(“Richard II” – 1595)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
ATTO QUARTO – SCENA PRIMA (Unica)
Entrano, per una seduta del Parlamento, Bolingbroke con i Pari Aumerle, Northumberland, Percy, Fitzwater, Surrey, [il Vescovo di] Carlisle, l’Abate di Westminster, [un altro Lord,] un Araldo, ufficiali e Bagot.
BOLINGBROKE
Chiamate Bagot.
E adesso, Bagot, parla pure liberamente.
Cosa sai tu della morte del nobile Gloucester?
Chi vi ha coinvolto il Re, e chi fu lo strumento
di tal sanguinaria e prematura esecuzione?
BAGOT
Se è così, mettetemi a confronto con Lord Aumerle.
BOLINGBROKE
Cugino, fatti avanti e guarda in faccia quell’uomo.
BAGOT
Duca di Aumerle, lo so, la vostra lingua imprudente
disdegna rimangiarsi dichiarazioni passate.
Al tempo nefasto in cui si complottò la morte di Gloucester
vi sentii dire: “Non è il mio braccio lungo abbastanza
da giungere, dalla tranquilla corte inglese,
fino a Calais, alla testa di mio zio?”.
Tra molti altri discorsi, proprio in tale occasione
vi sentii dire che avreste piuttosto ricusato
l’offerta di centomila corone,
che permesso il ritorno in Inghilterra di Bolingbroke;
e aggiungeste che per la patria sarebbe una benedizione
la morte di questo vostro cugino.
AUMERLE
Principi e nobili Pari,
che posso rispondere a questo ignobile individuo?
Dovrò disonorare le mie alte fortune
dandogli il castigo che merita in una tenzone fra eguali?
Dovrò pur farlo, oppure il mio onore sarà insozzato
dalle infami accuse delle sue labbra calunniose.
Ecco il mio guanto, suggello manuale di una morte
che ti destina all’inferno. Io dico che tu menti,
e proverò che quel che hai detto è falso
col sangue del tuo petto, per quanto indegno sia
di macchiare il filo della mia spada di cavaliere.
BOLINGBROKE
Fermati, Bagot. Ti vieto di raccoglierlo.
AUMERLE
Con una sola eccezione, vorrei fosse il più eletto
di tutto questo consesso a provocarmi così.
FITZWATER
Se il tuo valore esige la parità di rango,
questo, Aumerle, è il mio guanto, col quale sfido il tuo.
Per la luce del sole, che m’indica dove sei,
ti sentii dire – e te ne sei vantato –
che fosti tu a dar la morte al nobile Gloucester.
Anche se neghi venti volte, tu menti,
ed io la tua menzogna te la ricaccerò nel cuore
dov’è stata forgiata, sulla punta della mia spada.
AUMERLE
Non è da te, codardo, vivere sino a quel giorno.
FITZWATER
Ah, sull’anima mia, se fosse questo, quel giorno!
AUMERLE
Fitzwater, questa menzogna ti condanna all’inferno.
PERCY
Tu menti, Aumerle. La sua integrità d’uomo d’onore,
nell’accusarti, è pari solo alla tua nequizia;
ed ecco, getto anche il mio guanto, e che tu sei come dico
lo proverò sulla tua pelle sino all’ultimo estremo
di anelito mortale. Raccoglilo, se osi.
AUMERLE
Se non lo faccio, mi vadano in cancrena le mani,
e che mai più brandiscano l’acciaio vendicatore
sull’elmo scintillante del mio avversario.
UN ALTRO LORD
Affido alla terra anche il mio guanto, Aumerle spergiuro,
e ti rinfaccio tante altre menzogne,
quante si possano conficcare nelle tue orecchie proditorie
da un’alba all’altra. Eccoti il pegno del mio onore:
raccogli la sfida, se osi!
AUMERLE
Chi altro si fa avanti? Per Giove, vi sfido tutti.
Ho mille vite in un solo petto,
da tener testa a ventimila come voi.
SURREY
Mio Lord Fitzwater, ricordo assai bene
la circostanza del colloquio fra Aumerle e voi.
FITZWATER
Verissimo: eravate fra i presenti,
e potete testimoniare che è vero.
SURREY
Falso, per Giove, com’è vero il cielo!
FITZWATER
Surrey, tu menti!
SURREY
Giovinastro senza onore!
Questa calunnia peserà tanto sulla mia spada
ed essa ne farà le vendette con tale rivalsa
che tu, seminatore di calunnie, sarai seminato con quella calunnia
sotterra, stecchito come il teschio di tuo padre.
A riprova di ciò, eccoti il pegno del mio onore:
raccogli la sfida, se osi!
FITZWATER
Stolto, a spronare un cavallo che già morde il freno!
Se oso mangiare, bere, respirare, esser vivo,
avrò il coraggio di incontrare un Surrey in una landa deserta,
e di sputargli addosso dicendogli che mente,
e mente, e mente. Eccoti il pegno del mio onore,
che t’impegna a subire il mio duro castigo.
Com’è vero che intendo salire in alto, nel nuovo ordine,
Aumerle è colpevole di ciò di cui veracemente lo accuso.
E, inoltre, ho udito l’esiliato Norfolk asserire
che tu, Aumerle, mandasti due tuoi emissari
a dar la morte al nobile Duca, a Calais.
AUMERLE
Qualche onesto cristiano mi presti un guanto,
ché Norfolk mente. Ecco, io lo getto a terra
e, se sarà amnistiato, lo sfido a vendicare il suo onore.
BOLINGBROKE
Tutte coteste sfide restan per ora in sospeso,
fino al richiamo di Norfolk. Egli sarà richiamato,
anche se mio nemico, e gli saranno restituite
tutte le terre, e le sue signorie. Quando farà ritorno
ordineremo contro Aumerle la prova delle armi.
CARLISLE
Quel giorno d’onore non lo vedremo mai.
Molte e molte volte il bandito Norfolk si è battuto
per Gesù Cristo nel glorioso campo cristiano,
spiegando al vento il vessillo della croce di Cristo
contro i neri pagani – Turchi e Saraceni;
ma poi, stremato dalle fatiche di guerra, andò a ritirarsi
in Italia, e in quel di Venezia volle affidare
il suo corpo alla terra di quel dolce paese,
e la sua anima incorrotta a Cristo, suo comandante,
sotto le cui bandiere aveva pugnato sì a lungo.
BOLINGBROKE
Che dite, Vescovo? Norfolk è morto?
CARLISLE
Com’è vero che son vivo io, mio signore.
BOLINGBROKE
La dolce pace meni la sua dolce anima in grembo
al buon vecchio Abramo! Signori sfidanti,
le vostre disfide dovranno restare in sospeso,
finché non vi avremo assegnato le date della prova.
Entra York.
YORK
Gran Duca di Lancaster, vengo a te
dallo spennato Riccardo, che di spontanea volontà
ti adotta come erede, lasciando il suo alto scettro
in possesso alla tua mano regale.
Ascendi al trono, quale suo successore,
e lunga vita a Enrico, il quarto di questo nome!
BOLINGBROKE
In nome di Dio, ascenderò al trono regale.
CARLISLE
Per carità, Dio non voglia!
Son l’ultimo a parlare, in questa reale assemblea,
ma il primo a cui si addica di dire la verità.
Volesse Iddio che uno solo di voi, in questa nobile accolta,
fosse talmente nobile da erigersi a giudice imparziale
del nobile Riccardo: ché allora la sua nobiltà più vera
gli direbbe di astenersi da così turpe ingiustizia.
Quale suddito può pronunziare un verdetto sul Re?
E chi, in questo consesso, non è suddito di Riccardo?
Neanche i ladri si giudicano senza prima ascoltarli,
anche se la loro colpa appare manifesta.
E dovrà l’immagine della maestà di Dio,
il Suo capitano, luogotenente, vicario d’elezione,
unto, incoronato, insediato da anni sul trono,
sottostare al giudizio di sudditi, suoi inferiori,
e per di più in sua assenza? Oh, Dio non permetta
che in un paese cristiano anime battezzate
facciano mostra di tanto odioso, nero, osceno delitto!
Io parlo a dei sudditi, e vi parlo da suddito
che Dio ha ispirato a franca difesa del suo re.
Il qui presente Duca di Hereford, che chiamate re,
del re del superbo Hereford è un nero traditore;
e se voi l’incoronate, mi sia lecito profetare
che sangue inglese concimerà il terreno
e le età future dovranno piangerlo, questo turpe misfatto.
La pace cercherà riposo fra turchi e infedeli,
e in questa culla della pace, in guerre tumultuose
si annienteranno a vicenda fratelli e consanguinei.
Disordine, orrore, paura e ribellione
s’insedieranno qui, e questo paese sarà chiamato
campo del Golgota e dei teschi umani.
Oh, se solleverete questa casata contro l’altra,
provocherete la più funesta divisione
che mai si sia abbattuta su questa terra disgraziata.
Impeditelo, opponetevi, scongiurate il malanno,
o i figli, e i figli dei figli, vi stramalediranno.
NORTHUMBERLAND
Gran bella perorazione, messere, e pel vostro disturbo
vi arrestiamo sul posto per alto tradimento.
Mio Abate di Westminster, a voi l’incarico
di tenerlo in custodia sino al giorno del processo.
Volete degnarvi, signori, di accoglier l’istanza dei Comuni?
BOLINGBROKE
Portate qui Riccardo, che alla presenza di tutti
possa abdicare. Così procederemo
senza contestazioni.
YORK
Vado a fargli da scorta. Esce.
BOLINGBROKE
Chi di voi, signori, è qui in stato di arresto,
si procuri dei garanti sino al dì del processo.
Dobbiamo ben poco alle vostre premure,
e sul vostro sostegno nutrivamo ben poche illusioni.
Entrano Riccardo e York.
RICCARDO
Ahimè, perché mi portano davanti a un re,
prima che mi sia scrollato di dosso i pensieri regali
del tempo in cui regnavo? Devo ancora imparare
a essere insinuante, a lusingare, a piegar schiena e ginocchi.
Date tempo al dolore di iniziarmi
a tal sottomissione. Eppure le ricordo bene
le fattezze di costoro. Non eran questi i miei uomini?
I loro “Evviva!” non li gridavano proprio a me?
Così Giuda con Cristo. Solo che Lui, fra i dodici,
trovò tutti fedeli meno uno; ed io, tra dodicimila, nessuno.
Dio salvi il Re! Nessuno dirà “Amen”?
Son prete e chierico allo stesso tempo? Allora “Amen”.
Dio salvi il Re, anche se non son io;
eppure “Amen” se il cielo crede che lo sono…
Per quale ufficio mi avete qui convocato?
YORK
Per compier di tua spontanea volontà quell’atto
che l’esaurirsi del tuo potere ti ha indotto ad offrire:
l’abdicazione del trono e della corona
a favore di Enrico Bolingbroke.
RICCARDO
Passatemi la corona.
Ecco, cugino: prenditi la corona. Così, cugino:
da questa parte la mia mano, dall’altra la tua.
Ora quest’aurea corona è come un pozzo profondo,
dove ci sono due secchi, che si riempiono a turno:
quello vuoto su in alto, a volteggiare nell’aria,
e l’altro al fondo, pieno d’acqua e invisibile.
Il secchio al fondo, pieno di lacrime, son io,
che m; tuffo nel dolore mentre voi ascendete al posto mio.
BOLINGBROKE
Vi credevo disposto a abdicare.
RICCARDO
Alla corona, sì: ma le mie pene restano con me.
Potete spogliarmi di ogni gloria e potere,
ma non delle mie pene. Di queste sono sempre re.
BOLINGBROKE
Con la corona mi cederete parte dei vostri affanni.
RICCARDO
I vostri affanni, su in alto, non curano i miei di quaggiù.
La mia cura è nella perdita di cure, ora che non ne ho più.
La vostra cura sono altre cure, acquistate con nuove cure.
Le cure che vi cedo, me le tengo, anche se le ho cedute:
sono tutt’uno con la corona, eppure non le ho perdute.
BOLINGBROKE
Ma consentite a cederla, la corona?
RICCARDO
Sì e no. No e sì… Il sì non conta nulla, come me,
e figuriamoci il mio no, se abdico per te.
Ma ascolta adesso come faccio a disfare me stesso.
Dalla testa mi tolgo questo gran peso,
e dalla mano l’impaccio di un grosso scettro,
e dal cuore l’orgoglio di fare il monarca.
Colle mie stesse lacrime io lavo il crisma dell’unzione,
colle mie stesse mani cedo la mia corona,
colla mia stessa lingua rinnego la mia sacra funzione,
col mio stesso fiato vi libero da ogni fede giurata.
Io rinunzio a ogni pompa e a ogni fasto regale;
rifiuto manieri, e rendite, e profitti,
disconosco ogni mio atto, decreto o legge.
Dio perdoni chi tradisce i giuramenti fatti a me,
Dio conservi inviolati quelli che fanno a te.
E faccia sì che io, che non ho nulla, da nulla sia angustiato,
mentre tu godi tutto quel che ti sei conquistato.
Possa tu vivere a lungo, assiso sul trono di Riccardo,
e possa presto Riccardo giacere in una fossa di terra.
“Dio salvi Re Enrico”, da re disfatto Riccardo dice,
“e gli conceda anni e anni di vita felice”.
Che altro volete da me?
NORTHUMBERLAND
Nient’altro che diate lettura
dei capi d’accusa, e dei nefandi delitti
commessi da voi in persona e dai vostri seguaci,
contro lo Stato e gli interessi della nazione:
se vi confessate colpevole, le menti degli uomini
vi riterranno giustamente detronizzato.
RICCARDO
Devo far questo? Devo disfare l’ordito di follie
di cui è intessuto il mio regno? Nobile Northumberland,
se esistesse un registro delle tue malefatte
non avresti vergogna, in questo illustre consesso,
a darne pubblica lettura? Se lo facessi,
ci troveresti una voce del tutto infamante,
che dice di un re detronizzato,
del più solenne giuramento, infranto –
voce segnata con marchio d’infamia, dannata nel libro del cielo.
Anzi, tutti voialtri che state lì a fissarmi
mentre la mia sventura mi strazia il cuore
anche se qualcuno – come Pilato – se ne lava le mani
mostrando una pietà di circostanza, pure, da veri Pilati,
mi avete consegnato alla croce della mia amarezza,
e non c’è acqua che lavi il vostro peccato.
NORTHUMBERLAND
Signore, bando agl’indugi. Leggete i capi d’accusa.
RICCARDO
Non ci vedo: i miei occhi son pieni di lacrime.
Eppure il sale delle lacrime non li accieca abbastanza
ch’essi non vedano questa congrega di traditori.
E anzi, se volgo gli occhi su me stesso,
io scopro in me un traditore come gli altri:
ho dato qui il mio spontaneo consenso
a che si spogli d’ogni pompa la persona di un re;
ne ho avvilito la gloria, asservito la sovranità,
di un re orgoglioso ho fatto un suddito, di un monarca un villano.
NORTHUMBERLAND
Mio Signore…
RICCARDO
Non tuo signore, uomo arrogante e offensivo,
né signore di alcuno. Non ho più nome né titolo.
No, neppure il nome che mi fu dato al fonte battesimale:
usurpato anche quello. Ahimè che giorno travagliato!
E io che tanti inverni mi son lasciato alle spalle,
adesso non so più come debbo chiamarmi!
Oh, fossi almeno un pupazzo di neve, un re per burla,
piazzato lì, sotto il sole di Bolingbroke,
a sciogliermi goccia a goccia sino a liquefarmi!
Buon re, gran re, ma non abbastanza grande né buono,
se la mia parola vale ancora qualcosa in Inghilterra,
fa’ subito portare qui uno specchio
che mi faccia vedere cosa ne è della mia faccia
da che la sua maestà ha dato bancarotta.
BOLINGBROKE
Che qualcuno vada a prendere uno specchio.
NORTHUMBERLAND
In attesa dello specchio, leggete questo foglio.
RICCARDO
Demonio, tu mi torturi prima di avermi all’inferno.
BOLINGBROKE
Non insistete, mio Duca di Northumberland.
NORTHUMBERLAND
Ma allora i Comuni si diranno insoddisfatti.
RICCARDO
Saranno soddisfatti. Leggerò quanto basta,
quando avrò aperto il libro per eccellenza,
dove son scritti tutti i miei peccati: me stesso.
Entra un servo con uno specchio.
Datemi quello specchio, e vi leggerò dentro.
Come? Nessuna ruga profonda? Il dolore ha inferto
tutti questi colpi su questa mia faccia
senz’altre tracce che queste? O specchio adulatore,
come i miei cortigiani del buon tempo andato:
stai cercando di illudermi. Era questa la faccia
di chi ogni giorno, sotto il tetto del suo palazzo,
dava da vivere a diecimila uomini? Era questa la faccia
che, come il sole, abbagliava chi osava fissarla?
È questa la faccia che ha condonato sfacciate follie,
cui il voltafaccia di Bolingbroke fa perder la faccia?
Una ben fragile gloria brilla su questa faccia:
la faccia di un uomo fragile quanto la sua gloria.
[Getta a terra lo specchio.]
Eccola là, frantumata in cento frammenti!
Nota, o Re taciturno, la morale di questa uscita:
ha fatto presto il dolore a distruggermi la faccia.
BOLINGBROKE
Il riflesso del vostro dolore ha distrutto
la vostra immagine riflessa.
RICCARDO
Ditelo ancora!
“Il riflesso del mio dolore” – eh, eh, vediamo un po’…
Vero, verissimo. La mia afflizione me la tengo dentro
e questi riflessi esterni, queste lamentazioni,
sono meri riflessi dello strazio invisibile
che si gonfia in silenzio entro un’anima torturata.
È là che sta la sostanza; e io ti ringrazio, o Re,
per la tua gran munificenza: che non solo mi dai
ragione di alti lamenti, ma m’insegni anche il modo
di lamentarne le cause. Chiedo ancora una grazia,
e poi me ne vado senza più importunarvi.
Mi verrà concessa?
BOLINGBROKE
Dimmi che grazia, amabile cugino.
RICCARDO
“Amabile cugino”? Sono più grande di un re.
Quando ero re i miei adulatori
non erano che sudditi; ora che sono io il suddito
trovo qui un re a farmi da adulatore.
Se sono così grande non ho bisogno di chiedere.
BOLINGBROKE
Chiedi lo stesso.
RICCARDO
Ed otterrò?
BOLINGBROKE
Certo che sì.
RICCARDO
Allora chiedo licenza di andare.
BOLINGBROKE
E dove?
RICCARDO
Dove vorrete, purché lungi da voi.
BOLINGBROKE
Qualcuno lo porti lestamente alla Torre.
RICCARDO
Buona questa! “Lestamente”! Siete una banda di lestofanti,
tutti voi, così lesti a salire dove cade un re vero!
BOLINGBROKE
La nostra solenne incoronazione s’intende fissata
per mercoledì prossimo. Signori, preparatevi.
Escono tutti eccettuati [l’Abate di] Westminster, [il Vescovo di] Carlisle, Aumerle.
ABATE
Abbiamo assistito a un ben triste spettacolo.
CARLISLE
Il peggio deve ancora venire. Gl’infanti non ancora nati
sentiranno questo giorno come una spina nel cuore.
AUMERLE
Voi, santi uomini di chiesa, ci sarà una trama
per liberare il reame da questa nefasta infamia?
ABATE
Mio signore,
prima che io vi parli liberamente di ciò,
dovrete non solo accostarvi al Sacramento
giurando di far segreti i miei intenti, ma anche dar corso
a qualsiasi piano io giunga ad architettare.
Vedo che i vostri sguardi son pieni di malcontento,
i vostri cuori di amarezza, e gli occhi di pianto.
Venite a cena da me, e vi saprò imbastire
una trama che ci farà tutti presto gioire. Escono.
Riccardo II
(“Richard II” – 1595)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V