un sacro re a dare risposte?

Tu non puoi, cardinale, per impormi una risposta

tirar fuori un nome così futile, indegno e ridicolo

come quello di papa. Riferisci tutto questo,

e aggiungici anche, detto dalla bocca stessa

del Re d’Inghilterra, che nessun prete italiano

potrà riscuotere decime o pedaggi sulle nostre terre;

e che come noi siamo capi supremi, sottomessi solo a Dio,

così a Lui soltanto risponderemo della nostra regalità

là dove regniamo, senza l’aiuto di nessuna mano mortale.

Riferisci tutto questo al papa, messa da parte ogni riverenza

verso di lui e verso l’autorità che usurpa.

RE FILIPPO

Fratello inglese, bestemmiate parlando così.

RE GIOVANNI

Pur se voi e tutti i re della Cristianità vi fate guidare

in modo così rozzo da questo prete impiccione,

temendo una maledizione che scongiurate pagando,

e acquistate con oro meschino, scorie e polvere,

il perdono corrotto di un uomo che in questa vendita

vende un perdono che viene soltanto da lui;

pur se voi e tutti gli altri, volgarmente imbrogliati,

ingrossate col vostro denaro questa stregoneria da fiera,

io da solo, e solo io mi opporrò al papa,

e riterrò miei nemici tutti i suoi amici.

PANDOLFO

Allora, in nome del mio legittimo potere,

ti dichiaro maledetto e scomunicato:

e sia benedetto chiunque rompa

la sua sudditanza ad un eretico;

anzi sarà chiamata meritoria quella mano,

e verrà canonizzata e fatta santa,

che, in qualsiasi modo, anche a tradimento,

avrà spezzata la tua vita obbrobriosa.

CONSTANCE

Oh, sia legittimo anche per me

unirmi a Roma nella maledizione!

Buon padre cardinale, rispondete forte amen

alle mie violente maledizioni, perché nessuno,

che non abbia subito i miei torti, ha lingua così potente

da poterlo maledire con pieno diritto.

PANDOLFO

Signora, ci sono una legge e un mandato

che autorizzano la mia maledizione.

CONSTANCE

Anche la mia:

quando la legge non può assicurare la giustizia,

è legittimo che la legge non impedisca il male!

La legge non è in grado d’assicurare a mio figlio il suo regno,

perché colui che regge il regno regge anche la legge;

perciò, poiché la legge stessa è ingiustizia perfetta,

come può la legge proibire alla mia lingua di maledire?

PANDOLFO

Filippo di Francia, pena la maledizione,

abbandona la mano di questo arcieretico,

e fa cadere la potenza francese sul suo capo,

se non si sottomette a Roma.

ELEONORA

Sei impallidito, o Re di Francia? Non ritirare la tua mano.

CONSTANCE

Fai attenzione, diavolo, che il Re di Francia non si penta

e, separandosi le due mani, l’inferno perda un’anima.

AUSTRIA

Re Filippo, ascolta il cardinale.

BASTARDO

E metti una pelle di vitello su quelle membra da rinnegato.

AUSTRIA

Beh, ruffiano, devo intascare queste tue offese perché…

BASTARDO

I tuoi pantaloni hanno tasche larghe a sufficienza.

RE GIOVANNI

Filippo, cosa rispondi al cardinale?

CONSTANCE

E cosa dovrebbe dire, se non quel che dice il cardinale?

LUIGI

Pensateci bene, padre, perché sono sulla bilancia

la pesante maledizione di Roma o la lieve perdita

dell’amicizia inglese: rinunziate al meno.

BIANCA

Alla maledizione di Roma, cioè.

CONSTANCE

Oh, Luigi, resisti! Il diavolo in persona ti sta tentando

sotto le spoglie di una sposina coi capelli sciolti.

BIANCA

Lady Constance non parla spinta dall’onestà,

ma dalle sue miserie.

CONSTANCE

Se riconosci le mie miserie,

che vivono solo perché è morta l’onestà,

queste miserie comportano necessariamente questo principio,

l’onestà vivrebbe ancora se la miseria morisse.

Oh, calpestate allora la mia miseria, e sarà un trionfo per l’onestà;

mantenete in vita la miseria e l’onestà sarà calpestata!

RE GIOVANNI

Il re è scosso e a questo non risponde.

CONSTANCE

Oh, allontanati da lui, e rispondi bene!

AUSTRIA

Fa’ così Re Filippo, non rimanere più sospeso nel dubbio.

BASTARDO

E tu non sospendere altro che una pelle di vitello,

dolcissimo zoticone.

RE FILIPPO

Sono perplesso, non so cosa dire.

PANDOLFO

Cosa puoi dire che non ti renda ancora più perplesso,

se verrai maledetto e scomunicato?

RE FILIPPO

Buon reverendo padre, mettetevi al mio posto,

e ditemi come vi comportereste.

Questa mano reale s’è appena unita alla mia,

e anche le nostre anime si sono congiunte,

unite in lega, accoppiate e vincolate assieme

con tutta la forza solenne di un sacro giuramento.

L’ultimo fiato che diede suono di parole

è stato un giuramento incondizionato di fedeltà,

pace, amicizia, vero amore tra i nostri regni

e le nostre regali persone. E appena prima di quest’accordo,

ancora poco fa, giusto il tempo di lavarci le mani

per potercele poi stringere in questo patto di pace,

lo sa il cielo come fossero sporche e macchiate

dal pennello dell’eccidio, là dove la vendetta

andava dipingendo l’ostilità paurosa di due re esasperati.

E queste mani, appena pulitesi del sangue,

appena congiuntesi in amore,

così forti sia nel versar sangue che nell’amare,

dovrebbero ora sciogliere la loro stretta

e cancellare questo gentile saluto?

Dovremmo giocare a rimpiattino con la fedeltà,

scherzare col cielo stesso, trasformarci in fanciulli incostanti

così da ritirare di nuovo l’una dall’altra le nostre palme,

spergiurare la fedeltà giurata, far avanzare

un esercito sanguinoso sul letto nuziale della pace sorridente

e creare lo scompiglio sulla fronte gentile della pura sincerità?

Oh santo signore, mio padre reverendo, non fate che sia così!

Per vostra grazia, trovate, ordinate, imponete

un qualche ordine gentile, e allora noi saremo felici

di compiacervi e di continuare ad esservi amici.

PANDOLFO

Ogni forma è informe, ogni ordine è disordine

che non s’opponga all’amicizia per il Re d’Inghilterra.

E perciò alle armi! Siate campione della nostra chiesa,

o aspettatevi che la chiesa, nostra madre,

dica la sua maledizione,

una maledizione materna, al figlio che le si rivolta contro;

Francia, ti sarà più agevole tenere un serpente per la lingua,

un leone dalla ricca pelliccia per la sua zampa mortale,

una tigre affamata per i denti, che tenere in pace

quella mano che stringi.

RE FILIPPO

Posso ritirare la mano, ma non la mia fede promessa.

PANDOLFO

Così rendi la fede nemica della fede,

e come in una guerra civile schieri un giuramento

contro un giuramento, la tua lingua contro la tua lingua.

Oh, fa’ che il tuo voto d’essere il campione della chiesa,

prestato al cielo prima che ad altri,

sia rispettato davanti al cielo.

Ciò che hai giurato in seguito, l’hai giurato contro te stesso,

e tu stesso, quindi, non lo puoi rispettare,

perché ciò che tu hai giurato di fare, in male,

non è male quando è fatto secondo il bene,

cioè quando non è fatto: se il fare tende al male,

il modo migliore di fare è di non fare.

La migliore esecuzione di un proposito errato

si fa errando di nuovo: sebbene indiretta,

questa deviazione ti rimette sulla giusta via,

e la slealtà cura la slealtà, così come il fuoco raffredda il fuoco

nelle vene riarse di uno che si sia appena bruciato.

È la religione che fa osservare i giuramenti,

ma tu hai giurato contro la religione:

tu hai così giurato contro quello su cui giuravi,

e ora fai del tuo giuramento il pegno della tua lealtà!

La lealtà che non sei sicuro di rispettare,

per un giuramento precedente,

giura solo per non essere spergiura!

Altrimenti, che sciocchezza sarebbe giurare?

Ma tu giuri solo per essere spergiuro,

e sei tanto più spergiuro quando mantieni i tuoi giuramenti.

Questi tuoi ultimi voti, contrapposti ai primi,

sono una tua ribellione contro te stesso;

e nessuna vittoria più grande potresti mai ottenere

se non armando le tue parti nobili e leali

contro queste folli e sfrenate tentazioni.

Con questa tua parte migliore s’alleano le nostre preghiere,

se vorrai accoglierle. Ma se non vorrai, sappi allora

che il pericolo delle nostre maledizioni cadrà su di te

con tale peso che non riuscirai mai a liberartene,

e morirai disperato sotto la sua massa oscura.

AUSTRIA

Ribellione, aperta ribellione!

BASTARDO

È tutto inutile?

Riuscirà mai una pelle di vitello a chiudere quella tua bocca?

LUIGI

Padre, alle armi!

BIANCA

Nel tuo giorno di nozze?

Contro il sangue di quella che hai sposato?

Celebreremo la nostra festa con carne d’uomini macellati?

Saranno trombe stridule e rumorosi tamburi sgraziati,

veri suoni d’inferno, le melodie della nostra cerimonia?

Oh, marito, ascoltami! – ahimè com’è nuova questa parola

“marito” sulla mia bocca! – proprio per questa parola

che la mia lingua non ha mai pronunciato prima d’ora,

in ginocchio ti prego, non metterti in armi

contro mio zio.

CONSTANCE

Oh, sulle mie ginocchia,

indurite dalle molte suppliche,

ti prego, virtuoso Delfino, non mutare il giudizio

preordinato dal cielo!

BIANCA

Ora vedrò quanto mi ami: che cosa

può avere più forza per te del nome di moglie?

CONSTANCE

Ciò che sostiene chi sostiene anche te:

il suo onore; oh, il tuo onore Luigi, il tuo onore!

LUIGI

Mi chiedo come vostra maestà possa restare così fredda

quando tali importanti considerazioni la sospingono.

PANDOLFO

Lancerò la maledizione sul suo capo.

RE FILIPPO

Non ce n’è bisogno. Inghilterra, mi separo da te.

CONSTANCE

Ah, bel ritorno d’una sovranità messa al bando!

ELEONORA

Oh, turpe tradimento dell’incostanza francese!

RE GIOVANNI

Francia, in meno d’un’ora ti pentirai di quest’ora.

BASTARDO

Il vecchio Tempo, il regolatore d’orologi,

quel calvo beccamorto, sarà lui a decidere?

beh, allora, la Francia si pentirà.

BIANCA

Il sole s’è tinto di sangue: bel giorno, addio!

Da quale parte devo schierarmi?

Io sono con entrambi: ogni esercito ha una mia mano,

e nella loro furia, trascinandomi via, mi spezzano,

io, che a entrambi mi tengo. Marito,

non posso pregare per la tua vittoria;

zio, devo pregare che tu perda;

padre, non posso augurarti buona fortuna;

nonna, non posso desiderare che i tuoi desideri s’avverino.

Chiunque vinca, da quella parte sarò sconfitta,

una sconfitta sicura, ancor prima che la partita sia giocata.

LUIGI

Signora, con me, la tua sorte coincide con la mia.

BIANCA

Lì dove la mia sorte vive, lì muore la mia vita.

RE GIOVANNI

Cugino, va’ e raccogli le nostre truppe. [Esce il Bastardo.]

Francia, sono acceso da una collera ardente,

da una furia la cui qualità è tale

che soltanto il sangue può calmarla,

un unico sangue, il sangue più prezioso di Francia.

RE FILIPPO

La tua rabbia finirà per bruciare te stesso, e tu sarai cenere

prima che il nostro sangue abbia spento il tuo fuoco:

sta’ ben attento, sei già in pericolo.

RE GIOVANNI

Non più di colui che mi minaccia. Via, alle armi! [Escono.]

ATTO TERZO – SCENA SECONDA

[Le pianure vicino ad Angiers.]

Allarmi, scorrerie. Entra il Bastardo con la testa del Duca d’Austria.

BASTARDO

Per la mia vita, questo giorno si va facendo molto caldo.

Un qualche demone dell’aria volteggia nel cielo

e giù rovescia sciagure.

La testa del Duca d’Austria mettiamola qui,

Entrano Re Giovanni, Arthur e Hubert.

mentre Filippo riprende fiato.

RE GIOVANNI

Hubert, custodisci questo ragazzo. Filippo, muoviti:

mia madre è assalita nella nostra tenda e temo

sia stata catturata.

BASTARDO

Mio signore, l’ho già liberata,

non temete, sua Altezza è in salvo.

Ma andiamo avanti, maestà: ancora un piccolo sforzo,

e la nostra impresa avrà una felice conclusione. [Escono.]

ATTO TERZO – SCENA TERZA

Allarmi, scorrerie, ritirata. Rientrano Re Giovanni, Arthur, il Bastardo, Hubert, con Eleonora e vari nobili.

RE GIOVANNI [A Eleonora.]

Faremo così: Vostra Grazia rimarrà indietro,

così, ben protetta. [Ad Arthur.] Cugino, non esser triste:

tua nonna ti ama; e tuo zio ti sarà così caro

come ti fu tuo padre.

ARTHUR

Ah, questo farà morire mia madre di dolore!

RE GIOVANNI [Al Bastardo.]

Cugino, veloce, va’ in Inghilterra, precedici:

e prima del nostro arrivo vedi bene di svuotare i forzieri

degli avari abati e di mettere in libertà

tutti gli angeli che vi sono imprigionati.

Gli affamati devono ora potersi ingozzare

coi grassi lombi della pace: usa pure il mio mandato

in tutta la sua ampiezza.

BASTARDO

Campana, messale e candela non potranno trattenermi

quando l’oro e l’argento mi faranno segno d’avanzare:

Vostra Altezza, io vado. Nonna, se mai mi ricorderò

d’esser religioso, pregherò per la vostra salvezza.

Ecco, vi bacio la mano.

ELEONORA

Addio, gentile cugino.

RE GIOVANNI

Cugino, addio. [Esce il Bastardo.]

ELEONORA

Vieni qui, nipotino, senti, una parola soltanto.

[Prende Arthur in disparte.]

RE GIOVANNI

E tu, Hubert, vieni qui. O mio gentile Hubert,

quanto ti dobbiamo! Entro questo rivestimento di carne

c’è un’anima che si considera in credito verso di te,

e intende pagare il tuo amore con gli interessi.

Mio buon amico, il tuo giuramento volontario

vive nel mio petto, affettuosamente carezzato.

Dammi la tua mano. Avevo una cosa da dirti,

ma te la dirò quando potrò accompagnarla meglio.

Per Dio, Hubert, quasi mi vergogno a dirti

quanta stima ho per te.

HUBERT

Sono molto obbligato a vostra Maestà.

RE GIOVANNI

Buon amico, non hai ancora avuto il motivo per dire così,

ma l’avrai; per quanto lentamente strisci il tempo,

verrà anche per me l’opportunità di farti del bene.

Avevo una cosa da dirti, ma lasciamo perdere:

il sole è in cielo e il giorno superbo,

accompagnato dai piaceri del mondo,

è troppo allegro e pieno di svaghi per darmi ascolto.

Se la campana di mezzanotte,

con la sua lingua di ferro e la sua bocca di bronzo,

battesse l’ora per le creature assonnate della notte;

se questo luogo stesso, dove noi siamo, fosse un cimitero,

e tu fossi posseduto da mille peccati;

o se quello spirito corrucciato, la malinconia,

avesse scaldato il tuo sangue, rendendolo spesso e denso,

lui che altrimenti, pulsando, scorre su e giù per le vene

e trasforma quell’idiota del riso in padrone degli occhi umani,

stravolgendo le loro guance a una vana allegria,

stato d’animo odioso per i miei fini;

o se tu potessi vedermi senz’occhi, sentirmi senza orecchie,

rispondermi senza lingua, usando solo il pensiero,

senza occhi, orecchie, senza il pericoloso suono delle parole,

allora, a dispetto del giorno guardingo e incombente,

riverserei nel tuo petto i miei pensieri:

ah, ma non lo farò. Eppure ti voglio molto bene;

e, a dire il vero, credo che anche tu voglia bene a me.

HUBERT

In modo tale che qualunque cosa mi ordiniate di fare,

fosse anche la mia morte legata a quell’azione,

per il cielo, io la farei.

RE GIOVANNI

Forse non lo sapevo che l’avresti fatto?

Ah, buon Hubert, Hubert, Hubert,

dai un’occhiata a quel ragazzo; ti dirò una cosa,

amico mio, è una serpe sulla mia strada,

e dovunque questo mio piede si posi, lui è lì,

davanti a me. Mi capisci bene?

Sei tu il suo guardiano.

HUBERT

Lo custodirò così bene

che non potrà offendere Vostra Maestà.

RE GIOVANNI

Morte.

HUBERT

Mio signore?

RE GIOVANNI

Una tomba.

HUBERT

Non vivrà.

RE GIOVANNI

Basta.

Ora potrei essere allegro. Hubert, ti amo.

Non ti dirò quello che ho in mente per te:

ricorda. Signora, addio:

manderò quei soldati a Vostra Maestà.

ELEONORA

Le mie benedizioni ti siano accanto!

RE GIOVANNI

Cugino, dovete partire per l’Inghilterra:

Hubert sarà il tuo uomo, e ti servirà

con tutta la fedeltà che ti deve. Via, verso Calais, avanti!

[Escono.]

ATTO TERZO – SCENA QUARTA

[La tenda del Re di Francia.]

Entrano Re Filippo, Luigi, Pandolfo, il seguito.

RE FILIPPO

E così, da una fragorosa tempesta sul mare,

un’armata intera di vele salpate insieme

è dispersa, e ogni nave è separata dalle sue compagne.

PANDOLFO

Coraggio e animo! Tutto andrà ancora bene.

RE FILIPPO

Cosa può andar bene, quando il nostro corso è così rovinoso?

Non siamo già stati battuti? Non abbiamo perso Angiers?

E Arthur, non è stato fatto prigioniero?

Molti e cari amici non son morti? Il Re d’Inghilterra,

quel sanguinario, non se n’è tornato in Inghilterra,

eludendo ogni nostro tentativo di fermarlo?

LUIGI

Ed ha fortificato tutto ciò che ha conquistato.

Di una tale velocità retta da una simile saggezza,

di tanta moderazione ed ordine in un’avanzata così irruenta,

manca l’esempio: chi ha mai letto o sentito

d’una azione che si possa paragonare a questa?

RE FILIPPO

Potrei anche sopportare queste lodi al Re d’Inghilterra,

se si potesse trovare un esempio per la nostra vergogna.

Entra Constance.

Ecco, guardate chi arriva! una tomba tutt’intorno a un’anima,

che trattiene, contro la sua volontà, lo spirito immortale

nella squallida prigione dei suoi dolorosi sospiri.

Vi prego, signora, venite via con me.

CONSTANCE

Ecco, guardate, guardate bene i frutti della vostra pace!

RE FILIPPO

Pazienza, buona signora! Coraggio, gentile Constance.

CONSTANCE

No! ho in spregio ogni consiglio, qualsiasi riparazione

tranne quella che mette fine a tutti i consigli, l’unica,

vera riparazione; la morte! Morte, ah, amabile, amorevole morte!

Tu, profumato fetore, sano marciume!

Alzati dal giaciglio della tua notte eterna,

tu, odio e terrore di chi sta bene,

e io bacerò le tue ossa detestate,

porrò i bulbi dei miei occhi nelle tue vuote occhiaie,

farò anelli per queste dita coi vermi che ti sono familiari,

e chiuderò questo pertugio del respiro con polvere nauseabonda

fino a diventare un mostro imputridito come te:

avanti, digrigna pure, io penserò che mi sorridi

e ti bacerò con lussuria, come fossi tua moglie.

Oh, amore dei disperati, sì, vieni a me!

RE FILIPPO

Oh bella dolente, calmati!

CONSTANCE

No, no, non mi calmerò fin che avrò fiato per gridare:

oh, fosse la mia lingua nella bocca di un tuono!

Allora sì che con la mia passione scuoterei il mondo

e desterei dal suo sonno quello scheletro crudele

che non arriva a sentire la debole voce di una donna

e non tiene in nessun conto una semplice supplica.

PANDOLFO

Signora, in voi parla la follia, non il dolore.

CONSTANCE

E tu sei un santo a mentirmi così!

Non sono pazza: questi capelli che strappo sono i miei;

mi chiamo Constance; ero la moglie di Geoffrey;

il giovane Arthur è mio figlio, ed è perduto!

Non sono pazza: volesse il cielo che lo fossi!

Ché allora, è probabile, dimenticherei me stessa:

ah, se potessi, che dolore dimenticherei!

Insegnami una qualche filosofia che mi faccia impazzire,

e tu, cardinale, sarai fatto santo;

perché, non essendo pazza ma sensibile al dolore,

la mia parte razionale m’induce a ragionare

su come io possa sgravarmi di questi dolori,

e m’insegna così ad uccidermi o ad impiccarmi:

fossi invece pazza, dimenticherei mio figlio,

o lo scambierei, follemente, con una bambola di pezza.

No, non sono pazza; troppo, troppo lucidamente avverto

i morsi diversi d’ogni singola disgrazia.

RE FILIPPO

Riavvolgete quelle trecce. Oh, quanto amore scorgo

nella bella massa bionda di quei suoi capelli.

Se per caso una goccia d’argento vi cade,

a quella goccia diecimila amici filamentosi

aderiscono in un comune dolore,

simili ad amanti fedeli, inseparabili, leali,

che si stringono insieme nella disgrazia.

CONSTANCE

Andiamo in Inghilterra, se volete.

RE FILIPPO

Riavvolgetevi i capelli.

CONSTANCE

Lo farò; ma perché dovrei farlo?

Con violenza li ho sciolti dai loro lacci, e ho gridato alto:

“Oh che queste mani possano liberare mio figlio

così come han reso a questi capelli la loro libertà!”.

Ma adesso ho invidia della loro libertà,

e li voglio di nuovo restituire ai loro lacci,

dato che il mio povero figlio è un prigioniero.

Padre cardinale, vi ho sentito dire

che vedremo e riconosceremo i nostri amici in cielo:

se è vero, vedrò ancora il mio ragazzo,

perché dalla nascita di Caino, il primo figlio maschio,

sino a colui che appena ieri ha respirato per la prima volta,

non è mai nata un’altra creatura tanto buona.

Ma ora il verme del dolore divorerà il mio bocciuolo

cacciando la beltà nativa dalla sua guancia;

sembrerà privo di sostanza come uno spettro,

smunto ed emaciato come un attacco di febbre:

e così morirà; e quando, risorto, lo incontrerò

nuovamente nella corte del cielo, non lo riconoscerò.

Non potrò mai più rivedere il mio bel Arthur, mai più.

PANDOLFO

Date una terribile importanza al vostro dolore.

CONSTANCE

Mi parla uno che non ha mai avuto un figlio.

RE FILIPPO

Amate il dolore quanto vostro figlio.

CONSTANCE

Il dolore ha riempito il vuoto lasciato da mio figlio,

dorme nel suo letto, cammina su e giù con me,

indossa il suo piacevole sembiante, ripete le sue parole,

mi ricorda tutti i suoi tratti aggraziati,

riempie i suoi abiti vuoti con la sua forma.

Non ho allora ragione d’amare il dolore?

Addio: se aveste sofferto una perdita come la mia

io vi saprei dare un conforto migliore

di quello che mi avete dato.

Non manterrò quest’ordine sulla mia testa

quando ho un tale disordine nella mia mente.

Oh Signore! ragazzo mio, mio Arthur, figlio mio bello!

Vita mia, mia gioia, mio nutrimento, tutto il mio mondo!

Conforto d’una vedova, cura dei miei dolori! [Esce.]

RE FILIPPO

Temo qualche pazzia, la seguo. [Esce.]

LUIGI

Non c’è niente in questo mondo che mi rallegri:

la vita è noiosa come una storia che raccontata più volte

infastidisce l’orecchio pigro d’uno già mezzo addormentato;

l’amara vergogna ha guastato il dolce sapore della parola

che ormai produce solo vergogna e amarezza.

PANDOLFO

Nella convalescenza d’una malattia grave,

proprio nell’istante del recupero e della guarigione,

la fitta è fortissima, i mali che se ne vanno

mostrano tutto il loro peggio al momento del congedo.

Cosa mai avete perduto con la perdita odierna?

LUIGI

Tutti i giorni della gloria, della gioia, della felicità.

PANDOLFO

Se aveste vinto, li avreste certamente persi.

No, no, quando la fortuna vuol fare del bene agli uomini

mostra loro il suo occhio più terribile.

È strano pensare quanto abbia perso Re Giovanni

in questa che lui reputa una chiara vittoria:

non vi addolora che Arthur sia suo prigioniero?

LUIGI

Tanto quanto rallegra lui l’averlo catturato.

PANDOLFO

La vostra mente è immatura come il vostro sangue.

Ascoltate quanto vi dico con spirito profetico,

perché il fiato stesso con cui profferirò le mie parole

spazzerà via ogni grano di polvere, ogni pagliuzza,

ogni ostacolo dal sentiero che condurrà il tuo piede

al trono d’Inghilterra; e perciò fate attenzione.

Giovanni ha catturato Arthur; e non potrà essere

che, fin che la calda vita giochi nelle vene del ragazzo,

Giovanni, nella sua ambigua posizione, possa godere d’un’ora,

d’un minuto, d’un solo quieto respiro di riposo.

Uno scettro strappato con mano illegale

dev’essere mantenuto con la stessa violenza

con cui lo si è guadagnato,

e chi si trova su un terreno scivoloso non si cura

della meschinità di ciò che lo sorregge:

se Giovanni deve reggersi, allora Arthur dovrà cadere.

E così sia, dato che non può essere altrimenti.

LUIGI

Ma cosa guadagnerò io dalla caduta del giovane Arthur?

PANDOLFO

Voi, a nome di vostra moglie Lady Bianca,

potrete far vostre le rivendicazioni di Arthur.

LUIGI

E, come Arthur, perdere vita e tutto quanto.

PANDOLFO

Come siete giovane e inesperto di questo vecchio mondo!

Giovanni stesso trama per voi; le circostanze vi sono favorevoli,

perché chi impregna la sua salvezza di sangue innocente

troverà solo una salvezza malsicura e sanguinante.

Quest’azione, così crudelmente concepita,

raggelerà i cuori della sua stessa gente

spegnendone ogni zelo, tanto che accoglieranno volentieri

qualsiasi piccola occasione per por fine al suo regno.

Non ci sarà esalazione naturale in cielo,

stranezza di natura, cattivo tempo, comunissimo vento,

accadimento ordinario, cui negheranno la causa naturale

per parlare di meteore, prodigi, segni, scherzi di natura,

presagi e lingue celesti che chiaramente

gridano vendetta contro Giovanni.

LUIGI

Può darsi che non toccherà la vita del giovane Arthur,

ma che gli basti tenerlo prigioniero, per sentirsi al sicuro.

PANDOLFO

Oh signore, quando sentirà che vi state avvicinando,

se il giovane Arthur non è già morto, basterà quella notizia

a metterlo a morte; e allora il cuore di tutto il suo popolo

si rivolterà contro di lui e correrà a baciare le labbra

d’un mutamento inaspettato,

trovando materia sostanziosa d’ira e di rivolta

sulla punta sanguinosa delle dita di Giovanni.

Mi par quasi di vederlo, tutto questo tumulto all’opera:

oh, ne nasceranno conseguenze ancor più favorevoli

per voi di quelle cui ho già accennato!

Quel bastardo di Faulconbridge è in Inghilterra, adesso,

e saccheggia le chiese, offendendo ogni spirito di carità:

ma basterebbero dodici Francesi in armi a far da esca lì

per far passare diecimila Inglesi al loro fianco,

così come poca neve, rotolando,

presto si trasforma in una valanga gigantesca.

Oh, nobile Delfino, accompagnami dal Re:

è stupefacente ciò che possiamo ricavare dal loro malcontento

ora che i loro animi traboccano di sdegno.

Avanti, in marcia verso l’Inghilterra, io convincerò il Re.

LUIGI

Forti ragioni possono portare ad azioni inattese.

Andiamo: se voi dite sì, il Re non dirà no. [Escono.]

Re Giovanni
(“King John” – 1590- 1597)
Introduzione – Riassunto
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Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V

Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali

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