(“Troilus and Cressida” – 1601)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V
Introduzione al teatro di Shakespeare
Elenco opere teatrali
ATTO SECONDO – SCENA PRIMA
Entrano Aiace e Tersite.
AIACE
Tersite!
TERSITE
Ma Agamennone – e se avesse una foruncolosi, se fosse pieno di pustole, dappertutto, ovunque?…
AIACE
Tersite!
TERSITE
E se dalle pustole scorresse il pus? Dimmi un po’: non sarebbe un generale che scorre? Non sarebbe un grumo di marcio?
AIACE
Cane!
TERSITE
Finalmente qualcosa la manderebbe fuori, mentre ora non ne vedo uscire nulla.
AIACE
Figlio d’una lupa, mi stai a sentire o no? E allora senti questo. Lo picchia.
TERSITE
Ti pigli la peste greca, bastardo, testa di lardo!
AIACE
Parla, lievito ammuffito, parla! Ti faccio diventare bello a forza di botte!
TERSITE
Faccio prima io a darti un po’ d’intelligenza e di grazia a furia d’insulti; ma credo che farebbe prima il tuo cavallo a comporre un’orazione che tu a imparare a pregare senza il messale. Le botte le sai dare, vero? Venga la peste rossa ai tuoi trucchi da cavallaccio sfiancato.
AIACE
Fungo velenoso, dimmi il proclama.
TERSITE
Ma di’, che forse io non ho sensi, che mi picchi così?
AIACE
Il proclama!
TERSITE
Ti si proclama fesso, credo.
AIACE
Piantala, porcospino, piantala, mi prudono le mani.
TERSITE
Ti prudesse tutto, dalla testa ai piedi, ti presterei servizio per grattarti e farei di te la crosta di rogna più schifosa di tutta la Grecia. [Quando esci in campo nelle incursioni tu batti la fiacca come chiunque altro.]
AIACE
T’ho detto, il proclama!
TERSITE
Brontoli malignità su Achille ogni momento e sei invidioso della sua grandezza quanto Cerbero lo è della bellezza di Proserpina, proprio così, passi il tempo ad abbaiargli dietro.
AIACE
Comare Tersite!
TERSITE
Prova a picchiarlo piuttosto…
AIACE
Pagnottina!
TERSITE
Sì, con un pugno ti ridurrebbe in briciole come un marinaio che spezza una galletta.
AIACE (picchiandolo)
Figlio di puttana, cagna!
TERSITE
Picchia, forza, picchia!
AIACE
Cesso di strega!
TERSITE
Picchia, picchia, cervello rammollito, c’è più materia grigia in uno dei miei gomiti! Un asinello potrebbe farti da maestro. Somaro d’un eroe schifoso, sei qui solo per bastonare i Troiani, e chi ha un po’ di cervello ti tratta come un barbaro schiavo. Se seguiti a picchiarmi, te lo snocciolo io che cosa sei – parto dai piedi e su per ogni centimetro, massa di carne senz’anima che non sei altro!
AIACE
Cagnaccio!
TERSITE
Signore dei miei stivali!
AIACE (picchiandolo)
Bastardo!
TERSITE
Grande idiota marziale! dài, bruto manesco, dài cammello, battimi ancora!
Entrano Achille e Patroclo.
ACHILLE
Che succede, Aiace, perché lo picchi così? E tu, Tersite, che c’è, cosa succede?
TERSITE
Lo vedi anche tu, no, lo vedi?
ACHILLE
Sì, lo vedo, e allora?
TERSITE
Dagli una bella occhiata.
ACHILLE
Lo sto facendo; e allora?
TERSITE
No, non lo guardi come si deve.
ACHILLE
Perché, com’è che si deve?
TERSITE
No, non lo guardi bene; perché, checché tu ne pensi, lui è pur sempre Aiace.
ACHILLE
Questo lo so, idiota.
TERSITE
Sì, ma quell’idiota non conosce se stesso.
AIACE
Per questo ti picchio.
TERSITE
Ma senti, senti, senti, senti come ripete quei quattro soldi di spirito di patata! Le sue giustificazioni hanno le orecchie lunghe! Gli ho rimescolato più io il cervello che lui il costato a me. Io con un soldo ci compro nove passeri, ma la sua corteccia cerebrale non vale la nona parte di uno. Questo Sire, Aiace, che ragiona con la pancia e con la testa ci fa i suoi bisogni, caro Achille, adesso ci penso io a smontartelo pezzo per pezzo…
ACHILLE
Come dunque?
TERSITE
Questo tipo qui, Aiace…
Aiace fa per colpirlo, Achille interviene.
ACHILLE
Fermo, fermo, buon Aiace…
TERSITE
…di cervello ce n’ha così poco…
ACHILLE
Aiace, buono, o dovrò farti star fermo io!
TERSITE
…che non ci tura neanche la cruna dell’ago di Elena, per la quale è venuto a far la guerra.
ACHILLE
Smettila anche tu, scemo!
TERSITE
Sì, io la vorrei smettere e starmene quieto in pace, ma è questo scemo qui che non la vuol capire; lui, quello lì. Guardalo bene.
AIACE
Maledetto bastardo, io ti…
ACHILLE
Su, Aiace, ti vuoi mettere con un pagliaccio?
TERSITE
No, un pagliaccio se ne mangia cento…
PATROCLO
Modera le parole, Tersite.
ACHILLE
Ma perché litigate?
AIACE
Ho ordinato a questo gufo schifoso di dirmi il tenore del proclama, e lui mi insulta.
TERSITE
Non sono il tuo servo.
AIACE
Dài, continua, continua…
TERSITE
Io qui sono un volontario.
ACHILLE
Il tuo ultimo servizio l’hai sofferto involontariamente; nessuno le busca di sua spontanea volontà. Aiace è stato il volontario qui, tu quello che le prende a forza!
TERSITE
Proprio così; per lo più il vostro cervello si ritrova fra la muscolatura dei bicipiti. Altrimenti si vede che chi lo dice è un bugiardo. Ettore si farà un misero bottino con le cervici che vi schizzerà dalle orecchie! Tanto varrebbe schiacciare una noce ammuffita senza nulla dentro.
ACHILLE
Ma come, ora insulti anche me, Tersite?
TERSITE
Ulisse e il vecchio Nestore, il cui cervello era già tutto pappa prima che i vostri nonni avessero unghie ai piedi, vi legano all’aratro come foste buoi da tiro e vi fanno arare questa guerra.
ACHILLE
Cos’è che dici?
TERSITE
La pura verità! Spingi, Achille, tira, Aiace, tira!
AIACE
Quella lingua te la taglio.
TERSITE
Fallo pure, che comunque sarò più spiritoso di te.
PATROCLO
Tersite, ora basta davvero!
TERSITE
Starò dunque zitto perché me lo ordina la cagna d’Achille?
ACHILLE
E questa è per te, Patroclo.
TERSITE
Voglio vedervi appesi per il collo come un mazzo di cipolle prima di tornare qui alle vostre tende. Vado a respirare l’aria della ragione, e lascio il reparto dei folli. Esce.
PATROCLO
Ora si respira!
ACHILLE
Vedi, Aiace, il proclama letto a tutto l’esercito
dice: che domani Ettore, di mattina presto,
sarà, con trombettiere, tra il nostro campo e Troia
per sfidare a duello quel cavaliere dei nostri
che abbia il fegato di battersi e sostenere…
non so cosa. Idiozie. Addio.
AIACE
Addio. Chi gli deve rispondere?
ACHILLE
Non lo so, si farà a sorteggio
Altrimenti Ettore saprebbe già il suo uomo.
AIACE
Tu, vuoi dire? Voglio saperne di più. Escono.
ATTO SECONDO – SCENA SECONDA
Entrano Priamo, Ettore, Troilo, Paride, ed Eleno.
PRIAMO
Dopo tante ore, vite, parole spese,
ora Nestore ci ripete le condizioni greche:
“Consegnate Elena, e ogni altro danno –
onore, tempo perso, fatica, spese vive,
ferite, amici, quello che è caro e spento
giù nel ventre ardente di questa guerra rapace –
sarà cancellato per sempre”. Cosa ne dici, Ettore?
ETTORE
Nessuno meno di me ha paura di questi Greci
per quanto mi concerne personalmente,
tuttavia, grande Priamo,
non c’è donna più dedita a tremori,
più spugnosa a inzupparsi di paura,
più pronta a gridare “Chi sa che succede poi”
di quanto non sia io. La piaga della pace è la sicumera,
la sicumera spavalda, ma il dubbio modesto
lo si chiama il faro del saggio, il bisturi che fruga
alla radice del peggio. Lasciamo andare via Elena.
Da quando la prima spada fu sguainata in questo affare,
ogni singolo caduto fra le molte migliaia di periti
è stato prezioso quanto Elena – dei nostri, dico.
Se abbiamo perso tante decine dei nostri
per tener in consegna una cosa non nostra,
che non varrebbe un decimo dei nostri, avesse pure il nostro nome,
che senso ha l’argomento che rifiuta
che la si debba restituire?
TROILO
Vergogna, fratello, vergogna!
Vuoi calcolare la dignità e l’onore
di un re grande e temuto come nostro padre
su una bilancia ordinaria?
Si puo forse ricavare col pallottoliere
la sua incalcolabile infinità,
confinare un busto d’insondabile virtù
con unità di misura così umilianti
come paure e ragioni? Vergogna, per gli dei!
ELENO
Non mi sorprende che tu attacchi a morsi le ragioni.
Non ne possiedi un’acca. E così nostro padre
non dovrebbe governare con le ragioni
perché glielo dici tu quando sragioni?
TROILO
Tu pensa ai sogni e ai sonni, fratello prete,
di ragioni tu ci foderi i guanti. Ecco le tue ragioni:
tu sai che un nemico intende farti del male,
sai che una spada alzata è pericolosa,
e la ragione fugge l’oggetto di ogni male.
Chi si sorprende se quando vede un Greco
con la spada, Eleno si mette ai calcagni
le ali della ragione, e scappa
che sembra Mercurio bambino che fugge da Giove,
o una stella schizzata via dall’orbita?
No, se parliamo di ragione,
chiudiamo le porte e andiamo a dormire.
La virilità e l’onore avrebbero cuore di lepre
se s’impinguassero il pensiero ingozzando ragione.
Ragione e prudenza fanno il fegato anemico
e fiaccano ogni vigore.
ETTORE
Fratello, Elena non vale ciò che costa tenerla.
TROILO
Cos’è che vale più del valore che gli dai?
ETTORE
Ma il valore non consiste nel tuo volere darlo:
mantiene il suo criterio e la sua dignità
in se stesso oltre che in chi lo dà.
È folle idolatria subordinare il dio
al servizio che gli tributiamo;
È bell’e andata una testa che adora ciò
che lei stessa desidera morbosamente
senza una prova del merito che gli attribuisce.
TROILO
Io oggi prendo moglie, e la mia scelta
è guidata in tutto e per tutto dal mio volere;
il mio volere sorretto dai miei occhi e orecchi,
che sono nocchieri avvezzi a regger rotta
fra gli scogli fatali al volere e del giudizio.
Ora, come posso disfarmi della moglie che ho preso
anche se poi il mio volere non apprezza ciò che ha scelto?
È fuor di questione che si possa ritrarsi
e insieme tener fede al proprio onore.
Non si restituisce la seta al bottegaio
dopo averla macchiata, né si buttano
le vivande in eccesso nel pattume
perché ormai siamo sazi. Fu giudicato bene
che Paride si prendesse una rivincita sui Greci;
il soffio del vostro consenso gonfio le sue vele:
i mari e i venti, vecchi litiganti, fecero tregua
e gli dettero mano; toccò i porti desiderati,
e in cambio di una vecchia zia prigioniera dei Greci,
si portò via una regina greca, la cui fresca gioventù
fa rugosa la beltà di Apollo e rende scialba l’aurora.
Perché ce la teniamo? I Greci si tengono nostra zia.
Ma, merita tenerla? Ecco: ella è una perla
il cui prezzo ha messo a mare più di mille navi
e trasformato in mercanti dei re coronati.
Se riconoscete che Paride fu saggio ad andare,
e per forza dovete farlo, gli gridavate tutti: “Vai, vai!”.
Se ammettete che ha riportato a casa un nobile bottino,
e per forza dovete farlo, battevate le mani
gridandogli “Inestimabile!”, perché ora
svalutate il risultato della vostra stessa saggezza
e fate qualcosa che mai la Fortuna ha fatto,
rendete misera la stima di cio che valeva per voi
più che il mare e la terra? Il più basso dei furti:
aver rubato una cosa che poi si ha paura di tenere!
Ma noi ladri indegni di quest’oggetto rubato,
che, rubandolo, abbiamo inflitto ai Greci una vergogna in patria,
temiamo di risponderne qui, nella nostra terra!
CASSANDRA (dall’interno)
Piangete, Troiani, piangete!
PRIAMO
Cos’è questo rumore, chi grida?
TROILO
È quella pazza di nostra sorella, riconosco la sua voce.
CASSANDRA (dall’interno)
Piangete, Troiani!
ETTORE
È Cassandra.
Entra Cassandra, vaneggiando, i capelli scomposti.
CASSANDRA
Piangete, Troiani, piangete! Prestatemi diecimila occhi
e ve li riempirò di lacrime profetiche.
ETTORE
Calmati, sorella, calma!
CASSANDRA
Vergini e ragazzi, uomini maturi e vecchi rugosi,
debole infanzia, che puoi solo piangere,
unitevi alle mie grida! Paghiamo in anticipo
una parte della massa di lamenti che ci aspetta.
Piangete, Troiani, piangete! Allenatevi al pianto!
Troia non puo vivere, la nobile Ilio non puo sopravvivere;
nostro fratello Paride è il fuoco che ci brucia tutti.
Piangete, Troiani, piangete! Un’Elena, una sventura!
Piangete, piangete! Troia brucia, oppure mandate via Elena.
Esce.
ETTORE
Ora, giovane Troilo, non ti danno rimorso
gli alti accenti profetici di nostra sorella?
O il tuo sangue è così infuocato dalla follia
che nessun discorso ragionevole,
nessun timore di insuccesso in una causa cattiva
puo moderarlo?
TROILO
Sta’ a sentire, Ettore, fratello,
il fatto è che non si puo né prendere per giusto
solo ciò, quello solo, che va a finire bene,
né andare di colpo giù di morale
perché Cassandra è matta. Non c’è sua crisi
che possa intaccare la bontà di una lotta
che è sacra perché ci impegna fino in fondo
nell’onore. Ti dico che la cosa mi tocca
tanto poco come ogni vero figlio di Priamo;
Giove non voglia che proprio fra di noi
si facciano cose tali da distogliere
i più deboli dal combattere e resistere.
PARIDE
Sennò tutti potrebbero accusarmi
di aver agito leggermente, e pensare
i vostri consigli frivoli.
Invece, gli dei lo sanno, il vostro pieno consenso
diede ali a quello che pensavo e cancellò
ogni timore per quel progetto tremendo.
Perché, ahimè, che possono queste mie sole braccia?
E che può fare il coraggio di un solo uomo
contro l’impeto ostile dei molti aizzati
da una simile sfida? Con tutto questo, giuro,
fossi io solo ad affrontare le difficoltà,
e potessi tanto quanto io voglio,
Paride non rinnegherebbe mai quello che ha fatto,
né avrebbe dubbi su cosa fare.
PRIAMO
Paride, tu parli come uno
che è istupidito dal suo piacere:
tu hai sempre il miele, questi qua il fiele;
nel tuo caso, avere coraggio non è un merito.
PARIDE
Sire, io non miro soltanto ad assicurarmi
i piaceri che porta con sé una donna così bella;
ma vorrei cancellare la macchia del suo felice ratto
custodendola qui con ogni onore.
Che tradimento sarebbe verso la regina catturata,
che danno alla vostra nobile immagine, che onta per me,
se ora ne cedessimo il possesso
in seguito a una vile costrizione!
È mai possibile che una tale degenere tendenza
abbia messo piede nei vostri petti generosi?
Tra i nostri non c’è spirito così meschino
che non abbia cuore da osare, o spada da sguainare
per difendere Elena; né uno così nobile
che la sua vita sia mal sacrificata, o la cui morte sia infame
se il motivo è Elena. E allora, dico,
facciamo bene a batterci per lei,
che, lo sappiamo bene, non ha pari in tutto l’ampio mondo.
ETTORE
Paride e Troilo, avete parlato bene entrambi,
e, sulla causa e il problema che abbiamo per le mani
avete commentato, ma in superficie
non molto diversamente da quei giovani
che Aristotele riteneva inadatti
a seguire la filosofia morale.
Le ragioni che adducete son più dirette
a infiammare il sangue sregolato,
che a dare un giudizio imparziale
tra il giusto e il torto.
Piacere e vendetta sono più sorde delle serpi
alla voce di una giusta decisione. Natura
vuole che il dovuto sia reso al proprietario.
Ora, c’è mai nell’umanità una cosa più dovuta
che la moglie al marito? Se questa legge di natura
viene corrotta per passione, se grandi spiriti
la negano per indulgere alle proprie voglie ottuse
in ogni stato ben ordinato c’è una legge
che frena gli insensati appetiti che sono
più disubbidienti e refrattari. Se dunque Elena
è moglie del re di Sparta, com’è noto,
queste leggi morali della natura e dei popoli
gridano che sia restituita. Insistere
nel torto non attenua il torto, lo aggrava.
Così Ettore giudica, secondo verità.
E tuttavia fratelli miei focosi,
io propendo a pensare come voi
che Elena dev’essere trattenuta;
perché è causa da cui dipende assai
la nostra dignità, comune e individuale.
TROILO
Ecco, ora tocchi il vivo della nostra idea:
se non ci stesse più a cuore la gloria
che soddisfare il nostro crescente risentimento,
non una goccia, una, del nostro sangue
vorrei veder versare per difenderla. Ma, nobile Ettore,
essa è un segno di onore e di fama,
stimolo a gesta audaci e magnanime,
il cui ardire puo oggi sconfiggere il nemico,
e che in futuro ci renderà immortali.
Forse che uno valoroso come te
darebbe via il vantaggio d’una gloria promessa,
quale sorride in fronte a questa azione,
per le ricchezze del mondo intero?
ETTORE
Io sono con te,
ardita progenie del grande Priamo.
Mi son fatto fautore di una fiera sfida
lanciata agli sciocchi e faziosi principi greci,
che riempirà di stupore i loro spiriti sonnolenti.
Mi è stato detto che il loro generale dorme
mentre nell’esercito serpeggia la rivalità.
E questo, immagino, lo risveglierà. Escono.
ATTO SECONDO – SCENA TERZA
Entra Tersite.
TERSITE
Allora, Tersite! Ma come, smarrito nel labirinto della tua furia? Non darla vinta a quell’elefante di Aiace! A ogni botta sua io gli rispondo a tono. Sai che soddisfazione! Magari fosse il contrario: avessi io la botta e lui la risposta! Per Giove, farò una bella pratica di magia nera pur di mandare a segno tutte le mie maledizioni. E quell’Achille, che grande ingegno! Se per prendere Troia l’unica fosse che questa bella coppia pensasse lei alla breccia, le mura cadrebbero, ma di vecchiaia! Tu, gran fulminatore dell’Olimpo, dimentica che sei Giove, re degli dei, e tu, Mercurio, scordati l’arte serpentina del tuo caduceo, se non riuscite a togliere a quei due quel poco, che dico, pochissimo cervello che gli resta! Il più deficiente degli uomini sa che il cervello di quei due è così abbondantemente scarso, che per liberare una mosca dalle grinfie d’un ragno non sa far altro che tirar fuori la ferraglia e tagliare la tela. Dopodiché, il vento si porti via l’intero accampamento, o, meglio, lo faccia il mal napoletano!22 Perché questa è la punizione giusta per chi fa la guerra per una sottanella. Ora le orazioni le ho dette, “Amen” lo dica pure il diavolo Invidia. Oh, dico!, Sua Signoria Achille!
Entra Patroclo.
PATROCLO
Chi è? Tersite! Ecco, bravo, vieni dentro a dire i tuoi improperi.
TERSITE
Se potessi ricordarmi d’ogni moneta falsa, tu non sfuggiresti alla mia considerazione, ma tanto è lo stesso, a te basta guardarti nello specchio! Pazzia e ignoranza, morbo comune dell’umanità, ti vengano addosso in gran quantità! Ti salvi Dio dai precettori, e l’istruzione non ti si avvicini! Che tu sia guidato dal tuo sangue fino alla morte! E quel giorno, se colei che ti prepara per la sepoltura dice che sei un bel cadavere, giuro e spergiuro che lei non ha insudariato che lebbrosi. Amen. Dov’è Achille?
PATROCLO
Come, ti sei convertito? Stavi pregando?
TERSITE
Sì, e il cielo mi ascolti!
PATROCLO
Amen.
Entra Achille.
ACHILLE
Chi c’è?
PATROCLO
Tersite, mio signore.
ACHILLE
Dove, dove? Sei venuto, formaggio mio, mio digestivo, perché non ti sei più servito alla mia tavola da tanti pasti in qua? Dimmi un po’, che cos’è Agamennone?
TERSITE
Il tuo comandante, Achille. Adesso dimmi tu, Patroclo, Achille che cos’è?
PATROCLO
Il tuo signore, Tersite. Adesso dimmi tu, ti prego, tu cosa sei?
TERSITE
Il tuo conoscitore, Patroclo; e adesso dimmi tu, che cosa sei tu?
PATROCLO
Dillo tu che mi conosci.
ACHILLE
Su, dillo, dillo.
TERSITE
Vi declino tutto il complesso: Agamennone comanda Achille; Achille è il mio signore; io sono il conoscitore di Patroclo, e Patroclo è un fesso.
PATROCLO
Furfante!
TERSITE
Calma, fesso, manca ancora qualcosa.
ACHILLE
Ha licenza di dir tutto. Continua, Tersite!
TERSITE
Agamennone è un fesso; Achille è un fesso; Tersite è un fesso, e, come già detto, Patroclo è un fesso.
ACHILLE
Dimostralo, forza!
TERSITE
Agamennone è fesso a pretendere di comandare Achille; Achille è fesso a lasciarsi comandare da Agamennone; Tersite è fesso a servire un fesso simile, e Patroclo è fesso per definizione.
PATROCLO
Perché io sono fesso?
TERSITE
Rivolgiti al creatore, a me basta di sapere che lo sei. Ma guardate là, chi è che arriva?
ACHILLE
Patroclo, io non ci sono per nessuno. – Vieni dentro con me, Tersite. Esce.
TERSITE
Che buffonate, che imbroglio, che furfanterie! Stringi stringi, di una puttana e di un cornuto si tratta: un gran bel litigio per lanciare schiera contro schiera e farle dissanguare a morte. Che venga la serpìgine secca a tutta questa bella causa! Che guerra e lussuria riducano tutti in cenere! Esce.
Entrano Agamennone, Ulisse, Nestore, Diomede, Aiace e Calcante.
AGAMENNONE
Dov’è Achille?
PATROCLO
Nella sua tenda, ma non si sente bene, signore.
AGAMENNONE
Gli sia notificato che noi siamo qui.
Ha respinto tutti i nostri messaggeri.
Ora, messe da parte le nostre prerogative,
siamo noi che lo visitiamo.
Che gli si dica, perché non gli venga in mente
che non osiamo far valere il nostro grado,
o che non siamo coscienti di chi siamo.
PATROCLO
Glielo dirò. Esce.
ULISSE
L’abbiamo visto sulla soglia della tenda;
malato di certo non è.
AIACE
Sì, di morbo leonino, superbia galoppante! Si può anche chiamarla ipocondria, volendo risparmiarlo; ma ci giocherei la testa, è puro orgoglio. Ma perché poi? Vogliamo un motivo. Una parola, signore.
Prende da parte Agamennone.
NESTORE
Perché Aiace ce l’ha tanto con lui?
ULISSE
Achille gli ha soffiato il buffone.
NESTORE
Chi? Tersite?
ULISSE
Sì.
NESTORE
Allora Aiace sarà a corto di battute se ha perso chi gli dava lo spunto.
ULISSE
No, vedi, il suo spunto è colui che gli ha tolto lo spunto, cioè Achille.
NESTORE
Tanto meglio. Meglio la loro frazione che la loro fazione. Ma doveva essere solida l’alleanza di quei due se c’è voluto un pazzo per spezzarla.
ULISSE
Se l’amicizia non la lega la saggezza, è un lampo per la mattana farla a pezzi. Ecco che torna Patroclo.
Entra Patroclo.
NESTORE
Achille non si vede.
ULISSE
L’elefante ha le giunture, ma non per far riverenze. Le zampe ce l’ha per ogni altra necessità che il genuflettersi.
PATROCLO
Achille m’incarica di dirvi che è molto spiacente
se altro che non sia per voi diporto o piacere
ha qui portato la vostra grandezza e il nobile concilio
a fargli visita; spera sia solo per la salute e la buona digestione,
una boccata d’aria dopo il desinare.
AGAMENNONE
Ascolta bene, Patroclo:
Ormai queste risposte le conosciamo bene.
Ma il suo pretesto, reso veloce dalle ali del disprezzo,
non può sfuggire alle grinfie della nostra intelligenza.
Ha molte qualità, e sono molte le ragioni
per cui le riconosciamo. Ma tutte le sue virtù
che da parte sua non esercita virtuosamente,
cominciano a perdere lustro ai nostri occhi;
già, come frutta splendida su un vassoio sporco,
rischia di marcire non assaporata. Vagli a dire
che siamo venuti apposta per parlargli;
e non farai peccato a dirgli che lo consideriamo
ultrasuperbo e sottoeducato; più grande nella presunzione
che sul piano del senno; che qui persone di lui
molto più degne si mettono a disposizione
del selvaggio capriccio ch’egli ostenta,
e, celando la sacra forza della loro autorità,
assecondano con tolleranza il gigantismo dei suoi umori;
sì, spiano le sue lune storte, i suoi flussi e riflussi
come se l’andamento e la condotta della guerra
galleggiassero sulle sue maree. Diglielo e aggiungi
che se gonfia troppo il proprio prezzo
faremo a meno di lui e lo metteremo in canto
come un pezzo da guerra intrasportabile, con su
questo avviso: – Da riparare, non puo essere impiegato.
Meglio un nano in azione che un gigante che dorme. –
Diglielo pure.
PATROCLO
Vado, e torno con la risposta. Esce.
AGAMENNONE
Niente interposte persone; siamo venuti
per parlare con lui: Ulisse, entra tu.
Esce Ulisse.
AIACE
Chi è lui più di un altro?
AGAMENNONE
Non più di chi pensa di essere.
AIACE
Davvero? Ma non pensate che si creda meglio di me?
AGAMENNONE
Senza dubbio.
AIACE
Ma, voi, sottoscrivereste la sua opinione e direste che lo è?
AGAMENNONE
No, nobile Aiace, tu sei altrettanto forte, valoroso, saggio di lui, non meno nobile, molto più cortese e, soprattutto, molto più trattabile.
AIACE
E poi perché un uomo deve fare il superbo? Come nasce la superbia? Io neanche so dove sta di casa.
AGAMENNONE
Perciò il tuo pensiero ci guadagna in chiarezza, la tua virtù in bellezza. Il superbo alla fine divora se stesso: la superbia gli fa da specchio, da trombettiere, da cronista, e chi si loda indipendentemente dall’azione affoga la sua azione nella lode.
Entra Ulisse.
AIACE
Detesto i superbi più della genìa dei rospi.
NESTORE (a parte)
Però si ama, non è strano?
ULISSE
Domani Achille non sarà sul campo.
AGAMENNONE
E che scusa accampa?
ULISSE
Di scuse non ne adduce,
continua a fare come e perché gli gira,
senza riguardo o rispetto per nessuno;
caparbiamente vuole e se ne compiace.
AGAMENNONE
E perché non si degna, se glielo richiediamo,
di uscire dal chiuso a respirare con noi?
ULISSE
Fa importanti le cose da nulla, solo perché
gli vengono richieste. Ha la manìa della grandezza,
e quando parla a se stesso lo fa con un’alterigia
che gli mozza il fiato. Il valore che s’attribuisce
gli accende nel sangue un tal frenetico discorso
che lo stato di Achille gira in vuoto furore
fra la mente che pensa e il corpo che agisce
e alla fine si autodistrugge. Che dire di più?
È così impestato dalla superbia che i suoi sintomi letali
proclamano: “Impossibile guarire”.
AGAMENNONE
Mandiamo da lui Aiace.
Caro signore, va’ a trovarlo nella tenda:
si dice che ti stimi e, magari, se glielo chiedi tu,
può darsi che esca un poco da se stesso.
ULISSE
Oh, no, Agamennone! Non così!
Sian benedetti i passi che Aiace fa
per allontanarsi da Achille. Questo superbo,
uso a imbrodare la propria arroganza col proprio sego,
e che mai lascia entrare gli affari del mondo
nei propri pensieri, tranne ciò che rimugina
e rumina da sé, sarà venerato da colui
che noi teniamo a idolo maggiore?
No, questo signore tre volte degno e valoroso
non deve svilire la sua palma, nobilmente vinta,
né, per mia volontà, subordinare il suo merito,
lui che merita almeno quanto Achille,
andando da Achille.
Sarebbe ingrassare l’orgoglio panciuto di costui,
aggiungere carbone al Cancro che già fiammeggia
perché vien visitato dal grande Iperione.
Questo signore da lui! Giove non voglia
e tuoni per risposta: “Vada Achille da lui!”.
NESTORE (a parte)
Bene così: gli sta dando corda.
DIOMEDE (a parte)
Come si beve in silenzio la lusinga!
AIACE
Se ci vado, gli spacco la faccia
col mio pugno ferrato.
AGAMENNONE
Ah no, non devi andarci!
AIACE
Ci provi a farmi l’altezzoso, gliela faccio vedere io.
Lascia che ci vada.
ULISSE
Oh no, per quanto è in gioco in questa guerra.
AIACE
Insolente lavativo!
NESTORE (a parte)
Come si descrive bene!
AIACE
Non riesce a essere educato?
ULISSE (a parte)
Senti il corvo che critica il buio.
AIACE
Gli faccio un salasso al suo cattivo umore.
AGAMENNONE (a parte)
Fa il medico, ma dovrebbe fare il malato.
AIACE
Se tutti la pensassero come me…
ULISSE (a parte)
Sì, il senno passerebbe di moda.
AIACE
… non la passerebbe liscia, sai le spade che dovrebbe ingoiare. Che debba sempre averla vinta la superbia?
NESTORE (a parte)
Sarebbe per metà merito tuo.
ULISSE (a parte)
No, non per metà, l’avrebbe tutto quanto.
AIACE
Io lo impasto, lo ammollisco.
NESTORE (a parte)
Non s’è ancora riscaldato in pieno. Ubriacatelo di lodi, versate, versate, ché la sua ambizione ha sete.
ULISSE (a Agamennone)
Signore, date troppo peso a questo dissapore.
NESTORE
Non fatelo, nobile generale.
DIOMEDE
Dovete prepararvi a combattere senza Achille.
ULISSE
Ecco, è questo invocarlo di tutti che gli nuoce.
Qui c’è un uomo… ma basta, non in sua presenza.
NESTORE
E perché no? Lui non è ambizioso come Achille.
ULISSE
Il mondo deve sapere che è altrettanto valoroso.
AIACE
Cane d’un figlio di troia, menarci così per il naso!
Vorrei che fosse un Troiano!
NESTORE
Pensa un po’ che guaio se adesso Aiace…
ULISSE
… montasse in superbia…
DIOMEDE
O smaniasse per essere lodato…
ULISSE
Già, oppure facesse l’arrogante…
DIOMEDE
O facesse lo strambo, il pallone gonfiato!
ULISSE
Grazie al Cielo, signore, sei una pasta d’uomo;
sia lode al genitore, a lei che ti allattò.
Memoria imperitura a chi ti educò, tre volte lodate
le doti che hai per natura, e che son meglio,
meglio d’ogni possibile erudizione.
Ma chi delle tue braccia fece armi da guerra,
sarebbe poco se Marte dividesse in due l’eternità
e facesse a mezzo con lui. E, quanto alla forza,
è tempo che Milone taurifero passi il suo titolo
al forzuto Aiace. Non loderò la tua saggezza,
che come un confine, un limite, una costa
cinge le tue membra ampie e spaziose. Qui c’è Nestore
reso saggio dall’età veneranda; egli deve,
è, non puo non essere saggio – pure, con licenza,
padre Nestore, se foste in età verde come Aiace,
con il cervello ben stagionato che avete,
voi non sareste superiore a lui, solo suo pari.
AIACE (a Nestore)
Posso chiamarti babbo?
NESTORE
Certo, figliolo.
DIOMEDE
E come un padre ascoltalo, signor Aiace.
ULISSE
Su, non perdiamo tempo. Il cervo Achille
resta alla macchia. Si compiaccia il nostro generale
di convocare il consiglio di guerra.
A Troia sono giunti nuovi re.
Domani dovremo resistere con tutta la nostra forza,
e qui c’è un signore che, venga pure il fiore
della cavalleria dall’est all’ovest, Aiace
terrà testa al migliore.
AGAMENNONE
Andiamo al consiglio. Lasciamo dormire Achille.
I legni leggeri sono veloci
anche se le grosse chiglie pescano a fondo.
Escono.
Troilo e Cressida
(“Troilus and Cressida” – 1601)
Introduzione – Riassunto
Atto I
Atto II
Atto III
Atto IV
Atto V