(“King Lear” – 1605 – 1606)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
ATTO SECONDO – SCENA PRIMA
(Cortile nel Castello del Conte di Gloucester.)
Entrano Edmund e Curan che s’incontrano.
EDMUND
Salve, Curan.
CURAN
Salve, signore. Sono stato da vostro padre e l’ho informato che il Duca di Cornovaglia e Regan, la Duchessa, saranno qui da lui questa sera.
EDMUND
Come mai?
CURAN
Non lo so proprio. Avete sentito le novità? Quelle bisbigliate, voglio dire, perché sono ancora discorsi che sfiorano l’orecchio.
EDMUND
No. Ditemi, di che si tratta?
CURAN
Non avete sentito di probabili scontri tra i Duchi di Cornovaglia e di Albany?
EDMUND
Nemmeno una parola.
CURAN
Forse a suo tempo lo saprete. Arrivederci, signore.
(Esce.)
EDMUND
Il Duca qui stasera! Bene! benissimo!
Ciò s’innesta perfettamente nella trama.
Mio padre ha ordinato di catturare mio fratello
e io ho qualcosa di natura scabrosa
da porre in atto. Rapidità e Fortuna,
si mettano all’opera. Fratello, una parola!
Scendi, fratello, dico!
Entra Edgar.
Mio padre è all’erta. Fuggi, fratello,
da questo posto; il tuo nascondiglio è stato scoperto.
Ora hai il buon vantaggio della notte.
Per caso hai parlato contro il Duca di Cornovaglia?
Sta venendo qui, di notte, in tutta fretta,
e con lui c’è Regan. Hai detto niente in suo favore
e contro il Duca di Albany? Pensaci bene.
EDGAR
Ne sono certo, nemmeno una parola.
EDMUND
Sento venire mio padre. Perdonami –
debbo far finta di sguainare la spada
contro di te. Avanti! Fingi di difenderti.
Bene, così. Arrenditi! Presentati a mio padre!
Ehi, luce! Qui! Fuggi, fratello!
Torce, torce! E dunque addio. (Esce Edgar.)
Un po’ di sangue darà l’impressione (Si ferisce al braccio.)
che ho lottato fieramente. Ho visto ubriachi
fare cose più gravi solo per gioco.
Padre, padre! Ferma, ferma! Aiuto!
Entrano Gloucester e servi con torce.
GLOUCESTER
Allora, Edmund, dov’è quel criminale?
EDMUND
Stava nel buio, con la spada sguainata,
biascicando incantesimi infernali e invocando
il favore della luna.
GLOUCESTER
Ma dov’è?
EDMUND
Guardate, signore, sanguino!
GLOUCESTER
Dov’è il criminale, Edmund?
EDMUND
È fuggito da questa parte, signore,
dopo che non è riuscito in nessun modo –
GLOUCESTER
Inseguitelo! Dietro! (Escono alcuni servi.)
Continua. “In nessun modo” a che?
EDMUND
A persuadermi ad assassinare Vostra Signoria.
Ma avendogli detto che gli Dei vendicatori
scagliano tutti i fulmini contro i parricidi
e con quanti forti vincoli il figlio
sia legato al padre – alla fine, signore,
vedendo con quanto sdegno mi opponevo
al suo proposito contro natura,
con fiera mossa, la spada già pronta,
assale il mio corpo impreparato e mi ferisce
al braccio. Ma quando vide
che il mio spirito ridesto e reso audace
dalla bontà della causa si ergeva
ad affrontarlo, oppure spaventato dal rumore
che facevo, all’improvviso fuggì.
GLOUCESTER
Fugga quanto vuole, in questa terra
non rimarrà in libertà; e una volta trovato,
a morte! Il nobile Duca, il mio signore,
il mio degno patrono e protettore, sarà qui
stasera. Con la sua autorità
farò proclamare che chiunque lo trovi
meriterà il nostro grazie se ci aiuterà
a portare al patibolo quel vigliacco assassino.
Per chi lo nasconde, morte.
EDMUND
Tentando di dissuaderlo dal suo intento e trovandolo
deciso a realizzarlo, con parole dure
minacciai di denunciarlo. Così rispose:
“Tu bastardo spiantato, credi
che se io parlassi contro di te, basterebbero
fiducia, merito, virtù a rendere
le tue parole degne di fede? No,
quel che io negassi – e lo farei anche se
tu producessi parole scritte da me –
lo userei come prova delle tue istigazioni,
delle tue trame e azioni maledette. E certo
dovresti prendere il mondo per idiota
se non pensasse che la mia morte ti darebbe profitto,
diventando un potenziale, grande movente
per fartela cercare.”
GLOUCESTER
Delinquente incallito e mostruoso! Dice
che negherebbe la lettera? Non l’ho mai generato.
(Trombe all’interno.)
Ascolta, le trombe del Duca. Non so
perché venga. Farò chiudere tutti i porti. Il criminale
non sfuggirà. Il Duca me lo deve concedere.
Inoltre, manderò il suo ritratto da ogni parte,
vicina e lontana, perché l’intero regno
possa riconoscerlo; e della mia terra,
figlio leale e naturale, troverò il modo
di rendere te l’erede.
Entrano Cornovaglia, Regan e seguito.
CORNOVAGLIA
E dunque, mio nobile amico? Da quando
sono arrivato qui – appena ora, si può dire –
ho sentito notizie strane.
REGAN
Se sono vere, qualsiasi vendetta
contro il colpevole è troppo blanda.
Come state, mio signore?
GLOUCESTER
Oh signora, il mio vecchio cuore s’è rotto, rotto!
REGAN
E dunque il figlioccio di mio padre attentava
alla vostra vita? Lui al quale mio padre
diede il nome? Il vostro Edgar?
GLOUCESTER
Oh signora, signora, la vergogna vorrebbe
tenerlo nascosto.
REGAN
Non frequentava quei cavalieri rissosi
al seguito di mio padre?
GLOUCESTER
Non so, signora. È troppo, è troppo.
EDMUND
Sì, signora, era di quella banda.
REGAN
Nessuna meraviglia, allora, che ne venisse
traviato. La morte del vecchio sono stati loro
a mettergliela in testa, per poter poi arraffare
e sperperare le sue rendite. Su di loro
proprio stasera ho avuto da mia sorella
precise informazioni, e con avvertimenti tali
che se vengono a stabilirsi a casa mia
io non ci sarò.
CORNOVAGLIA
E nemmeno io, Regan, te lo assicuro.
Edmund, so che hai mostrato a tuo padre
una devozione filiale.
EDMUND
Era mio dovere, signore.
GLOUCESTER
Ha scoperto le sue trame e cercando di catturarlo
ha ricevuto la ferita che vedete.
CORNOVAGLIA
Lo stanno inseguendo?
GLOUCESTER
Sì, mio buon signore.
CORNOVAGLIA
Se verrà preso non ci sarà mai più pericolo
che faccia del male. Disponete del mio potere
a vostro piacimento. In quanto a te, Edmund,
la cui virtù e obbedienza in questa circostanza
tanto si raccomanda, tu sarai nostro.
Avremo grande bisogno di nature dotate
d’una lealtà così profonda: prendiamo te per primo.
EDMUND
Vi servirò, signore, almeno con fedeltà.
GLOUCESTER
Per lui sono riconoscente a Vostra Grazia.
CORNOVAGLIA
Voi non sapete perché siamo venuti
a farvi visita –
REGAN
In quest’ora inconsueta, percorrendo la notte
dall’occhio cupo – occasioni importanti,
nobile Gloucester, per cui dobbiamo
valerci del vostro consiglio. Ci ha scritto
nostro padre, e così nostra sorella,
di divergenze alle quali ho creduto opportuno
rispondere lontano dalla nostra casa.
I diversi messaggeri attendono di muoversi
da qui. O vecchio e buon amico nostro,
riconfortate il cuore e offrite il vostro
necessario consiglio ai nostri problemi
che ne esigono uso immediato.
GLOUCESTER
Al vostro servizio, signora.
Le Vostre Grazie sono benvenute. (Trombe. Escono.)
ATTO SECONDO – SCENA SECONDA
(Davanti al Castello di Gloucester.)
Entrano Kent e Oswald, separatamente.
OSWALD
Buon giorno a te, amico. Sei della casa?
KENT
Sì.
OSWALD
Dove possiamo lasciare i cavalli?
KENT
Nel letame.
OSWALD
Ti prego, se mi vuoi bene dimmelo.
KENT
Io non ti voglio bene.
OSWALD
E allora io non mi curo di te.
KENT
Se ti avessi tra le ganasce, ti costringerei io a curartene.
OSWALD
Perché mi tratti così? Io non ti conosco.
KENT
Compare, io conosco te.
OSWALD
Per che cosa mi conosci?
KENT
Per una canaglia, un delinquente, uno che si nutre di avanzi di carne, un malfattore ignobile, superbo, vuoto, miserabile, con tre vestiti, cento sterline e calzerotti di lana sporchi. Un figlio di puttana dal fegato di giglio, che chiede sempre aiuto alla legge, un super-leccapiedi, un damerino che sta sempre davanti allo specchio, un mendicante che possiede solo un baule. Sei pronto a fare il ruffiano per farti bello ma non sei altro che un misto di furfante, mendicante, vigliacco, mezzano, e il figlio e l’erede di una cagna bastarda. Sei uno che io farò strillare come un maiale a furia di botte se negherai una sola sillaba dell’elenco.
OSWALD
Che essere mostruoso sei, per insultare così uno che non conosci e che non ti conosce!
KENT
Che servo dalla faccia di bronzo sei se neghi di conoscermi! Sono appena due giorni che ti ho fatto lo sgambetto e picchiato davanti al Re! Fuori la spada, canaglia! Anche se è notte, la luna splende ancora. Ti ci inzupperò, nella luna.
(Sguainando la spada.)
Figlio di puttana profumato! Fuori la spada!
OSWALD
Vattene! Non ho niente da spartire con te.
KENT
Fuori la spada, canaglia! Tu vieni qui con lettere contro il Re e prendi le parti di quella marionetta, Vanità, contro la regalità di suo padre. Fuori la spada, carogna, o ti trincio le zampe. Fuori, farabutto! Fatti avanti!
OSWALD
Aiuto, oh! All’assassino! Aiuto!
KENT
Colpisci, schiavo! In guardia, delinquente, in guardia. Colpisci, schiavo. (Lo batte.)
OSWALD
Aiuto, oh! All’assassino, all’assassino!
Entra Edmund con la spada sguainata.
EDMUND
Che c’è, che succede? Separatevi!
KENT
Ce n’è anche per te, giovincello mio, se vuoi. Su, ti insegno io. Avanti, signorino.
Entrano Cornovaglia, Regan, Gloucester e servi.
GLOUCESTER
Spade? Armi? Che succede qui?
CORNOVAGLIA
Fermi, pena la vita. Chi colpisce ancora muore. Che succede?
REGAN
I messaggeri di nostra sorella e del Re –
CORNOVAGLIA
Qual è il motivo della lite? Parlate.
OSWALD
Mi manca il fiato, signore.
KENT
Sfido, ne hai soffiato tanto sul tuo valore! Vigliacco farabutto, la natura ti disconosce, a fare te è stato un sarto.
CORNOVAGLIA
Sei uno strano tipo. Un sarto che fa un uomo?
KENT
Sì, un sarto, signore. Un tagliapietre o un pittore non avrebbero potuto farlo così male, anche se avessero imparato il mestiere solo da due anni.
CORNOVAGLIA
Parlate, com’è nata la vostra lite?
OSWALD
Questo vecchio ruffiano, signore, la cui vita ho risparmiato grazie alla sua barba grigia –
KENT
Tu zeta figlio di puttana, tu lettera superflua dell’alfabeto! Mio signore, se me ne date licenza, pesterò questa carogna scatenata in polvere e ci intonacherò i muri di un cesso. “Grazie alla mia barba grigia”, eh, cutrettola scodinzolante?
CORNOVAGLIA
Taci, furfante.
Bestione, non hai nessun rispetto?
KENT
Sì, signore, ma l’ira ha un privilegio.
CORNOVAGLIA
E perché sei adirato?
KENT
Perché uno schiavo come questo porta la spada
senza essere onesto. Canaglie sorridenti
come questa, simili a topi
rodono spesso quei sacri legami
che per natura non si possono sciogliere.
Lusingano le passioni a ribellarsi nei cuori
dei loro signori, sono olio per il fuoco,
neve per gli umori più freddi, negano,
affermano, ruotano i loro becchi da alcione
ad ogni vento e mutare dei loro padroni,
nulla sapendo fare, come i cani, se non seguire.
Peste alla tua faccia di epilettico!
Sorridi dei miei discorsi come se fossi un Matto?
Tu oca, se ti avessi sulla piana di Salisbury
ti farei correre starnazzando fino a Camelot.
CORNOVAGLIA
Sei pazzo, vecchio?
GLOUCESTER
Perché avete litigato? Parla.
KENT
Tra nessun contrario c’è più antipatia
che tra me e un simile delinquente.
CORNOVAGLIA
Perché lo chiami delinquente? Qual è la sua colpa?
KENT
Il suo aspetto non mi piace.
CORNOVAGLIA
Né forse ti piace il mio, o il suo, o quello di lei.
KENT
Signore, mi ingegno di essere franco.
Ai miei tempi ho visto facce migliori
di quelle piantate su tutte le spalle
che ora vedo qui davanti a me.
CORNOVAGLIA
Costui è di quelli che, lodati
per la loro franchezza, affettano insolenza
e forzano il loro contegno al di là
della loro stessa natura. Non può adulare,
lui! Animo schietto e onesto, lui
deve dire la verità. E se l’accettano, bene;
altrimenti, lui è schietto. Conosco
questa razza di furfanti, che in questa schiettezza
nascondono più astuzia e fini più corrotti
di venti futili damerini cerimoniosi
tutti intenti a far salamelecchi.
KENT
Signore, in buona fede e verità sincera,
col consenso della vostra somma luce
la cui influenza, come il serto di radioso
fuoco sulla fronte fiammeggiante di Febo –
CORNOVAGLIA
Che vuoi dire, con questo?
KENT
Voglio uscire da questo mio linguaggio che voi tanto disapprovate. Lo so, signore, non sono un adulatore: colui che vi ha ingannato con un linguaggio semplice era un semplice furfante. Il che da parte mia non sarò, anche se dovessi indurre il vostro sfavore a chiedermi di esserlo.
CORNOVAGLIA
Che torto gli hai fatto?
OSWALD
Non gliene ho mai fatto nessuno.
Piacque al Re suo padrone, ultimamente,
di battermi, per un suo fraintendimento, e lui,
d’accordo, e per adulare il suo sfavore,
mi fece da dietro lo sgambetto; mentre
ero a terra mi insultò, mi offese, fece l’eroe
guadagnandosi elogi, e la lode del Re,
per avere aggredito uno già caduto.
E sullo slancio di questa impresa gigantesca
di nuovo s’avventò contro di me.
KENT
Non c’è uno di questi vigliacchi delinquenti
per cui Aiace non sia un matto.
CORNOVAGLIA
Portate i ceppi! Tu, vecchia canaglia
testarda, tu, venerando fanfarone,
ti insegneremo noi.
KENT
Signore, sono troppo vecchio per imparare.
Non ordinate i ceppi per me. Io servo
il Re, e su suo comando sono stato
mandato da voi. Troppo scarso rispetto
e troppo audace avversione mostrerete
alla grazia e alla persona del mio padrone
mettendo in ceppi il suo messaggero.
CORNOVAGLIA
Portate i ceppi! Sulla mia vita e sul mio onore,
ci starà fino a mezzogiorno.
REGAN
Mezzogiorno, signore? Fino a notte,
e per tutta la notte.
KENT
Se fossi, signora, il cane di vostro padre
non mi trattereste così.
REGAN
Poiché sei il suo sgherro, lo farò.
CORNOVAGLIA
Questo è un tipo della stessa razza
di cui parla nostra sorella. Avanti, i ceppi!
(Vengono portati i ceppi.)
GLOUCESTER
Lasciate ch’io scongiuri Vostra Grazia
di non farlo. La sua colpa è grande e il buon Re,
suo padrone, lo punirà. Con la pena ignominiosa
da voi emanata si puniscono i malfattori
più infimi e vili per piccoli furti
e delitti di scarso conto. Il Re
se l’avrà a male se lo rispetterete tanto poco
punendo così il suo messaggero.
CORNOVAGLIA
Ne risponderò io.
REGAN
Mia sorella può ritenersi ancora più offesa
nel vedere il suo uomo insultato e aggredito
perché si occupa dei suoi affari. I ceppi alle caviglie!
(Kent viene messo in ceppi.)
CORNOVAGLIA
Venite, mio signore, andiamo.
(Escono tutti tranne Gloucester e Kent.)
GLOUCESTER
Mi dispiace per te, amico. È un ordine
del Duca, di cui il mondo ben sa
che ha un’indole che non si può addolcire
né fermare. Intercederò per te.
KENT
Vi prego, signore, non fatelo. Ho vegliato
e fatto un duro viaggio, per qualche tempo
dormirò, il resto lo passerò fischiando.
La fortuna d’un giusto può stargli alle calcagna.
Vi auguro una buona giornata!
GLOUCESTER
Il Duca è da biasimare, in questo. La cosa
verrà presa male. (Esce.)
KENT
Buon Re, questo conferma il detto
che se esci dalla benedizione del cielo
trovi il sole che scotta. Avvicinati,
tu, faro di questo globo inferiore,
in modo che coi tuoi raggi confortanti io possa
scorrere questa lettera. Ormai nessuno
vede più miracoli tranne gli infelici.
So che viene da Cordelia, che per somma fortuna
è stata informata del mio travestimento
e troverà il tempo, in questa grande crisi,
di dare alle perdite i loro rimedi.
Stanchi e da troppo insonni, approfittate,
occhi miei pesanti, per non guardare
questa dimora di vergogna. Buona notte, fortuna.
Sorridi un’altra volta. Gira la tua ruota. (Si addormenta.)
ATTO SECONDO – SCENA TERZA
(Un bosco.)
Entra Edgar.
EDGAR
Ho sentito il bando e grazie alla propizia
cavità d’un albero sono sfuggito alla caccia.
Nessun porto è libero, non c’è luogo
in cui guardie e una eccezionale vigilanza
non siano pronte alla mia cattura.
Finché posso fuggire sono in salvo.
E ho pensato di assumere la forma
più bassa e miserevole con cui la povertà,
in dispregio dell’uomo, mai lo abbia
portato più vicino alla bestia. Insozzerò
il mio viso di sudiciume. Intorno ai fianchi
metterò stracci, mi arrufferò, come gli elfi, i capelli,
e affronterò, con scoperta nudità, i venti
e le persecuzioni del cielo. Il nostro paese
mi offre la prova e il precedente
dei mendicanti di Bedlam, che con voce ruggente
si conficcano nelle braccia nude, insensibili
e smunte, spilli, scaglie di legno,
chiodi, rametti di rosmarino, e con questo
aspetto orrendo per squallide fattorie,
villaggi fatiscenti, ovili, mulini,
a volte con discorsi lunatici, a volte
con preghiere, chiedono la carità:
“Povero Turlygod! Povero Tom!”
Questo è ancora qualcosa; io, Edgar,
non sono niente. (Esce.)
ATTO SECONDO – SCENA QUARTA
(Davanti al castello di Gloucester. Kent in ceppi.)
Entrano Lear, il Matto e un Gentiluomo.
LEAR
È strano che se ne siano andati via da casa
e non mi abbiano rimandato il messaggero.
GENTILUOMO
A quel che ho sentito, la notte prima
non avevano alcuna intenzione di partire.
KENT
Salute a voi, nobile padrone!
LEAR
Ehi! Fai di questa infamia un passatempo?
KENT
No, mio signore.
MATTO
Ah! ah! Guardate, porta giarrettiere pesanti. I cavalli si legano per la testa, i cani e gli orsi per il collo, le scimmie per i fianchi e gli uomini per le gambe. Quando uno dimena troppo le gambe si infila calzerotti di legno.
LEAR
Chi è colui che ha tanto frainteso la tua posizione da metterti qui?
KENT
Colui e colei: vostro genero e vostra figlia.
LEAR
No.
KENT
Sì.
LEAR
No, dico.
KENT
E io dico sì.
LEAR
No, no, non lo farebbero.
KENT
Sì, l’hanno fatto.
LEAR
Per Giove, giuro di no.
KENT
Per Giunone, giuro di sì.
LEAR
Non oserebbero farlo; non potrebbero,
né vorrebbero. È peggio di un assassinio
oltraggiare il rispetto con tanta violenza.
In poche parole, dimmi in che modo
hai potuto meritare questo trattamento
o perché, venendo tu da parte mia,
te l’hanno inflitto.
KENT
Mio signore, mentre nella loro casa
consegnavo la lettera di Vostra Altezza,
prima che mi rialzassi dal luogo in cui
m’ero debitamente inginocchiato, ecco
che arriva un messaggero fumante, sudato
per la corsa, quasi sfiatato, che rantola
saluti da parte di Goneril, la sua
signora: e, senza curarsi di interrompere me,
consegna lettere, che loro leggono
senza indugio. E dopo averle lette
chiamano i servi, inforcano i cavalli,
ordinano a me, guardandomi freddamente,
di seguirli e di aspettare la loro risposta.
Qui ho incontrato l’altro messaggero,
il cui arrivo aveva avvelenato il mio,
e che era lo stesso individuo che ultimamente
era stato così insolente con Vostra Altezza.
Avendo in me più coraggio che cervello
ho sguainato la spada; lui da vigliacco
sveglia la casa con urla laceranti.
Vostro genero e vostra figlia
hanno giudicato questa azione
degna della vergogna che essa ora subisce.
MATTO
L’inverno non è ancora passato, se le oche selvatiche volano da quella parte.
Padri che indossano stracci
rendono i loro figli ciechi.
Ma padri che portano sacchi
vedono i loro figli lieti.
La fortuna, maledetta puttana,
ai poveri non apre mai la tana.
Ma, malgrado tutto questo, dalle tue figlie avrai tanti dollari di dolori quanti potrai contarne in un anno.
LEAR
Ah, come questo mal della madre si gonfia
verso il cuore! Giù, histerica passio,
dolore che monti! Il tuo elemento è in basso.
Dov’è questa figlia?
KENT
È dentro con il Conte, signore.
LEAR
Non seguitemi: aspettatemi qui. (Esce.)
GENTILUOMO
Che altro hai fatto, oltre ciò di cui hai parlato?
KENT
Niente.
Come mai il Re viene con un seguito così ridotto?
MATTO
Se t’avessero messo in ceppi per questa domanda, te lo saresti meritato.
KENT
Perché, Matto?
MATTO
Ti manderemo a scuola da una formica perché ti insegni che d’inverno non si lavora. Tutti quelli che seguono il loro naso vengono guidati dagli occhi tranne i ciechi; non c’è un naso tra venti che non s’accorga se uno puzza. Quando una grande ruota corre giù per una montagna, tu molla la presa, se non vuoi spezzarti il collo seguendola. Ma quando sale fatti trascinare. Se un saggio ti dà un consiglio migliore, restituiscimi il mio; a seguirlo voglio che siano solo le canaglie, visto che a darlo è un Matto.
Il signore che ti serve
per amore di guadagno
e ti segue soltanto
per amore della forma,
fa i bagagli appena piove
e ti lascia nel temporale.
Ma io rimango; il Matto resta
e lascia che se ne vada il saggio.
La canaglia che scappa fa il Matto,
ma il Matto, perdio, non è canaglia.
KENT
Questa dove l’hai imparata, Matto?
MATTO
Non stando in ceppi, Matto.
Rientra Lear, con Gloucester.
LEAR
Rifiutare di parlarmi! Stanno male! Sono stanchi!
Hanno viaggiato tutta la notte! Meri pretesti,
segni di ribellione e di fuga.
Procurami una risposta migliore.
GLOUCESTER
Mio caro signore, voi conoscete
l’indole irascibile del Duca, e sapete
come sia irremovibile e fermo quando
ha preso la sua strada.
LEAR
Vendetta, peste, morte, distruzione!
Irascibile? Quale indole? Ah, Gloucester, Gloucester,
voglio parlare al Duca di Cornovaglia e a sua moglie.
GLOUCESTER
Mio buon signore, li ho informati.
LEAR
Li hai informati! Ma tu mi capisci, uomo?
GLOUCESTER
Sì, mio buon signore.
LEAR
Il Re vuole parlare con Cornovaglia, il padre
amato vuole parlare con sua figlia, lo comanda,
lo esige. Sono stati informati di questo?
Mio fiato e sangue! L’irascibile! L’irascibile
Duca! Di’ al focoso Duca che –
No, non ancora. Può darsi che non stia bene.
L’infermità trascura quei doveri
cui la salute è tenuta – noi
non siamo noi stessi quando la natura
oppressa comanda alla mente di soffrire
insieme al corpo. Pazienterò. Condanno
l’umore più ostinato che mi aveva spinto
a scambiare l’accesso di un uomo malato
per l’uomo sano. Morte al mio stato! (Guardando Kent.)
Perché sta qui? Quest’atto mi convince
che il ritirarsi del Duca e di lei
è solo un espediente. Ridatemi il mio servo!
Andate a dire al Duca ed a sua moglie
che io voglio parlare con loro – immediatamente!
Dite loro di venire ad ascoltarmi,
ché altrimenti alla porta della loro camera
suonerò il tamburo finché il sonno
non diventi morte.
GLOUCESTER
Spero che tra voi tutto si appiani. (Esce.)
LEAR
Ahimè, il mio cuore, il mio cuore che sale!
Sta’ giù, giù.
MATTO
Gridagli, Zietto, come quella cuoca che gridava alle anguille quando le metteva vive nella pasta della focaccia. Le picchiava in testa con un bastone e gridava: “Giù, canaglie, giù!” Quello che, per pura bontà verso il suo cavallo gli imburrava il fieno, era suo fratello.
Rientra Gloucester, con Cornovaglia, Regan e servi.
LEAR
Buon giorno a tutti e due.
CORNOVAGLIA
Salute a Vostra Grazia. (Kent viene messo in libertà.)
REGAN
Sono lieta di vedere Vostra Altezza.
LEAR
Lo credo, Regan. Conosco la ragione
per cui debbo crederlo. Se tu non fossi lieta,
dovrei divorziare dalla tomba di tua madre
come dal sepolcro di un’adultera. (A Kent.) Oh! Sei libero?
Di questo un’altra volta. (Esce Kent.) Amata Regan,
tua sorella è cattiva. Oh, Regan,
ha incatenato la malvagità dal dente aguzzo
qui, come un avvoltoio. (Indica il suo cuore.)
Posso a stento
parlarti. Tu non crederai con quale
perversità – o Regan!
REGAN
Vi prego, signore, calmatevi. Spero
che siate voi a non sapere come valutare i suoi meriti
più che lei a mancare ai suoi doveri.
LEAR
Cosa? Che vuoi dire?
REGAN
Non posso credere che mia sorella
sia in alcun modo venuta meno
ai suoi obblighi. Se magari ha frenato, signore,
i tumulti dei vostri seguaci, il motivo
è così giusto, e il fine così sano,
da assolverla da ogni colpa.
LEAR
Le mie maledizioni su di lei!
REGAN
Oh signore, voi siete vecchio.
La natura in voi è all’orlo stesso
del suo confine: dovreste essere
governato e guidato da un qualche occhio
che veda il vostro stato meglio di voi.
Perciò vi prego di far ritorno da nostra sorella.
Ditele che le avete fatto torto.
LEAR
Chiederle perdono?
Guarda come la scena si addice alla casa:
“Figlia cara, confesso d’essere vecchio;
la vecchiaia è innecessaria; in ginocchio ti prego
(Si inginocchia.)
di concedermi vestiario, letto e cibo.”
REGAN
Basta, buon signore. Queste
sono bizze indecorose. Tornate da mia sorella.
LEAR (alzandosi.)
Mai, Regan. Lei mi ha privato
di metà del mio seguito, mi ha guardato
con odio, mi ha colpito con la lingua,
come un serpente, proprio al cuore.
Tutte le vendette che il Cielo ha in serbo
cadano sulla sua testa ingrata! Voi,
arie infette, deformate in lei
le ossa non nate!
CORNOVAGLIA
Vergogna, signore, vergogna!
LEAR
Voi, fulmini veloci, scagliate
le vostre fiamme accecanti sui suoi occhi sprezzanti!
Voi nebbie che il sole potente
succhia dalle paludi, infettate la sua bellezza
perché decada e si copra di piaghe.
REGAN
O Dei benedetti!
Questo augurerete a me quando sarete in collera!
LEAR
No, Regan, tu non avrai mai
la mia maledizione. La tua natura mite
non ti consegnerà all’asprezza. I suoi occhi
sono feroci ma i tuoi confortano
e non bruciano. Non è da te
negarmi quel che mi piace, tagliarmi il seguito,
parlarmi con durezza, ridurre le mie rendite
e, per finire, opporre al mio ingresso
il catenaccio. Tu conosci meglio
i doveri della natura, il legame dei figli,
gli effetti della bontà, i doveri della tenerezza.
Tu non hai scordato la metà del regno
di cui ti ho fatto dote.
REGAN
Al punto, buon signore.
LEAR
Chi ha messo in ceppi il mio uomo?
(Trombe dall’interno.)
CORNOVAGLIA
Che trombe sono queste?
REGAN
Le conosco – sono quelle di mia sorella.
Ciò conferma la lettera in cui diceva
che sarebbe venuta qui immediatamente.
Entra Oswald.
La tua signora è arrivata?
LEAR
Questo è uno schiavo la cui superbia d’accatto
s’appoggia al favore volubile di quella
che lui serve. Via dalla mia vista, lacchè.
CORNOVAGLIA
Che intende Vostra Grazia?
LEAR
Chi ha messo in ceppi il mio servo? Regan,
spero proprio che tu non sappia niente.
Entra Goneril.
Chi viene? O Cieli! se amate i vecchi,
se il vostro dolce potere apprezza l’obbedienza,
se siete vecchi anche voi, fate vostra
la nostra causa! Venite a prendere
le mie parti! (A Goneril.) Non ti vergogni
di guardare questa barba? E tu, Regan,
la prendi per mano?
GONERIL
E perché non per mano, signore? In che modo
ho offeso? Non è offesa tutto ciò
che la villania ritiene tale e che il rimbambimento
definisce così.
LEAR
O fianchi troppo forti, resisterete?
Come mai il mio uomo è in ceppi?
CORNOVAGLIA
Ce l’ho messo io, signore; ma era già troppo
per il suo contegno indecoroso.
LEAR
Voi? Voi?
REGAN
Vi prego, padre, siete debole, ammettetelo.
Se fino allo spirare del vostro mese
tornerete a risiedere da mia sorella
congedando metà del vostro seguito,
verrete poi da me. Ora io sono
lontana da casa e mi mancano i mezzi
necessari ad ospitarvi.
LEAR
Tornare da lei? Congedando cinquanta uomini?
No, piuttosto rinuncio ad ogni tetto
e scelgo di affrontare l’inimicizia dell’aria,
di essere compagno del lupo e del gufo –
duro morso della necessità.
Tornare da lei? Tanto varrebbe
inginocchiarmi davanti al trono del Francia
dal sangue caldo, che prese senza dote
la nostra figlia più giovane, e come uno scudiero
chiedere a lui una pensione per sostentare
una vita meschina. Tornare da lei!
Persuadimi piuttosto a fare da schiavo
e da bestia a questo detestabile lacchè. (Indica Oswald.)
GONERIL
A vostra scelta, signore.
LEAR
Ti prego, figlia, non farmi impazzire.
Non ti disturberò, figlia mia. Addio.
Non ci incontreremo più, non ci vedremo.
Eppure sei mia carne, mio sangue, mia figlia.
O piuttosto una malattia che ho nella carne
e che debbo per forza chiamare mia.
Tu sei un bubbone, una piaga, o una pustola
rigonfia nel mio sangue corrotto. Ma io
non ti rimprovero. Venga la vergogna quando vuole,
io non la chiamo. Non chiedo al dio
del fulmine di scagliarlo, né racconto di te
all’alto giudice Giove. Emèndati
quando puoi, migliora a tuo piacere.
Io posso essere paziente, posso stare
con Regan, io e i miei cento cavalieri.
REGAN
Non proprio, signore. Non vi aspettavo ancora
né sono pronta a un’accoglienza degna.
Ascoltate mia sorella, signore: chi osservi
con lucidità la vostra furia
non può non pensare che siete vecchio,
e dunque – ma lei sa quello che fa.
LEAR
È giusto, questo?
REGAN
Direi di sì, signore. Come!
Cinquanta cavalieri non vanno bene?
Cosa fareste con più di cinquanta?
Ma perché anche questi, dato che spese e rischi
parlano contro un numero così grande?
Com’è possibile che nella stessa casa
tante persone sotto due padroni
vivano in armonia? È difficile, quasi impossibile.
GONERIL
Non potreste, signore, farvi servire
da coloro che servono lei, o me?
REGAN
Perché no, mio signore? Così, se capitasse
che vi mancassero di rispetto, potremmo redarguirli.
Se verrete da me – ora infatti
scorgo il pericolo – vi chiedo di portarne
soltanto venticinque: a non più di questi
io darò alloggio o accesso.
LEAR
Io vi ho dato tutto –
REGAN
Ed era ora.
LEAR
Vi ho fatto mie tutrici, mie depositarie,
a condizione d’essere seguito
da questo numero. Come! Debbo venire
da te con venticinque? Regan, hai detto questo?
REGAN
E lo ripeto, mio signore. Non di più, da me.
LEAR
Le creature mostruose sembrano belle,
se altre sono più mostruose. Non essere
il peggiore diventa titolo di lode.
(A Goneril.) Verrò da te, i tuoi cinquanta
sono il doppio di venticinque, e il tuo affetto
è il doppio del suo.
GONERIL
Ascoltate, mio signore: che bisogno avete
che vi seguano venticinque, o dieci, o cinque
in una casa in cui due volte tanti
hanno l’ordine di servirvi?
REGAN
Che bisogno avete di uno?
LEAR
Oh, non ragionare sul bisogno! I più umili
mendicanti hanno pur sempre il superfluo.
Se alla natura non si concede più di quello
di cui la natura ha bisogno, la vita
dell’uomo è misera come quella della bestia.
Tu sei una signora: se essere elegante
significasse soltanto stare al caldo,
la natura non avrebbe bisogno delle vesti
sontuose che tu porti e che ben poco
ti tengono calda. Quanto al bisogno
vero – voi Cieli, datemi la pazienza,
di pazienza ho bisogno! – voi, Dei,
mi vedete qui, un povero vecchio,
pieno di dolore quanto di anni,
tormentato da entrambi. Se siete voi
a muovere i cuori di queste figlie
contro il loro padre, non prendetemi in giro
facendomi sopportare docilmente; toccatemi
con una nobile ira, e non lasciate
che le armi delle donne, le gocce d’acqua,
macchino le mie guance di uomo. No,
streghe snaturate, su tutt’e due
mi prenderò vendette tali che il mondo –
farò cose tali – quali saranno
non so ancora ma saranno il terrore
della terra. Voi pensate che io piangerò.
No, non piangerò. Ho tutte le ragioni
(Si ode il temporale a distanza.)
per piangere ma questo cuore si spezzerà
in centomila frammenti prima ch’io pianga.
O Matto! Impazzirò.
(Escono Lear, Gloucester, Gentiluomo e Matto.)
CORNOVAGLIA
Ritiriamoci: si prepara un temporale.
REGAN
Questa casa è piccola: il vecchio e la sua gente
non possono essere alloggiati bene.
GONERIL
È colpa sua – si è tolto dalla quiete
e deve per forza assaggiare la sua follia.
REGAN
In quanto a lui, lo accoglierei con piacere,
ma nessuno dei suoi seguaci.
GONERIL
A questo sono decisa anch’io. Dov’è
il signore di Gloucester?
CORNOVAGLIA
Ha seguito fuori il vecchio. Eccolo che torna.
Rientra Gloucester.
GLOUCESTER
Il re è infuriato.
CORNOVAGLIA
Dove sta andando?
GLOUCESTER
Ha chiesto i cavalli ma non so dove vada.
CORNOVAGLIA
Meglio lasciarlo fare. Decida lui.
GONERIL
Mio signore, non chiedetegli in nessun modo di restare.
GLOUCESTER
Ahimè, scende la notte e i venti
freddi battono crudelmente. Per molte miglia
non c’è nemmeno un cespuglio.
REGAN
Oh, signore, per gli uomini cocciuti,
il male che si procurano da soli
dev’essere il loro maestro di scuola.
Chiudete le porte. È accompagnato
da un seguito di disperati, e la saggezza impone,
facile com’è il suo orecchio a cedere all’inganno,
di temere ciò che loro possono indurlo a fare.
CORNOVAGLIA
Chiudete le vostre porte, mio signore:
è una notte dura. La mia Regan ha ragione:
ripariamoci dal temporale. (Escono.)
Re Lear
(“King Lear” – 1605 – 1606)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V