(“Troilus and Cressida” – 1601)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
ATTO QUARTO – SCENA PRIMA
Entrano, da una parte, Enea e un servo con una torcia; dall’altra entrano Paride, Deifobo, Antenore, il greco Diomede, e altri con torce.
PARIDE
Alt, oh! Chi va là?
DEIFOBO
È Enea.
ENEA
Come, il principe in persona!
Avessi io i vostri buoni motivi per stare sdraiato,
principe Paride, solo la volontà divina
priverebbe della mia compagnia la mia compagna di letto.
DIOMEDE
Lo penso anch’io. Buona giornata, signore Enea.
PARIDE
Stringete la mano a Enea, questo Greco valoroso:
miglior prova non c’è della vostra parola,
quando diceste che per una settimana intera
Diomede vi dette la caccia là sul campo.
ENEA
Salute a voi, valoroso signore,
finché si tratta in questa tregua leale.
Ma quando v’incontrerò armato, sia la sfida più nera
che il cuore può pensare o il coraggio attuare.
DIOMEDE
E Diomede accetta tutt’e due.
Adesso il sangue è calmo; sicché, adesso, salute!
Ma quando sarà tempo di combattere,
per Giove, fino alla morte ti darò la caccia,
con tutta la mia forza, furia e astuzia.
ENEA
E tu darai la caccia a un leone che fuggirà
guardandoti in faccia. Ma ora che siamo uomini cortesi,
benvenuto a Troia! Sì, per la vita di Anchise,
davvero benvenuto! Giuro sulla mano di Venere
che non c’è uomo vivente che ami di più
ciò che ad ogni costo vuole uccidere.
DIOMEDE
La pensiamo allo stesso modo. Giove, viva Enea,
se il suo destino non è dar gloria alla mia spada,
per mille complete rotazioni del sole.
Ma per il mio emulo onore fallo morire.
domani, trafitto in ogni membro.
ENEA
Ci conosciamo bene, noi due.
DIOMEDE
Già, e non vediamo l’ora di conoscerci peggio!
PARIDE
Questo è il saluto più brutalcortese,
il più nobile odio amoroso di cui io sappia.
(A Enea) Ma come mai così mattiniero, signore?
ENEA
Mi ha fatto chiamare il re, non ne so il motivo.
PARIDE (a Enea)
Il suo motivo l’avete davanti. Bisogna condurre questo Greco qui
alla casa di Calcante, e lì consegnargli
la bella Cressida in cambio di Antenore liberato.
Venite con noi o, se credete, precedeteci là.
Io continuo a credere – o piuttosto
chiamerei il mio pensiero una certezza –
che mio fratello Troilo abbia passato lì la notte.
Svegliatelo e avvisatelo che stiamo per arrivare,
con tutti i nostri motivi. Temo che non saremo affatto graditi.
ENEA (a Paride)
Questo ve l’assicuro;
Troilo preferirebbe che Troia fosse portata in Grecia
piuttosto che Cressida sia portata via da Troia.
PARIDE (a Enea)
Non c’è rimedio:
Lo vuole la durezza del presente.
Signore, andate, noi vi seguiremo.
ENEA
Buona giornata a tutti. Esce col servo.
PARIDE
E ditemi una cosa, mio nobile Diomede,
ma sinceramente, detto da un vero amico:
secondo voi, fra me e Menelao
chi merita di più la bella Elena?
DIOMEDE
Secondo me alla pari.
Se la merita certo lui, che è venuto fin qui
a cercarla, senza curarsi affatto che lei sia insozzata,
a costo di quest’inferno di dolore e di guai;
e voi vi meritate di tenervela
perché la difendete, senza sentirvi in gola
il gusto amaro del suo disonore,
a tale prezzo di perdite in denaro e in amici.
Lui, piagnucoloso becco, si scolerebbe
fondi e feccia d’un otre andato a male;
voi, la lussuria vi fa provar gusto
a generare eredi da lombi di puttana.
Sulla bilancia del merito, ciascuno pesa né meno
né più, e ciascheduno è appensantito
da una puttana.
PARIDE
Siete troppo duro con la vostra compatriota.
DIOMEDE
È lei che è dura con la sua patria. Ascoltatemi, Paride:
per ogni goccia bugiarda in quelle vene spudorate
si è spenta la vita di un Greco; per ogni grammo
di quella sua carcassa contaminata
è stato ucciso un Troiano. Da quando sa parlare,
lei non ha dato fiato a più buone parole,
di quanti Greci e Troiani sono morti per lei.
PARIDE
Bel Diomede, voi fate come i mercanti,
che disprezzano ciò che vogliono comprare.
Noi invece abbiamo cara la virtù del silenzio:
non vogliamo lodare qualcosa per venderla.
Venite da questa parte. Escono
ATTO QUARTO – SCENA SECONDA
Entrano Troilo e Cressida.
TROILO
Non scomodarti, cara, l’alba è fredda.
CRESSIDA
Allora, mio dolce signore,
chiamo giù lo zio che apra il cancello.
TROILO
Lascialo stare. A letto, avanti, a letto!
Il sonno chiuda quei begli occhi
e t’imprigioni dolcemente i sensi
come fa coi bambini senza pensieri.
CRESSIDA
Buon giorno, allora.
TROILO
Ora ti prego, a letto.
CRESSIDA
Sei già stanco di me?
TROILO
O Cressida! Mai me ne andrei da te,
se il giorno pieno di affanni, destato dall’allodola,
non avesse svegliato tutte le strepitose cornacchie,
sicché la notte sognante non celerà più a lungo
le nostre gioie.
CRESSIDA
La notte è stata troppo corta.
TROILO
Dannata strega! S’attarda con chi ha l’odio nel cuore
lunga come l’inferno, e invece vola via
dagli amplessi d’amore
con ali più fulminee del pensiero.
Così prendi freddo, e poi darai a me la colpa.
CRESSIDA
Ti prego, resta ancora.
Voi uomini non volete mai restare.
O sciocca Cressida! Avrei potuto ancora dirti di no,
e allora tu resteresti! Senti! C’è qualcuno sveglio.
PANDARO (dall’interno)
Come! Tutte le porte aperte, qui?
TROILO
È tuo zio.
CRESSIDA
Vada al diavolo! Ora ci prenderà in giro.
E io dovrò sopportare!
Entra Pandaro.
PANDARO
Dunque, dunque, come vanno queste verginità? Dico a te, verginella! Dov’è mia nipote Cressida?
CRESSIDA
Impiccati, zio cattivo e sfottitore!
Mi spingi a fare… e poi mi prendi in giro.
PANDARO
A far cosa? A far cosa? Lo dica chiaro: cosa? Cosa ti ho spinto a fare?
CRESSIDA
Via, via, vai all’inferno! Non sarai mai buono,
e non sopporti che lo siano gli altri.
PANDARO
Ah ah! Ahimè poverina! Povera stupidina! Non hai dormito stanotte? È lui il cattivaccio che non t’ha fatto dormire? Lo porti via il babau!
CRESSIDA
Non te l’avevo detto? Magari qualcuno lo
picchiasse in testa!
Bussano.
Chi c’è alla porta? Da bravo, zio, va’ a vedere.
Mio signore, torna in camera. Perché ridi
e mi prendi in giro, come se pensassi
a qualcosa di male?
TROILO
Ah, ah!
CRESSIDA
Via, ti sbagli, non ci penso per niente.
Bussano.
Ma senti come bussano! Ti prego, vieni dentro.
Non voglio che ti vedano qui, neanche per mezza Troia.
Escono Troilo e Cressida.
PANDARO
Chi è? Che succede? Volete buttar giù la porta? Insomma, cosa c’è?
Entra Enea.
ENEA
Buon giorno, signore, buon giorno.
PANDARO
Ma chi è? Il signor Enea! Giuro, non vi avevo riconosciuto. E come mai così di buon’ora?
ENEA
È qui il principe Troilo?
PANDARO
Qui? E a far che?
ENEA
Su, su, che c’è, signore; non lo negate.
È molto importante che parli con me.
PANDARO
Dite che è qui? Allora ne sapete più di me, lo giuro. Io poi son tornato a casa tardi. E che ci farebbe?
ENEA
Oh, ma via! Andiamo, andiamo, che così finite per fare il suo danno senza volerlo. Per essergli fedele finirete col tradirlo. Non volete saperne niente, e sia, però intanto me lo andate a chiamare. Andiamo. Esce Pandaro.
Entra Troilo.
TROILO
Allora, che succede?
ENEA
Principe, non ho quasi il tempo di salutarvi,
tanta è l’urgenza di cio che ho per le mani.
Stanno arrivando vostro fratello Paride
e Deifobo, il greco Diomede e il nostro Antenore,
a noi restituito; in cambio di lui,
prima del primo sacrificio, entro quest’ora,
dobbiamo consegnare in mano a Diomede
la signora Cressida.
TROILO
Così è stato deciso?
ENEA
Da Priamo e dal comando di Troia.
Sono qui fuori, pronti ad effettuare lo scambio.
TROILO
Il mio successo si tramuta in beffa!
Vado a incontrarli. Voi, principe Enea,
m’avete incontrato per caso: non mi avete trovato qui.
ENEA
D’accordo, d’accordo, mio signore. La natura, sui suoi segreti,
non saprebbe essere più taciturna di me. Escono.
Entrano Pandaro e Cressida
PANDARO
Possibile! Appena avuta e già perduta! Al diavolo Antenore! Il giovane principe perderà la testa. Accidenti ad Antenore! Magari gli avessero torto il collo!
CRESSIDA
Allora, che cosa succede? Chi era venuto?
PANDARO
Ah, ah!
CRESSIDA
Che cosa sono questi profondi sospiri? Dov’è il mio signore? Se n’è andato? Insomma, zietto, che c’è?
PANDARO
Vorrei trovarmi non sopra, ma sotto terra.
CRESSIDA
O dei, ma che succede?
PANDARO
Torna dentro, ti prego. Non fossi mai nata! Qualcosa mi diceva che saresti stata la sua morte. Disgraziato giovane! Un accidenti ad Antenore!
CRESSIDA
Zio mio, ti supplico, ti supplico in ginocchio, che succede?
PANDARO
Te ne devi andare, ragazza mia, te ne devi andare; t’hanno scambiata con Antenore. Devi andare da tuo padre, e lasciare Troilo. Sarà la sua morte, la sua rovina; non potrà sopportarlo.
CRESSIDA
Dèi immortali! No, non ci vado.
PANDARO
Devi.
CRESSIDA
No, zio, non vado. Mio padre l’ho dimenticato.
Non ho una goccia di sangue suo, non ho parenti,
non ho affetti, e nessuno mi è più vicino
del dolce Troilo. O dèi divini!
Che il nome Cressida sia il massimo dell’infedeltà
se mai abbandona Troilo! Tempo, violenza e morte
fate a questo corpo tutte le offese che potete;
ma la forte base e costruzione del mio amore
è al centro stesso della terra,
e attira tutto a sé. Vado dentro a piangere.
PANDARO
Vai, vai.
CRESSIDA
A strapparmi i capelli luminosi e a graffiarmi guance così lodate,
a rompere coi singhiozzi la mia voce chiara
e a spezzarmi il cuore invocando Troilo. Non andrò via da Troia!
Escono.
ATTO QUARTO – SCENA TERZA
Entrano Paride, Troilo, Enea, Deifobo, Antenore e Diomede.
PARIDE
È giorno pieno, ormai s’avvicina
l’ora fissata per la sua consegna
a questo Greco valoroso. Troilo, fratello mio,
pensaci tu a dire alla ragazza
cio che deve fare, e dille di far presto.
TROILO
Entrate in casa sua.
La porto subito al Greco. E quando
la darò alle sue mani, penserò
che siano un altare, e che tuo fratello Troilo
sia un sacerdote che vi offre il proprio cuore.
PARIDE
So bene che vuol dire amare;
e vorrei poterti aiutare, così come ti compiango.
Vi prego, entrate, signori. Escono.
ATTO QUARTO – SCENA QUARTA
Entrano Pandaro e Cressida.
PANDARO
Su, moderazione, moderazione.
CRESSIDA
Perché mi parli di moderazione?
Il dolore che assaggio è fine, perfetto,
e fa violenza con la stessa forza
di ciò che lo causa. Come posso moderarlo?
Se potessi venire a patti col mio amore,
o stemperarlo e renderlo più freddo,
potrei fare lo stesso con il mio dolore.
Ma il mio amore non ammette impurità che lo diluisca,
e neppure il mio dolore, visto quello che perdo.
Entra Troilo.
PANDARO
Eccolo, eccolo, eccolo qui! Ah, mie dolci paperelle!
CRESSIDA (abbracciandolo)
O Troilo, Troilo!
PANDARO
Che paio di meraviglie debbo vedere! Voglio abbracciarvi anch’io. “O cuore”, come dice la bella canzone,
“… O cuore, cuore addolorato,
Perché sospiri e non ti spezzi mai?”
e lui risponde;
“Perché non possono alleviare il tuo dolore
né l’amicizia né le parole”.
Mai versi più veri di questi. È proprio vero, mai buttar via niente, ci sono momenti nella vita che si puo aver bisogno anche di questi versi. Lo si vede, lo si vede. E allora, agnellini?
TROILO
Cressida, io t’amo di un affetto così puro,
che i sacri dèi, invidiosi della mia passione,
più zelante di ogni devozione che alle loro divinità
mandano certe labbra fredde, ti tolgono a me.
CRESSIDA
Provano invidia gli dèi?
PANDARO
Sì, sì, sì, sì. È fin troppo evidente.
CRESSIDA
Ed è vero che devo andarmene da Troia?
TROILO
Orribile ma vero.
CRESSIDA
Come, e anche da Troilo?
TROILO
Da Troia e da Troilo.
CRESSIDA
È possibile?
TROILO
E subito. L’offesa della sorte
ci nega i commiati, accantona con sgarbo
ogni indugio, con malagrazia priva
di ogni congiunzione le nostre labbra,
impedisce con la forza i nostri abbracci stretti,
strangola i nostri voti d’amore appena
il nostro fiato li concepisce ansante.
Noi due, che ci siamo comperati a vicenda
con tante migliaia di sospiri, ora dobbiamo
svenderci con l’affanno reciso di uno solo.
Il tempo ingiurioso con la fretta d’un ladro
stiva a casaccio il suo ricco bottino.
Tanti addii, quante sono le stelle in cielo,
ognuno col suo sospiro, e il sigillo dei baci,
lui li affastella in un addio confuso,
e ci lesina un solo bacio affamato,
mal condito col sale di lacrime spezzate.
ENEA (da dentro)
Principe, è pronta la signora?
TROILO
Senti? ti chiamano; così dicono che il Genio
gridi “Vieni” a chi deve morire sull’istante.
Ditegli che abbiano pazienza, viene subito.
PANDARO
Dove sono le mie lacrime? Piovete, perché cessi questo vento di sospiri, o il mio cuore ne sarà sradicato.
Esce.
CRESSIDA
Allora devo andare dai Greci?
TROILO
Non c’è rimedio.
CRESSIDA
Una Cressida dolente fra i Greci spensierati!
Quando ci rivedremo?
TROILO
Ascoltami, amore. Siimi solo fedele nel tuo cuore.
CRESSIDA
Fedele? E me lo chiedi? Che pensiero malvagio è questo?
TROILO
No, senti, dobbiamo rimproverarci con gentilezza
perché anche il rimprovero sta per lasciarci.
Io non ti dico “Sii fedele” perché dubiti di te;
perché getterei il guanto in faccia alla stessa morte
per sostenere che non c’è macchia nel tuo cuore.
Ma “Sii fedele” lo dico come premessa
a questo che ora ti giuro: “Sii fedele
e io ti rivedro”.
CRESSIDA
Oh mio signore, ti esporrai a pericoli
infiniti e continui. Ma io saro fedele!
TROILO
Ed io e il pericolo diventeremo amici.
Porta questo bracciale.
CRESSIDA
E tu questo guanto. Quando ti rivedrò?
TROILO
Corromperò le sentinelle greche
per farti visita la notte.
Ma sii fedele.
CRESSIDA
O cielo, ancora “sii fedele”!
TROILO
Senti perché lo dico, amore.
I giovani greci sono pieni di doti;
il loro corteggiamento è ben dosato coi doni di natura,
e fiorente di arti e d’esperienze.
La loro novità, le loro doti,
unite alla bellezza, potrebbero sedurre.
Di qui, ahimè, una sorta di sacra gelosia
– considerala, ti supplico, un peccato virtuoso –
mi fa temere.
CRESSIDA
O dèi, tu non mi ami!
TROILO
Che io muoia da infame, allora!
In questo non metto in dubbio la tua fedeltà,
ma soprattutto i miei meriti: non so cantare,
né volteggiare nel ballo, né addolcire le parole,
né far giochi di destrezza – che son tutte virtù
in cui i Greci sono esperti e dotati.
Ma so dirti che in tutti questi talenti
si nasconde un demonio quieto, che sta zitto e affascina
e tenta con molta astuzia. Ma tu non farti tentare.
CRESSIDA
E tu pensi che mi farò tentare?
TROILO
No, ma si puo fare qualcosa anche senza volere;
a volte siamo noi il demonio di noi stessi,
quando mettiamo a prova le nostre fragili forze
presumendo troppo della loro instabile resistenza.
ENEA (da dentro)
Allora, principe?
TROILO
Vieni, un bacio, e separiamoci.
PARIDE (da dentro)
Fratello Troilo!
TROILO
Sì, fratello, vieni avanti,
e porta con te Enea e il Greco.
CRESSIDA
Mio signore, mi sarai fedele?
TROILO
Chi, io? È il mio vizio, purtroppo, la mia colpa:
mentre gli altri, con la furbizia, vanno a caccia di stima,
io con la mia schiettezza mi procaccio mera ingenuità,
mentre certuni, con astuzia, indorano le loro corone di rame,
io, semplice e sincero, la mia la porto com’è.
Non temere per la mia fedeltà: il senso del mio ingegno
è “Semplice e fedele”, ad altro non arriva.
Entrano Enea, Paride, Antenore, Deifobo e Diomede.
Benvenuto, Diomede! Ecco la donna
che ti consegniamo in cambio di Antenore.
Giunti alla porta, signore, te la daro in mano,
e durante il tragitto ti parlerò di lei.
Trattala bene, e, sull’anima mia, bel Greco,
se mai sarai alla mercé della mia spada,
nomina Cressida, e la tua vita sarà
salva come quella di Priamo a Ilio.
DIOMEDE
Bella Cressida, vi prego,
risparmiatevi i ringraziamenti che questo principe s’aspetta.
Lo splendore del vostro sguardo, la vostra guancia divina,
chiedono che vi si tratti con ogni riguardo; sarete
signora di Diomede, e disporrete di lui in tutto.
TROILO
Greco, non sei cortese con me,
umiliando così la calda supplica che ti ho rivolto
con le lodi che le fai. Ti dico, signore di Grecia,
che lei è di tanto superiore alle tue lodi
quanto tu sei indegno di chiamarti suo servo.
T’ingiungo di trattarla bene, solo perché te lo ordino io.
E, per Plutone terribile, se non lo fai,
anche se avessi a guardia quel montagnoso Achille,
ti tagliero la gola.
DIOMEDE
Oh, non vi riscaldate, principe Troilo;
lasciatemi il privilegio, per il ruolo che svolgo,
di parlare in tutta franchezza. Partito da qui
faro come mi piace; e, sappiate signore,
niente ch’io faccia sarà per ordine d’altri.
Ella sarà apprezzata per quel che vale; ma se voi
mi dite: “Così dev’essere”, allora io
per spirito e punto d’onore vi dico “No”.
TROILO
Su, andiamo alle porte. Io ti dico, Diomede,
dovrai nasconderti spesso per questa tua bravata.
Signora, dammi la mano; e strada facendo
parleremo tra noi di ciò che dobbiamo dirci.
Escono Troilo, Cressida e Diomede. Squillo di tromba.
PARIDE
Sentite! La tromba di Ettore.
ENEA
Che mattina sprecata!
Il principe mi crederà pigro e trascurato,
visto che avevo giurato di precederlo sul campo!
PARIDE
Tutta colpa di Troilo; su, su, al campo con lui.
DEIFOBO
Prepariamoci in fretta.
ENEA
Già, mettiamoci alle calcagna di Ettore
con la fresca impazienza di uno sposo.
La gloria della nostra Troia oggi s’affida
al suo valore e al suo braccio di cavaliere. Escono.
ATTO QUARTO – SCENA QUINTA
Entrano Aiace, armato, Agamennone, Achille, Patroclo, Menelao, Ulisse, Nestore, Calcante e un trombettiere.
AGAMENNONE
Eccoti fresco e bello nella tua armatura,
e anche in anticipo. Animo ora!
Con la tua tromba dai la sveglia a Troia,
tremendo Aiace, e l’aria spaventata
faccia un buco nel capo al grande combattente
e lo trascini qui.
AIACE
Trombettiere, eccoti la mia borsa.
Schiantati il petto e spacca il tuo piffero di ottone.
Soffia, birbante, finché la tua guancia tonda
superi l’affanno del gonfio Aquilone.
Su, allarga il torace, sputa sangue dagli occhi;
è per Ettore che suoni. Squillo di tromba.
ULISSE
Nessuno squillo di risposta.
ACHILLE
È ancora presto.
AGAMENNONE
Ma quello non è Diomede, con la figlia di Calcante?
ULISSE
È lui, lo riconosco dal modo di camminare.
Si alza sulle punte. È la sua ambizione
che lo fa lievitare dalla terra.
Entra Diomede con Cressida.
AGAMENNONE
È questa Donna Cressida?
DIOMEDE
Proprio lei.
AGAMENNONE (baciandola)
Il più caldo benvenuto tra noi Greci, dolcezza mia.
NESTORE
T’ha salutato con un bacio il nostro comandante.
ULISSE
Bella gentilezza, ma di uno solo;
meglio sarebbe un bacio generale.
NESTORE
Consiglio molto cavalleresco. Comincio io. La bacia.
Ecco qua per Nestore.
ACHILLE
Bella signora, da quelle labbra tolgo io l’inverno.
La bacia.
È il benvenuto di Achille.
MENELAO
Io una volta avevo un buon motivo per baciare.
PATROCLO
Ma non è una ragione per baciare adesso,
dato che saltò fuori quel Paride sfrontato,
a separare voi dal vostro buon motivo. La bacia.
ULISSE (a parte)
O freddura mortale, e tema di tutti i nostri guai,
per cui perdiamo le teste per indorargli le corna.
PATROCLO
Il primo era per Menelao, questo è per me.
La bacia di nuovo.
Ecco, vi ha baciato Patroclo.
MENELAO
Un bel bacio davvero!
PATROCLO
Paride ed io baciamo sempre al suo posto.
MENELAO
Anch’io lo voglio il bacio. Signora, permettete.
CRESSIDA
Nel baciare, voi date o ricevete?
MENELAO
Ricevo e do.
CRESSIDA
Ma io ci giocherei la vita,
il bacio ricevuto è meglio di quello dato.
Perciò niente bacio.
MENELAO
Ve ne darò uno in più. Tre dei miei baci per uno.
CRESSIDA
Ma voi siete un uomo singolo; date pari o nessuno.
MENELAO
Un singolo uomo, signora? Ma così è ciascheduno.
CRESSIDA
No, Paride non lo è. Perché, lo sapete, è indubbio
che voi siete rimasto dispari e lui è pari.
MENELAO
Mi date un buffetto in testa.
CRESSIDA
Niente affatto, ve l’assicuro.
ULISSE
Non vi converrebbe: per le vostre unghiette
quel corno sarebbe troppo duro.
Bella signora, posso chiedervi un bacio?
CRESSIDA
Sì che potete.
ULISSE
Lo voglio.
CRESSIDA
Allora, su, chiedete.
ULISSE
Datemi un bacio, allora, per amore di Venere,
quando Elena risarà sua e risarà vergine.
CRESSIDA
Vi debbo un bacio: chiedetelo quando ciò avviene.
ULISSE
Allora è mai, e mai mi bacerete.
DIOMEDE
Una parola, signora: vi devo portare da vostro padre.
Esce con Cressida.
NESTORe
È una donnina di spirito.
ULISSE
Vergogna su lei, vergogna!
Tutto è loquace in lei, l’occhio, la guancia, il labbro,
i piedi stessi le parlano. La puttanaggine le fa capolino
da ogni piega e moto del suo corpo.
Oh, queste intraprendenti così svelte di lingua,
che danno il benvenuto prima che tu le abbordi,
e che spalancano il libro dei loro pensieri
ad ogni lettore che le sollecita! Bisogna giudicarle
delle facili prede di ogni occasione,
e figlie del fottisterio. Squilli di tromba.
TUTTI
È il segnale di Troia.
AGAMENNONE
Ecco là il manipolo.
Entrano tutti i Troiani; Ettore, Paride, Enea, Eleno, Troilo, e il seguito.
ENEA
Salve, capitani dei Greci! Che onori saranno resi
a chi ottiene la vittoria? O proponete che solo
si proclami la vittoria? Volete che i cavalieri
si battano ad oltranza, o saranno divisi
per decisione di giudici o per un ordinamento della sfida?
Ettore mi dice di chiederlo.
AGAMENNONE
Che preferirebbe Ettore?
ENEA
Non ha preferenze, accetterà le condizioni.
AGAMENNONE
Degno di Ettore.
ACHILLE
Ma fatto con presunzione,
superbo non poco, e più che offensivo
per l’altro contendente.
ENEA
Se non Achille, signore,
quale nome avete?
ACHILLE
Se non Achille, nessuno.
ENEA
Dunque Achille. Ma chiunque sia, sappiate
che nell’infinitamente grande e piccolo,
in Ettore valore e orgoglio superano se stessi,
l’uno infinito quasi quanto il tutto,
l’altro zero come il nulla.
Valutatelo bene: e ciò che sembra orgoglio
è cortesia. Aiace qui, per metà
ha il sangue di Ettore. Per suo riguardo mezzo Ettore
se ne resta a casa: mezzo cuore, mezza mano,
e mezzo Ettore vengono ad affrontare
questo cavaliere misto, mezzo troiano e mezzo greco.
ACHILLE
Uno scontro verginale, dunque? Ora capisco.
Entra Diomede.
AGAMENNONE
Ecco Diomede. Cavaliere,
siate il padrino di Aiace; fissate col nobile Enea
le condizioni del duello, se a oltranza o come
un esercizio d’abilità.
Essendo i combattenti imparentati,
ciò smorza per metà la lotta prima dell’inizio.
Ettore e Aiace si preparano a combattere.
ULISSE
Sono già di fronte.
AGAMENNONE
Chi è quel troiano così pensieroso?
ULISSE
Il figlio più giovane di Priamo, un vero cavaliere,
non ancora maturo ma già senza pari, fermo
di parola, parla coi fatti e tien muta la lingua,
duro ad esser provocato, e, provocato, ad essere calmato,
cuore e mano aperti e liberali;
ciò che ha lo dà, ciò che pensa lo dice;
non dà senza che il giudizio guidi la munificenza,
né degna del suo respiro un pensiero indegno:
virile quanto Ettore ma più pericoloso,
perché Ettore nell’ira più furente
può impietosirsi, ma lui nel fuoco dell’azione
è più vendicativo dell’amore geloso.
Lo chiamano Troilo, e su di lui erigono
una speranza alternativa, ben fondata come su Ettore.
Questo lo dice Enea, che conosce il giovane
a fondo: me lo descrisse così in privato
quand’ero nella grande Ilio.
Suono di tromba. Ettore e Aiace si battono.
AGAMENNONE
Sono in azione.
NESTORE
Non mollare, Aiace!
TROILO
Ettore, che fai, dormi? svegliati!
AGAMENNONE
Gran bei colpi che dà! Forza, Aiace!
Le trombe smettono di suonare.
DIOMEDE
Basta così.
ENEA
Basta, principi, vi prego.
AIACE
Ma se devo scaldarmi, ancora! Ricominciamo.
DIOMEDE
Decida Ettore.
ETTORE
E allora per me basta. Tu, nobile signore,
sei figlio di una sorella di mio padre,
e dunque cugino germano dei figli di Priamo;
è il legame del sangue che ci vieta
una lotta sanguinosa fra noi due.
Se il tuo incrocio di greco e di troiano
fosse tale che tu potessi dire:
“Questa mano è tutta greca, e questa troiana;
i muscoli di questa gamba sono tutti greci,
e questa è tutta Troia; il sangue di mia madre
scorre nella guancia destra, e la sinistra
contiene quello di mio padre”,
per Giove onnipotente, non lasceresti
il campo con un sol pezzo del tuo corpo greco
su cui la mia spada non avesse inciso
la nostra aspra sfida!
Ma gli dèi giusti proibiscono che una goccia sola
del sangue che viene da tua madre, per me zia sacra,
resti sulla mia spada letale! Aiace, fatti abbracciare.
Per il Tonante, hai braccia muscolose:
Ettore vorrebbe sentirsele cadere addosso, così.
Onore a te, cugino!
AIACE
Ettore, ti ringrazio.
Sei un uomo troppo gentile e troppo generoso.
Ero venuto qui per ammazzarti, cugino,
e per guadagnarmi sul campo una grande fama
con la tua morte.
ETTORE
Neppure Neottolemo, meraviglioso com’è,
sulla cui cresta splendente, col suo sonante “udite!”
la Gloria grida “è lui”, no, neppure lui
potrebbe ripromettersi una maggiore fama
da strappare a Ettore.
ENEA
Ma qui ci tenete tutti col fiato sospeso:
continuate o no?
ETTORE
E noi così rispondiamo
abbracciandoci. Addio, Aiace.
AIACE
Se fossi bravo con le preghiere
che mi capita di fare raramente, vorrei invitare
il mio famoso cugino nelle nostre tende.
DIOMEDE
È il desiderio di Agamennone, e il grande Achille
desidera di vedere il valoroso Ettore disarmato.
ETTORE
Enea, chiamami mio fratello Troilo
e comunica questo cordiale invito
alla nostra scorta troiana; che torni a casa.
Dammi la mano, cugino, mangerò con te
e conoscerò i cavalieri tuoi amici.
Agamennone e gli altri si fanno avanti.
AIACE
Il grande Agamennone ci viene incontro.
ETTORE
Indicami per nome i più importanti;
eccetto Achille: ci penserò da me
a riconoscerlo dalla statura imponente.
AGAMENNONE
Vanto delle armi! abbiti il benvenuto di colui
che ben farebbe a meno di un nemico così!
Ma questo non è un benvenuto: per esser chiari,
ciò ch’è passato e ciò che verrà è cosparso
dei gusci e dell’informe rovina dell’oblio;
ma, ora come ora, la fede e la lealtà,
purgate di ogni vuoto preconcetto,
ti danno, grande Ettore, dal più fondo del cuore
un benvenuto con la più sacra schiettezza.
ETTORE
Grazie, nobilissimo Agamennone.
AGAMENNONE (a Troilo)
Lo stesso a te, famoso principe di Troia.
MENELAO
Mi unisco al saluto del mio reale fratello;
voi, coppia di fratelli guerrieri, benvenuti.
ETTORE
Chi dobbiamo ringraziare?
ENEA
Il nobile Menelao.
ETTORE
Voi, signore? Per il guanto di Marte, grazie!
Via, non beffatemi se io giuro all’antica:
la vostra ex-moglie giura sempre per il guanto di Venere.
Sta bene, ma non mi ha detto di salutarvi.
MENELAO
Non se ne faccia il nome, signore: è un tema letale.
ETTORE
Oh, chiedo scusa: vi ho offeso!
NESTORE
Io ti ho visto spesso, prode Troiano,
agire al posto del destino, aprendoti un varco crudele
fra i ranghi della gioventù greca;
e ti ho visto, ardente come Perseo, spronare
il tuo cavallo frigio, e ti ho visto
sprezzante dei moribondi e degli sconfitti,
bloccare nell’aria la tua spada levata
per non farla piombare sui vinti;
allora ho detto a chi avevo vicino:
“Ecco là Giove, che dispensa la vita!”.
E ti ho visto fermo a riprender fiato
come un lottatore olimpico da ogni lato stretto
dai Greci. Tutto questo ho visto.
Ma le tue fattezze, sempre chiuse nel ferro,
fino ad ora non l’avevo viste. Conoscevo
tuo nonno, una volta ho combattuto con lui.
Un buon soldato, ma, per il grande Marte
che ci guida tutti, niente in confronto a te.
Accetta l’abbraccio di un vecchio; benvenuto,
nobile guerriero, nelle nostre tende.
ENEA
È il vecchio Nestore.
ETTORE
Lascia che ti abbracci, cara cronaca dei tempi antichi,
che così a lungo hai camminato mano in mano
col tempo. Nestore reverendissimo
sono felice di abbracciarti.
NESTORE
Vorrei che le mie braccia potessero lottare con le tue,
come gareggiano con te in cortesia.
ETTORE
Lo vorrei anch’io.
NESTORE
Ah!
Per questa barba bianca, combatterei con te domani!
Ebbene, benvenuto, benvenuto! Ai miei tempi…
ULISSE
Mi chiedo come fa quella città laggiù a stare in piedi,
se la sua base e colonna è qui da noi.
ETTORE
Il vostro è un volto che conosco bene, signor Ulisse.
Ah, signore, quanti morti fra Greci e Troiani
dalla prima volta che vidi voi e Diomede
là a Ilio come ambasciatori dei Greci.
ULISSE
Signore, io vi predissi ciò che ne sarebbe seguito.
La mia profezia è appena a metà strada,
perché quelle mura laggiù che fronteggiano spavalde la città,
quelle torri, le cui cime lascive accarezzano le nubi
devono baciarsi ancora i piedi.
ETTORE
Non devo credervi.
Eccole là, in piedi; e umilmente penso
che la caduta di ogni pietra frigia
costerà una goccia del vostro sangue greco.
Tutto ha fine, e un giorno il tempo,
l’antico arbitro di ogni cosa,
porrà fine anche a questo.
ULISSE
E allora faccia lui per noi.
Gentilissimo e valorosissimo Ettore, benvenuto.
Dopo il comandante in capo, vi prego
di essere mio ospite nella mia tenda.
ACHILLE
Signor Ulisse, eh no, voglio la precedenza!
Ettore, mi son riempito gli occhi di te:
ti ho scrutato attentamente, Ettore,
e ho preso nota di ogni tua giuntura.
ETTORE
È Achille che parla?
ACHILLE
Sono Achille.
ETTORE
Per favore, stai in vista. Fatti vedere bene.
ACHILLE
Guardami quanto vuoi.
ETTORE
Ma no, ho già fatto.
ACHILLE
Sei troppo sbrigativo. Io, invece,
ti voglio riesaminare membro a membro
come dovessi comprarti.
ETTORE
Ah, tu mi vuoi rileggere come un libro di caccia;
ma in me c’è più di quel che puoi capire.
Perché mi opprimi tanto coi tuoi occhi?
ACHILLE
Cieli, ditemi voi: in quale parte del corpo
lo distruggerò? Lì, o lì, oppure lì?
Che io possa dare un nome alla ferita,
e distinguere il varco esatto da cui esalerà
il grande spirito di Ettore. Una risposta, cieli!
ETTORE
Disonorerebbe gli dèi beati, uomo protervo,
rispondere alla tua domanda. Fatti vedere ancora.
Pensi che sia così facile togliermi la vita,
da prevedere allegramente il punto
dove mi colpirai a morte?
ACHILLE
Proprio così.
ETTORE
Anche se tu fossi un oracolo, non ti crederei.
E tu sta’ bene in guardia, perché non ti ucciderò
né lì, né lì e neppure là,
ma, per la fucina che forgiò l’elmo a Marte,
ti ammazzerò tutto quanto, dappertutto!
E voi, o saggissimi Greci, scusate la mia vanteria:
la sua insolenza mi cava di bocca follie
ma io farò che quadrino i fatti e le parole,
o mai più possa…
AIACE
Non ti scaldare, cugino.
E tu, Achille, tientele per te queste minacce
finché non ti ci portino il caso o l’intenzione.
Di Ettore puoi averne abbastanza ogni giorno,
se ne hai voglia. I comandanti, temo,
non fanno che pregarti di lottare con lui.
ETTORE
Fatevi vedere in campo, di questo vi prego.
La guerra è diventata una farsa da quando
avete abbandonato la causa dei Greci.
ACHILLE
Tu, Ettore, mi preghi!
Domani ti verrò incontro, terribile come la morte,
ma stasera siamo tutti amici.
ETTORE
Qua la mano: è un impegno.
AGAMENNONE
Primo, voi tutti pari di Grecia,
andate alla mia tenda, e lì festeggeremo;
poi, se convergono
i desideri di Ettore e la vostra liberalità,
ognuno può intrattenerlo singolarmente.
Rullino i tamburi, suonino le trombe,
questo gran soldato sappia quant’è benvenuto.
Escono tutti tranne Troilo e Ulisse.
Suoni di tamburo e tromba.
TROILO
Principe Ulisse, dimmi, te ne prego,
in che parte del campo sta Calcante?
ULISSE
Principe Troilo, vicino alla tenda di Menelao.
Lì stasera banchetta con lui Diomede,
che non guarda più né cielo né terra
ma ha occhi pieni d’amore soltanto
per la bella Cressida.
TROILO
Caro signore, mi fareste il grandissimo favore,
dopo lasciata la tenda di Agamennone,
di condurmi là?
ULISSE
Ai vostri ordini, signore.
Ma ricambiatemi il favore: che reputazione aveva
questa Cressida a Troia? Non aveva un amante
che ne piange l’assenza?
TROILO
Oh, signore! Si conviene lo scherno
a chi mena vanto delle sue cicatrici.
Volete precedermi, signore? Lei era amata,
amava, è amata sempre, ed ama.
Ma il dolce amore è sempre cibo per il dente della fortuna.
Escono.
Troilo e Cressida
(“Troilus and Cressida” – 1601)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V